Nell'ambiente culturale “tradizionalista” circola l'idea che il pensiero maturo di Evola, ribaltando le posizioni giovanili di Imperialismo pagano, avesse mutato valutazione sul cristianesimo in senso fondamentalmente positivo.
A me sembra che questa sia una illusione, dovuta al fatto che alcuni “discepoli” o per meglio dire evolomani (come li chiamava lui) hanno sostanzialmente fallito il loro percorso e ad un certo punto sono ritornati nel grembo di “madre chiesa”.
Tuttavia non è inutile sottolineare che Evola fu molto duro nei confronti del cristianesimo anche nelle opere del periodo post-bellico, vanificando quindi le obiezioni di una foga giovanile male indirizzata, che poi si sarebbe ravveduta.
Ecco come parla il Barone del cristianesimo in Cavalcare la tigre (pg. 57)
“una delle cause che hanno favorito i processi dissolutivi è stata la sensazione confusa di una verità di fatto, la sensazione che tutto quel che nell'Occidente più recente ha preso forma di religione, specialmente come cristianesimo, appartiene al 'troppo umano', ha poco da fare con valori veramente trascendenti, oltre ad essere poco compatibile, come clima generale e come tenuta interna, con le disposizioni e le vocazioni proprie ad un tipo umano superiore.
In particolare, un fattore importante è stato il carattere mutilo presentato dal cristianesimo quando lo si confronti con la maggior parte delle altre forme tradizionali: mutilo, per il suo non possedere un esoterismo, una dottrina interna a carattere metafisico di là dalle verità e dai dogmi della fede proposta all'uomo comune.”