In principio fu Norimberga
Il processo a Saddam non sarà altro che una riedizione della faida giudiziaria con cui i vincitori della seconda guerra mondiale regolarono i conti con il Nazionalsocialismo. Ovvero tutto il contrario della giustizia. Con il rischio di infiammare ancora di più un area già instabile.
da Noreporter
Il processo a Saddam Hussein è già in sé aberrante. Ma il farlo ora, nell’attuale situazione irachena, come vogliono gli americani e il cosiddetto governo provvisorio, è pura follia. È con Norimberga che ha inizio la prassi inaudita (nel senso, letterale, di mai udita prima), per cui i vincitori si ritengono autorizzati a processare i vinti. I vincitori, cioè, non si accontentano di essere tali, ma pretendono di essere moralmente migliori dei vinti e quindi in diritto di giudicarli. Il che è l’esatto contrario del diritto, perché fa coincidere il diritto con la forza, la forza del vincitore. Ci sono voluti secoli di elaborazione culturale per tramutare il diritto della forza nella forza del diritto. Con simili processi si abbatte questo principio fondamentale di civiltà giuridica, principio laico, liberale, democratico (e non per nulla uno dei più decisi oppositori del processo di Norimberga fu Benedetto Croce). Nel caso iracheno il processo a Saddam e ai suoi principali collaboratori risulta poi particolarmente stridente. Perché con le torture sadomaso, e sistematiche, sui prigionieri, come già in Afghanistan e a Guantanamo, e l’indiscriminata uccisione di civili (prima o poi bisognerà pur farne il conto) la guerra -che, in quanto evento fondante ha perlomeno il pregio, come io ho sempre sostenuto (“Elogio della guerra”) di chiarire i popoli e gli individui a se stessi- ha dimostrato che non siamo affatto quella «civiltà superiore» che presumiamo essere e che sarebbe l’ora che la finissimo di raccontarci queste favolette autoconsolatorie. Ma oltre che aberrante giuridicamente, il processo a Saddam Hussein è folle, in un Iraq che è teatro, insieme, di una guerriglia contro gli occupanti e di una strisciante guerra civile, dove ogni giorno vengono assassinati collaborazionisti del governo provvisorio.
Fare, ora, un processo all’ex-rais, che era odiato da molti, ma era anche un punto di riferimento per molti altri, significa solo gettare, irresponsabilmente, dell’altra benzina sul fuoco.
Intervistato da Monica Maggioni del Tg1, il presidente di questo sedicente tribunale si è fatto riprendere di spalle, per paura di essere riconosciuto, e alla domanda sulle ragioni che lo avevano indotto ad accettare quell’incarico ha risposto: «Ho accettato perché non ho un altro lavoro, per dar da mangiare a me e ai miei figli». Che serenità e che credibilità può avere un Tribunale di questo genere?