Come misurare
il Cavaliere
di ILVO DIAMANTI


Silvio Berlusconi

Infine, è arrivato il giorno del giudizio. Per l'opposizione, per la maggioranza. Ma soprattutto per il governo e per il premier. Silvio Berlusconi, che, da dieci anni, funge da baricentro politico della nuova Repubblica. Una volta di più, il principale ? se non unico ? riferimento della competizione elettorale. Perché Berlusconi, nel corso degli ultimi mesi ha, progressivamente, colonizzato la scena politica e mediatica. Dopo essersi preso una pausa, a inizio anno. Giusto il tempo di "cambiare faccia" con un lifting, per ammorbidire i segni del tempo e della fatica. Le rughe e i gonfiori.

Suggerendo, in questo modo, che si voltava pagina, dopo due anni di delusioni, promesse non mantenute, vicende nazionali e internazionali gravi e tumultuose, per l'economia e la politica. D'altronde, egli da sempre usa la faccia come specchio della sua politica, del suo governo, della sua maggioranza. E la sua faccia, da allora ha tracimato, sugli schermi e sui media. Berlusconi. Ha imposto la sua immagine e la sua persona, al di sopra e contro tutti. Fino all'iperbole degli ultimi giorni. Quando è apparso ovunque. Onnipresente. Accanto a Bush. Sullo sfondo della liberazione degli ostaggi italiani. Il più piccolo (per statura) fra i Grandi del mondo, al vertice del G8.
Così che la competizione elettorale europea si è trasformata in una sfida diretta, fra lui e gli altri. Tutti gli altri. Non solo l'opposizione, che egli riduce a una "lista unitaria", agganciata al chiodo comunista. Ma anche gli alleati (?). An, l'Udc. Un po' di meno la Lega, compagna affidabile di tante battaglie: la giustizia, le televisione. In cambio di una devoluzione, sin qui, solo a parole. Berlusconi contro tutti. Non solo contro Prodi, l'avversario annunciato delle prossime elezioni politiche, che egli considera dannoso come l'euro. Ma anche contro Fini, Follini. E, in fondo, Casini. Che non si adeguano a recitare la parte degli inquilini della Casa delle Libertà. Ne vorrebbero condividere la proprietà.
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Per assumere, in un futuro neppure lontano, il ruolo degli amministratori di condominio. Berlusconi. Solo contro tutti. È riuscito, nelle ultime settimane, a dissimulare le fratture interne alla maggioranza. Facendo sparire tutto. Le divisioni insieme alla maggioranza. Ricacciata nell'ombra. Ad eccezione del premier e del suo partito. Forza Italia. (D'altronde, ha sostenuto argutamente Francesco Cossiga, Berlusconi considera gli elettori e gli iscritti di Forza Italia, non come appartenessero a Fi, ma come "suoi", personali, iscritti ed elettori).

È il "Berlusconi day". La grande sfida, di cui il premier ha indicato anche le regole. In particolare, ha definito la soglia oltre la quale egli si considera vincitore. Individuata nel 25%. Il punteggio totalizzato da Fi nel 1999, alle precedenti elezioni europee. Senza venire, in questo, smentito da nessuno. Neanche nell'opposizione. Come fosse scontato che la comparazione sia possibile solo fra elezioni dello stesso tipo. Il che è discutibile, anche dal punto di vista tecnico. Perché dal 1999 sono cambiati i partiti, le alleanze. Ed è cambiato il clima generale. E' un altro millennio.

Soprattutto, però, questo metro di comparazione è discutibile dal punto di vista "politico". Basta pensare proprio a ciò che avvenne nel 1999. Quando Fi conseguì il 25,2% dei voti. Nessuno si azzardò a parlare di grave sconfitta, di un "crollo" del 5%, rispetto alle precedenti elezioni europee del 1994, quando ottenne il miglior risultato della sua storia, sfiorando il 31%. Si scelse, allora, di usare, come termine di confronto, il dato delle politiche del 1996. Quando Fi superò di poco il 20% e, insieme agli alleati del centrodestra, perse la corsa al governo.

Le elezioni del 1999, per questo, vennero - giustamente - considerate un successo "politico" di Berlusconi. Il quale, non a caso, allora, tornò il "leader vincitore". Capace di imporre la sua legge ai nemici e soprattutto agli amici. Mettendo in riga Fini, che si era illuso di agire in proprio, alleandosi con Segni. Costringendo a rientrare a casa (meglio: nella Casa delle libertà) la Lega, umiliata da un risultato penoso: il 4%. Meno di metà rispetto al 1996. Le elezioni europee del 1999, ponendosi a "medio termine" fra le consultazioni politiche, segnarono una svolta: l'inizio di un ciclo di vittorie elettorali, ribadito alle regionali del 2000 e chiuso dalle politiche dell'anno seguente. Per valutare l'esito di queste elezioni, allora, conviene fare riferimento - pur con le debite cautele - al risultato del 2001: 29,4%.

Per lo stesso motivo, se si vuole considerare il premier
come leader non di un partito (per quanto personale), ma di una coalizione, occorre fare riferimento al risultato ottenuto dalle forze politiche di centrodestra. Queste, tutte insieme, nel 2001, raggiungevano il 50%. Sei punti in più rispetto al centrosinistra. Se i rapporti di forza si rovesciassero, se il centrosinistra superasse il centrodestra, allora sarebbe difficile non osservare (come fece lo stesso Berlusconi dopo il voto europeo del 1999) che il governo ha la maggioranza in Parlamento, ma è minoranza nel Paese. Fra i cittadini e fra gli elettori. Il che non avrebbe, ovviamente, alcuna conseguenza "istituzionale". Ma produrrebbe certamente conseguenze politicamente rilevanti, indebolendo gravemente la legittimità del governo e della sua guida. Tanto più se il calo elettorale, rispetto al 2001, riguardasse soprattutto Fi. Il partito del presidente.

Peraltro, non è lecito ridurre la lettura di questa consultazione al solo voto europeo. In misura altrettanto significativa, conteranno le elezioni amministrative. Una su tutte: Bologna. Capitale storica e simbolica dell'Italia di sinistra. Fino al 1999, appunto, quando venne "espugnata" dal centrodestra. E, più probabilmente, "abbandonata" da una parte degli elettori stessi del centrosinistra. Decisi a "punire" i DS, colpevoli di non avere compreso, ancora, che era finita l'era dell'autarchia comunista, nelle "zone rosse". E che non potevano più, per questo, decidere da soli, per poi pretendere che gli alleati ne assecondassero le scelte. In modo disciplinato.

La riconquista di Bologna da parte del centrosinistra, guidato da un autorevole leader politico nazionale come Sergio Cofferati, assumerebbe un rilevante significato politico nazionale.

Certo, le elezioni sono importanti anche per il centrosinistra. Soprattutto per la "lista unitaria". Di cui si valuterà la capacità di attrarre consensi al di là dei partiti che ne fanno parte. Punto di partenza, o di dissoluzione, definitivo, del processo di integrazione del centrosinistra, spesso evocato, mai compiutamente attuato con convinzione.

Ma questo, più che mai, è il "Berlusconi day". Se l'è costruito in mesi di assiduo e frenetico protagonismo politico e mediatico. Se l'è conquistato, nelle ultime settimane, negli ultimi giorni. Riducendo a comparse tutti i compagni, pardon, gli "amici" di coalizione. Fino alla trionfale e rutilante performance di venerdì sera, quando è apparso agli italiani, su tutte le reti televisive, in un magico gioco di specchi. Proseguita ieri, quando ha esternato le sue opinioni politiche all'uscita dai seggi.

In un clima di campagna permanente. Per convincere i "suoi" elettori delusi. Tentati, o peggio, decisi a non votare per lui. Oppure a non votare. Spiegando loro che gli altri sono i "peggiori". Che i miracoli promessi, per ora, sono solo rinviati. Ma li farà certamente, se gli daranno il 51%. Silvio Berlusconi. Dopo mesi di presenza sugli schermi, ne è divenuto una parte indissolubile. Il monoscopio. Tanto che a questo voto molti elettori arrivano estenuati. Dalla noia. Silvio Berlusconi. È sua, questa giornata. Tutta sua. La consumerà da solo. Da grande vincitore o da grande sconfitto. Dipende dal risultato del "suo" partito e della "sua" coalizione. Che, tuttavia, va misurato in rapporto alle elezioni politiche del 2001. E non rispetto alle precedenti europee, come, invece, vorrebbe la contabilità creativa del "grande illusionista".