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    BENEDETTO XVI

    OMELIA

    SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO


    Basilica di San Pietro, 29 giugno 2008

    Signori Cardinali,
    Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
    Cari fratelli e sorelle!

    Fin dai tempi più antichi la Chiesa di Roma celebra la solennità dei grandi Apostoli Pietro e Paolo come unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno. Attraverso il loro martirio, essi sono diventati fratelli; insieme sono i fondatori della nuova Roma cristiana. Come tali li canta l’inno dei secondi Vespri che risale a Paolino di Aquileia (+ 806): «O Roma felix – Roma felice, adornata di porpora dal sangue prezioso di Principi tanto grandi. Tu superi ogni bellezza del mondo, non per merito tuo, ma per il merito dei santi che hai ucciso con la spada sanguinante». Il sangue dei martiri non invoca vendetta, ma riconcilia. Non si presenta come accusa, ma come «luce aurea», secondo le parole dell’inno dei primi Vespri: si presenta come forza dell’amore che supera l’odio e la violenza, fondando così una nuova città, una nuova comunità. Per il loro martirio, essi – Pietro e Paolo – fanno adesso parte di Roma: mediante il martirio anche Pietro è diventato cittadino romano per sempre. Mediante il martirio, mediante la loro fede e il loro amore, i due Apostoli indicano dove sta la vera speranza, e sono fondatori di un nuovo genere di città, che deve formarsi sempre di nuovo in mezzo alla vecchia città umana, la quale resta minacciata dalle forze contrarie del peccato e dell’egoismo degli uomini.

    In virtù del loro martirio, Pietro e Paolo sono in reciproco rapporto per sempre. Un’immagine preferita dell’iconografia cristiana è l’abbraccio dei due Apostoli in cammino verso il martirio. Possiamo dire: il loro stesso martirio, nel più profondo, è la realizzazione di un abbraccio fraterno. Essi muoiono per l’unico Cristo e, nella testimonianza per la quale danno la vita, sono una cosa sola. Negli scritti del Nuovo Testamento possiamo, per così dire, seguire lo sviluppo del loro abbraccio, questo fare unità nella testimonianza e nella missione. Tutto inizia quando Paolo, tre anni dopo la sua conversione, va a Gerusalemme, «per consultare Cefa» (Gal 1,18). Quattordici anni dopo, egli sale di nuovo a Gerusalemme, per esporre «alle persone più ragguardevoli» il Vangelo che egli predica, per non trovarsi nel rischio «di correre o di aver corso invano» (Gal 2,1s). Alla fine di questo incontro, Giacomo, Cefa e Giovanni gli danno la destra, confermando così la comunione che li congiunge nell’unico Vangelo di Gesù Cristo (Gal 2,9). Un bel segno di questo interiore abbraccio in crescita, che si sviluppa nonostante la diversità dei temperamenti e dei compiti, lo trovo nel fatto che i collaboratori menzionati alla fine della Prima Lettera di san Pietro – Silvano e Marco – sono collaboratori altrettanto stretti di san Paolo. Nella comunanza dei collaboratori si rende visibile in modo molto concreto la comunione dell’unica Chiesa, l’abbraccio dei grandi Apostoli.

    Almeno due volte Pietro e Paolo si sono incontrati a Gerusalemme; alla fine il percorso di ambedue sbocca a Roma. Perché? È questo forse qualcosa di più di un puro caso? Vi è contenuto forse un messaggio duraturo? Paolo arrivò a Roma come prigioniero, ma allo stesso tempo come cittadino romano che, dopo l’arresto in Gerusalemme, proprio in quanto tale aveva fatto ricorso all’imperatore, al cui tribunale fu portato. Ma in un senso ancora più profondo, Paolo è venuto volontariamente a Roma. Mediante la più importante delle sue Lettere si era già avvicinato interiormente a questa città: alla Chiesa in Roma aveva indirizzato lo scritto che più di ogni altro è la sintesi dell’intero suo annuncio e della sua fede. Nel saluto iniziale della Lettera dice che della fede dei cristiani di Roma parla tutto il mondo e che questa fede, quindi, è nota ovunque come esemplare (Rm 1,8). E scrive poi: «Non voglio pertanto che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi, ma finora ne sono stato impedito» (1,13). Alla fine della Lettera riprende questo tema parlando ora del suo progetto di andare fino in Spagna. «Quando andrò in Spagna spero, passando, di vedervi, e di esser da voi aiutato per recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza» (15,24). «E so che, giungendo presso di voi, verrò con la pienezza della benedizione di Cristo» (15,29). Sono due cose che qui si rendono evidenti: Roma è per Paolo una tappa sulla via verso la Spagna, cioè – secondo il suo concetto del mondo – verso il lembo estremo della terra. Considera sua missione la realizzazione del compito ricevuto da Cristo di portare il Vangelo sino agli estremi confini del mondo. In questo percorso ci sta Roma. Mentre di solito Paolo va soltanto nei luoghi in cui il Vangelo non è ancora annunciato, Roma costituisce un’eccezione. Lì egli trova una Chiesa della cui fede parla il mondo. L’andare a Roma fa parte dell’universalità della sua missione come inviato a tutti i popoli. La via verso Roma, che già prima del suo viaggio esterno egli ha percorso interiormente con la sua Lettera, è parte integrante del suo compito di portare il Vangelo a tutte le genti – di fondare la Chiesa cattolica, universale. L’andare a Roma è per lui espressione della cattolicità della sua missione. Roma deve rendere visibile la fede a tutto il mondo, deve essere il luogo dell’incontro nell’unica fede.

    Ma perché Pietro è andato a Roma? Su ciò il Nuovo Testamento non si pronuncia in modo diretto. Ci dà tuttavia qualche indicazione. Il Vangelo di san Marco, che possiamo considerare un riflesso della predicazione di san Pietro, è intimamente orientato verso il momento in cui il centurione romano, di fronte alla morte in croce di Gesù Cristo, dice: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (15,39). Presso la Croce si svela il mistero di Gesù Cristo. Sotto la Croce nasce la Chiesa delle genti: il centurione del plotone romano di esecuzione riconosce in Cristo il Figlio di Dio. Gli Atti degli Apostoli descrivono come tappa decisiva per l’ingresso del Vangelo nel mondo dei pagani l’episodio di Cornelio, il centurione della coorte italica. Dietro un comando di Dio, egli manda qualcuno a prendere Pietro e questi, seguendo pure lui un ordine divino, va nella casa del centurione e predica. Mentre sta parlando, lo Spirito Santo scende sulla comunità domestica radunata e Pietro dice: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?» (At 10,47). Così, nel Concilio degli Apostoli, Pietro diventa l’intercessore per la Chiesa dei pagani i quali non hanno bisogno della Legge, perché Dio ha «purificato i loro cuori con la fede» (At 15,9). Certo, nella Lettera ai Galati Paolo dice che Dio ha dato a Pietro la forza per il ministero apostolico tra i circoncisi, a lui, Paolo, invece per il ministero tra i pagani (2,8). Ma questa assegnazione poteva essere in vigore soltanto finché Pietro rimaneva con i Dodici a Gerusalemme nella speranza che tutto Israele aderisse a Cristo. Di fronte all’ulteriore sviluppo, i Dodici riconobbero l’ora in cui anch’essi dovevano incamminarsi verso il mondo intero, per annunciargli il Vangelo. Pietro che, secondo l’ordine di Dio, per primo aveva aperto la porta ai pagani lascia ora la presidenza della Chiesa cristiano-giudaica a Giacomo il minore, per dedicarsi alla sua vera missione: al ministero per l’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani. Il desiderio di san Paolo di andare a Roma sottolinea – come abbiamo visto – tra le caratteristiche della Chiesa soprattutto la parola «catholica». Il cammino di san Pietro verso Roma, come rappresentante dei popoli del mondo, sta soprattutto sotto la parola «una»: il suo compito è di creare l’unità della catholica, della Chiesa formata da giudei e pagani, della Chiesa di tutti i popoli. Ed è questa la missione permanente di Pietro: far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura o con un solo Stato. Che sia sempre la Chiesa di tutti. Che riunisca l’umanità al di là di ogni frontiera e, in mezzo alle divisioni di questo mondo, renda presente la pace di Dio, la forza riconciliatrice del suo amore. Grazie alla tecnica dappertutto uguale, grazie alla rete mondiale di informazioni, come anche grazie al collegamento di interessi comuni, esistono oggi nel mondo modi nuovi di unità, che però fanno esplodere anche nuovi contrasti e danno nuovo impeto a quelli vecchi. In mezzo a questa unità esterna, basata sulle cose materiali, abbiamo tanto più bisogno dell’unità interiore, che proviene dalla pace di Dio – unità di tutti coloro che mediante Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle. È questa la missione permanente di Pietro e anche il compito particolare affidato alla Chiesa di Roma.

    Cari Confratelli nell’Episcopato! Vorrei ora rivolgermi a voi che siete venuti a Roma per ricevere il pallio come simbolo della vostra dignità e della vostra responsabilità di Arcivescovi nella Chiesa di Gesù Cristo. Il pallio è stato tessuto con la lana di pecore, che il Vescovo di Roma benedice ogni anno nella festa della Cattedra di Pietro, mettendole con ciò, per così dire, da parte affinché diventino un simbolo per il gregge di Cristo, che voi presiedete. Quando prendiamo il pallio sulle spalle, quel gesto ci ricorda il Pastore che prende sulle spalle la pecorella smarrita, che da sola non trova più la via verso casa, e la riporta all’ovile. I Padri della Chiesa hanno visto in questa pecorella l’immagine di tutta l’umanità, dell’intera natura umana, che si è persa e non trova più la via verso casa. Il Pastore che la riporta a casa può essere soltanto il Logos, la Parola eterna di Dio stesso. Nell’incarnazione Egli ha preso tutti noi – la pecorella «uomo» – sulle sue spalle. Egli, la Parola eterna, il vero Pastore dell’umanità, ci porta; nella sua umanità porta ciascuno di noi sulle sue spalle. Sulla via della Croce ci ha portato a casa, ci porta a casa. Ma Egli vuole avere anche degli uomini che «portino» insieme con Lui. Essere Pastore nella Chiesa di Cristo significa partecipare a questo compito, del quale il pallio fa memoria. Quando lo indossiamo, Egli ci chiede: «Porti, insieme con me, anche tu coloro che mi appartengono? Li porti verso di me, verso Gesù Cristo?» E allora ci viene in mente il racconto dell’invio di Pietro da parte del Risorto. Il Cristo risorto collega l’ordine: «Pasci le mie pecorelle» inscindibilmente con la domanda: «Mi ami, mi ami tu più di costoro?». Ogni volta che indossiamo il pallio del Pastore del gregge di Cristo dovremmo sentire questa domanda: «Mi ami tu?» e dovremmo lasciarci interrogare circa il di più d’amore che Egli si aspetta dal Pastore.

    Così il pallio diventa simbolo del nostro amore per il Pastore Cristo e del nostro amare insieme con Lui – diventa simbolo della chiamata ad amare gli uomini come Lui, insieme con Lui: quelli che sono in ricerca, che hanno delle domande, quelli che sono sicuri di sé e gli umili, i semplici e i grandi; diventa simbolo della chiamata ad amare tutti loro con la forza di Cristo e in vista di Cristo, affinché possano trovare Lui e in Lui se stessi. Ma il pallio, che ricevete «dalla» tomba di san Pietro, ha ancora un secondo significato, inscindibilmente connesso col primo. Per comprenderlo può esserci di aiuto una parola della Prima Lettera di san Pietro. Nella sua esortazione ai presbiteri di pascere il gregge in modo giusto, egli – san Pietro – qualifica se stesso synpresbýteros – con-presbitero (5,1). Questa formula contiene implicitamente un’affermazione del principio della successione apostolica: i Pastori che si succedono sono Pastori come lui, lo sono insieme con lui, appartengono al comune ministero dei Pastori della Chiesa di Gesù Cristo, un ministero che continua in loro. Ma questo "con" ha ancora due altri significati. Esprime anche la realtà che indichiamo oggi con la parola «collegialità» dei Vescovi. Tutti noi siamo con-presbiteri. Nessuno è Pastore da solo. Stiamo nella successione degli Apostoli solo grazie all’essere nella comunione del collegio, nel quale trova la sua continuazione il collegio degli Apostoli. La comunione, il "noi" dei Pastori fa parte dell’essere Pastori, perché il gregge è uno solo, l’unica Chiesa di Gesù Cristo. E infine, questo "con" rimanda anche alla comunione con Pietro e col suo successore come garanzia dell’unità. Così il pallio ci parla della cattolicità della Chiesa, della comunione universale di Pastore e gregge. E ci rimanda all’apostolicità: alla comunione con la fede degli Apostoli, sulla quale è fondata la Chiesa. Ci parla della ecclesia una, catholica, apostolica e naturalmente, legandoci a Cristo, ci parla proprio anche del fatto che la Chiesa è sancta e che il nostro operare è un servizio alla sua santità.

    Ciò mi fa ritornare, infine, ancora a san Paolo e alla sua missione. Egli ha espresso l’essenziale della sua missione, come pure la ragione più profonda del suo desiderio di andare a Roma, nel capitolo 15 della Lettera ai Romani in una frase straordinariamente bella. Egli si sa chiamato «a servire come liturgo di Gesù Cristo per le genti, amministrando da sacerdote il Vangelo di Dio, perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo» (15,6). Solo in questo versetto Paolo usa la parola «hierourgein» – amministrare da sacerdote – insieme con «leitourgós» – liturgo: egli parla della liturgia cosmica, in cui il mondo stesso degli uomini deve diventare adorazione di Dio, oblazione nello Spirito Santo. Quando il mondo nel suo insieme sarà diventato liturgia di Dio, quando nella sua realtà sarà diventato adorazione, allora avrà raggiunto la sua meta, allora sarà sano e salvo. È questo l’obiettivo ultimo della missione apostolica di san Paolo e della nostra missione. A tale ministero il Signore ci chiama. Preghiamo in questa ora, affinché Egli ci aiuti a svolgerlo in modo giusto, a diventare veri liturghi di Gesù Cristo. Amen.

  2. #62
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    Bernardo Strozzi, Consegna delle chiavi a S. Pietro, XVII sec., collezione privata

    Anthony van Dyck, Cristo affida il suo gregge a Pietro, 1616 circa, Wallace Collection, Londra

    Jusepe de Ribera, S. Pietro, Galleria Doria Pamphilj, Roma

    Luca Giordano, Crocifissione di S. Pietro, XVIII sec., Galleria dell'Accademia, Venezia

  3. #63
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    Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecoste, Paris-Poitiers, 1903, IX ediz., t. III, p. 531-538

    LE III JUILLET.

    CINQUIÈME JOUR DANS L'OCTAVE DES SAINTS APOTRES PIERRE ET PAUL.


    Si parmi tous les Saints il n'en est pas qui ne mérite les hommages de la terre, et dont le nom ne soit puissamment secourable, le culte rendu à chacun d'eux, la confiance qui leur est témoignée, varient pourtant en la mesure de ce que nous connaissons de leur gloire. Il est donc juste, et c'est l'affirmation posée par saint Léon le Grand dans l'Office de ce jour, il est juste d'honorer davantage ceux que la grâce divine a tellement élevés entre tous, que, dans ce corps de l'Eglise qui a le Christ pour tête, ils sont établis comme les deux yeux éclairant tous les membres (1). C'est la raison qui fait qu'entre les nombreuses solennités consacrées sur le Cycle aux serviteurs de Dieu, il n'en est point qui soit supérieure à la fête des deux princes des Apôtres.

    Lorsque la pratique de l'Eglise inspirait les mœurs des particuliers et des peuples, la confiance des nations, la dévotion privée elle-même n'avaient pas d'autres appréciations, d'autres préférences que celles de la sainte Liturgie; et il serait long, trop long pour nous, de relever dans les histoires, chartes publiques ou simples contrats, monuments de toutes sortes, les preuves sans fin de l'amour de nos pères pour le glorieux porte-clefs du royaume du ciel et son illustre compagnon armé du glaive. La foi était vive en ces temps. On comprenait que, de tous les biens départis par Dieu à la terre, il n'en est point qui égalent les grâces de sanctification, de doctrine, d'unité, dont Pierre et Paul avaient été, pour tous, les instruments prédestinés; le cœur aussi s'élargissait avec l'intelligence; on voulait connaître la vie si touchante de ces pères du peuple chrétien; on leur tenait compte du dévouement avec lequel ils avaient, sans calculer, dépensé leurs sueurs et leur sang.

    Pourrait-on dire qu'il en est encore ainsi de nos jours? Combien de baptisés, catholiques de nom, parfois pratiquants, possèdent à peine sur le christianisme les élémentaires notions qui leur permettraient d'entrevoir, au moins confusément, l'importance du rôle qu'ont rempli dans l'humanité les fondateurs de l'Eglise! Il en est d'autres, et, grâces à Dieu, leur nombre a grandi dans nos temps, qui tiennent à honneur d'avoir approfondi les principes sur lesquels repose la divine constitution de la société rachetée par le Sang du Seigneur.Ceux-là comprennent et ils révèrent la place auguste que Pierre et Paul ont occupée, qu'ils retiennent toujours dans l'économie du dogme chrétien. De ceux-là même néanmoins, en est-il beaucoup qui véritablement honorent comme ils doivent les deux princes des Apôtres? Ce qu'ils savent d'eux leur dit assez qu'il n'en peut être à leur égard comme pour d'autres bienheureux, dont on voit le culte s'étendre ou décroître, suivant les lieux, les temps, les circonstances: le culte de saint Pierre et de saint Paul tient par ses racines au fondement du catholicisme; soit dans les peuples, soit dans les âmes,'il ne saurait s'amoindrir qu'au grand détriment du catholicisme lui-même. Mais tout culte n'est vrai, que s'il implique dévotion et amour; et peut-on dire que, chez tous ceux dont nous parlons, la connaissance des saints Apôtres ait pénétré suffisamment de l'esprit jusqu'au cœur?

    C'est que pour plusieurs cette connaissance, confinée dans la région de la théorie, demeure par trop impersonnelle aux deux Apôtres; et que les principes les plus savamment déduits ne donnent point l'esprit de foi, qui réside au cœur et anime la vie. Qu'ils complètent donc leur science; sans perdre de vue les hauteurs du dogme, qu'ils sachent demander à la prière, à l'humble étude de l'Evangile, des Actes des Apôtres, de leurs lettres aux Eglises, des traditions ecclésiastiques, cette révélation tout intime de l'âme de Pierre et de celle de Paul qui ne peut manquer de les leur faire admirer, aimer surtout, autant et plus que leurs sublimes prérogatives. Peut-être alors s'étonneront-ils d'avoir connu si tard bien des détails précieux, et mille traits instructifs que les plus petits enfants des siècles réputés barbares eussent rougi d'ignorer. A coup sûr, ils auront joie de se sentir plus catholiques dans l'âme; ils s'estimeront heureux d'avoir compris, de partager enfin la dévotion de l'humble femme du peuple et sa naïve confiance, mêlée de crainte, dans le portier du paradis.

    La belle Préface qui suit est empruntée au Missel Mozarabe. Elle chante les contrastes divins parmi lesquels aime à se jouer l'éternelle Sagesse, et qu'elle s'est plue à multiplier dans la vie des deux princes des Apôtres.

    ILLATIO.

    Il est digne et juste, Père tout-puissant, que nous vous rendions de grandes grâces pour la multiple gloire des Apôtres Pierre et Paul; car vous les avez gratifiés abondamment des dons les plus divers en votre miséricordieuse bonté. Vous avez fait d'eux les disciples de votre Fils, les maîtres des nations. Pour la prédication de l'Evangile ils président dans le royaume des cieux, ils sont enfermés dans d'étroits cachots. Us ont le pouvoir de délier les péchés, ils sont liés par des chaînes de fer. Ils donnent la santé., et souffrent tous les maux. Ils commandent aux démons, et par les hommes sont flagellés. Ils mettent en fuite chaque genre de mort, et fuient la persécution. Ils marchent sur la mer, et peinent au travail; d'un mot transportent les montagnes, et vivent du labeur de leurs mains. Ils doivent juger les Anges, et subissent la question; vivent avec Dieu, périclitent sur la terre. Enfin le Christ se fait leur serviteur, lavant leurs pieds; et leur visage est souffleté par la main de blasphémateurs. Rien n'a manqué presque, en fait de misères, à leur patience; rien, en fait de succès, qui n'orne leur couronne de victoire. Si nous repassons toutes les souffrances, tous les tourments qu'ils ont endurés pour attester la foi véritable, ils l'emportèrent sur les Martyrs. Comme miracles, ils ont fait par le Christ ce que fit le Christ même; comme passion, ils ont supporté, devant nécessairement mourir, ce que lui a subi dans une mort volontaire: eux par ses forces,lui par les siennes. Pour enseigner avec autorité, entre lui et eux il y avait ressemblance, non égalité comme docteurs.

    Pierre a accompli, dans son temps, ce qu'il avait promis avant le temps. Il a donné sa vie pour celui qu'il avait cru ne pouvoir renier autrefois. Comme, dans l'ardeur précipitée de son très grand amour, il s'était engagé légèrement, sans comprendre que le serviteur ne pouvait donner pour le Maître ce que le Maître n'eût auparavant donné pour le serviteur: il ne refusa pas d'être crucifié comme lui, mais n'eut pas la présomption d'être attaché de même. Le Maître était mort debout, lui mourut renversé: signe de la majesté de celui qui montait dans les cieux; marque de la fragilité de celui qui descendait vers la terre.

    Non inférieur en amour, Paul se souvient de ce qu'il avait dit de lui-même: Le Christ est ma vie, et la mort m'est un gain. Plein de joie, sous les coups du bourreau furieux, il offre au Christ sa tête assouplie au joug; pour celui qui est la tête du corps des élus dont il fait partie, il donne la tête de son propre corps. Les deux soldats de Dieu se partagent la dépouille de la passion du Seigneur: l'un sur le gibet, l'autre sous le glaive; Pierre par les clous. Paul dans le sang.

    Mort différente, même amour en la mort! Que l'Eglise catholique se réjouisse en leur enseignement, toute piété au souvenir de cette mort, la ville de Rome à leurs tombeaux, chaque âme chrétienne sous leur patronage. Or toutes ces choses, c'est vous qui les opérez, ô Seigneur qui êtes désigné par les Prophètes, adoré par les Anges, manifesté par la lumière apostolique au monde entier. C'est à bon droit que tous les Anges et les Archanges ne cessent point de crier vers vous, disant: Saint! Saint! Saint!

    La même Liturgie Mozarabe emploie l'Hymne suivante, au jour de la Fête. Elle a pu être, non sans fondement, attribuée à saint Ambroise, et paraît avoir précédé dans l'usage liturgique l'Hymne d'Elpis.

    HYMNE.

    Le martyre des Apôtres consacre ce jour à jamais: c'est de Pierre le noble triomphe, c'est de Paul la couronne.

    Unis et rapprochés dans le sang de leur mort triomphante, les princes ont suivi Dieu; ils ont reçu la couronne de la foi du Christ.

    Le premier est l'Apôtre Pierre, et Paul n'est point inférieur en grâce: le vase de sainte élection a égalé la foi dé Pierre.

    La Croix tourne en terre son sommet, Simon y rend honneur à Dieu; il y monte et demeure suspendu, se souvenant de l'oracle aui le concernait.

    Ainsi qu'il avait été dit, ceint dans sa vieillesse et élevé par un autre, il a été où il ne voulait pas; mais sa volonté a vaincu la dure mort.

    Fondée dans un sang pareil, ennoblie par un tel personnage, Rome alors est devenue la tête sublime de la religion.

    Dans toute l'enceinte de la grande ville, les foules se pressent en rangs serrés, pour aller dans trois directions célébrer la fête des augustes martyrs.

    On dirait que le monde est ici rassemblé, que c'est le rendez-vous des peuples de l'univers: c'est bien ici la capitale des nations, élue pour telle comme siège du maître des nations.

    A Dieu le Père soit gloire, et à son Fiis unique, ainsi qu'à l'Esprit Paraclet, dans les siècles sans fin!

    Amen.
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    NOTE

    1. Sermo I in Nat. Apost. Lect. III Nocturni.

  4. #64
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    Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecoste, Paris-Poitiers, 1903, IX ediz., t. III, p. 539-545

    LE IV JUILLET.

    SIXIÈME JOUR DANS L'OCTAVE DES SAINTS APOTRES PIERRE ET PAUL.


    Pierre et Paul ne cessent point d'écouter par le monde la prière de leurs dévots clients. Le temps n'a rien enlevé à leur puissance; et, pas plus au ciel qu'autrefois sur la terre, la grandeur des intérêts généraux de la sainte Eglise ne les absorbe, au point de négliger la demande du plus petit des habitants de cette glorieuse cité de Dieu, dont ils furent et restent les princes. Un des triomphes de l'enfer à notre époque étant d'avoir endormi sur ce point la foi des justes eux-mêmes, il nous faut insister pour secouer ce sommeil funeste, qui n'irait à rien moins qu'à mettre en oubli le plus touchant côté de ce que le Seigneur a voulu faire, en confiant à des hommes le soin de continuer son œuvre et de le représenter visiblement ici-bas.

    L'erreur qui détournait le monde de Pierre n'aura décidément vécu, que lorsque le monde verra en lui, non seulement la fermeté du roc résistant aux assauts des portes de l'enfer, mais aussi la tendresse de cœur, la paternelle sollicitude qui font de lui le vicaire de Jésus dans son amour (1). L'Eglise, en effet, n'est pas seulement un édifice dont la durée doit être éternelle: elle est aussi une famille et une bergerie; c'est pourquoi le Seigneur, voulant laisser à son œuvre, en quittant la terre, une triple garantie, exigea de l'élu de sa confiance une triple affirmation d'amour, et alors seulement l'investit de son ministère sublime, disant: Pais mes brebis (2).

    «Or, s'écrie saint Léon, loin de nous le doute que, ce ministère de pasteur, Pierre ne l'exerce encore, qu'il ne demeure fidèle à cet engagement d'un amour éternel, qu'il ne continue d'observer avec une tendresse infinie le commandement du Seigneur, nous confirmant dans le bien par ses exhortations, priant sans cesse afin qu'aucune tentation ne prévale sur nous (3). Et cette tendresse, qui embrasse tout le peuple de Dieu (4), elle est plus vaste et plus puissante maintenant que lorsqu'il était mortel encore, parce que tous les devoirs et les multiples sollicitudes de sa paternité immense, il y fait honneur en celui et avec celui qui l'a glorifié» (5).

    «Si partout, dit encore saint Léon, les martyrs ont reçu, en retour de leur mort et pour manifester leurs mérites, la puissance d'aider ceux qui sont en péril, de chasser maladies et esprits immondes, de guérir des maux innombrables: qui donc serait assez ignorant ou envieux de la gloire du bienheureux Pierre, pour estimer qu'aucune partie de l'Eglise échappe à sa sollicitude et ne lui doive accroissement? Toujours brûle, toujours vit, dans le prince des Apôtres, cet amour de Dieu et des hommes que ne domptèrent ni l'étroitesse ni les fers des cachots, ni les fureurs des foules, ni la colère des rois; la victoire n'a point attiédi ce que le combat n'avait su réduire. Lors donc que, de nos jours, les chagrins font place à la joie, le labeur au repos, la discorde à la paix, nous reconnaissons dans ces secourables effets les mérites et la prière de notre chef. Bien souvent nous avons l'expérience qu'il préside aux salutaires conseils, aux justes jugements; le droit de lier et de délier est exercé par nous, et c'est l'influence du très bienheureux Pierre qui amène le condamné à pénitence, le pardonné à la grâce (6). Et cette expérience qui nous est personnelle, nos pères aussi l'ont connue; en sorte que nous croyons et tenons pour sûr que, dans toutes les peines de cette vie, la prière apostolique doit nous être une aide et sauvegarde spéciale auprès de la miséricorde de Dieu» (7).

    L'évêque de Milan, saint Ambroise, exalte, lui aussi, magnifiquement l'action apostolique sans cesse efficace et vivante en l'Eglise. Mais où il excelle en son exposition toujours si suave et si sûre, c'est quand, s'élevant dans les régions sublimes où se complaît sa grande âme, il exprime avec une délicatesse et une profondeur également infinies le rôle de Pierre et celui de Paul dans la sanctification des élus.

    «L'Eglise, dit-il, est un navire où Pierre doit pêcher; et, dans cette pêche, il reçoit ordre d'user tantôt des filets, tantôt de l'hameçon. Grand mystère! car cette pêche est toute spirituelle. Le filet enserre, l'hameçon blesse; mais au filet la foule, à l'hameçon le poisson solitaire (8). O bon poisson, ne redoute point l'hameçon de Pierre: il ne tue pas, mais consacre; précieuse blessure que la sienne, qui, dans le sang, fait trouver la pièce de bon aloi nécessaire à l'acquittement du tribut de l'Apôtre et du Maître (9). Donc ne t'estime pas peu de chose, parce que ton corps est faible: tu as en ta bouche de quoi payer pour le Christ et pour Pierre (10). Car un trésor est en nous, le Verbe de Dieu; la confession de Jésus le met sur nos lèvres. C'est pourquoi il est dit à Simon: Va en pleine mer (11), c'est-à-dire, au cœur de l'homme; car le cœur de l'homme, en ses conseils, est comme les eaux profondes (12). Va en pleine mer, c'est-à-dire, au Christ; car le Christ est le réservoir profond des eaux vives (13), en lequel sont les trésors de la sagesse et de la science (14). Tous les jours, Pierre continue de pêcher; tous les jours, le Seigneur lui dit: Va en pleine mer. Mais il me semble entendre dire à Pierre: Maître, nous avons travaillé toute la nuit sans rien prendre (15). Pierre peine en nous, quand notre dévotion est laborieuse. Paul alors, lui aussi, est en labeur; vous l'avez entendu aujourd'hui, qui disait: Qui est malade, sans que moi-même je sois malade (16)? Faites en sorte que les Apôtres n'aient pas ainsi à peiner pour vous» (17).

    Le Missel Ambrosien nous donne cette Préface et cette Oraison, au jour de la fête.

    PRÉFACE.

    Il est juste et salutaire que, toujours, ici et partout, nous vous rendions grâces en l'honneur des Apôtres Pierre et Paul. Effets sacrés de l'élection que vous en avez daigné faire! le bienheureux Pierre a vu son métier de pêcheur passer en un dogme divin, quand vous résolûtes de tirer le genre humain des gouffres infernaux dans les filets de vos commandements; et Paul, le compagnon de son apostolat, s'est vu changer par vous d'esprit comme de nom, de telle sorte que le persécuteur auparavant redouté de l'Eglise est maintenant sa joie, étant devenu le docteur des préceptes du ciel. Paul, pour voir, a perdu la vue; Pierre a renié, pour croire. Vous donnâtes à celui-ci les clefs de l'empire des cieux, au premier la science de la loi divine pour appeler les nations. Paul introduit, Pierre ouvre, et tous deux sont en possession des éternelles récompenses. Votre droite raffermit l'un marchant sur les eaux, quand il enfonçait; l'autre, en trois naufrages, fut par elle préservé de péril au fond des mers. L'un résiste aux portes de l'enfer, l'autre dompte l'aiguillon de la mort. Paul est décapité, comme chef des nations dans la foi; Pierre, les pieds tournés en haut, suit le Christ, notre chef à tous.

    ORAISON.

    O Dieu, rédempteur des âmes qui vous louent, leur pêcheur fut le bienheureux Pierre Apôtre, et par votre ordre nous reconnaissons en lui le pasteur des brebis; dans votre miséricorde, écoutez nos prières et accordez à votre peuple les dons de votre bonté. Vous qui vivez.

    Saluons Rome et ses deux princes par ce beau chant, qui rappelle l'inspiration des hymnes d'Elpis et de saint Paulin d'Aquilée. Sa composition paraît elle-même devoir remonter vers les VII° ou VIII° siècles.

    HYMNE.

    O noble Rome maîtresse du monde, de toutes les villes la plus belle, empourprée comme la rose dans le sang des martyrs, éclatante de blancheur sous les lis de tes vierges: salut à toi par l'univers, bénédiction, salut dans les siècles!

    Pierre, vous le très puissant porte-clefs des cieux, exaucez toujours les vœux de qui vous implore; quand vous siégerez comme juge des douze tribus, laissez-vous apaiser, portez douce sentence; à nous qui d'ici-bas sommes vos clients à cette heure, donnez votre voix miséricordieuse.

    O Paul, prenez en mains la cause des coupables, vous dont l'habileté triompha des philosophes; pensateur des biens de la maison du Roi, servez-nous les mets de la divine grâce: que la Sagesse, qui vous rassasia, nous nourrisse elle-même par vos enseignements.

    Amen.
    -----------------------------------------------------------------------
    NOTE

    1. Ambr. in Luc. X.

    2. Johan. XXI.

    3. Sermo IV de Natali ipsius.

    4. Ibid.

    5. Sermo III de Nat. ips.

    6. Sermo V de Nat. ips.

    7. Sermo I in Nat. Apost.; lect. IIi Nocturni 5ae diei infra Oct.

    8. De Virginitate, XVIII.

    9. Allusion au poisson que Pierre alla pêcher sur l'ordre du Seigneur, un jour qu'on réclamait le tribut à son Maître, et dans la bouche duquel se trouva de quoi payer l'impôt à la fois pour Jésus et pour Pierre. (Matth. XVII, 23-26).

    10. Ambr. Hexaemeron, V.

    11. Luc. V, 4.

    12 Prov. XVIII, 4.

    13. Johan. IV, 11.

    14. Rom. XI, 33.

    15. Luc. V, 5.

    16. II Cor. XI, 29. Cette partie du livre de la Virginité est formée d'un discours qui fut prononcé au jour de la solennité des saints Apôtres. Dans la Liturgie Ambrosienne, on lit encore maintenant, comme Epître de la fête, le passage de la deuxième lettre aux Corinthiens où se trouve le texte cité par saint Ambroise.

    17. Ambr. de Virginit. XVIII, XIX.

  5. #65
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    Da dom Prosper Guéranger, L’Année Liturgique - Le Temps après la Pentecoste, Paris-Poitiers, 1903, IX ediz., t. III, p. 554-565

    LE IV JUILLET.

    L'OCTAVE DES SS. APOTRES PIERRE ET PAUL.


    Fermement appuyée sur Pierre, l'Eglise se retourne vers celui que l'Epoux lui a donné pour chef et lui témoigne, non moins qu'obéissance et foi, vénération et amour. C'est le besoin de sa reconnaissance; et d'autre part elle n'ignore point que, selon la parole de saint Pierre Damien attribuée par d'autres à un disciple de saint Bernard, «nul ne peut prétendre à l'intimité du Seigneur, sans être aussi l'intime de Pierre» (1). Admirable unité de la marche de Dieu vers sa créature! mais, en même temps, loi absolue du progrès de celle-ci vers la vie divine: Dieu ne se trouve qu'en Jésus, de même que Jésus dans l'Eglise, et l'Eglise avec Pierre. Si vous me connaissiez, disait le Seigneur, peut-être aussi connaîtriez-vous mon Père (2); mais les Juifs cherchaient Dieu en dehors de Jésus, et leurs efforts étaient vains. D'autres depuis sont venus, qui ont voulu trouver Jésus en se passant de son Eglise; mais ce que Dieu a uni, l'homme le séparerait-il donc (3)? et ces hommes, à la poursuite du Christ de leurs conceptions, n'ont rencontré ni Jésus ni l'Eglise. D'autres enfin sont fils de l'Eglise, mais se persuadent que dans les pâturages où, à bon droit, leur âme veut s'engraisser de Dieu, ils n'ont à rechercher que le Pasteur divin qui réside au ciel; et néanmoins, en remettant à un autre le soin de paître agneaux et brebis (4) Jésus sans doute n'entendait pas qu'il en fût ainsi: par ces paroles, ce n'est pas de quelques-uns seulement, des commençants ou des imparfaits, des puissants ou des saints, mais de tous, petits et grands, que le céleste Pasteur confiait à Simon fils de Jean la nourriture, la direction, l'accroissement et la garde.

    O âme avide de Dieu, sache donc aller à Pierre; ne crois pas arriver autrement à l'apaisement de la faim qui te presse. Formée à l'école de la sainte Liturgie, tu n'es point de celles assurément qui, dans le divin Fils de Marie, négligent l'humanité pour arriver, disent-elles, plus vite et plus sûrement au Verbe; mais pareillement, ne cherche point, comme tu ferais d'un obstacle, à tourner le Vicaire de Dieu. Jésus n'est pas moins impatient que toi de la rencontre; sois donc assurée que ce qu'il place entre toi et lui sur la route, n'est point retardement, mais secours. Comme, en l'auguste Eucharistie, les espèces sacrées ne sont que pour t'indiquer où t'attend celui que tu ne saurais trouver par toi-même ici-bas: ainsi le mystère de Pierre n'a d'autre fin que de te montrer sûrement où réside pour toi, dans son autorité et son infaillible conduite, celui qui réside pour toi de même au divin Sacrement dans sa propre substance. Les deux mystères se complètent; ils marchent de pair et cesseront à la fois, lorsque nos yeux auront pouvoir de contempler directement Jésus; mais d'ici là, l'Eglise y voit bien moins un intermédiaire ou un voile, que le signe mille fois précieux de l'Epoux invisible. Aussi ne t'étonne point que les honneurs rendus par elle à Pierre, rivalisent avec ceux qu'elle prodigue à l'Hostie; dans ces génuflexions multipliées également des deux parts, elle adore en effet également: non l'homme sans doute qu'elle voit assis au trône apostolique, pas plus que les espèces perçues par ses sens à l’autel; mais des deux parts le même Jésus, qui se tait au Sacrement, qui parle et commande en son Vicaire.

    Au reste, elle sait que Pierre seul peut lui donner l'Hostie. Le baptême qui nous fait fils de Dieu et tous les sacrements qui multiplient en nous les énergies divines, sont un trésor dont seul il a licence de disposer légitimement par lui-même ou par d'autres. C'est sa parole qui, dans tout le monde, à tous les degrés de l'enseignement autorisé, fait naître au fond des âmes la foi commencement du salut, et l'y développe, depuis ces humbles commencements jusqu'aux plus lumineux sommets de la sainteté. Et comme, sur les montagnes, la vie des conseils évangéliques est le jardin plus spécialement réservé de l'Epoux, Pierre aussi se réserve la conduite et protection plus spéciale des familles religieuses, voulant pouvoir toujours lui-même, directement, offrir à Jésus les plus belles fleurs de cette sainteté dont son haut ministère est le principe et l'appui. Ainsi sanctifiée, c'est encore à Pierre que l'Eglise s'adresse pour apprendre de lui la manière d'aller à l'Epoux dans ses hommages et son culte; elle lui répète, comme autrefois les disciples au Sauveur: Enseignez-nous à prier (5); et Pierre, s'inspirant de ce qu'il sait des pompes de la patrie, ordonne ici-bas l'étiquette sacrée et dicte à l'Epouse le thème de ses chants. Enfin à sa sainteté, qui donc, sinon Pierre, vient ajouter encore ces caractères d'unité, de catholicité, d'apostolicité, qui sont pour elle, en face du monde, l'irréfragable titre de ses droits au trône et à l'amour du Fils de Dieu?

    Si nous sommes vraiment fils de l'Eglise, si c'est au cœur de notre Mère que nous puisons nos sentiments, comprenons quels seront la reconnaissance, le respect plein d'amour, la tendre confiance, le dévouement absolu de tout notre être envers l'homme de qui, par la très suave volonté de Dieu, nous viennent tous ces biens. Pierre en lui-même et dans ses successeurs, en celui surtout qui porte de nos jours le poids du monde et nos propres fardeaux, sera l'objet constant de notre culte filial. Ses gloires, ses souffrances, ses pensées seront nôtres. N'oublions pas que celui dont le Pontife Romain est le représentant visible, a voulu que tous ses membres eussent leur part invisible au gouvernement de son Eglise; la responsabilité de chacun en un point d'importance si majeure, est clairement indiquée par le devoir de la prière, qui compte plus que l'action devant Dieu, et que l'amour rend plus forte que l'enfer (6). Et cet autre devoir majeur de l'aumône, qui nous oblige à subvenir à l'indigence du plus humble de nos frères: croirions-nous donc en être libres à l'égard de l'évêque et du père de nos âmes, lorsque d'injustes spoliations l'amènent à connaître, dans les nécessités de son immense gestion, le besoin et la gêne? Heureux qui, au tribut de l'or, peut être admis à joindre celui du sang! mais tous n'ont pas cet honneur.

    En ce dernier jour de l'Octave consacrée au triomphe des deux princes des Apôtres, saluons encore la ville qui fut témoin de leurs derniers combats. Elle garde leurs tombes, et reste le siège du successeur de Pierre; à ce double titre elle est le vestibule des cieux, la capitale de l'empire des âmes. La pensée des augustes trophées élevés sur les deux rives de son fleuve et des souvenirs glorieux multipliés alentour, faisait tressaillir sous le ciel de l'Orient saint Jean Chrysostome. «Non, s'écriait-il dans une Homélie à son peuple; le ciel, lorsque le soleil l'illumine de tous ses feux, n'a rien de comparable à la splendeur de Rome versant sur le monde la lumière de ces deux flambeaux. C'est de là que sera enlevé Paul, que partira Pierre. Réfléchissez et frissonnez déjà à la pensée du spectacle dont Rome sera témoin,lorsque Paul avec Pierre se levant de leurs tombes seront emportés à la rencontre du Seigneur. Quelle rose éclatante Rome présente au Christ! Quelles couronnes entourent cette cité! De quelles chaînes d'or elle est ceinte! Quelles fontaines elle possède! Cette ville fameuse, je l'admire, non à cause de For dont elle abonde, non à cause de ses fastueux portiques, mais parce qu'elle garde dans son enceinte ces deux colonnes de l'Eglise» (7). Et l'illustre orateur exprimait en termes brûlants le désir qu'il aurait eu de visiter les grands tombeaux, trésor du monde, rempart assuré de la cité-reine.

    Aujourd'hui, des divers territoires assignés à leur zèle, les chefs du peuple de Dieu viennent, à des intervalles fixés parle droit, visiter les basiliques élevées sur les restes précieux de Pierre et de Paul; comme celui-ci durant sa vie mortelle (8), ils doivent aussi venir voir Pierre vivant toujours dans le Pontife héritier de sa primauté. Si les simples chrétiens ne sont pas soumis à une obligation qui est, pour leurs évêques, l'objet d'un serment solennel, tout vrai catholique dirigera néanmoins fréquemment sa pensée vers les sommets bénis d'où partent les canaux du salut pour de là se diviser sur la terre entière. Un des symptômes les plus consolants de nos temps malheureux est le mouvement qui commence à ébranler les foules et à les porter vers la Ville éternelle. Mouvement à encourager, s'il en fut; car il nous fait rentrer dans les plus saines traditions de nos pères; et aujourd'hui, les facilités d'un pareil pèlerinage, une fois dans la vie, sont devenues telles que, pour un grand nombre, il ne saurait aller sérieusement à l'encontre d'aucune nécessité réelle de position ou de famille.

    Si tous pourtant ne peuvent s'approprier en ce sens la parole du Psaume: « Je me suis réjoui de ce qui m'a été dit, nous irons dans la maison du Seigneur; » que tous du moins, aussi bien et mieux que le Juif, sachent redire ces accents du vrai patriotisme des âmes: «Que tous les biens soient pour ceux qui t'aiment, ô vraie Jérusalem! que la paix règne sur tes remparts, et l'abondance dans tes forteresses. C'est là mon vœu, à cause de mes frères qui sont en toi; c'est là ma prière, parce que tu es pour moi la maison du Seigneur notre Dieu» (9).

    Pour rendre honneur aux églises de la Ville éternelle qui gardent les principaux souvenirs des saints Apôtres, Benoît XIV établit (10) que, chacun des jours de l'Octave, une Messe pontificale serait chantée successivement dans l'une de ces églises, avec le concours des chantres et autres ministres de la chapelle papale. Au lendemain de la fête du 29 juin, que le Pontife souverain se réserve de célébrer lui-même en la Basilique Vaticane sur le tombeau du prince des Apôtres, les évêques Assistants au trône pontifical sont convoqués dans la Basilique de la voie d'Ostie qui abrite, non loin du lieu de son martyre, le corps et les chaînes du Docteur des nations. Les Protonotaires apostoliques se réunissent le 1er juillet dans l'Eglise de Sainte-Pudentienne, ancienne maison du sénateur Pudens «où, dit Benoît XIV, Pierre annonçant la parole divine et célébrant les saints Mystères, jeta en quelque sorte les premiers fondements de l'Eglise Romaine mère et maîtresse des autres églises». Le 2 juillet, les Auditeurs de Rote et le Maître du sacré palais honorent de même, à Sainte-Marie in Via lata, la mémoire du séjour que fit en ce lieu durant deux années l'Apôtre des gentils. Le cinquième jour, 3 juillet, la Messe pontificale est célébrée à Saint-Pierre-ès-liens, avec l'assistance des Clercs de la Chambre; le sixième jour, à la prison Mamertine, en présence des Votants de la Signature; le septième, devant les Abréviateurs du Parc Majeur, à Saint-Pierre in Montorio désigné par une tradition comme l'emplacement du martyre de l'Apôtre. Enfin, le 6 juillet, le Sacré-Collège des Cardinaux termine l'Octave en grande solennité à Saint-Jean de Latran, où sont exposés à la vénération publique, en de riches reliquaires, les chefs mêmes de saint Pierre et de saint Paul.

    Entrons dans la pensée qui inspira au grand Pape Benoît XIV cette distribution des jours de l'Octave des saints Apôtres, et prions avec lui pour la Ville et le monde, en empruntant au Sacramentaire de son immortel prédécesseur, saint Léon Ier, les deux formules qui suivent.

    PRÉFACE.

    Il est vraiment juste de vous rendre grâces, à vous qui, prévoyant les épreuves dont notre Ville aurait à subir l'assaut, plaçâtes en elle les membres principaux de la vigueur apostolique. O Rome heureuse, si tu connaissais tes gardiens, si tu mettais ton zèle à célébrer dignement de si nobles guides! Aucun ennemi ne t'attaquerait, tu ne craindrais aucunes armes, si, docile à leurs enseignements, véridique et fidèle, tu te pressais autour d'eux dans la profession d'un sincère christianisme. Quels dons te viendraient d'eux si tu les méritais, ils le montrent assez par la protection que déjà ils accordent à des pécheurs.

    ORAISON.

    O Dieu qui avez placé sur les montagnes saintes les fondements de votre Eglise; faites qu'elle ne soit minée par aucune entreprise de l'erreur, ébranlée par aucun trouble du monde: mais que, fondée par les Apôtres, elle soit toujours ferme, et, protégée par eux, toujours tranquille. Par Jésus-Christ.

    La Prose suivante, d'Adam de Saint-Victor, terminera dignement le recueil des pièces liturgiques qui nous ont aidés durant cette Octave à pénétrer dans l'esprit de la sainte Eglise. Nous la choisissons de préférence à celle de l'illustre poète qui commence par ces mots Gaude Roma, caput mundi, et qui est exclusivement personnelle à saint Pierre dont elle raconte les miracles et la vie.

    SÉQUENCE.

    Que Rome en Pierre se glorifie, que Rome d'un même culte vénère aussi Paul; ou bien plutôt que tout entière, en allégresse, en chants joyeux, l'Eglise célèbre ce jour.

    Ils sont ses fondements, ses fondateurs et ses appuis; bases, architraves, couvertures et tentures, peaux du temple richement teintes, coupes, pommes et lis d'ornements.

    Ils sont les nuées éclatantes arrosant la terre de nos cœurs, tantôt de pluie, tantôt de rosée. Ils sont les hérauts de la loi nouvelle, les guides du troupeau nouveau vers le bercail du Christ.

    Ensemble ils foulent l'aire, compagnons de labeurs; ils travaillent à la vigne dans l'espoir du denier.

    Par leurs efforts la paille est séparée, les greniers se remplissent de la moisson nouvelle.

    On les appelle les monts, frappés qu'ils sont les premiers de la lumière du vrai soleil. Admirable est leur force; aussi les désigne-t-on sous le titre de firmament ou de cieux.

    Ils mettent en fuite les maladies, domptent la mort et ses lois, chassent les démons. Ils détruisent l'idolâtrie, donnent grâce aux coupables, aux malheureux consolation.

    La louange est commune pour les deux, quoique la dignité de chacun soit particulière: Pierre précède par la primauté, Paul excelle par ses enseignements dans l'Eglise entière.

    La primauté est donnée à un seul, et l'unité de la foi catholique est ainsi proclamée. Une seule écorce est pour les grains, et tous en leur multiplicité ont une seule vertu sous la même écorce.

    Rome fut le rendez-vous des courriers du salut: là, comme ils le savaient, dominait le mal, et le remède était absent. Médecins fidèles, ils combattent le mal; les malades en délire repoussent les remèdes de la vie, les insensés la science.

    Le nom du Christ a retenti: Simon le Mage et Néron se troublent à ces discours, et ne cèdent pas aux Apôtres. Mais on voit céder toute langueur et la mort obéir; le Mage se brise, Rome croit, et le monde revient à la vie, rejetant les idoles.

    Néron chargé de crimes frémit; la mort du Mage le désole: autant lui plaisait son erreur, autant il est marri de sa chute. Les combattants du bon combat ne peuvent être ébranlés dans leur foi; ils se redressent de toute leur taille à la lutte, sans craindre le glaive.

    Pierre, l'héritier de la vraie lumière, subit la croix la tête en bas; Paul est passé par l'épée: supplice divers, même récompense. Pères de dignité souveraine, vous régnez avec le souverain Roi: déliez les liens de notre malice par la sentence efficace qui est en votre pouvoir. Amen.
    -----------------------------------------------------------------------
    NOTE

    1. Petr. Dam. vel Nicol. Claravall. Sermo de S. Petro Ap.

    2. Johan. XIV, 7.

    3. Matth. XIX, 6; Eph. V, 32.

    4. Johan. XXI, 13-17.

    5. Luc. XI, 1.

    6. Cant. VIII, 6.

    7. Homil. XXXII in Ep. ad Rom.

    8. Gal. I, 18.

    9. Psalm. CXXI.

    10. Bulle Admirabilis Sapientiae Dei sublimitas, 1er Avril 1743.

  7. #67
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    Lightbulb Re: 29 giugno - S. Pietro, apostolo e martire

    29 GIUGNO 2020: ventinovesimo giorno del Mese dedicato al SACRO CUORE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO; SOLENNITA' DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO…
    Auguri di buon onomastico a tutti coloro che si chiamano Pietro e Paolo come i nostri gloriosi patroni e a tutti i sacerdoti - come il caro Don Floriano Abrahamowicz e parecchi altri in tutto il mondo - integralmente cattolici ordinati il 29 giugno nel giorno dell’anniversario della loro ordinazione che coincide con la Festa dei due Santi Apostoli…
    «Tu es Sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech...»!!!
    Preghiamo nuovamente i due Santi Apostoli Pietro e Paolo e chiediamo la loro santa preziosa intercessione anche per poter riavere al più presto - quando Dio vorrà - (dopo la fine dell'usurpazione ed occupazione abusiva, sia pure sotto ingannevole parvenza "legale", da parte della setta golpista neo-modernista vaticano-secondista) una gerarchia cattolica degna di tal nome con a capo soprattutto (dopo la tragica eclissi e rimozione temporanea del Papato che dura ormai da circa 6 decenni dalla morte di Papa Pio XII nel 1958) un vero, autentico e legittimo Successore di San Pietro e Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo!!!
    VIVA IL PAPATO E LA SANTA CHIESA CATTOLICA ROMANA!!! VIVA LA ROMA ETERNA!!!
    SAN PIETRO, PRINCIPE DEGLI APOSTOLI E PRIMO PAPA; SAN PAOLO, APOSTOLO DELLE GENTI: PREGATE PER NOI!!!
    Sancte Petre, ora pro nobis! Sancte Paule, ora pro nobis!
    SANCTE PETRE, SANCTE PAULE, ORATE PRO NOBIS!!!





    «29 GIUGNO SAN PIETRO E SAN PAOLO, APOSTOLI»
    "Guéranger, L'anno liturgico - San Pietro e san Paolo, apostoli"
    Guéranger, L'anno liturgico - San Pietro e san Paolo, apostoli
    http://www.unavoce-ve.it/pg-29giu.htm






    Don Floriano Abrahamowicz in data odierna - 29 giugno 2020, Natale dei Santi Apostoli Pietro e Paolo - festeggia i ventotto anni di sacerdozio!!! Auguro di cuore un felice anniversario a questo raro esemplare di coraggioso sacerdote integralmente cattolico, 29 giugno 1992 - 29 giugno 2020: 28 anni di sacerdozio, che Dio benedica don Floriano, TU ES SACERDOS IN AETERNUM!!!



    «Don Floriano Abrahamowicz - Domus Marcel Lefebvre.
    http://www.domusmarcellefebvre.it/
    https://www.youtube.com/user/florianoabrahamowicz/
    SS Pietro e Paolo - Santa Messa 29 giugno 2014
    https://www.youtube.com/watch?v=pDu7-tX8l14
    SANTA MESSA - domusmarcellefebvre110815
    La Santa Messa tutte le domeniche alle ore 10.30 a Paese, Treviso»






    Santi Pietro e Paolo Apostoli - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/santi-pietro-paolo-apostoli/
    «29 giugno, Santi Pietro e Paolo Apostoli.
    “A Roma il natale dei santi Apostoli Pietro e Paolo, i quali patirono nello stesso anno e nello stesso giorno, sotto Nerone Imperatore. Il primo di questi, nella medesima Città, crocifisso col capo rivolto verso la terra, e sepolto nel Vaticano presso la via Trionfale, è celebrato con venerazione di tutto il mondo; l’altro decapitato e sepolto sulla via Ostiense, e venerato con pari onore”.
    O Santi Apostoli Pietro e Paolo
    , io vi eleggo oggi e per sempre come miei speciali protettori ed avvocati, e mi rallegro umilmente, tanto con voi, o San Pietro principe degli Apostoli, perchè siete quella pietra su cui Iddio edificò la sua Chiesa, che con voi, o San Paolo, prescelto da Dio per vaso di elezione e predicatore della verità, e vi prego di ottenermi viva fede, speranza ferma e carità perfetta, totale distacco da me stesso, disprezzo del mondo, pazienza nelle avversità e umiltà nelle prosperità, attenzione nell’orazione, purità di cuore, retta intenzione nell’operare, diligenza nell’adempiere gli obblighi del mio stato, costanza nei proponimenti, rassegnazione al volere di Dio, e perseveranza nella divina grazia sino alla morte. E così, mediante la vostra intercessione, ed i gloriosi vostri meriti, superate le tentazioni del mondo, del demonio e della carne, sia fatto degno di venire dinanzi al cospetto del supremo ed eterno Pastore delle anime, Gesù Cristo, il quale con il Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli, per goderlo ed amarlo eternamente. Così sia».
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...ul-300x200.jpg







    Catechismo Maggiore di San Pio X - Ss. Pietro e Paolo - Sodalitium
    «Catechismo Maggiore di San Pio X – Ss. Pietro e Paolo»
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...-2-300x188.jpg




    Commemorazione di San Paolo Apostolo - Sodalitium
    «30 giugno, Commemorazione di San Paolo Apostolo.
    O glorioso san Pietro che aveste in Gesù Cristo una fede così viva da confessare per primo che egli era Figliuolo di Dio vivo, che amaste tanto ardentemente Gesù Cristo da protestarvi pronto a soffrire per lui la prigione e la morte; che in premio della vostra fede, della vostra umiltà e del vostro amore foste da Gesù Cristo destinato ad essere il principe degli apostoli, otteneteci, vi preghiamo, che anche noi ci convertiamo prontamente al Signore ogni qualvolta ci lasciamo tradire dalla nostra debolezza e non cessiamo di piangere sino alla morte i peccati da noi commessi; otteneteci di amare il Divin Maestro in modo da essere pronti a dare il sangue e la vita per la sua fede nonché a soffrire qualunque sventura piacerà a Lui di mandarci per mettere alla prova la nostra fedeltà. Così sia».
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...-2-300x225.jpg



    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/48.pdf
    «LA TOMBA DI PIETRO E IL PRIMATO DI ROMA don Curzio Nitoglia».

    «Il Magistero dei Papi (...) non sarebbe concepibile se non fondato a Roma, sulla tomba dell’Apostolo al quale il Redentore affidò le chiavi del Regno dei Cieli. Tale pensiero fu più volte espresso da Pio XII. Egli era convinto che non senza una provvidenziale volontà Roma fosse divenuta centro dell’Impero di Augusto, per poi trasformarsi nel “centro spirituale dell’orbe cristiano”. Ma se Roma era il centro della Chiesa universale, il punto focale di questo centro era la tomba di Pietro»
    M. GUARDUCCI, La tomba di Pietro. Una straordinaria vicenda, Rusconi, Milano 1989, p. 10.
    M. GUARDUCCI, La tomba di Pietro. Una straordinaria vicenda, Rusconi, Milano 1989; Le reliquie di Pietro in Vaticano, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1995; Le chiavi sulla pietra, Piemme Casale Monferrato 1995; Il primato della Chiesa romana, Rusconi Milano 1991.


    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/48.pdf
    «N. 48 – dicembre 1998 - La Tomba di Pietro e il primato di Roma»
    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/56.pdf
    «N. 56 – settembre 2003 - Risposta al numero speciale de “La Tradizione cattolica” sul sedevacantismo»
    http://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/58.pdf
    «N. 58 – aprile 2005 - Con Pietro o contro Pietro: “una tragica necessità d’opzione” - don Ugo Carandino»




    https://www.facebook.com/photo.php?f...type=3&theater
    «Domenica 28 giugno 2020, IV domenica dopo la Pentecoste (Vangelo della pesca miracolosa e della vocazione degli Apostoli).
    S. Messe dell'IMBC in Italia (si consiglia in settimana di contattare il sacerdote di riferimento):
    https://www.sodalitium.biz/sante-messe/ »





    https://www.facebook.com/donugo.casasanpiox/
    «Festa dei santi Pietro e Paolo: malgrado il modernismo imperante, le porte degli inferi non hanno prevalso, poichè coloro che negli ultimi decenni insegnano l'errore dalla Cattedra più alta della terra non sono rivestiti dell'autorità e quindi non rappresentano il Papato e la Chiesa. Che i Principi degli Apostoli ci preservino dagli errori dei gallicani di ieri e di oggi. Viva il Papa! Viva la Chiesa!»








    https://www.facebook.com/donugo.casasanpiox/
    «Sabato scorso ho potuto pregare davanti al corpo di san Pio X nella basilica di san Pietro in Vaticano.
    Il pensiero è andato a tutti coloro che furono fedeli al suo insegnamento e alle sue direttive contro il devastante errore del modernismo, come il card. Gaetano De Lai, mons. Alfonso Archi, mons. Giovanni Volpi, i fratelli Scotton, mons. Umberto Benigni, don Paolo de Toth...
    Quando si parla degli anni più infuocati della battaglia antimodernista, non si manca mai di sottolineare le esagerazioni vere o presunte (più presunte che vere) attribuite a questi difensori della Fede nel combattimento contro gli innovatori.
    Invece si tace sistematicamente sulle omissioni (vere e non presunte) di coloro che, ricoprendo posti di comando nella Curia romana, nelle diocesi, nei seminari, nelle università, avrebbero dovuto obbedire maggiormente a san Pio X e non lo fecero sia per liberalismo sia per miserie umane (come il rispetto umano, il quieto vivere, ecc.), aprendo così le porte all'infiltrazione dei modernisti all'interno della Chiesa.
    Mi sembra che l'attuale tradizionalismo lefebvriano, sia accordista che antiaccordista (che come un disco rotto ripete di fare quello che la Chiesa ha sempre insegnato, come se la Chiesa insegnasse a disobbedire abitualmente a coloro che sono riconosciuti come papi legittimi, a considerare pericolosi per la fede dei riti liturgici approvati dalla Chiesa stessa, a non credere all'infallibilità delle canonizzazioni dei santi, ecc.) non sia erede dei più fedeli collaboratori di san Pio X (infatti non ne parlano quasi mai, e quando ne parlano lo fanno per criticarli, come dimostrano dei recenti articoli) bensì sia erede dei "moderati" che preferivano i modernisti agli antimodernisti. Atteggiamento che ricorda il famigerato "centro che guarda a sinistra" (con la differenza che in ambito religioso, rispetto a quello politico, la "destra" è ancorata alla sana dottrina).
    Sancte Pie X, ora pro nobis – Don Ugo Carandino»





    https://www.sursumcorda.cloud/
    https://www.facebook.com/CdpSursumCorda/
    https://www.sursumcorda.cloud/tags/carlo-di-pietro.html
    «Carlo Di Pietro - Sursum Corda

    O come più viva è la nostra riconoscenza per te (Pietro), che ti degni di sostenerci così, in questo secolo insensato che, pretendendo di costruire nuovamente l’edificio sociale, volle stabilirlo sulla mobile sabbia delle opinioni umane, e che ha saputo moltiplicare soltanto i crolli e le rovine! La pietra che i moderni architetti hanno rigettata, è forse meno perciò la pietra angolare? E la sua virtù non appare forse appunto nel fatto che, rigettandola, è contro di essa che urtano e s’infrangono?»
    https://www.sursumcorda.cloud/tags/s...-apostoli.html

    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare i santi Apostoli Piétro e Pàolo, i quali patirono nello stesso anno e nello stesso giorno, sotto Neróne Imperatore. Il primo di questi, nella medesima Città, crocifisso col capo rivolto verso la terra, e sepolto nel Vaticàno presso la via Trionfale, è celebrato con venerazione di tutto il mondo; l’altro decapitato e sepolto sulla via Ostiènse, è venerato con pari onore. Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi avete loro elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima per i meriti di questi immensi Santi, ed a loro affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, i santi Apostoli Piétro e Pàolo possano essere miei avvocati e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia”

    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    I Santi Pietro e Paolo, fustigatori di tutti gli eretici e protagonisti di un proselitismo incessante e poderosamente fruttifero, odiati dal mondo, finalmente coronati con la gloria del martirio per la loro integrale fedeltà a Cristo”

    «Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    29 giugno 1881. Papa Leone XIII condanna il mostruoso irragionevole errore, anche eresia, della cosiddetta sovranità popolare.
    “Quantunque l’uomo, spinto da una certa superbia e arroganza cerchi spesso di spezzare i freni del comando, tuttavia non arrivò mai a potere non obbedire a nessuno. Infatti, in qualunque società e comunità umana è necessario che alcuni comandino, affinché la società, priva del principio o del capo che la regge, non si sfasci e non sia impedita di conseguire quel fine per il quale si formò e si costituì. Però se non si poté arrivare ad eliminare il potere dal seno della società civile, furono certo adoperate tutte le arti per togliere ad esso forza e sminuirne la maestà, e ciò principalmente nel secolo XVI, quando una funesta novità di opinioni infatuò moltissimi. Da quel tempo, la moltitudine non solo volle dare a se stessa una libertà più ampia, che fosse di uguaglianza, ma sembrò anche voler foggiare a proprio talento l’origine e la costituzione della società civile. Anzi, moltissimi dei tempi nostri, camminando sulle orme di coloro che nel secolo passato si diedero il nome di filosofi, dicono che ogni potere viene dal popolo: per cui coloro che esercitano questo potere non lo esercitano come proprio, ma come dato a loro dal popolo, e altresì alla condizione che dalla volontà dello stesso popolo, da cui il potere fu dato, possa venire revocato. Da costoro però dissentono i cattolici, i quali fanno derivare da Dio il diritto di comandare come da naturale e necessario principio....
    Le dottrine inventate dai moderni circa la potestà politica recano già grandi calamità agli uomini, ed è da temere che apportino per l’avvenire mali estremi. Infatti, il non volere che il diritto di comandare derivi da Dio, altro non è che volere strappare dal potere politico il migliore splendore e privarlo delle sue forze maggiori. Quando poi lo fanno dipendere dall’arbitrio della moltitudine, asseriscono in primo luogo una fallace opinione, e in secondo luogo pongono il principato su un fondamento troppo leggero ed instabile. Conseguentemente, le passioni popolari, aizzate e stimolate da siffatte opinioni, insorgeranno più audacemente, e con grande rovina per la cosa pubblica trascenderanno in ciechi tumulti ed aperte sedizioni. Infatti, dopo la cosiddetta Riforma, i cui promotori e capi combatterono radicalmente con nuove dottrine la potestà sacra e civile, repentini tumulti ed audacissime ribellioni seguirono specialmente in Germania, e ciò con tanta deflagrazione di guerra civile e con tanta strage, che pareva non ci fosse alcun luogo immune da tumulti insanguinati. Da quella eresia ebbero origine nel secolo passato la falsa filosofia, quel diritto che chiamano nuovo, la sovranità popolare e quella trasmodante licenza che moltissimi ritengono la sola libertà. Da ciò si è arrivati alle finitime pesti che sono il Comunismo, il Socialismo, il Nichilismo, orrendi mali e quasi sterminio della società civile. Eppure molti si sforzano grandemente di diffondere la violenza di tanti mali, e con il pretesto di alleviare la moltitudine suscitano grandi incendi e rovine. Queste cose che ora ricordiamo non sono né ignote né molto lontane.” Da SS Leone XIII, Diuturnum illud»

    “Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista, Agostino, Pietro e Paolo. Extra Ecclesiam nulla salus!”


    “Mese di giugno. Litanie del Sacro Cuore di Gesù”
    «Sacratissimo Cuore di Gesù - Sursum Corda Associazione»
    “Mese di giugno. Litanie del Sacro Cuore di Gesù”
    “Preghiera per la Festa del Cuore di Gesù --->”
    “Cuore Santissimo di Gesù fonte di ogni bene! --->”

    «+ Cuore santissimo di Gesù, fonte di ogni bene, vi adoro, vi amo, vi ringrazio e, pentito vivamente dei miei peccati, vi presento questo povero mio cuore. Rendetelo umile, paziente, puro e in tutto conforme ai vostri desideri. Proteggetemi nei pericoli, consolatemi nelle afflizioni, concedetemi la sanità del corpo e dell’anima, soccorso nelle mie necessità spirituali e materiali, la vostra benedizione in tutte le mie opere e la grazia di una santa morte. Così sia. +»

    “Ordinario della Messa (Latino-Italiano) con spiegazione --->”
    https://www.sursumcorda.cloud/tags/messale-romano.html
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    https://www.sursumcorda.cloud/tags/trinita.html
    “Adorabile Trinità, Dio solo in tre persone --->”

    “Vieni, Santo Spirito, mandaci dal cielo un raggio della tua luce...”
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    “La verità sul Santuario di Loreto. Traslazione della Santa Casa --->”
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    “Catechismo della Dottrina Cristiana (Papa San Pio X) --->”
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    “29 giugno - Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo”
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    “SAN PEDRO Y SAN PABLO, la Autoridad y Doctrina Católica”
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    “Reliquie di S. Pietro allo scismatico Bartolomeo di Costantinopoli”
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    «I santi Pietro e Paolo, veri fondatori di Roma. Un sermone di San Leone Magno»
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    «Il primato di Pietro in un discorso del cardinale Pitra»
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    «MARTIROLOGIO ROMANO, 1955. Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis»







    “PAPA Il Catechismo della solennità in pillole #dottrinacattolicachristusvincit”







    “CHIESA Il Catechismo della solennità in pillole #dottrinacattolicachristusvincit”









    https://sardiniatridentina.blogspot....paolo.html?m=1
    “I SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
    Doppio di I classe con Ottava comune.
    Paramenti rossi.
    Tutta la Chiesa è in festa, perché «Dio ha consacrato questo giorno col martirio degli Apostoli Pietro e Paolo» (Orazione)”








    http://liguesaintamedee.ch/
    http://liguesaintamedee.ch/messes
    https://www.facebook.com/SaintAmedee/

    «Intransigeants sur la doctrine ; charitables dans l'évangélisation [Non Una Cum]»
    “Mieux vaut une petite œuvre dans la Vérité, qu’une grande dans l’erreur”

    «Nous passons du mois de Marie (mai) au moi du Sacré-Cœur (juin)”
    “Mois de juin : mois dédié au Sacré-Coeur de NSJC. Litanies”
    “Apostolat de la prière: juin 2020.
    En réparation pour les lois iniques et les péchés publics contre le Règne Social du Sacré Cœur de Jésus»


    29 juin : Saints Pierre et Paul, Apôtres :: Ligue Saint Amédée
    «29 juin : Saints Pierre et Paul, Apôtres»
    http://liguesaintamedee.ch/applicati...ro_e_paolo.jpg









    SANCTE PETRE, SANCTE PAULE, ORATE PRO NOBIS!!!
    COR JESU SACRATISSIMUM, MISERERE NOBIS!!! COR JESU ADVENIAT REGNUM TUUM - ADVENIAT PER MARIAM!!!

    Cuore Eucaristico di Gesù, accrescete in noi la fede, la speranza, la carità.
    Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Amen.
    «O Santissima Trinità, vi adoro! Mio Dio, mio Dio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!»
    CHRISTUS VINCIT, CHRISTUS REGNAT, CHRISTUS IMPERAT!!!
    Luca, SURSUM CORDA – HABEMUS AD DOMINUM!!!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 
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