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  1. #1
    Ospite

    Predefinito La leggenda di Simonino il santo bambino.

    LA PASQUA SI TINGE DI NERO

    Il principe vescovo è disposto a combattere anche l’imperatore Federico e i principi di Germania!

    Il monito del Beato Bernardino da Feltre ( "il Martello degli Ebrei") si è avverato: Simone, due anni, è stato ritrovato morto nella roggia con il corpicino martoriato da numerose ferite.Il ritrovamento della salma è del 24 marzo 1475, venerdì santo, quando il podestà Giovanni de Salis de "Brixia" ricevette la denuncia della scomparsa del figlioletto da parte del conciapelli Andrea disponendo le perquisizioni lungo il tratto di roggia che fluisce sotto la casa dell’ebreo Tobia e nel suo appartamento. Non è stato riscontrato nessun indizio che conduca al delitto. Il lunedì di Pasqua gli Ebrei ritrovano la salma proprio nel tratto di roggia adiacente all’abitazione dell’ebreo Samuele e subito sospettano una manovra accusatoria da parte di un suo nemico personale o di un debitore come Giovanni Schweizer. (Egli infatti cova sentimenti di rancore, più volte espressi con minacce di vendetta, nei confronti dell’Israele a causa di un compenso non sufficiente offerto alla moglie per un suo servizio quale levatrice). Il podestà dopo averlo sottoposto ad interrogatorio, si convince dell’alibi fornito dall’imputato e confermato dalla moglie(anche se si sollevano numerosi dubbi circa la sua attendibilità). Intanto avanza l’ipotesi che si tratti di disgrazia e non delitto. Il medico Tobia che, fautore di questa teoria, propone la spiegazione scientifica della natura delle condizioni del cadavere: le ferite sarebbero causate da urti e morsi di ratti e non da tagli, il gonfiore delle membra sarebbe la causa d’un lungo periodo in acqua, il membro virile invece sarebbe stato offeso da una spina e la ferita alla testa la diretta conseguenza della caduta nell’acqua alla quale sarebbe seguita la morte per annegamento. I medici d’ufficio nominati dal podestà, Gianni Maria Tiberino e Arcangelo de Balduini insieme con il chirurgo Cristoforo de Falis, concordano circa la data dell’avvenuto decesso, 25 marzo. Il bambino, dicono, non può essere annegato poiché lo stomaco del fanciullo non conteneva acqua in quantità eccezionale, le ferite erano ancora fresche. Tutti e tre erano concordi circa la tesi dell’omicidio. I rapporti sono due e in antitesi l’uno con l’altro. Dopo esser stata scartata l’ipotesi che il cadavere sia stato trasportato dalla corrente sotto la casa di Samuele, poiché una nassa posta a monte ne avrebbe impedito lo scorrimento, il podestà fa arrestare gli Ebrei. Tre gli indizi a loro contrari: le risposte contraddittorie tra loro degli interrogati, le ferite sanguinanti al momento in cui gli imputati sono stati condotti sul luogo del ritrovamento del cadavere ( che per una credenza popolare testimonia la presenza dell’assassino), le ferite fresche che lasciano pensare ad un omicidio perpetrato da poco tempo. I giudici sembrano concordare che l’omicidio sia avvenuto il 25 marzo 1475 che coincide con il giorno introducente la Pasqua ebraica. L’accusa è quella dell’omicidio rituale. Dopo gli interrogatori, eseguiti secondo il codice romano, gli imputati sono riconosciuti colpevoli e condannati a morte per impiccagione, sul rogo, e sulla ruota. Del resto la paura del popolo per gli Ebrei è latente in quanto considerati esseri misteriosi e tremendi. La credenza popolare riconduce i motivi del sacrificio rituale d’un fanciullo al volontario oltraggio a Cristo e a Maria e per questo è necessario che il bambino sia più giovane di sette anni e che muoia tra i tormenti. Inoltre il sangue stillato goccia a goccia dalle ferite che servirebbe per confezionare gli azzimi, viene mescolato col vino col quale il capo famiglia benedice la mensa pasquale. Secondo la superstizione comune cristiana inoltre il sangue dei cristiani avrebbe, all’olfatto degli Ebrei, un odore gradevole, purificherebbe lo stomaco e inoltre darebbe vitalità e freschezza al volto. Il pericolo ora sembra essere quello di una diffusa fobia anti ebraica di proporzioni europee, alimentata più dalla superstizione comune che non da un effettivo pericolo che la comunità ebraica può rappresentare per quella cristiana. Proprio per questo pericolo gli Ebrei di tutta Europa si stanno mobilitando stringendosi intorno alle più importanti corti del continente confidando nel loro potere economico che può assicurargli protezione e invulnerabilità all’ira del popolo superstizioso

  2. #2
    Ospite

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    QUADRO STORICO

    Il Medioevo è agli sgoccioli. I Comuni diventano delle Signorie ed i pensieri religiosi sono in piena crisi. A Trento il contadino insorge davanti alla prepotenza del clero. C’è lo scisma dell’Occidente, ci sono due Curie e due Sacri Collegi.

  3. #3
    Ospite

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    SIMONINO FU SOLO UNO SFOGO PER UN ATTO ANTISEMITA?

    Durante il Quaresimale del 1475, il Beato Bernardino da Feltre detto "il Martello degli Ebrei" dal pulpito del Duomo di Trento si scagliò contro la comunità ebraica trentina, rea di praticare l’usura. Concluse l’ammonizione asserendo che non sarebbe passata la Pasqua senza che Dio non avesse mostrato attraverso qualche via, le tristi opere degli Ebrei. Nel giorno di Pasqua scomparve Simone (2 anni). Il giorno seguente fu trovato da Tobia (medico ebreo) con il corpo ricoperto da piccole ferite, probabilmente dei morsi di ratto.

    Agli Israeliti, dopo le torture e le condanne, furono confiscati i beni e banditi per sempre dal principato, tale allontanamento dureranno fino alla decaduta dello stesso Principato in epoca napoleonica.

  4. #4
    Ospite

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    OCCUPAZIONI DEGLI EBREI A TRENTO

    Nella comunità ebraica di Trento i lavori erano pochi: gli uomini erano orafi, musicisti e medici, come Tobia, mentre le donne facevano lavori più adatti alle loro capacità, come la moglie di Tobia che era ostetrica.



    QUALI INDIZI SI TROVARONO CIRCA LA LORO COLPEVOLEZZA?

    Le case degli Ebrei furono perquisite senza però rilevare alcun indizio di colpevolezza . Da rilevare che fu la stessa comunità ebraica a denunciare il ritrovamento del corpo esanime del piccolo Simone nella roggia. Le incarcerazioni , cui seguirono torture terribili, furono ordinate in conformità a prove di colpevolezza basate solamente sulla discordanza nella narrazione dei fatti. E’ importante rilevare come già in questo periodo c’erano stati precedenti episodi d’intolleranza contro gli Ebrei, rappresentativa la Spagna. Timorosi che Trento fosse la scintilla che facesse scoppiare il fenomeno a livello nazionale, gli Ebrei delle città vicine iniziarono a stringersi intorno alle più importanti corti d’Europa, come l’imperatore Federico, l’Arciduca Sigasmondo e le corti di Germania, facendo leva sul loro potere economico.

    Le ripercussioni di questo fatto si ebbero non solo sul popolino ma coinvolsero anche le persone erudite. Il vescovo Hinderbach , umanista, seppe ben alimentare e sfruttare i contatti che aveva con letterati e poeti. Questi furono coinvolti in un’opera di legittimazione del processo contro le crudeltà degli Ebrei. Questi scritti diventarono un’eco dei sentimenti personali e amplificatori di quelli del popolo. La lingua stessa, il volgare, fu scelta per rilevare l’astio contro gli Israeliti.

    Lo studio del ruolo che ebbero i letterati in questa vicenda fa emergere la fitta rete di comunicazioni che c’era tra le corti internazionali. Infatti l ‘Hinderbach fece pervenire la relazione scritta da Tiberino, medico ed amico del vescovo che fece la perizia sul corpo del bambino dopo il ritrovamento, affinché potessero avere giusto materiale su com’elaborare le loro opere che pilotassero l’opinione pubblica.

  5. #5
    Ospite

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    GLI ATTI DEL PROCESSO

    Papi ed imperatori avevano respinto la tesi dell’omicidio rituale (com’emerge anche da bolle papali custodite anche a Trento).

    Il caso di Simonino ritornò d’attualità nel diciannovesimo secolo, quando un’ondata d’omicidio rituale imperversò nell’Europa Orientale. Nel 1882 la "Civiltà Cattolica" pubblicò alcuni estratti del volume degli Atti del processo, ritrovato nell’Archivio di Castel Sant’Angelo. L’intento della pubblicazione fu quella di dimostrare la colpevolezza degli Ebrei.Sebbene le cofessioni siano state estorte dagli atti del processo sono importanti le informazioni riguardo alle professioni, i tenori di vita e l’andamento dei metodi del processo.



    GLI IMPUTATI

    La comunità ebraica di Trento era formata da sole tre famiglie, quelle dei due usurai Samuele e Angelo e quella del medico Tobia. Nella casa di Samuele, il più ragguardevole degli Ebrei di Trento si trovava la sinagoga. Suo figlio Israele era un individuo facilmente emozionabile, che sotto processo si lasciò trascinare ad affermazioni delle quali più tardi si dovette pentire.Fuggito da Trento nella notte della domenica di lunedì di Pasqua, quando una parte degli Ebrei fu arrestata, egli fu catturato più tardi. Il copista, provato evidentemente dalle terribili torture e convinto di non potervi alla lunga resistere, aveva manifestato il desiderio del battesimo nella speranza di sottrarsi ad una condanna a morte altrimenti inevitabile (non fu del resto neanche l’unico).



    OCCASIONE E PROCEDURA DEL PROCESSO DI TRENTO

    Il 24 marzo 1475, venerdì santo, il conciapelli Andrea comunicava al Giovanni Podestà de Salis de "Brixia" la scomparsa del figlio Simone. Simone era scomparso la sera del giovedì santo. Poiché il conciapelli Andrea, per regioni professionali viveva presso la roggia che attraversava la città, si credette dapprima che il bambino fosse caduto in essa. Andrea e i suoi vicini fecero ricerche lungo tutto il corso della roggia, ma invano; essa lambiva anche il terreno sulla quale sorgeva la casa di Samuele. Il Podestà mandò subito a Samuele dei messi che esaminarono non solo il corso della roggia, ma perquisirono pure tutta la casa; segno che si era già sparsa la voce sul possibile rapimento del bambino da parte degli Ebrei.

    A questo sospetto aveva creato un clima di predisposizione la predicazione di Bernardino da Feltre, che nelle città da lui visitate, non di rado incrementò l’avversione della popolazione contro gli Ebrei. A Trento non c’era però bisogno delle prediche di Bernardino per creare al sospetto di "assassinio rituale". Se ne parlava troppo frequentemente nel secolo XV, perché questo sospetto, quantunque in se stesso così improbabile, non fosse accettato con tutta facilità. Non era inoltre raro il caso che nemici personali degli Ebrei introducessero nelle loro case dei cadaveri di bambini, per provocare contro di loro un processo.

    Dalle dichiarazioni di Lazzaro, l’ospite d’Angelo, appare che gli Ebrei stessi temevano che anche a Trento potesse essere progettata una tale manovra contro di loro. Nella deposizione del 15 aprile, egli afferma che Angelo aveva incaricato il servo di cercare il bambino sul suo fondo e il sabato santo aveva ripetutamente raccomandato ad Isacco di chiudere bene le finestre per paura che il cadavere potesse essere gettato nella sua casa. Quando nella notte dalla domenica al lunedì di Pasqua, proprio agli Ebrei toccò ritrovare il bambino, essi sospettarono che un nemico personale avesse buttato il bambino nel tratto della roggia che passava accanto alla casa di Samuele.I loro sospetti si concentrarono soprattutto sulla persona di Giovanni Schweizer: Due imputati fanno espressamente il suo nome : Bonaventura, figlio di Mohar e il servo Vitale : Bonaventura, crollato ancora al primo interrogatorio, nella disposizione del 28 marzo 1475, parla però solamente della complicità di Giovanni Schweizer : Invece lo accusa chiaramente del delitto il servo Vitale, motivandolo esplicitamente con l’inimicizia verso la famiglia di Samuele. Dorotea, moglie di Schweizer, aveva assistito come levatrice, la moglie d’Israele: Giovanni Schweizer era insoddisfatto del compenso dato alla moglie e perciò aveva presentato ricorso al Podestà. Benché in un secondo tempo la somma fosse stata aumentata, lo Schweizer conservava il suo rancore, espresso con ripetute minacce di vendetta nei confronti d’Israele, del padre e di tutta la famiglia. Il Podestà, non escludendo del tutto nella faccenda, una qualche implicazione dello Schweizer, lo sottopose ad un severo interrogatorio, facendo anche uso della tortura. Ma l’imputato riuscì a fornire un alibi. Il giovedì santo aveva passato tutto il giorno nella vigna davanti alla città, il venerdì santo l’aveva trascorso pellegrinando da chiesa a chiesa. La sua deposizione fu confermata da due testi e dalle affermazioni a lui favorevoli della moglie. Dopo alcuni giorni fu quindi rimesso in libertà. Già allora però esistevano dubbi sulla validità dell’alibi presentato dallo Schweizer; il vescovo di Ventimiglia, ad esempio, sul finire dell’estate ravvisava in lui il vero colpevole. Le fonti non permettono di stabilire la fondatezza di questo sospetto. La maggior parte degli imputati espresse anche l’avviso che non si trattasse di delitto, ma di disgrazia: in questo senso parlò anche il medico Tobia, spiegando la causa della morte e la natura delle ferite trovate sul corpicino di Simone. Il piccolo era annegato, secondo lui, nella roggia; la corrente lo aveva trasportato fino alla casa di Samuele; si vedeva dal gonfiore del cadavere e dalla natura delle ferite, provocate non da tagli, ma da urti. Il cadavere portava inoltre tracce di morsi di rettile, poiché era rimasto per parecchi giorni in acqua. La ferita al membro virile era dovuta probabilmente ad una lacerazione provocata da una spina. La ferita alla testa poteva essere causata dalla caduta nell’acqua.

    Questo rapporto contrasta con la relazione stesa dai due medici nominati dal Podestà. Quest’ultimo infatti aveva fatto trasportare il cadaverino dal luogo di rinvenimento all’ospitale di S.Pietro, affidando poi ai medici Giovanni Maria Tiberino e Arcangelo de Balduini l’incarico di redigere un rapporto. Ad essi si aggiunse il chirurgo Cristoforo de Falis, che allora veniva considerato una specie d’artigiano. Gli Atti del processo contengono la relazione dei medici. Esprime per primo il suo parere Arcangelo de Balduini: il bambino era stato ucciso, secondo lui, il 25 marzo, vale a dire il sabato santo. La tesi viene condivisa dal Tiberino. I medici concordarono anche nell’affermare che il bambino non poteva essere annegato, poiché il cadavere non sembrava gonfio e lo stomaco non conteneva acqua in quantità eccezionale. Le ferite poi erano ancora fresche. Tutto ciò era inspiegabile, se il cadavere fosse rimasto per tre giorni in acqua. I medici tuttavia non erano del tutto sicuri sull’origine delle ferite che potevano essere state provocate da urto, per una disgrazia dunque, o da punture. Entrambi erano favorevoli alla tesi dell’omicidio. Un rapporto dunque contraddice all’altro.

    Per un’esatta valutazione degli stessi va tenuto presente che solo il medico Tobia aveva potuto esamina re il cadavere appena affiorato dall’acqua della roggia, presso la casa di Samuele. L’aveva scoperto il cuoco Bonaventura, mentre si recava ad attingere l’acqua. L’avevano estratto dall’acqua Tobia e Joaf. Gli altri due medici avevano visto la salma la mattina del lunedì di Pasqua, per di più essi erano prevenuti e propensi ad accreditare il sospetto d’omicidio rituale. E’ molto difficile poter determinare oggi la vera causa della morte. Bisognerebbe prima essere sicuri che il corpo imbalsamato nel secolo XVI dal medico Guarinoni ed esposto fino a poco tempo fa nella cappella di S.Pietro a Trento sia proprio il cadavere di Simone. Contro quest’identità si possono avanzare notevoli riserve. Già durante il Concilio di Trento alcuni osservatori parlarono del cadavere di un bambino di cinque anni. Difatti il corpo imbalsamato pare piuttosto quello di un bambino superiore all’età di tre anni. Negli atti del processo si parla tuttavia sempre di un bambino di due anni e quattro mesi. Solo una perizia antropologica, come suggerita di recente da Gemma Volli nell’articolo citato, potrebbe chiarire sufficientemente la questione.

    Per noi il problema, se Simone sia stato vittima di una disgrazia o di un assassinio, rimane quindi aperto. Il Podestà fece esaminare ancora una volta il corso della roggia, il 27 marzo, per accertare la consistenza della spiegazione data dagli Ebrei, secondo la quale il cadavere doveva esser stato trasportato dalla corrente fino alla casa di Samuele.

    L’apparenza (non fu perseguito un esperimento giudiziale mediante ricostruzione dell’accaduto) sembrava escludere la spiegazione degli Ebrei, perché nel tratto di roggia fra la casa di Samuele e quella del vicino era tesa una nassa. Il Podestà si sentì così confermato nel sospetto d’omicidio. Già prima, in altre parole la notte di Pasqua, aveva fatto arrestare alcuni Ebrei, la mattina seguente ordinò l’arresto dei rimanenti: a suo giudizio tre indizi sembravano deporre contro gli Ebrei.Anzitutto, gli Ebrei interrogati separatamente avevano dato risposte contraddittorie; ma quest’argomento potrebbe venire infirmato dalla considerazione dello sgomento e dalla confusione degli Ebrei, consci fin dall’inizio della precarietà della loro situazione; un secondo indizio: quando gli imputati erano stati posti di fronte al cadavere, le sue ferite avevano cominciato a sanguinare; e una convinzione comunemente diffusa nel Medioevo lasciava immaginare che il sanguinare delle ferite rivelava la presenza dell’assassino; in terzo luogo le ferite ancora fresche facevano pensare ad un omicidio perpetrato da poco. Tuttavia prima di incominciare il processo, il Podestà ordinò una preistruttoria e già si è detto della perizia medica e dell’esame della roggia. Il 27 marzo , il Podestà sottopose ad interrogatorio l’ebreo convertito Giovanni Cristiano da Feltre, ospite in quel tempo delle carceri di Trento. Costui , desideroso evidentemente di far bella figura, dichiarò di aver appreso dal padre l’esistenza dell’omicidio rituale e riferì anche su un caso del genere. Il più importante degli altri interrogatori è quello di Margarita, che qualche anno prima aveva perduto un figlio durante la settimana santa, ritrovato poi illeso nella stalla della casa di Samuele. Quest’interrogatorio dimostra per la prima volta la tendenza dei giudici di Trento a presentare il fatto come degno d’attenzione solo perché avrebbe fatto luce su molti altri simili delitti.

    Durante il processo, i Trentini affermarono che, secondo loro, il delitto era stato fatto il giovedì santo, la festa della pasqua ebraica, e precisamente nella camera davanti alla sinagoga, la cosiddetta sinagoga delle donne. Poiché le prescrizioni dei cristiani proibivano agli ebrei di farsi vedere per strada dalla mattina del giovedì santo dopo il suono delle campane fino al mezzogiorno del sabato santo, i giudici si fondarono sulla supposizione che al delitto avessero partecipato, oltre a Samuele e alla sua famiglia soltanto i due capifamiglia Angelo e Tobia; per Angelo sussisteva tuttavia qualche dubbio se egli avesse lasciato veramente la sua casa, mentre per Tobia non vi erano dubbi poiché egli, come medico, aveva il diritto di circolare anche nei giorno proibiti. Per lo stesso motivo, i giudici opinavano che proprio Tobia avesse rapito il bambino nel giorno del giovedì santo. In opposizione al risultato della perizia medica, i giudici determinarono per l’omicidio il giovedì santo, poiché nell’anno 1475 quel giorno introduceva la pasqua ebraica.

    Gli imputati che furono condannati in giugno, erano considerati i veri assassini. Contro gli ebrei venne mossa l’accusa di essere associati nel bere il sangue. Mentre gli ebrei del primo gruppo vennero condannati a morire sul rogo o sulla ruota, gli altri finirono impiccati. Gli Atti del processo non ci dicono nulla sulla sorte delle donne, ma da Atti conservati a Trento, sappiamo che le donne con i loro bambini vennero costrette nel 1476 a farsi battezzare.

    Se gli indizi apparivano sufficientemente consistenti, i giudici, applicando il diritto romano, cercavano di estorcere la confessione desiderata ricorrendo alla tortura. I verbali dell’istruttoria ci offrono una descrizione efficace e veramente raccapricciante del modo con cui venne usata la tortura, per ottenere prima di tutto una confessione qualsiasi, e, poi, di un tenore tale, da concordare il più possibile con quella degli altri imputati. I giudici, infatti, sapevano bene che un’eventuale contraddizione nelle confessioni poteva venire interpretata come una mancanza o un difetto nel loro modo di procedere. La tortura veniva intensificata progressivamente: l’accusato veniva spogliato, poi legato, quindi sospeso; inoltre le gambe venivano gravate con pesi. Se tutto questo non bastava, veniva battuto con una frusta da cavalli. Queste torture venivano inflitte indistintamente ad uomini e a donne. Per gli uomini erano state inoltre escogitate delle coppe contenenti zolfo acceso, che venivano collocate sotto il naso, in alcuni casi si fece uso di uova cotte poste sotto le ascelle e rinnovate appena cominciavano a raffreddarsi. Lo scopo delle torture non era quello di uccidere il prigioniero, ma di infliggergli tormenti tali da costringerlo a confessare.

    Affinché la procedura fosse formalmente ineccepibile, il Podestà non si accontentava che gli ebrei ammettessero la loro colpevolezza, ma esigeva che, dopo la lettura della relazione istruttoria e l’offerta possibilità di difesa, essi confermassero la veridicità della relazione col giuramento prestato alla maniera degli ebrei.

    Quando i tormenti diventarono insopportabili, gli uomini, costretti a dichiararsi colpevoli, cercarono almeno di scagionare le donne; affermarono che ai misfatti loro imputati avevano partecipato solo gli uomini e che non era loro costume rivelare queste cose ai ragazzi sotto i tredici anni e alle donne, perché né i bambini né le donne erano capaci di conservare il segreto. Questo tentativo di risparmiare il peggio almeno alle donne, fu purtroppo vano, perché i giudici erano convinti a priori della colpevolezza della comunità, comprese le donne. Così la tortura riuscì a strappare le confessioni desiderate.



    IL PROCESSO DI TRENTO: LA TESTIMONIANZA D’UNA PROFONDA DIVISIONE FRA EBREI E CRISTIANI

    Gli Atti del processo ci danno l’idea dell’avversione in città nei rapporti fra ebrei e cristiani, non ultimo dei motivi che fanno di questi Atti un documento così impressionante. La ragione ultima, capace di spiegare la possibilità d’imputazione per omicidio rituale e la paurosa facilità colla quale essa veniva accettata e diffusa, può essere trovata soltanto in una gran paura. Gli ebrei erano per i cristiani essere misteriosi e tremendi insieme.

    Negli Atti vengono ripetute fino alla noia le domande sui motivi dell’omicidio rituale; essi possono essere riassunti così: il principale è questo: con l’uccisione di un bambino si vuole oltraggiare Gesù, il Dio dei cristiani, e sua madre Maria. Ciò si riscontra ripetute volte nei verbali. Una tipica dichiarazione è quella di Samuele, l’11 giugno 1475.Gli chiesero se gli ebrei potessero servirsi anche del sangue di un giovane o di una ragazza o di un vecchio. Per comprendere la domanda bisogna tenere presente che, per esempio, a Lienz, nel Tirolo orientale, qualche decennio prima s’era avuto un omicidio rituale di cui era stata vittima una fanciulla, e che ad Endingen nel 1470 si diceva fosse stata sterminata un’intera famiglia. Secondo l’asserzione di Samuele (gli altri imputati sono dello stesso avviso, naturalmente solo dopo la tortura) il sangue è utilizzabile solo se è di un bambino, possibilmente inferiore ai sette anni; è anche necessario che il bambino muoia fra i tormenti, perché la sua morte deve rappresentare un’offesa alla morte di Gesù. Quando poi, a loro volta, gli ebrei chiamato Gesù "l’Appeso", alludono con ciò alla "Toledoth Jeschu", una satira velenosa contro Gesù, molto diffusa nel Medioevo in mezzo agli ebrei. L’omicidio però non ha soltanto lo scopo di oltraggiare Cristo, poiché il sangue che viene cavato a goccia a goccia dalla vittima deve servire alla confezione degli azzimi, e venire mescolato col vino col quale il padre di famiglia benedice la mensa pasquale e le vivande imbandite. Nelle parole pronunciate dal capofamiglia a ricordo delle dieci piaghe d’Egitto i Cristiani credono di ravvisare minacce dirette contro loro stessi. In conformità a tale sospetto, i giudici fanno dire agli accusati che gli ebrei nominando le dieci piaghe invocano Dio affinché voglia punire i nemici della loro fede, cioè i cristiani. In queste dichiarazioni, estorte con vera abilità, si manifesta in modo assai chiaro, la paura verso gli ebrei, considerati esseri misteriosi e terribili; questo motivo attraversa quasi tutti gli interrogatori come un filo rosso.

    Questi interrogatori ci fanno capire anche come si fosse potuta formare l’idea di un omicidio rituale, idea legata alle concezioni medioevali sull’uso del sangue. Anche la circoncisione era sentita come una cosa particolarmente strana e paurosa. Si può quindi comprendere l’insistenza delle domande riguardanti il significato della ferita al membro virile del piccolo Simone; gli ebrei erano soliti versare vino nella ferita della circoncisione, i cristiani lo trasformano in sangue. Apprendiamo così dai verbali degli interrogatori e specialmente delle donne, che il sangue veniva usato, ridotto in polvere, per rimarginare la ferita della circoncisione. Occorre infine tenere presente anche i racconti dell’uccisione dell’agnello pasquale e dell’aspersione sugli stipiti delle porte fatta con il sangue della vittima nella notte segnata dal passaggio dell’Angelo sterminatore dei primogeniti degli egiziani:

    Secondo l’interpretazione fornita dai cristiani, il sangue dell’agnello viene sostituito, in tempi di crisi con quello di un bambino cristiano. Anche questo particolare attraversa come un filo rosso i verbali del processo.

    Non va dimenticato neppure un motivo superstizioso: il sangue dei cristiani avrebbe per gli ebrei un profumo gradevole, purificherebbe lo stomaco, darebbe al volto un colorito fresco e infine preserverebbe le donne da un parto prematuro. Anna, per esempio, prima della nascita della seconda figlia, temendo un aborto o un parto prematuro, avrebbe ricevuto del sangue polverizzato, mescolato dalla suocera Brunetta con tuorlo d’uovo. Tutte queste dichiarazioni non sono significative per quello che ci dicono degli ebrei, quanto piuttosto per quello che ci fanno conoscere sul conto dei loro accusatori, i quali, in preda a una paura immane, suggeriscono essi stessi agli imputati queste risposte, e, tremebondi, le aspettano.

    A questo terrore per l’ebreo fa riscontro un non minore inasprimento verso i cristiani, nei quali già da lungo tempo, e certamente anche a Trento, dovevano vedere i loro dichiarati nemici. Perciò appare senz’altro credibile che gli ebrei non riuscissero a trovare di fatto alcuna buona parola per Gesù.

  6. #6
    FIAT VOLUNTAS TUA
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    Che ti intenda di cazzuole, questo era chiaro: sei muratore.
    Che tu intendessi anche di altre..... COSE DI QUESTO TIPO, stava emergendo.

    Questo forum non è Tradizione Cattolica, ma non per questo qui la bestemmia razionalista trova spazio.
    Ognuno deve imparare a stare al suo posto: questo è un forum di cattolici, non di muratori. Qui si discute della CASA comune, la cui Pietra scartata dai muratori è divenuta testata d'angolo. Ed è una casa già edificata: non si sente la necessità della ben che minima ristrutturazione, figuriamoci di una costruzione ex-novo.

    Il rispetto, si dice dalle mie parti, è musirato: chi lo porta, lo avrà "portato". E se poi vogliamo parlare di NERO, basta pensare a quello che fanno quelli come te, nel loro giuramento di iniziazione.

    Gioca coi fanti, ma lascia stare i santi.
    "

  7. #7
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    Quanto ho riportato su San Simonino dimostra che quella dell'omicidio rituale ebraico è una autentica leggenda montata ad arte nei secoli per contrastare e mettere in cattiva luce l'ebraismo in particolare agli occhi del popolino meno istruito. Chiaramente io non esprimo alcun giudizio di appoggio o condanna perchè questi fatti sono successi in periodi storici profondamente diversi da quelli che viviamo ai nostri giorni ma è chiaro che chi rimesta questi fatti del pasato per fare volgarissima propaganda antigiudaca o per meglio dire antisemita non merita ne rispetto e considerazione.

  8. #8
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    Manuel, Simonino da Trento è stato solennemente e irrevocabilmente santificato dalla Chiesa Cattolica e la verità ufficiale circa la sua morte, sancita peraltro da una sentenza di un legittimo tribunale, fa fede per la Chiesa ed è l'unica versione valida per il cattolico.
    Ciò che tu scrivi pecca pertanto, oltre che di falsificazione, di sacrilegio e blasfemia.

  9. #9
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    Originally posted by Peucezio
    Manuel, Simonino da Trento è stato solennemente e irrevocabilmente santificato dalla Chiesa Cattolica e la verità ufficiale circa la sua morte, sancita peraltro da una sentenza di un legittimo tribunale, fa fede per la Chiesa ed è l'unica versione valida per il cattolico.
    Ciò che tu scrivi pecca pertanto, oltre che di falsificazione, di sacrilegio e blasfemia.
    La santità di San Simonino ai nostri giorni assume un significato diverso e opposto rispetto a quello che è stato attribuito dal tribunale inquisitore, serve a ricordare le ingiuste persecuzioni e condanne nei confronti degli ebrei.

  10. #10
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    Simone (detto Simonino) è beato, non santo. La Chiesa ha sempre condannato come falsa la credenza nell'omicidio rituale. Tutt'al più, in questo caso, ci troviamo di fronte ad un drammatico errore giudiziario.

 

 
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