Fonte: Area
Un po' di Area alla Fiera del libro
di Francesca Petrucci
Gabriele Marconi e Sem Petrucci hanno presentato i loro romanzi a Torino
La Fiera internazionale del libro ospitata dalla città di Torino è certamente l’appuntamento più prestigioso e significativo per l’editoria italiana e non solo. Per questa edizione, chiusa il 10 maggio, si è raggiunto il record di presenze, superando quanto ad affluenza il salone di Parigi: in cinque giorni circa 200mila visitatori hanno affollato gli stand dei numerosissimi editori e anche gli spazi dedicati ai dibattiti e alle presentazioni delle novità editoriali più interessanti. Tra queste siamo felici di segnalare due eventi che hanno visto come protagonisti, sebbene in modo diverso, due autori legati strettamente alla destra italiana.
Gabriele Marconi - noto a tutti i nostri lettori, in primis perché è vicedirettore di Area, ma anche per le sue qualità di scrittore e cantautore - ha finalmente saputo portare alla luce un tema da sempre rimasto (o meglio volutamente lasciato) nel silenzio editoriale: gli anni Settanta visti "da destra". Riscrivendo (e ampliando) il suo romanzo Io non scordo per Fazi editore (nel 1999 era uscito per Settimo Sigillo), Marconi ha scelto di parlare di storia e di politica con un linguaggio nuovo ed elettrizzante, senza utilizzare i canali canonici della storia nel senso più stretto del termine, ché forse gli avrebbero dato del pazzo, c’è da dire… Torino gli ha addirittura dedicato un incontro. "Gli anni di piombo visti da destra".
Si parte invece da una storia inventata, genere underground, con tutti i crismi di quelle storie avvincenti, con i personaggi che "sembrano" veri, ognuno il suo passato, il suo presente, ognuno perfettamente attore di se stesso, a tal punto da sembrare quasi vero… però! allora non è proprio tutto un’invenzione… anzi! non lo è affatto: ad essere inventata, come per ogni buon romanzo che si rispetti, è solo la trama, il resto è vita vera (compresi i nomi dei personaggi, a parte il protagonista), è vita vissuta, è storia dimenticata e che è meglio dimenticare, è roba scomoda, che a scuola non ci hanno mai detto, che sui giornali non si legge, sui libri neanche a pensarci. E forse qualche resistenza ancora si incontra, quando si sposta la macchina da presa verso destra, giusto Marconi? "S’incontra sì, visto che le grandi testate sembrano ancora svicolare, quando si parla di recensire il libro. Qualche citazione, ma niente di più".
Però, con Io non scordo presente in tutte le librerie, una prima pietra è stata messa. Ora bisogna vedere quali saranno i prossimi passi… A questo punto Gabriele smette l’espressione accigliata: "L’importante è dimostrare di esserci. Il resto verrà. Quando ho scritto questo romanzo, era la prima volta che la finestra su quegli anni, visti dalla nostra parte, veniva aperta (a parte l’esperimento di Alda Teodorani, con Fiore oscuro). Per troppo tempo noi siamo stati rappresentati in maniera falsa e grottesca: era tempo di dire basta. Oggi altri si sono cimentati. Penso a Pierluigi Felli con Camerata addio, per Novecento, e soprattutto a Ferdinando Menconi, che con Anni di porfido ha dipinto un bell’affresco su un gruppo di ragazzi del Fronte della gioventù. Il difficile viene quando cerchi di approdare a case editrici a diffusione nazionale, ma la strada, ormai, è segnata". Quando gli chiedo perché abbia scelto di trattare un argomento storico attraverso una storia inventata, sorride: "Ma perché siamo sempre stati restii a parlare di certe cose… be’… così intime per noi… Allora, il filtro della trama di finzione mi ha aiutato. Così ho potuto affrontare i flash back, rigorosamente veri, con più semplicità. Senza reducismo né autocelebrazioni".
Rimanendo nell’ambito del racconto, seppur di tutt’altro genere, alla fiera di Torino è stato presentato anche il libro di Sem Petrucci, Romanzo per uomini soli a cavallo (ed. Equitare, tel. 0577 758150 - info@equitare.com). Petrucci, da una lontana e intensa militanza nel Movimento sociale, poi continuata tra le fila di An, oggi come giornalista dirige il mensile Laboratorio 99 e svolge tra l’altro un ruolo di consulenza per il ministero dell’Ambiente. Certo, qui non c’entra la politica, non nel senso più comune del termine almeno, ma chi la pensa come noi sa bene che la politica è un modo di vivere, di pensare, che abbraccia e plasma inesorabilmente tutte le nostre esperienze, le nostre passioni dandogli una forma e una profondità tutta particolare: i valori in cui si crede si ritrovano ovunque e si possono rafforzare attraverso le esperienze più diverse.
Il libro narra di un viaggio, lungo la via dell’antico pellegrinaggio che parte da Cabo de Roca verso Santiago de Compostela. Alla scoperta dei propri limiti e delle proprie forze, da solo di fronte al suo passato, e al suo futuro, il protagonista vive questa esperienza con i suoi due cavalli e con grande determinazione. Ma scoprirà presto di non essere realmente da solo in questo viaggio, che risulterà invece un "incontro", un cammino iniziatico verso la vita, con tutti i suoi inspiegabili misteri per scoprire che alla fine possiamo solo accettarli, senza pretendere di comprenderli razionalmente… in fondo "il mondo è pieno di cose spiegate che non servono a niente…", a volte il vero senso della nostra esistenza riusciamo a coglierlo proprio in ciò che ci può sembrare più "inaccettabile" per il nostro pensiero moderno. Il rapporto con il cavallo oggi può anche essere visto come una preziosa chiave per arrivare a comprendere proprio questa verità tanto semplice, eppure a volte così confusa nel frastuono del quotidiano: è nell’essenziale dei valori in cui si crede che risiede la forza, la vita stessa.