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Discussione: Giù le mani da Indro

  1. #21
    SENATORE di POL
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    tei nuius!

  2. #22
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    " Il premio di scrittura dedicato a Montanelli
    di Fabrizio Boschi


    Fra tutti i premi che dalla scomparsa di Montanelli ad oggi sono apparsi nel campo della letteratura, finalmente ha preso il via quello ufficiale bandito dalla Fondazione Montanelli Bassi di Fucecchio. Infatti, è stato presentato il 20 aprile a Fucecchio il primo premio di scrittura intitolato a Indro Montanelli, la cui assegnazione è prevista per l'aprile del 2003. Ha aperto l'incontro il presidente della Fondazione Prof. Alberto Malvolti dicendo che questa non sarà l'unica occasione dedicata a Montanelli ma altre ce ne saranno come il premio biennale destinato ad autori di libri illustrati per l'infanzia a ricordo di Colette Rosselli scrittrice e giornalista, moglie di Indro Montanelli. Si è precisato che non si tratta di un premio giornalistico ma di un premio alla scrittura quindi che non farà caso all'oggetto ma allo stile. Hanno partecipato all'evento Mario Cervi ed Enzo Bettiza, amici e colleghi di Montanelli al "Giornale" e alla "Voce", che hanno ricordato la figura e l'opera di questo grande uomo e la loro esperienza accanto a lui. Presenti anche Cesare Romiti, Ferruccio de Bortoli, il sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca e la nipote di Montanelli Letizia Moizzi. Cervi nel suo intervento ha sottolineato come Montanelli non volesse mai imporre ai sui lettori il suo pensiero o la sua ideologia ma cercasse sempre di capire cosa essi volessero. Semmai cercava di far arrivare ai lettori le sue idee convincendoli che esse erano oneste. Per Cervi il pensiero di Montanelli oscillava tra il liberale e l'anarchico. Era un liberale ma con degli sprazzi di ribellione ai luoghi comuni che lo rendevano un po' anarchico. Numerosi gli aneddoti raccontati da Cervi nella sua lunga esperienza di scrittore di libri storici accanto a Montanelli. Il primo libro in tandem con Cervi fu L'Italia Littoria che inizia con l'ultimo capitolo non pubblicato dell'Italia in Camicia Nera cioè il colpo di Stato del 3 gennaio 1925. Da allora scrissero insieme circa 15 libri. A Montanelli interessava soprattutto la chiarezza e poi a questa aggiungeva il guizzo, la trovata. Gli importava solo che si scrivessero le cose in maniera chiara. I libri che Montanelli scrisse con Cervi erano meno spiritosi di quelli che Montanelli scriveva da solo. Montanelli a questo rispondeva che dovevano essere meno divertenti perché Nerone e Attila non davano querela mentre Fanfani e Moro sì, quindi era meglio essere più cauti. Cervi diceva che non avevano mai litigato sul contenuto dei capitoli dei libri neanche su quelli più recenti dell'Italia di Berlusconi e dell'Ulivo. Montanelli aveva l'ambizione di essere l'occhio dei posteri e non quello dei contemporanei. Cervi ha anche parlato dell'uomo Montanelli dicendo che esso era lontano dalla leggenda del toscanaccio intrattabile, che però a lui piaceva molto fingere di avere. In realtà era un uomo di estrema tollerabilità e amabilità. Era un solista, e non sopportava svolgere la parte gestionale del direttore. Se aveva un difetto era quello di essere troppo buono nei rapporti umani. Sotto il suo apparente cinismo si celava una grande saggezza. Scriveva lento ma con grande continuità. Egli diceva di avere il passo del fante mentre a Cervi rimproverava di avere quello del bersagliere che a volte inciampa. Per lui l'importante era l'armonia intima del pezzo e a volte rinunciava anche a scrivere cose importanti piuttosto di rispettare questa armonia. Cervi confessa di non aver nessuna intenzione di scrivere libri da solo perché era ormai diventata una consuetudine quella di vedere accanto al suo nome quello di Montanelli. La sua morte ha sancito la chiusura ad un grande lavoro che non avrà più nessun seguito. Il Montanelli del Giornale era un Montanelli pessimista e arrabbiato con tanta voglia di battersi. Negli ultimi tempi Montanelli sembrava invece rassegnato e avvilito di fronte alla realtà, come se la subisse. Cervi dice che un po' di quell'avvilimento glielo aveva trasmesso. Cervi ha concluso il suo discorso dicendo con un groppo in gola: "Voglio dire a Indro e alla sua Fucecchio che mi manca immensamente". Bettiza ha detto che l'idea che muoveva Montanelli era quella della controverità ossia di scrivere sempre quello che c'era dietro alla verità che tutti vedevano, fosse questa storica o di attualità. Il termine contro è quello che contraddistingueva Montanelli nella ricerca della verità. Era uno scrittore per istinto che non ha mai voluto ripararsi dietro a stereotipi o dogmi prestabiliti. Tutto questo faceva di lui un uomo libero e con grande chiarezza di espressione e di pensiero. Bettiza dice di rifiutare di lui la parola professionista ma di accettare con orgoglio quella di un grande dilettante. Bettiza invita coloro che amano il mestiere di scrivere a considerarsi dei dilettanti piuttosto che falsamente dei professionisti. Montanelli è stato un emerito dilettante. Prima che giornalista era uno scrittore e una grande personalità, la più grande forse che il giornalismo abbia mai avuto. Bettiza approva il fatto di aver istituito un premio alla scrittura e non al giornalismo perché questa parola è spesso abusata. Bettiza racconta quando condivideva la stessa stanza di Montanelli a Milano nel palazzo dei giornali in Piazza Cavour dove c'era redazione e direzione. Montanelli non leggeva giornali. I suoi articoli nascevano dal non aver letto nessun articolo. Occhi e orecchie erano in movimento, captavano e assorbivano tutto. Come un ragno egli tesseva il suo articolo. Era un fante su zampe di ragno e le sue gambe sotto la scrivania ritmavano la scrittura che per lui era ritmo e musica. Gambe che si muovevano dunque e labbra che canticchiavano ciò che scriveva. C'era una procedura artistica nella confezione dei suoi articoli. E' stato uno dei più demiurgici uomini pubblici che l'Italia abbia mai avuto. Quando Bettiza e Montanelli fondarono il Giornale si vennero a trovare in un magma di solitudine imposta dalla società italiana. Poi Bettiza ha raccontato dei suoi scontri con Montanelli per questioni politiche che però si risolsero sempre con una riconciliazione. Il premio si avvale di una giuria formata dai presidenti o delegati di prestigiose istituzioni culturali che lo rendono ancora più autorevole e ne garantiscono il risultato: Cesare Romiti per la Fondazione Corriere della Sera, Francesco Sabatini presidente dell'Accademia della Crusca, Giovanni Sartori dell'Accademia dei Lincei, Monsignor Gianfranco Ravasi della Biblioteca Ambrosiana di Milano, oltre alla stessa Fondazione Montanelli Bassi che avrà un ruolo di coordinamento. La giuria sceglierà un genere entro il quale sarà individuato il vincitore. Il premio, che avrà una cadenza biennale, è dedicato ai settori in cui Montanelli dette eccellenti prove scrittura: dal giornalismo alla divulgazione storica, dal teatro alla narrativa. Ad ogni edizione saranno assegnati due ordini di premi: senior alla carriera per chi, avendo oltre 35 anni, ha già acquisito larga notorietà e junior per giovani ed esordienti, assegnato a chi abbia un'età inferiore a 35 anni. Il premio non sarà destinato agli imitatori di Montanelli ma a coloro che riusciranno a comunicare con efficacia un qualunque argomento. Dunque un premio che abbraccia tutte le età e omaggia chi come Montanelli ha dato lustro nel corso della sua vita alla scrittura e arricchendo così la letteratura italiana.

    Il sito Internet della Fondazione Montanelli Bassi è www.leonet.it/culture/fondazmb

    "

    Saluti liberali

  3. #23
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    Panta rei...

  4. #24
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    In origine postato da Pieffebi
    Indro Montanelli fu come le aquile e voi siete le galline, e se ben è possibile all'aquila abbassarsi al livello delle galline, mai una gallina potà volare all'altezza delle aquile. Questo anche per dire che il titolo è la parafrasi del "Giù le mani da Rosa Luxemburg" di Lenin. Rosa Luxemburg, dirigente dell'ala marxista-rivoluzionaria della socialdemocrazia tedesca (e polacca, e in quanto tale....in qualche modo...russa, durante l'Impero) che pur aveva seccamente accusato Lenin e Trotzky di aver "soppresso la democrazia" in Russia, attaccandoli duramente nel suo libro sull'ottobre russo.

    Mario Cervi che fu intimo amico e collaboratore di Montanelli, che ancora negli ultimi anni fu con Montanelli co-autore di numerosi libri, e che da Montanelli fu diviso soltanto dal giudizio sul nuovo CentroDestra italiano.....ha spiegato per bene ogni cosa.

    Saluti liberali
    Hey, aquila filomontanelliana, quando Montanelli era anticomunista tu eri comunista, quando Montanelli era antiberlusconiano tu eri Berlusconiano.

    Non me ne becchi una che è una.


    la Repubblica 26-3-2001

    "La cosa più impressionante sono le telefonate anonime: gente invasata che urlava contro di me"
    "L'Italia di Berlusconi,
    la peggiore mai vista"

    Montanelli: sa solo mentire e la gente gli crede

    "Quell'uomo è una malattia che si cura soltanto con il vaccino: una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi per immunizzarci"

    LAURA LAURENZI
    MILANO-Sembra essere diventato il nemico numero uno del Polo. Berlusconi gli dà del bugiardo e dell'ingrato, Fini lo descrive come l'ennesimo giornalista "strumentalizzato" dalla sinistra, i giornali della destra portano il suo nome nei titoli di testa in prima pagina. La sua "colpa" è il tradimento: ha dichiarato di votare per il centrosinistra, ha partecipato alla trasmissione di Santoro, dove - capo d'imputazione gravissimo - ha persino dato ragione alla ricostruzione fatta da Marco Travaglio sulle vicende del Giornale. Indro Montanelli ha risposto con le sue armi: un editoriale al veleno sul Corriere della sera in cui restituisce l'accusa di mendacio al Cavaliere, gli replica punto per punto e chiosa: "Chiagne e fotte, dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara ,a farlo per cinque anni di seguito". Dopo l'articolo, da ieri mattina il suo telefono non ha fatto che suonare.
    «La cosa più impressionante - racconta Montanelli - sono state le telefonate anonime. Ne sono arrivate cinque una dopo l'altra, tre delle quali di donne. Non so chi avesse dato loro il mio numero, che è assolutamente introvabile. Dicevano tutte la stessacosa: delle invasate che urlavano: lei che per vent'anni ha mangiato alla mensa di Berlusconi! Io, capirai? Come se io fossi stato mantenuto da Berlusconi».
    Insomma, siamo alle minacce.
    «Veramente la scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime. L'Italia della marcia su Roma, becera e violenta, animata però forse anche da belle speranze. L'Italia del 25 luglio, l'Italia dell'8 settembre, e anche l'Italia di piazzale Loreto, animata dalla voglia di vendetta. Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo».
    Lei sembra veramente spaventato.
    «No, spaventato no: piuttosto sono impressionato, come non lo ero mai stato. Va bene, mi dicevo, succede anche questo: uno dei tanti bischeri che vengono a galla, poi andrà a fondo. Ma adesso sono davvero impressionato, anche se la mia preoccupazione è molto mitigata dalla mia anagrafe. Che vuole, alla mia età preoccuparsi per i rischi del futuro fa quasi ridere».
    Ma lei è sicuro che la partita elettorale sia già giocata? Il centrosinistra non ha nessuna possibilità di battere Berlusconi?
    «Guardi: io voglio che vinca, faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi,
    Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L'immunità che si ottiene col vaccino».
    Lei, Montanelli, oggi è diventato il problema politico principale del centrodestra. Da qualche giorno il suo nome è al centro delle dichiarazioni degli uomini del Polo.
    «E' strano: io non avevo mai preso parte alla campagna di demonizzazione: tutt'al più lo avevo definito un pagliaccio, un burattino. Però tutte queste storie su Berlusconi uomo della mafia mi lasciavano molto incerto. Adesso invece qualsiasi cosa è possibile: non per quello che succede a me, a me non succede nulla, non è che io rischi qualcosa, è chiaro. Quello che fa male è vedere questo berlusconismo in cui purtroppo è coinvolta l'Italia e anche tante persone perbene.».
    Tutta questa polemica è nata dal programma di Luttazzi. Lei vede programmi di satira politica in televisione? Come li giudica?
    «Ne vedo, come no. Beh: l'unico modo per combattere questa cosa è la satira. Che sia sempre fatta bene però non direi, molto spesso è volgare anche quella. Ma forse è peggiore la facilità, la spontaneità con cui Berlusconi mente, e con cui le sue menzogne, a furia di ripeterle, evidentemente vengono bevute dagli altri. Lui racconta a modo suo la fine della mia direzione al Giornale, il giorno dopo la mia uscita, quando non ho potuto certamente influire più sulla stesura della cronaca. Paolo Granzotto scrisse un resoconto di come erano andate le cose. Ecco: andatevi a rileggere quella cronaca, coincide esattamente con le cose come le ho raccontate io. Berlusconi sostiene che io ero al Giornale sognando di farne un altro: non sta né in cielo né in terra. Questa menzogna è semplicemente una scemenza: quanta volgarità, quanta bassezza».

  5. #25
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