BOLOGNA (2 lug. 2004) - Nel 2003 il numero degli occupati in Emilia-Romagna cresce ancora di circa 27mila unità (di cui 19mila donne): in termini percentuali la crescita è del +1,5% sul 2002. La crescita dell'occupazione regionale del 2003 ha generato un aumento del tasso di occupazione che, calcolato con riferimento alla popolazione di età fra i 15 e i 64 anni, arriva al 68,3%, ben al di sopra dell'obiettivo europeo per il 2005, fissato al 67% (a livello nazionale la stessa percentuale non supera il 56%). Il tasso di disoccupazione scende così dal 3,3% del 2002 al 3,1% del 2003. Questi i dati contenuti nel rapporto "Economia e lavoro in Emilia-Romagna" curato da Gilberto Seravalli dell'Università di Parma per la Regione Emilia-Romagna e presentato oggi.
"Anche nei momenti di stagnazione economica ? commenta l'assessore regionale al lavoro Mariangela Bastico - il nostro mercato del lavoro si dimostra solido, ben strutturato e con spiccati elementi qualitativi: l'alto tasso di occupazione, la partecipazione delle donne, l'espansione nel terziario. Tuttavia, in questo quadro comunque positivo, cerchiamo di focalizzare gli elementi di criticità per indirizzare più efficacemente le nostre politiche del lavoro. Tra queste criticità c'è certamente la crescente precarietà del lavoro".
Il Rapporto si sofferma infatti ad esaminare i tassi di trasformazione da lavoro atipico a lavoro standard (dipendenti a tempo pieno e indeterminato più autonomi a tempo pieno) che sono mediamente più elevati che a livello nazionale. Tra il 2001 e il 2002 gli atipici che sono rimasti atipici sono il 37,1% per gli uomini (contro il 45,7% nazionale) e il 60,9% per le donne (62,2% a livello nazionale). I lavoratori atipici che sono diventati standard sono il 39,3% tra gli uomini (37,8% in Italia) e il 23,1% tra le donne (24,6% a livello nazionale). Secondo il Rapporto, questi dati ? pur essendo comunque positivi ? segnalano che il modello della "flessibilità buona", caratteristico della Regione, comincia a mostrare le prime falle, in particolare per quanto riguarda la componente femminile, più implicata nel lavoro atipico di quanto non lo siano i maschi. "Il processo di trasformazione dei contratti atipici ? commenta l'assessore Bastico - si è rallentato. Il nostro timore è che questo immetta elementi di precarietà e che, a lungo andare, questo modifichi la capacità produttiva del nostro territorio che da sempre si basa sulla qualità. La precarietà crea incertezza nelle persone e rischia inoltre di bloccare i processi di qualificazione delle imprese".
"La legge 30 ? spiega l'assessore Bastico ?introduce una enorme flessibilità nel mercato del lavoro ma, nello stesso tempo, produce una forte destrutturazione dei servizi per il lavoro. Allo stesso tempo gli unici lavoratori che hanno accesso agli ammortizzatori sociali sono i lavoratori dipendenti. Riteniamo perciò necessario intervenire, come Regione, con un progetto di legge regionale che regoli il sistema regionale dei servizi per il lavoro e delle politiche attive volte a qualificare e a stabilizzare i rapporti di lavoro".

La situazione del lavoro in Emilia-Romagna
L'aumento dell'occupazione in Emilia-Romagna - particolarmente concentrato sulle province di Parma, Ferrara e Piacenza - è stato accompagnato da un sostenuto incremento dell'offerta di lavoro da parte della popolazione, cui hanno contribuito gli immigrati (38.900 in media ogni anno dal '98 al 2002, di cui il 60% sono soggetti provenienti da altre regioni, il 40% dall'estero), ma soprattutto - come negli anni precedenti - le donne. Le forze di lavoro femminili sono infatti aumentate di 19mila unità. La pressione dell'offerta di lavoro delle donne è stata tale che il tasso di disoccupazione femminile è rimasto sostanzialmente invariato al 4,5%. Invece, per i maschi, l'aumento dell'occupazione (+8000) in eccesso sull'aumento delle forze di lavoro (+5000) riduce il già minimo tasso di disoccupazione dal 2,3% del 2002 all'1,9% del 2003.
Entrando nel dettaglio dei settori, in agricoltura continua la riduzione di addetti: nel 2003 il numero di lavoratori impiegati nel comparto si è ridotto ulteriormente di 5000 unità (-4%).
Aumenta invece l'occupazione nel terziario, ma a ritmo notevolmente inferiore rispetto agli anni scorsi: +1,5% (16mila unità) contro il +2,5% che è la media del periodo 1998-2003.
Il settore che più di tutti incrementa il numero di addetti, anche rispetto agli anni precedenti, è invece l'industria: l'aumento è del 2,5% (17mila unità) contro una media dell'ultimo quinquennio del +1,5%.
Il Rapporto segnala inoltre che nell'ultimo biennio l'aumento dell'occupazione è stato maggiore che in quello precedente, contemporaneamente a un andamento del PIL di segno esattamente opposto. Come spiegare questo fenomeno? Varie le risposte possibili, che possono tutte contribuire a spiegare il fenomeno: la prima fa riferimento ad un aumento dell'occupazione dovuto alla recente regolarizzazione degli immigrati (già forse al lavoro come irregolari negli anni scorsi) e, dunque, agli effetti positivi di un periodo di crescita economica precedente. Inoltre - seconda ragione - la dinamica dell'occupazione risponde con ritardo alle variazioni dell'attività produttiva e dunque, anche in fase di ripresa, ci sarà da aspettarsi un non immediato incremento dell'occupazione. Infine, poiché l'incremento dei salari è inferiore all'inflazione, il costo del lavoro si è abbassato mentre è aumentata l'offerta di lavoro da parte delle famiglie sempre più impegnate a far "quadrare i bilanci". Questo può aver convinto le imprese ad adottare tecnologie produttive a più largo impiego di lavoro, anche e soprattutto flessibile.



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il governo risponde

Lavoro: controriforma irresponsabile, la Bastico gioca al massacro


BOLOGNA (2 lug. 2004) - Dopo avere impugnato la Legge Biagi, la Giunta Errani sta continuando a dare il peggio di sé. Nell'ennesimo tentativo di boicottare ogni riforma del Governo Berlusconi, propone anche una 'contro Legge' sui temi delle politiche del lavoro. E' vergognoso.
L'annuncio della Bastico di volere varare norme regionali contro quelle nazionali previste dalla riforma del mercato del lavoro è irresponsabile e va contro gli interessi del mondo economico regionale. Ma alla Giunta Errani questo evidentemente non importa e pur di contrastare l'esecutivo gioca al massacro creando confusione e contenziosi legislativi.
La Regione non ha più bisogno di questi burocrati che utilizzano i loro incarichi, che dovrebbero essere al servizio dei cittadini, per condurre una strumentale battaglia politica di parte.


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