Povero premier, adesso possiede altre 28 aziende
Enrico Mentana e Clemente Mimun hanno smentito. Non è stato Silvio Berlusconi a dar loro la notizia che avrebbe mantenuto l’interim di ministro del Tesoro. Lo scoop del resto c’era tutto e non vediamo cosa c’è da rimproverare ai direttori dei due più importanti telegiornali italiani, il Tg1 e il Tg5. Diciamo di più: se il presidente del consiglio avesse per davvero fatto quelle telefonate, sia Mentana che Mimun non avrebbero potuto negarsi, perché nessun direttore si negherebbe mai al proprio editore. È possibile immaginare Stefano Folli che fa dire a Romiti dalla sua segretaria di non essere in ufficio, o Marcello Sorgi che si rifiuta di rispondere a Luca Cordero di Montezemolo? Allora basta con le ipocrisie. Che Silvio Berlusconi sia l’editore di Canale 5 è fuori discussione.
Ma da domenica lo è a pieno titolo e con il crisma della legge anche del Tg1. Piaccia o non piaccia, questa è la realtà e non riguarda solo la Rairadiotelevisione italiana, di cui il ministro del Tesoro, cioè il presidente del consiglio, a seguito della fusione Raispa/ Rai holding, deliberata ieri dal cda di viale Mazzini, è l’azionista al cento per cento. Grazie alla legge Gasparri sarà pertanto il proprietario di Mediaset a designare, nella sua qualità di ministro del Tesoro, il direttore generale e due consiglieri, tra cui il presidente, dell’azienda concorrente.
Non solo Rai però. L’imprenditore Berlusconi si troverà da ministro del Tesoro a capo di altre 28 aziende di cui il ministero dell’economia e delle finanze è azionista quasi sempre di maggioranza.
Si pensi ad Alitalia (62,23%), Enel (50,63%) e Eni (20,32%), tutti grandi investitori pubblicitari e quindi in rapporto con Publitalia. O a Poste italiane spa (65%) che già vende ai propri clienti i prodotti finanziari di Mediolanum, altra società del premier.
O a Cinecittà holding (100%) nel rapporto con Medusa, la società Fininvest che si occupa di cinema e di audiovisivi.
Sono lontani i tempi della Gasparri quando per salvare la faccia il premier si allontanava dal consiglio dei ministri.
Come titolare del Tesoro è chiamato a una miriade di atti quotidiani dai quali obiettivamente sarà impossibile astenersi. Con buona pace di quella ridicola legge intitolata al ministro Frattini. Come sostiene il professor Sartori, ormai l’Italia è uno Stato patrimoniale, cioè di proprietà del sovrano assoluto, anche se a interim.