Cresce il numero dei parlamentari eletti a Straburgo critici verso il centralismo. Senza precedenti l’affermazione del Partito indipendentista del Regno Unito. Da Svezia, Polonia, Danimarca e Irlanda i segnali contro l’Europa senz’anima


’è una nuova Europa che esce dal voto per il rinnovo dell’emiciclo di Strasburgo. Un’Europa con la E maiuscola ben diversa dalla sigla un po’ fredda e burocratica di Ue. Un’Europa che pensa il futuro guardando al suo passato. È l’Europa, rappresentata dai diversi movimenti politici alternativi ai grandi blocchi. Una ventata di novità per la super Camera comunitaria, destinata a lasciare il segno e far parlare di sé.
La stampa e i poteri forti li ha frettolosamente definiti euroscettici; la sinistra più bacchettona li ha bollati come populisti; quella più rossa e “barricadiera”, non ha esitato a sventolare il solito spauracchio del nuovo fascismo.
Brutti, sporchi e cattivi, questi partiti insieme alle formazioni autonomiste e indipendentiste però, sono stati i veri vincitori del voto di giugno e saranno l’ago della bilancia nel Parlamento del Vecchio Continente. Il risultato della consultazione dello scorso fine settimana infatti, nonostante il recente ingresso di 10 nuovi Paesi festeggiato in pompa magna il primo maggio scorso (i quali, ironia della sorte, sono stati anche quelli dove si è registrato il più alto tasso di astensionismo), ha lasciato pressoché immutati i rapporti di forza: il Partito popolare europeo (Ppe) si è confermata la formazione più numerosa (276 seggi), seguita dai socialisti (Pse) con 200 rappresentanti, dai liberali (Eldr) con 66, dai verdi con 42, dalla sinistra unitaria con 39, dalla destra moderata (Uen) con 27 e dal gruppo Europa delle democrazia e delle differenze con i suoi 15 parlamentari.
Fuori dalle sigle già note ci sono la bellezza di 67 eurodeputati, molti dei quali sono espressione di nuovi partiti o di formazioni già conosciute ma sulle quali si è abbattuta una sorte di damnazio memorie, a causa della loro resistenza all’omologazione. L’esempio più eclatante è quello del Vlaams Blok, movimento secessionista fiammingo, messo sotto processo dalla magistratura belga con l’accusa di razzismo per via della sua intransigente politica contro l’immigrazione clandestina, che ottiene un risultato quasi plebiscitario mandando in Europa 3 deputati che, per stessa ammissione del suo leader Philip Dewinter, cercheranno di formare un gruppo anche con i deputati della Lega Nord “partito verso il quale - ha detto numero uno del Blok eletto con 190.000 preferenze personali - nutriamo molta stima e amicizia”.
Senza precedenti anche l’affermazione dell’anti-europeista Ukip (Partito indipendentista del Regno unito) del giornalista Robert Kilroy-Silk, che forte del 9,2% e di 12 eletti, dichiara guerra alla tecnocrazia comunitaria: «Non vado a Bruxelles per restarci, per impantanarmi nelle sue commissioni e nei suoi ristoranti», ma - ha dichiarato l’anchorman inglese - per «fare a pezzi questo Parlamento». Non meno battagliera la posizione dell’austriaco Hans Peter Martin, ex social-democratico (14 per cento e due seggi) salito alle ribalte della cronaca per i suoi scoop contro le “ruberie di Strasburgo”, con i quali ha messo a nudo molti nomi noti dell’euro-parlamento che incassavano la generosa diaria di 262 euro, pur senza presenziare ai lavori. La sua affermazione indebolisce L’Fpoe di Jorge Haider, che comunque elegge un onorevole, segnatamente Andreas Mölzer, considerato l’ideologo del partito del governatore della Corinzia.
Simile estrazione anche per l’olandese “Lista trasparente” (7% e due seggi), capitanata da Paul Van Buitenen ex funzionario Cee, espertissimo di regole e segreti della burocrazia, magagne comprese. Con loro anche la “Lista di Giugno” di Nils Lundgren, che in Svezia ha ottenuto circa il 15% e tre parlamentari, sorella del danese "Movimento di Giugno" (1 seggio). Entrambi hanno slogan semplici e chiari: sì all’Europa, no all’euro, al centralismo di Bruxelles e alla Costituzione senza anima uscita dalla Convenzione.
Anche dall’Est spira un vento che soffia in direzione diametralmente opposta a quella di chi vuole un’Europa di “signorsì”. In Polonia fa il pieno di voti il leader dei contadini polacchi Andrzej Lepper, numero uno di Samoobrona (Autodifesa) che incassa il 13% e 8 deputati e la Lega delle famiglie polacche, formazione cattolica e tradizionalista, che con il 17 per cento è il secondo partito del Paese. Da non dimenticare il ritorno sulla scena del nazionalista e leader dell’indipendenza ai tempi della secessione slovena dalla Repubblica Ceca, Vladimir Meciar (17%, il secondo partito della Slovacchia) e l’exploit di Viktor Uspaskic, capo del Partito dei lavoratori, che in Lituania ha spopolato raccogliendo il 23% dei consensi. A questi vanno aggiunti i rappresentanti della destra francese, il Front National di Jean Marie Le Pen (7 euro-parlamentari) e di quella greca (Laos), forze nazionaliste "classiche", ma anche molto critiche verso l’attuale assetto delle Ue.
Nel panorama fin qui descritto, non poteva mancare la pattuglia di esponenti eletti sotto le insegne dei movimenti autonomisti e indipendentisti. Oltre ai già ricordati esponenti del VB, faranno le valigie per Strasburgo anche due donne del Sinn Fein, l’organizzazione che si batte per la libertà dell’Irlanda dal giogo britannico: Bairbre de Brun, ex ministro della Sanità del governo di Belfast, eletta in Ulster e Mary Lou Mc Donald, 35 anni, super votata in Eire. In Spagna, buona affermazione anche per Galuesca formazione che coalizza Pnv (indipendentisti baschi moderati), Convergencia i Uniò (principale partito autonomista catalano) e Bng (Blocco nazionalista galiziano), che ottiene 3 seggi diventando il terzo partito del Regno; e di “Europa de los Pueblos” alleanza fra gli indipendentisti radicali catalani e baschi di Erc (Esquerra repubblicana de Catalunya) e Eusko Alkartasuna, che eleggono insieme 2 rappresentanti.
Se fra tutte queste sigle si può rinvenire un minimo comune denominatore nella resistenza al Super-Stato, permangono troppe differenze storiche, programmatiche e ideologiche per poter immaginare una stabile azione politica comune. Di sicuro però, i quattro guerrieri della Lega Nord avranno più di un alleato con il quale di volta in volta, unire le spade per sfrerrare la stoccata mortale al cuore dell’ultimo Leviatano.