Su nessun organo di informazione vedo formulare una domanda che a me viene spontanea: perché oggi gli albanesi fuggono dalla loro terra mentre non lo facevano ai tempi della dittatura di Hoxa e del comunismo? Si dice che la tragedia dell'altro giorno, che ha visto venti clandestini morire a bordo di un gommone di disperati in avaria nel mare in burrasca, è un "fatto episodico" e che in tutto l'anno 2003 sono stati solo 137 quelli che hanno cercato di fuggire dall'Albania attraversando il canale d'Otranto. Vero. Ma questo è dovuto al progressivo miglioramento delle misure repressive.
Ciò non significa che moltissimi albanesi non sentano il bisogno, anzi la necessità, visto che sono disposti a rischiare la vita, di abbandonare la loro terra. Erano stati 3.372 nel 2002, 8.546 nel 2001, 18.990 nel 2000.
E allora perché si fugge dall'Albania democratica mentre si restava a casa in quella comunista? Come mai ai tempi di Hoxa non si è visto nemmeno un albanese approdare, costi quel che costi, sui nostri litorali? Perché il controllo della polizia comunista era ferreo? Per quanto ferrea nessuna polizia riesce a impedire un certo numero di fughe. Si fuggiva da Berlino Est, col muro e con i vopos che potevano sparare in tutta tranquillità dall'alto, si sarebbe potuto fuggire assai facilmente via mare da un Paese che ha centinaia di chilometri di costa praticamente incontrollabili dalla polizia locale senza l'aiuto, come invece è ora, della Marina italiana.
Il fatto è un altro. Ed è a bella posta sottaciuto dagli organi di informazione. L'Albania è oggi un Paese disgregato, distrutto, in preda a una profondissima crisi economica, dove il popolo è alla fame. La fame non c'era ai tempi di Hoxa.
Li abbiamo visti tutti in Tv, i primi albanesi che approdarono in Italia, quelli sì spinti dal gusto della ritrovata libertà, dopo la caduta del regime, e dalla curiosità (quelli che poi, con un provvedimento alla Pinochet, furono rinchiusi in 80 mila nello stadio di Bari). Erano contadini e pastori ben nutriti, poveri ma dignitosi. Ciò non era, in sè, un merito del regime comunista, ma ne era però una conseguenza, nel senso che l'autarchia imposta da Hoxa aveva preservato la società albanese, agropastorale, dalla aggressione del mondo occidentale. Dal punto di vista delle libertà civili gli albanesi vivevano in un regime poliziesco fra i più ottusi, ma da quello economico e sociale vivevano come sempre avevano vissuto, di autoproduzione, di autoconsumo che assicuravano l'essenziale anche se negavano il superfluo.
L'errore, non innocente, è stato quello solito: confondere la democrazia con il libero mercato. È il libero mercato ad aver distrutto la società albanese. Sono le imprese occidentali, italiane in testa, piombate come avvoltoi per "aiutare lo sviluppo" ad aver portato una fame generalizzata che prima non c'era. Perché per i pochi che si sono arricchiti, tutti gli altri si sono immiseriti. Erano dei contadini e dei pastori dignitosi, la disgregazione portata dall'economia di mercato ne ha fatto dei miserabili, li ha costretti a diventare dei ladri, dei delinquenti, dei mercanti di carne umana.
Oggi l'Albania è un Paese profondamente corrotto, a tutti i livelli. Il padre di uno degli scafisti arrestati dopo la tragedia dell'altro giorno è il capo del nucleo antiterrorismo della città di Scutari ed è fratello del comandante della polizia stradale di Valona. Il fratello del direttore del porto di Valona è un imprenditore ricercato perché ritenuto uno dei proprietari del tragico gommone e quindi uno degli organizzatori del mercato dei clandestini. L'Albania è diventata la base di smistamento del traffico delle armi e della droga. Molta droga giunge dall'Afghanistan dove, dopo la caduta del mullah Omar che nel 2000, un anno prima di essere spazzato via dagli americani col pretesto di dare la caccia al fantasma di Bin Laden, era riuscito nell'impresa, quasi impossibile, di proibire ai suoi contadini la coltivazione del papavero, la produzione e il traffico sono ripresi in grande stile con la connivenza delle truppe occupanti. Sull'Albania ha messo le mani anche il famigerato "cartello di Medellin" e "il Paese delle aquile" è diventato terra privilegiata di tutte le possibili mafie ed organizzazioni criminali.
Questa è l'Albania , oggi. C'è qualcuno che osa sostenere che il popolo albanese sta meglio che ai tempi di Hoxa? E ciò che accade, in piccolo, in Albania è quello che avviene, in grande, in tutti i paesi del Terzo Mondo aggrediti dall'economia di mercato globale.
Ed è quello che è accaduto anche in Russia dove, come in Albania , la ritrovata libertà è stata confusa col libero mercato all'occidentale, perché così conveniva alle oligarchie locali e al capitalismo internazionale, sottoponendo la popolazione al massacro. Oggi in una città come Mosca, al di fuori della cerchia dei profittatori, non c'è chi, uomo o donna, non sia costretto a prostituirsi o a diventare un delinquente. Perché oggi, in Russia, con la pensione di un professore universitario si compra un mezzo pollo. Ma mentre il popolo albanese continuerà a morire o a fuggire nella disperazione, con la beffa di sentirsi dire che questa è la civiltà, in Russia, che non è l'Albania , ci sarà, prima o poi, una deflagrazione devastante, rispetto alla quale le convulsioni della Rivoluzione d'ottobre sembreranno un ballo delle debuttanti.
Massimo Fini