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Discussione: La Vittoria di Pirro

  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito La Vittoria di Pirro

    dal quotidiano LIBERO di oggi

    " LI CHIAMANO VINCITORI
    di VITTORIO FELTRI

    Nel Listone dell'Ulivo già volano gli stracci Il partito di Rutelli contro i Ds di Fassino «Ci avete eliminato» E a Bologna chiedono le dimissioni del coordinatore della Margherita
    La vittoria della sinistra (nel suo complesso, anzi, nel suo marasma), visto anche l'andamento delle amministrative, non è un'opinione bensì un dato . Ma a parte Bertinotti, dioantiglobal, non si trovano vincitori neanche a cercarli col lanternino. Mi direte: cercali in Uniti nell'Ulivo. Fatto. Invano. Rutelli, tutt'altro che stupido nonostante le apparenze, ha capito l'antifona ed è in procinto di scendere dalla pianta; un'antifona semplice: la sua Margherita è stata cannibalizzata dai Ds e rischia di trasformarsi in camomilla [ telepatia fra Feltri e Pieffebi? ndr] . Ovvio, la gente andava al seggio, votava per il Listone prodiano e, automaticamente, nelle comunali (Bologna, ad esempio) sceglieva il sindaco progressista, e il simbolo diessino. Trascurando il fiorellin del prato . Sicché l'ex Piacione adesso ha un petalo per capello e fa volare gli stracci. Non ci sta. Non solo. Fra i diessini, vari compagni manifestano il proposito di aggregarsi ai bertinottiani e ai comunisti italiani con l'obiettivo di rafforzare la sinistra dura più che pura . Risultato, gli Uniti nell'Ulivo si disperdono. Bell'affare. E li chiamano vincitori. Chi desidera informazioni più approfondite sul tema, legga nelle pagine interne. Intanto i chierici di Forza Italia ferita sono impegnati ad arrampicarsi sugli specchi onde giustificare il fallimento e stentano a reagire. Invece converrebbe loro voltare pagina, partendo dalle dichiarazioni del premier: ho sbagliato io, me ne assumo le responsabilità . Capita raramente che un capo si cosparga il capo, per giunta pelato, di cenere. Impossibile non apprezzarlo. Mancano due anni al termine della legislatura, può ben rimediare. Risollevato il morale, Berlusconi avrà molte cose da fare e molte da non fare più. Urge dare al partito sembianze di autentico partito: allontanare dal vertice i signori signorsì e sostituirli con persone dal quoziente intellettivo non troppo inferiore alla media [cribbio è proprio telepatia con Pieffebi! ] . Ritoccare il governo: un paio di licenziamenti e un paio di assunzioni saranno utili a indebolire l'attaccamento alla poltrona. Introdurre nella stanza dei bottoni il principio della collegialità in modo che non sia soltanto uno a pigiarli. In altre antipatiche parole, il Cavaliere si persuada: non esistono soltanto lui e i suoi interessi confliggenti (con quelli dello Stato), ma anche i nostri e quelli degli alleati, fin qui totalmente ignorati. Inoltre. Il Cavaliere vada in tivù quando ha notizie da comunicare (o da spiegare) al Paese e non ceda alla tentazione di usare le telecamere per compiacere al proprio ego ipertrofico. Faccia udire la sua voce nei momenti topici e solenni, e basta. Tenda una mano agli imprenditori, piccoli medi e grandi, oggi come sempre in balia di un apparato burocratico ottuso e frenante. Non si disturbi per realizzare ponti "megalomani" quanto lui, tipo quello sullo stretto di Messina che non preme a nessuno, tantomeno ai siciliani. Piuttosto si dia una mossa affinché in auto si riesca a percorrere il tratto Brescia-Milano (95 chilometri) in meno di sei ore. D'accordo presidente, lei nelle sue trasferte vola in elicottero, noi viceversa viaggiamo in Punto e confidiamo in un suo gesto di comprensione. Ascolti anche una raccomandazione: tenga sottocchio Tremonti. Ottimo ragazzo ma con tutti i difetti del primo della classe. Era il primo della classe anche ai tempi remoti delle Medie. Conosceva già a menadito l'inglese con cui si rivolgeva ai bidelli per chiedere rifornimento d'inchiostro, e loro gli portavano una pizza forse perché era il cocco del preside oppure perché non avevano compreso. Di certo lo guardavano sospettosi e gli si avvicinavano con cautela, sembravano infermieri intenti ad un lavoro delicato. Non c'era verso di copiare i compitini di Tremonti. Giulio frapponeva tra sé e gli asini la carta asciugante (non oso ricorrere al participio presente di assorbire: appartengo a una generazione oppressa del puritanesimo delle Orsoline). Ed era dispettoso: talvolta suggeriva ai compagni sotto interrogazione, ma suggeriva sbagliato, apposta, poi sghignazzava felice. Sghignazzava in latino per sottolineare la propria superiorità culturale e intellettuale. Alcune delle sue vittime di allora, ieri, nell'apprendere che An e Udc non considerano più un problema il ministro dell'Economia, hanno espresso questo commento: non sarà più un problema però rimane un pirla. Giulio di numeri capiva poco, tuttavia il professore di matematica gli dava 9 lo stesso perché le sue equazioni, per quanto errate, erano creative. Il genio va assecondato. Lei comunque Cavaliere lo tenga d'occhio. Non se ne liberi a cuor leggero ma se ne liberi in fretta. La formula è nota: meno geni, più voti. Passiamo ad altro. Le chiediamo di non imbottire la Rai di pisquani (pisquano non lo scrivevo dal 1954) del Polo: abbondano già quelli di sinistra. E non imbottisca Mediaset di pisquani di sinistra, ne è già piena. Non dica più che i giornali di carta valgono zero, perché gli zeri pesano, come si evince dal suo conto corrente. Non dica più di aver realizzato il programma di governo: anche se è vero, nessuno se n'è accorto e nessuno le crede. Non insista. La gente ormai le assomiglia: a contraddirla si irrita. Ci siamo intesi? Caro Berlusconi, chiudo e le propongo una scommessa. Se mi darà retta, e scusi la presunzione, nel 2006 quando si deciderà se stare di qua o di là, gli italiani le assicureranno ancora la maggioranza. Alle europee si può scherzare, alle politiche no. Le europee sono una finzione buona per le olivelle. Noi antibamba miriamo al sodo. Per non sacrificare la nostra dignità siamo pronti a rivotare lei. Il nostro stomaco è forte, ma non abbastanza per digerire la minestra riscaldata di Prodi. [sì, sì....è proprio telepatia! ]
    "


    Saluti liberali



    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=105825

  2. #2
    brescianofobo
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    Predefinito Re: La Vittoria di Pirro

    In origine postato da Pieffebi
    dal quotidiano LIBERO di oggi

    " [i] LI CHIAMANO VINCITORI
    di VITTORIO FELTRI
    il Cavaliere si persuada: non esistono soltanto lui e i suoi interessi confliggenti (con quelli dello Stato), ma anche i nostri

    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=105825
    Questa invece è telepatia con Brunik. Siamo 57 meilioni di telepatici, pare, ma lui se ne fotte lo stesso, non temere.

    Il prossimo fondamentale passo sarà di abolire la par Condicio, così potrà inondarci di spot sulle sue televisioni per mantenere la redditizia poltrona.

    Hey, Pieffebi, mi pare che tu fossi un entusiata sostenitore della fondamentale legge Cirami.

    Hai cambiato idea, per caso?

  3. #3
    SENATORE di POL
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    Io sostengo un principio al di là di Berlusconi, da prima di Berlusconi e anche quando Berlusconi non ci sarà più.

    Shalom

  4. #4
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    belusconi incarna la voglia di fare,di crescere,di divertirsi nel lavorare...la voglia di libertà degli italiani...per questo abbiamo cosi' bisogno che ora con gaia semplicità metta in pratica quel che ci fece sognare tre anni fa..
    abbiamo bisogno di lui (nel senso che è l'unico che puo' darci le riforme...),tutti quanti,anche quei poveri operai a rischio che non hanno altri appigli che invocare bertinotti...
    ....meno tasse,meno burocrazia,meno fronzoli,meno stronzate...aaaahhh

  5. #5
    brescianofobo
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    E io invece no?

    Guarda che Berlusconi c'è da 10 anni in politica attiva (e da almeno altri 10 in politica "dietro le quinte"), , ed è sempre stato quello lì, mica è cambiato.

    Parole tante, fatti zero, lo si sapeva da prima che era così, un simpatico sbruffone vittimista dal losco passato, che non si capisce perchè avrebbe dovuto diventare improvvisamente uno statista.

    Altro che "ossessione Berlusconi" dei cd. "comunisti invidiosi", che sarebbero poi il 60% degli italiani a sentir lui.

  6. #6
    SENATORE di POL
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    Ancora dal quotidiano LIBERO

    " La lista, del petalo, del partito, dell'unione...
    di RENATO FARINA
    Romano Prodi ieri, con una lettera alle «care amiche e ai cari amici dell'Ulivo» ha chiesto «un'assemblea costituente». Lo scopo: partorire un nuovo soggetto politico. Un altro? A questo punto uno normale dell'Ulivo, si spara o - se è contro il suicidio - comincia a mordere. Perché? Il perché sta nella geografia. Proviamo a stendere sul tavolo una piccola mappa dei cosiddetti vincitori. Vediamo: Uniti nell'Ulivo (quattro partiti) più Ulivo (tre partiti) più il Quasi Ulivo di Mastella (un partito più un'alleanza) più Altri (...) (incredibile, forse un partito solo). All'interno di uno dei quattro partiti di "Uniti nell'Ulivo", c'è la Margherita. La quale ha notoriamente molti petali, ma sembra più che altro una pianta carnivora. Esistenzialmente, un uomo che abbia vissuto per la politica e ora stia seduto su un petaletto di quel partito, e si senta dire da un vecchio arnese come Prodi: alè, ragazzi abbiamo scherzato, si ricomincia; uno così, secondo voi che fa? Pensiamo ad un uomo tipico di questo schieramento, ma scegliendo proprio il più tranquillo di tutti. Ad esempio Franco Marini: uno che fuma la pipa e ha un grosso cane, ha la camicia a quadrotti, e in tutti i telefilm americani di Lassie uno così è la serenità in persona.Ecco, cerchiamo di capire cosa vede Marini coi suoi occhi e che cosa trattiene nella memoria. Anticipiamo il finale: appena gli passa vicino qualcuno che gli parla di Prodi o Rutelli o Di Pietro, logico che cerchi di strozzarlo.Se fossimo al suo posto vedremmo arrivare gli infermieri su tricicli da neurodelir i. Dunque. Franco Marini. Era segretario della Cisl. È entrato nella Dc. È diventato popolare del Ppi seguendo Martinazzoli. Poi è arrivato Buttiglione. Il quale prima va a sinistra, poi va a destra. Scissione. Marini va a sinistra con Castagnetti. Sostiene Prodi. Vincono. Prodi cade. Il Partito popolare comincia dopo poco a dialogare con i Democratici di Prodi e Rutelli (con la tessera dei Verdi fino a un attimo prima, e prima ancora dei Radicali). Nel frattempo i Democratici, mentre discutono con i Popolari sulla fusione, giocano d'anticipo e si trasmutano come in un libro di Apuleio nell'Asinello, dove diventano un equino solo con Di Pietro.Ecco però che nel 2002, finalmente, i Democratici orfani di Prodi (il quale pensa più in grande, non perdiamolo di vista) si decidono a mettersi insieme con i Popolari. Ad essi si sommano i diniani di Rinnovamento italiano e l'Udeur-Il Campanile di Clemente Mastella. E Di Pietro? Ammazzato l'Asinello, se ne sta fuori. E Marini? Un po' a fatica, ci tiene al suo vecchio stile democristiano, subisce ma accetta. Era stato a un passo dal diventare presidente della Repubblica al posto di Ciampi nel 1999. Aveva partecipato all'eliminazione di Prodi, che lo odia ricambiato. Ora però, il povero Marini, accetta di sciogliersi in questo fiorel- lone rutelliano insieme agli altri prediletti di Prodi (che sta furbamente fuori, ma sorveglia). Dunque si sono radunate quattro entità, che si chiamano dapprima "Libertà è Democrazia", poi diventano Margherita. Franco Marini credeva di starsene un po' tranquillo. Ma no, se ne va Mastella con la sua Udeur. Se ne va ma resta a sinistra, anche se un po' più in qua. Finché (qui saltiamo un po' di passaggi) si rifà vivo Prodi. Dice: uniamoci tutti. Aderiscono Margherita, Ds, Socialisti di Boselli.È il Triciclo, cui si aggiunge il quarto ruotino dei repubblicani della Sbarbati.Ma questo è solo il nocciolo incasinato, incasinatissimo della cassaforte prodiana. Vanno dal notaio, sistemano le questioni di lira, anzi di euro da spartirsi. E si apprende che questi uniti nell'Ulivo non sono quattro partiti e basta. Ma sono quattro partiti più Dio, dotato di personalità come un partito a parte, cioè Prodi. I quattro si presentano in una sola lista incollaticcia. La chaiamano Listone. Ma nel Listone c'è anche un altro Listone: sono i Diesse appunto del Listone chiamato anche Correntone o Aprile. I quali ci stanno ma nicchiano, non gli piace Rutelli.Bussa Di Pietro al Triciclo. Gli dicono di no. I girotondini, tranne Santoro, si uniscono a Di Pietro con Occhetto. I comunisti di Diliberto fanno lista a sé ma restano Ulivo, così come vuole essere considerato anche Di Pietro, anche se il suo ideologo Occhetto preferirebbe la Carovana all'Ulivo. Rifondazione invece è fuori dall'Ulivo, ma alleata dell'Ulivo, e si consorzia con i Centri sociali, i quali però non si capisce se ci stanno o no a Prodi. Manca qualcuno? Ma sì, Martinazzoli che è entrato nell'Udeur, e se non altro è riuscito a togliere il campanile e ci ha messo un nome tipo Alleanza. Ci sono le elezioni. Chi ha vinto? In 47 hanno vinto, e ciascuno pretende di essere il migliore, con sopra Prodi che pontifica e chiede di fare un altro passettino, un altro partito, uno nuovo. Logico che Marini voglia strozzarlo.
    "

    Saluti liberali

  7. #7
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    Predefinito Bobo craxi minimo

    [QUOTE]In origine postato da Pieffebi
    [, Socialisti di Boselli.È il Triciclo, cui si aggiunge il quarto ruotino dei repubblicani della Sbarbati.

    senatore!,

    la cosa che quasi mi stupisce e che il duo Craxi.De Michelis si sono visti arrivare i voti dei socialisti pentiti di Boselli ma nè gli uni nè gli altri se ne sono accorti:ma ha fatto giustizia la contabilità o se preferiamo la partita doppia.
    Ma Bobo ,mai stato acuto,ora crede di dover porre delle condizioni al Cdx e se non sarà soddisfatto trasmigrerà senza vergogna alla sinistra dove perderà la sua eredità come quello stratega di Boselli che crede di avere ancora un partito.

  8. #8
    SENATORE di POL
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    Sebbene il sottoscritto venga sovente appellato con il titolo di ragioniere su questo forum la partita doppia elettoralistica, persino condita con un pizzico di kabbalah, è patrimonio altrui.....
    Interessante, invece questo articolo de IL FOGLIO che tratta delle attuali vicissitudini in cui sono incappati i Pirri vincitori delle amministrative.....

    da www.ilfoglio.it

    " Gli sconti di Angius
    Prodi? “Poco felice”. Rutelli? “Nervoso”. Correntone? “Miopi”. Però abbiamo vinto, avanti così
    --------------------------------------------------------------------------------
    Roma. “Al posto di Prodi mi preoccuperei” scherza Gavino Angius, presidente dei senatori Ds al Senato. Scherza sulla “forza possente nella sinistra italiana” del correntone Ds, che nell’immediato postelezioni lamenta “un risultato della lista unitaria tutt’altro che entusiasmante” (anche perché, parole di Fabio Mussi, “ senza correntone quel 31,1 per cento se lo sognavano” [ ] ) e lamenta anche, attraverso Aprile, la freddezza della Quercia verso il “tentativo nobile” di Romano Prodi, la costituente. “ E’ masochistico e un po’ ridicolo che anche a sinistra si sostenga la tesi della lista sconfitta, dell’esperimento fallito, quando tra l’altro avrebbero gridato al fallimento qualunque fosse stato il risultato raggiunto. L’ha fatto persino qualche eletto della lista stessa, e non è stata una simpatica prova di eleganza. Trovo più corretto Fausto Bertinotti, che semplicemente dice: non sono d’accordo con il progetto politico. Discutere in questo modo è avvilente: Aprile tira l’acqua al mulino dello scioglimento del listone, per un calcolo miope ”. Ma il correntone è parte integrante di questo schieramento. “Diciamo che è una minoranza con pieno diritto di cittadinanza, con una posizione sbagliata” risponde Angius. Che commenta il risultato elettorale: “E’ positivo per la lista dell’Ulivo e per il centrosinistra, e straordinariamente positivo per le amministrative. Il progetto va precisato, migliorato, ma ha preso i voti di un italiano su tre: non penso che si debba cambiare strategia, abbiamo deciso di dare vita a una forza politica composta da diversi partiti che rappresentano il riformismo italiano. Poi abbiamo il voto straordinario delle amministrative, e lì i Ds rappresentano il primo partito italiano: ci dobbiamo nascondere perché gli amici della Margherita sono nervosi? No, siamo il primo partito. E non c’è stato alcun cannibalismo. Penso che, se dalla Margherita volessero ascoltarci, dovrebbero valutare alcuni errori: sarebbe stato utile, da parte loro, investire di più nella lista Uniti nell’Ulivo per l’Europa, anche in persone, candidature; non l’hanno fatto e hanno sbagliato. Anche nella campagna elettorale, ho constatato personalmente un richiamo maggiore al voto alla Margherita, che non la sottolineatura di questo progetto politico unitario: ci sono state alcune sottovalutazioni importanti, perché se si pensa solo al partito è difficile essere credibili”. Però la Margherita aveva il leader della coalizione, aveva Prodi. “Fuori dai denti, se Prodi fosse stato candidato, se fossero stati candidati anche altri leader, avrebbero ottenuto un risultato migliore”. I socialisti francesi? “Curiosi” E adesso, che succede? “La prospettiva politica del centrosinistra non può prescindere da quest’esperienza, non possiamo dire: ragazzi, abbiamo scherzato. Bisogna essere consapevoli di quel che abbiamo messo in moto, unendo le forze che vengono dalla tradizione democristiana, socialista, postcomunista, repubblicana e laica: non era mai avvenuto, e pensiamo che questa forza sia la guida del centrosinistra, il riferimento politico culturale trainante. Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi, devono capire che più questa forza cresce, riconoscendo pienamente il ruolo della sinistra radicale, più crescono anche loro”. Ma la costituente non piace, pare di capire. “Quello di Prodi è un contributo interessante, anche se con alcune formulazioni non molto felici, che ha lo scopo di tenere insieme tutto il centrosinistra, ma mi sembra meno condivisibile dare un segnale per cui stiamo tornando indietro a un anno fa, prescindendo o annacquando l’esperienza di Uniti nell’Ulivo. La novità del centrosinistra è che si sono formate due aree: una di forze politiche riformiste e al suo fianco, con un consenso molto inferiore, un’area radicale”, che in queste elezioni ha però sommato il 13 per cento dei voti. “Ma Bertinotti non si metterebbe mai con Diliberto, e Pecoraro Scanio non credo voglia avere a che fare con Di Pietro. Certo è però che le due aree, riformista e radicale, sono obbligate a incontrarsi, a mettersi d’accordo su un comune programma, un comune candidato, e se c’è la volontà politica sarà difficile ma non impossibile”. “Dobbiamo darci una struttura più forte, un gruppo dirigente con personalità, un patto federativo: invito anche gli amici della Margherita a non abbandonare l’idea di un progetto unitario, e a guardare con più freddezza i risultati di voto”. E il Partito democratico europeo annunciato da Francesco Rutelli con François Bayrou, leader del partito centrista francese? “Non mi sorprende – dice Angius – è un’esperienza interessante, molto diverso dal Partito popolare europeo”. La Francia non sembra molto affezionata a Prodi, e il Monde ha scritto che “il successo tiepido delle liste che patrocinava alle elezioni europee mostra anche lì che il presidente della Commissione non ha fatto i calcoli giusti”. “I francesi sono curiosi – ride Angius – mi risulta che i socialisti francesi, che stanno urlando e sbraitando di trionfi meravigliosi, col sostegno del Monde, hanno ottenuto una percentuale pressoché identica a quella della lista Uniti nell’Ulivo”.
    "


    Shalom

  9. #9
    SENATORE di POL
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    Però il moderno Pirro guadagna.....benino......


    dal quotidiano LIBERO

    " PRODI COME TOTTI SI CONSOLA COI MILIARDI di MATTIA FELTRI
    Licenziato dalla sinistra e dall'Europa il Professore si rifà con una "pensione" da 4000 milioni di vecchie lire l'anno Ricevuti in eredità dall'Ulivo. E il Pupone? Se la ride di sputi e squalifiche: a lui gli affari
    Appaiati da un destino parallelo e cattivo, Romano di nome e romano de Roma - cioè Prodi e Totti potranno lenire i recenti dolori con la certezza in un futuro economicamente solido. E in tempi di euro e recessione non è paglia. Certo, fino a domenica avevano un progetto: mettersi a prua con la sciabola sguainata per condurre l'Italia alla conquista del continente. Sfumature: uno puntava alle Europee, l'altro agli Europei. Più o meno nelle stesse ore, hanno perso le une e gli altr i. Domenica sera, poco dopo le dieci, Prodi ha consultato gli exit poll, poi i dati parziali e ingannevoli provenienti dal Viminale. Indicavano il suo Triciclo o Listone o Uniti nell'Ulivo intorno al 35 per cento. Ottimo risultato. E che fosse ottimo, per Prodi era indispensabile. Da presidente della Commissione europea - carica di grande prestigio istituzionale - aveva messo il becco nella politica italiana per rimettere insieme, a sinistra, un cartello di qualche credibilità. Poi si è speso nella campagna elettorale, malgrado non fosse candidato. A Bruxelles e a Strasburgo hanno giudicato il comportamento di Prodi riprovevole: un presidente dovrebbe fare il presidente, non lo sponsor. Lui non se ne è curato: c'era di mezzo il suo futuro. Voleva dimostrare che soltanto lui è in grado di raccogliere voti e battere Silvio Berlusconi. Stavolta Berlusconi si è battuto da sé. Forza Italia ha perso, ma il governo no. Il Triciclo è andato così così, più maluccio che benino: 31 per cento. E i leader di centrosinistra hanno fatto fuori Prodi appena si sono resi conto della sua limitata forza di traino. Ora hanno un gallo di meno con cui fare i conti in vista della candidatura a presidente del Consiglio per le politiche del 2006. Prodi non è già più, nei fatti, presidente della Commissione. Non è deputato, né europarlamentare, né docente universitario né altro. Un disoccupato. Fortuna (sua) che si è cautelato. Alla costituzione del Triciclo, Prodi ha sottoscritto un patto con gli alleati secondo il quale il nuovo soggetto politico si sarebbe impegnato a girargli un milione di euro all'anno fino al 2006. In tutto, tre milioni di euro, sei miliardi di lire. I soldi non sono tutto nella vita, specialmente quando si punta in alto come in alto puntava Prodi; ma preservano dall'indigenza. E con sei miliardi garantiti, è più facile covare sogni di riscatto. Domenica sera, poco dopo le dieci, mentre Prodi non sospettava di quanto sarebbe stato amaro il suo lunedì, Totti stava concludendo la prima partita dei campionati europei. Aveva già preso a sputi in faccia il suo marcatore, Christian Poulsen. Ha concluso l'incontro, mal giocato, attentando al ginocchio dell'avversario René Henriksen. Mercoledì la tv danese ha mostrato le immagini di Totti che sputa su Poulsen. Una roba meschina per la viltà del gesto, perché Totti è il leader della nazionale e perché la nazionale contava soprattutto su di lui. La tensione sarà stata alta, ma di tensioni viviamo tutti e non le scarichiamo bersagliando di saliva chi ci innervosisce. Peggio: Totti ha negato l'evidenza sinché ha potuto spalleggiato da dirigenti infantili e furbetti. Gli sono state inflitte tre giornate di squalifica. Se va tutto bene, rientrerà per le semifinali, ma difficilmente potrà riprendersi l'Europa e il Pallone d'Oro ai quali puntava. Non cascherà il mondo. Quanto a denaro, Totti è messo meglio di Prodi: la sua azienda, fra stipendio e sponsorizzazioni, lo garantisce per qualche decennio. E Totti un impiego nel football lo ha assicurato almeno per il prossimo quinquennio. P.S. Ieri lettori romani si sono offesi perché abbiamo immaginato un Totti non calciatore sulla Kawasaki a Torbellamonaca. Ritengono sia stata colpita un'intera città per ragioni economiche e geografiche. Per noi, Roma è la città più bella del mondo e i romani un bel popolo. Il gallo cedrone, però, non ce lo siamo inventati noi. E se Totti fosse stato milanese, l'avremmo raffigurato per le vie di Vimodrone sulla Renault 5 Alpine Turbo.
    "


    Saluti liberali

  10. #10
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    mah....

    dal quotidiano il Giornale

    " il Giornale del 21/06/2004


    --------------------------------------------------------------------------------

    «Forza Italia? Serve più attenzione per la base»
    Urbani, ministro e politologo: chi ci sostiene deve avere la certezza di essere rappresentato
    Mario Sechi
    --------------------------------------------------------------------------------

    Il 28 luglio del 1993 Silvio Berlusconi e Giuliano Urbani concessero due interviste in cui l'imprenditore parlava del suo progetto politico e il politologo della Bocconi illustrava la sua idea di costituire un'associazione per creare una nuova classe dirigente. Quel giorno fu il gong per l'avventura di Forza Italia. Sono passati più di dieci anni, Giuliano Urbani oggi è ministro dei Beni culturali, ma per capire quali bastimenti navigano nel mare azzurro e quali sono le loro rotte, occorre ancora parlare con lui. Fu Urbani a fondare nel settembre del 1993 a Milano "L'associazione alla ricerca del Buongoverno" e fu sempre lui a dare il primo manifesto politico-culturale al partito con "L'appello per la costruzione di un'Italia vincente". Un manifesto diviso in nove sezioni, fondato sulle tematiche che negli anni Ottanta avevano aperto Margaret Thatcher in Gran Bretagna e Ronald Reagan negli Stati Uniti.
    Ministro Urbani, lei dieci anni fa fondò l'Associazione per il Buongoverno. Cosa è cambiato da allora e cosa manca a Forza Italia di quello slancio iniziale?
    "E cambiato il contesto. Eravamo nel 1993, il comunismo era caduto e assistevamo alla scomparsa dei partiti colpiti da Tangentopoli. I problemi principali erano: da un lato riempire il vuoto di rappresentanza creato dalla scomparsa della Dc e degli alleati e dall'altro quello di raffermare le ragioni delle democrazie liberali dopo il crollo del comunismo".
    Lei non auspicò la nascita di un partito, ma di un "comitato elettorale".
    "Questo ha una ragione precisa: i partiti italiani a partire dal primo Dopoguerra, avevano tutti fatto il verso alla logica organizzativa del Partito comunista, un partito di massa e tra l'altro con aspetti grotteschi: si erano militarizzati per dover fronteggiare un'organizzazione paramilitare. Non essendoci più il Pci, non
    bisognava ripetere quella storia grottesca e procedere con quella di partiti che hanno un solo vero compito: quello di fare da intermediario per la rappresentanza politica, dai consigli comunali fino al Parlamento europeo".
    Forza Italia è diventata un partito. Marcello Dell'Utri ha detto: "Purtroppo. E questo è il nostro limite". Condivide?
    "Condivido il purtroppo. Abbiamo creato una struttura che assomiglia un po' troppo ai modelli novecenteschi e in realtà non abbiamo fatto la cosa di cui abbiamo più bisogno".
    Quale?
    " Un'organizzazione in grado di dar voce alle mutevoli domande politiche. Se per partito si intende la prima cosa, condivido il giudizio di Dell'Utri, la seconda è ancora da fare".
    Formigoni dice che ci sono troppi piccoli Berlusconi locali.
    "Ha perfettamente ragione. Troppa gente si atteggia localmente come se fosse Berlusconi, questo è ridicolo e controproducente".
    Soluzioni a portata di mano?
    "Bisogna evitare i potentati locali, le satrapie. Non è una cosa facilissima da fare, però va fatta. Anche se non lo ritengo, confesso, il problema più importante
    ".
    E quale sarebbe?
    È un altro e ha due facce. Primo, è cambiato il contesto, secondo, è mutata la rappresentanza politica. Noi siamo reduci da un 2001 nel quale abbiamo avuto una importante delega politica. Adesso in queste elezioni europee abbiamo notato che la delega non è eterna. E legata alla nostra capacità di rispondere ai problemi. La conclusione è che bisogna vedere attraverso quali comportamenti possiamo riprenderci quella delega. Che potenzialmente è ancora a nostra portata perché non è passata all'altro schieramento".
    Una parte dei vostri elettori ha votato An e Udc?
    "Sì, ma la maggioranza è andata a ingrossare l'astensione. Quindi per noi è disponibile ancora".
    Forza Italia è il partito del premier. Ma c'è chi sostiene: FI deve fare il partito e il governo deve fare il governo.
    "Concordo. ll governo ha compiti istituzionali di rappresentanza generale, il partito deve essere portavoce delle scelte di una parte del Paese. Naturalmente, non devono esserci contraddizioni tra le due cose".

    Lei dice: Forza Italia deve ascoltare gli elettori. Come?
    "Forza Italia deve aiutarci a dare corpo e voce alla domanda liberale che viene dai nostri elettori, deve essere un portavoce che ha tempismo. Chi ci sostiene, tra un'elezione e l'altra, deve avere la certezza che il partito li rappresenta, che non gli ha dato una delega e basta. E questo lo può fare solo un, partito che ha due, orecchie giganti, come l'elefantino volante Dumbo, un partito apertissimo alle categorie, ai settori culturali e produttivi".
    E un problema di uomini?
    "E un problema di struttura e anche di uomini. Dobbiamo trovare uomini che ci aiutano a selezionare il meglio del meglio del meglio. Purtroppo non sempre lo abbiamo fatto. Io mi auguro che sia l'eccezione e oggi per il futuro deve essere questa la nostra bussola ".
    Gli elettori hanno punito il governo?
    "Credo che non sia stato un voto negativo sul governo o una parte politica. La delega che si sono ripresi questi quattro milioni di elettori è frutto di una svolta storica, non di una punizione al governo. E la svolta, di cui siamo agli inizi, va interpretata". Può spiegarla ai nostri lettori?
    Lo stesso successo del 2001 era avvenuto in un contesto che assomigliava a quello del 1993. Ma negli . ultimi anni, a partire dall' 11 settembre, tutto è cambiato. C'è stata una svolta storica fatta da due fenomeni che generano nell'elettorato una doppia insicurezza. Il primo è l'emergere di un nuovissimo nemico, il terrorismo mondiale che riguarda tutti e che, provocando una guerra più innumerevoli attentati in tutto il mondo, è la prima componente di questa insicurezza".
    E il secondo elemento ?
    "È coinciso con l'avvento dell'euro, riguarda quell'Europa che negli ultimi tre anni ha avuto una crescita pari a zero. Fine dello sviluppo facile, ineluttabile. Se mettiamo insieme terrorismo e fine dello sviluppo abbiamo chiara la genesi di questa insicurezza". E cambiato lo scenario. "Tenga conto che Berlusconi ha vinto nel 2001 per due qualità che erano l'opposto di queste ansie: il leader capace di generare crescita, l'imprenditore che sa fare e sa far crescere un Paese e dall'altro anche un leader che basa il suo messaggio sull'ottimismo della volontà, di una vita migliore. Ci siamo trovati a operare in una situazione che metteva a dura prova le nostre promesse, parlo di quelle implicite, non quelle del contratto agli italiani che stiamo rispettando alla lettera".
    Immagino che lei, da docente di Scienze Politiche, stia studiando quanto è accaduto.
    "Sto facendo in questi giorni un'analisi approfondita su cosa c'è alla base di questo spostamento elettorale. E se dovessi
    scegliere una parola che le riassume tutte è proprio questo forte senso di "ansietà elettorale"".
    An e Udc hanno interpretato meglio quest'ansia?
    "Guardi, la parte importante di questo risultato riguarda il leader e le oscillazioni sul leader. Le altre sono talmente piccole che, possono generare soddisfazione nei protagonisti, ma non cambiano gli equilibri e il rapporto tra cittadini e governo del Paese".
    E la verifica e il rimpasto?
    "Prima vengono le cose importanti: le chance di riprendere questi quattro milioni di elettori, poi vengono le cose secondarie, quelle di spostare un ministro da un posto all'altro o di dividere il portafoglio di un ministro in due o in tre. Tutte cose legittime che possono essere fatte, ma che rispetto al problema di come riconquistare quattro milioni di voti sono di importanza secondaria".
    Tornano tentazioni neocentriste e voglia di proporzionale?
    "Sono discussioni da primissima Repubblica, irrilevanti rispetto al problema: come si risponde all'ansia dei cittadini".
    La sinistra ha forse trovato risposte migliori?
    "No, la stessa sinistra rispetto a questi problemi annaspa nel vecchio. Quando issa le due bandiere dell'assistenzialismo e dello statalismo e del pacifismo a senso unico non risponde alle sfide. È una sinistra divisa che ripete slogan novecenteschi, la questione della leadership che si è aperta nella sinistra dice che non esiste una risposta, esistono mozziconi di risposte, tutte all'insegna dell'abbiamo già visto".
    Quali riforme le sarebbe piaciuto vedere subito?
    "Quella sulle pensioni, sulla giustizia, e anche la riforma delle istituzioni. Sul federalismo mi sarebbe piaciuta una soluzione dopo due mesi di lavoro e che l'avessimo già attuata".
    E la riforma fiscale?
    "La riforma fiscale sì, ma è quella più difficile in assoluto dato il contesto di stagnazione. Le riforme fiscali sono facilissime quando uno destina all'abbattimento delle tasse il sur plus, ma se non si genera surplus sono di
    una difficoltà incredibile e allora bisogna tagliare la spesa. Purtroppo siamo costretti a provarci nelle condizioni più difficili".
    An è un partito statalista?
    "Certamente An viene da una visione dello Stato e dell'economia diverso dal nostro. Però dal 1994 la trasformazione è incredibilmente veloce nel senso liberale del termine. È un processo storico non una passeggiata".
    L'Udc è erede della Dc?
    "È difficile essere eredi della Dc, ha avuto talmente tante anime. Se fossero eredi di De Gasperi e Sturzo il colloquio non sarebbe facile. Pensi a cosa scrisse Sturzo sul federalismo...".
    La Lega ha ottenuto un risultato sul quale avrebbero scommesso in pochi.
    "Gli elettori hanno voluto premiare il loro insistere sulla riforma federale dello Stato, oltre a un atto affettivo verso il leader malato".
    Perché Prodi non ha vinto?
    " Perché la coperta è troppo corta. La convivenza tra il centro, Bertinotti e i no global è un tentativo votato all'insuccesso. Il Listone ha rappresentato questa ambiguità. Ricorda il vecchio detto francese Il n'ya pas d'ennemi à gauche? Ecco, se vuoi fronteggiare il terrorismo e far riprendere lo sviluppo, non puoi pensare che a sinistra non ci sia il nemico ".
    Il dopo Berlusconi?
    " Un dopo Berlusconi è del tutto non ipotizzabilie, perché quello che è successo negli ultimi dieci anni porta il marchio di Berlusconi come persona, pro o contro . E inimmaginabile. Berlusconi ha indotto il sistema partitico italiano a un cambiamento enorme: da An allo stesso Bertinotti, che vuol rifondare il comunismo ma non condivide una virgola del comunismo realizzato. E l'equivoco del grande centro, che è finito una volta per tutte, e il bipolarismo come esaltazione della possibilità per i cittadini di scegliersi il governo".
    "

    Che un dopo Berlusconi "non sia ipotizzabile"..... è veramente eccessivo, detto da uno come Urbani ...poi..... il resto è interessante e si può discutere. Ma se Forza Italia seleziona yes-men......per forza poi nascono le satrapie locali.

    Saluti liberali

 

 
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