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Discussione: H.P. Lovecraft

  1. #1
    Hic Sunt Leones
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    Predefinito H.P. Lovecraft

    Lovecraft era uno specchio. Egli riceveva e assimilava le influenze dell’ambiente circostante e, tramite le sue capacità letterarie, le rendeva, trasfigurate, nella sua poesia e nei racconti. Lucido e preciso, coglieva bene gli stati d’animo, le sensazioni e gli umori che pervadevano l’ambiente in quel momento storico, le correnti che influenzavano e formavano i pensieri degli uomini. Egli possedeva una grande erudizione che, abbinata al suo acuto intelletto, gli conferiva la non comune capacità di comprendere le varie situazioni del mondo che lo circondava.

    Ma non era solo questa la sua dote.

    Attraverso la lente deformante del sogno egli andava oltre, vedeva di più, captava le immagini significative e simboliche che costituivano la vera sostanza della realtà.

    Con questo suo particolarissimo strumento percettivo egli aveva la possibilità di spingersi là dove la logica non l’avrebbe mai potuto portare, oltre il “muro del sonno”, in una dimensione irraggiungibile a tutti gli altri, dove solo lui poteva vedere, sentire, capire. Egli coglieva per metafore, visioni e rivelazioni lo spirito dei tempi, l’anima onnicomprensiva che formava l’epoca sua e dei suoi contemporanei. E la sua esperienza onirica è più reale di quanto si possa comunemente credere; egli avrebbe voluto evadere, ma involontariamente finiva per descriverci il mondo. Senza l’appoggio della razionalità e della coscienza infatti, il suo pensiero vola e si perde in immagini mirabolanti e allucinate, in visioni dolci e selvagge, in regni arcaici e minacciosi. Ma il sogno è allegoria e la ragione, sempre limitata, viene trascesa dal libero volo immaginativo; ed osservando le miserie umane con la prospettiva particolare del sognatore queste risultano deformate, irriconoscibili, ma non per questo meno vere.

    Lovecraft, come uomo, conosceva sia i mali del suo tempo, sia il malessere esistenziale dei suoi simili, e in vari scritti pubblici e privati li coglie acutamente tutti: la forza come criterio di affermazione e di ragione, la velocità distruttrice e divoratrice, il macchinismo disumanizzante, il movimento insensato che travolge i sicuri baluardi faticosamente costituiti nel corso dei secoli, la logica del profitto, il bieco utilitarismo, il miraggio tecnico e produttivo, l’anonimato delle metropoli, il brulicare di immense masse umane e il loro agitarsi scomposto, il degrado dei rapporti umani, la bruttezza che si insinua dappertutto, il mescolìo delle razze, la perdita dell’ordine, della forma, dell’armonia.

    E al di sopra di tutto c’è il caos, incombente e minaccioso, sempre in procinto di irrompere nel mondo ma sempre trattenuto da una tenue e precaria difesa, data dall’illusione e dalle false certezze della ragione. Ed anche lo stesso materialismo di cui tanto faceva mostra, è forse da considerarsi una cura o una parte stessa del male?

    Più si trattiene la realtà nei suoi più stretti vincoli, più la si rinchiude in una prigione angusta e oppressiva, e più forte saranno il sentimento e la volontà di fuga. Ma se è “dalle acque stesse del materialismo” che “sorge la corrente mistica”, non ci si deve stupire che sia proprio da un materialista totale che nasca una produzione di miti senza uguali. E sono tutti miti reali, miti che utilizzano la realtà per esistere, ma che la superano poi nella loro capacità evocativa e nel loro potere di suggestione.

    Che accade nel mondo di Lovecraft?

    Potenti forze tornano a manifestarsi, misteriose, cieche e schiaccianti, emergendo da eoni lontanissimi, da lande remote, dalle acque oscure dell’inconscio. Dèi dimenticati, arconti osceni, governanti di antiche epoche che pretendono di nuovo il loro tributo di sangue. Una gnosi nera si impone con tutto il suo carico di orrori inconcepibili mentre potenze tenebrose, senza anima, assediano l’isola di tranquillità su cui l’uomo si è rifugiato con le sue illusorie certezze. Uomo che è piegato, prostrato, impotente di fronte a ciò che titanicamente lo sovrasta e gli si impone rendendo assurda persino la più piccola volontà di resistenza. A poco vale la sua razionalità, la sua logica, il suo scetticismo, le forze evocate non conoscono freno e non patiscono l’indifferenza, agendo anzi con più efficacia proprio contro chi più le ignora. E nulla possono nemmeno le antichissime e perdute divinità dell’età dell’oro, della fanciullezza umana, benevole ma sempre più lontane, poiché la crisi avanza e si manifesta con tutta la sua drammatica presenza, annunciando nuove e terribili leggi. Il male incombe, il decadimento è inarrestabile, l’uomo inizia a perdere tutto ciò che lo distingue e lo rende unico, incominciando proprio dalla sua umanità:

    “Sarebbe stato facile capire quando fosse arrivato il momento, perché allora il genere umano sarebbe diventato come i Grandi Vecchi; libero, sfrenato e aldilà del bene e del male; avrebbe gettato alle ortiche leggi e morale, e tutti avrebbero urlato, ucciso e gioito. Allora gli Antichi, ormai liberi, avrebbero loro insegnato nuovi modi di gridare, uccidere, gioire e divertirsi, e tutta la Terra avrebbe fiammeggiato di un olocausto di estasi e libertà. ”

    E’ questa l’età oscura, il Kali Yuga, dove il disordine regna sovrano, la corruzione e la decadenza predominano incontrastati e l’umanità stessa, perduta la propria ragione, precipita in abissi di follia quasi senza accorgersene, compiacendosi anzi di una caduta che viene scambiata per volo. Epoca di oscurità, disordine e disorientamento, di debolezza e viltà, barbarie e violenza, in cui forze occulte si materializzano rendendosi visibili, mentre nel disfacimento finale fantasia e realtà iniziano a confondersi, uguali ma diverse, ognuna con il proprio frammento di verità; epoca di cui Lovecraft è il cantore principale, suo malgrado, nuovo aedo di un mondo che si dissolve e che scopre di non avere consistenza maggiore di un sogno, un incubo da cui il risveglio consolatore sembra essere ancora lontano.

    * * *

    Tratto, per gentile concessione dell’Autore, da Archetipi Lovecraftiani – L’India e i Miti di Cthulhu, Dagon Press, Teramo, 2009, pp.104-108.

    http://www.centrostudilaruna.it/love...kali-yuga.html
    Ultima modifica di Canaglia; 27-10-09 alle 12:05
    Passata la buriana facciamo i conti

  2. #2
    Hic Sunt Leones
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    Predefinito Rif: H.P. Lovecraft

    L'articolo è di Renzo Giorgetti.

    Onore Eterno al visionario di Providence.
    Passata la buriana facciamo i conti

  3. #3
    .
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    Predefinito Rif: H.P. Lovecraft

    When, long ago, the gods created Earth,
    In Jove's fair image Man was shaped at birth.
    The beasts for lesser parts were next designed;
    Yet were they too remote from humankind,
    To fill the gap, and join the rest to Man,
    Th'Olympian host conceived a clever plan.
    A beast they wrought, in semi-human figure,
    Filled it with vice, and called the thing a NIGGER.

    H. P. Lovecraft

  4. #4
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    Predefinito Rif: H.P. Lovecraft

    Grande Lovecraft...
    Ultima modifica di Strapaesano; 27-10-09 alle 12:30
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  5. #5
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    Predefinito Rif: H.P. Lovecraft

    :gluglu:

 

 

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