Da La Padania 1998
Erano ancora bei tempi...
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Nella città orobica convegno per ricordare le imposizioni
degli Stati centralisti succedutisi alla Serenissima
Bergamo, tradizione autonomista
Cappelluzzo: «Vogliamo riconquistare la nostra identità culturale»

di Giovanni Ruggeri
Nel 1797 la bandiera della Serenissima fu ammainata per l'ultima volta dal pennone del Castello, la città orobica si appresta a ricordare l'evento con un convegno promosso dalla Provincia in collaborazione con il Dipartimento Giuridico-Politico dell'Università degli Studi di Milano sul tema "Bergamo tra tradizione, autonomismo locale e rivoluzione giacobina" in programma oggi con inizio alle ore 14.00 nella sede dell'Università degli Studi di Bergamo in via Salvecchio. L'evento si inserisce nel contesto delle celebrazioni organizzate dalla Regione Veneto, che per l'occasione oltrepassa gli attuali confini geografici per dare vita ad un approfondimento critico sulla plurisecolare appartenenza della terra e del popolo bergamasco alla repubblica di Venezia, con particolare attenzione a quell'autonomia che la Serenissima concesse alla terra del Colleoni e che due secoli dopo Bergamo vuole riscoprire e, soprattutto, riconquistare. Al Presidente della Provincia di Bergamo Giovanni Cappelluzzo - che già un anno fa celebrò il duecentesimo anniversario della caduta della Serenissima con una semplice, ma significativa cerimonia di ammainabandiera dello Stendardo della Repubblica di San Marco, che per tutta la giornata del 12 marzo rimase esposto sul pennone della facciata del Palazzo provinciale (che ospita anche la Prefettura) - abbiamo chiesto quale filo lega due periodi storici lontani e diversi tra loro. «Il cammino intrapreso da questa amministrazione per ottenere il riconoscimento dello status di Provincia Autonoma - spiega Cappelluzzo - pur sicuramente configurarsi come volontà di ricostituire una situazione analoga a quella vissuta da Bergamo e dal suo Territorio quando questa faceva parte della Repubblica di Venezia. Una situazione che pur essere sintetizzata in due fondamentali concetti: quello dell'autonomia normativa e quello del rispetto, anzi, della salvaguardia e promozione dell'identità culturale e tradizionale del popolo bergamasco. Dopo la caduta della Serenissima di questa autonomia Bergamo non ha più potuto usufruire, in quanto le forme di governo che si sono succedute nei secoli sono state contraddistinte da uno spiccato centralismo, a cominciare dall'esperienza napoleonica per finire alla attuale situazione repubblicana. Da allora la fonte di produzione normativa è sempre stata quella di uno Stato centrale che ha imposto le proprie leggi a Bergamo come agli altri territori». Quali sono, in concreto, le peculiarità autonomistiche avute da Bergamo nell'ambito della Serenissima e trasferibili ai giorni nostri?«Nella Repubblica di Venezia la principale fonte del diritto era costituita dagli statuti bergamaschi di origine medioevale, mantenutisi pressoché intatti fino al 1797, che disponevano sia in materia civile, sia penale, sia amministrativa. Fonti che la Serenissima ha conservato, rispettato e tutelato e, probabilmente, questo è il segreto della potenza e della longevità di uno Stato durato oltre mille anni, senza pari in età moderna. Ciò che chiediamo è che Bergamo possa avvalersi di un proprio statuto di autonomia, sicuramente riferibile a quelli di alcuni secoli fa, ma per restare ai giorni nostri possiamo prendere ad esempio quelli positivamente operanti a Trento e Bolzano».Un bel giorno, però, la Serenissima è stata costretta ad alzare bandiera bianca, com'è possibile che possa rinascere oggi seppure in forma riveduta e corretta?«Sicuramente alla caduta della Serenissima hanno contribuito numerosi fattori, primo fra tutto lo sfiancamento di un'esistenza millenaria, ma anche l'insorgere di un comportamento più accentratore e meno rispettoso delle autonomie locali su cui la Repubblica poggiava. Oggi un nuovo grande soggetto istituzionale costituito, appunto, da entità locali autonome, come Trento, Bolzano e quella Provincia di Bergamo Autonoma che 200 anni dopo vuole poter tornare a decidere da si e riappropriarsi della propria identità».