Roma, nei confronti dei due leader alleati
il premier alterna promesse suadenti e durissimi altolà
La minaccia del Cavaliere
"Vi porto alle urne anticipate"
di CLAUDIO TITO


Silvio Berlusconi

ROMA - "Sappi una cosa: un secondo dopo il tuo annuncio di appoggio esterno, io salgo al Quirinale, mi dimetto e si va dritti alle elezioni. La colpa a quel punto ricadrà solo ed esclusivamente su di te". Il vertice a quattro tra Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Marco Follini e l'onnipresente Gianni Letta si è snodato lungo canali emotivi altalenanti. Il Cavaliere ha alternato parole suadenti a risposte fulminanti. Il tutto per convincere il segretario dell'Udc ad ammorbidire le sue posizioni. Alla fine, dopo tre ore di discussione il nulla di fatto ha preso la forma di un saluto freddo tra i due "contendenti". Una stretta di mano distratta e un appuntamento a domenica prossima fissato senza entusiasmo. E soprattutto con il rimbombare continuo al primo piano di Palazzo Chigi di quella minaccia che il Cavaliere agita in tutti i passaggi più delicati di questa verifica lunga più di un anno: "le elezioni anticipate".

Ma quelle tre ore a Palazzo Chigi sono state soprattutto un dialogo tra sordi, mediato solo dal tentativo del vicepremier di smussare gli angoli di un confronto rimasto sempre aspro. Con Follini fermo nel tentativo di spiegare le ragioni di un ripensamento complessivo della coalizione e il Cavaliere irrigidito nella convinzione che i centristi "puntano solo alle poltrone".

Sulla prima parte della riunione hanno avuto il sopravvento le colombe. Il lavoro di Gianni Letta ha portato alla convocazione del vertice che in un primo momento si sarebbe dovuto svolgere addirittura martedì sera. "Io - è stato il discorso fatto dal premier - sono pronto a discutere su tutto. Sulla riforma fiscale sono aperto a tutti i contributi. Facciamola tutti insieme, ma facciamola. Lo stesso sulla devolution: lo sapete come sono i leghisti, ma anche loro sono disponibili a delle correzioni. Non possiamo certo mettergli un dito nell'occhio, ma sono ragionevoli". E per ultimo il rimpasto. Parola indigesta per Berlusconi, ma che ieri è stata pronunciata a tambur battente. "Sulla squadra di governo si possono fare tutti correttivi possibili. Ho già detto che entro una decina di giorni intendo lasciare l'interim dell'Economia. E con l'occasione si faranno tutti gli aggiustamenti che riterremo opportuni. Purché si ponga un termine a questa situazione e si chiuda tutto con un accordo che poi nessuno mette più in discussione. Mi posso anche impegnare per Buttiglione a Bruxelles".
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La risposta del segretario Udc, però, ha spostato subito la discussione su un altro piano. "Il problema non è di poltrone - ha premesso - ma di ripensare la coalizione. Io sto nel centrodestra e voglio rimanerci, ma sono anche convinti che se continuiamo su questa strada, finiremo per perdere. E io vorrei vincere. Bisogna mettere a fuoco cosa abbiamo sbagliato, perché le europee sono andate in quel modo. Vorrei ad esempio vedere legata la devolution alla riforma proporzionalista". Alle osservazioni dell'"amico-nemico", il premier ha mostrato i primi segni di insofferenza. Tanti sbuffi, gli interventi interpretativi di Letta e poi di nuovo alla carica. "Ma scusa Marco - ha insistito - perché non entri pure tu nel governo? Puoi avere un ministero di peso. Dall'interno si può fare di più. Certo, però io voglio che ci sia un'intesa complessiva. Guarda che si può fare un ragionamento anche sulla Rai. In caso contrario, però, se perdiamo le elezioni, la colpa è vostra. È del vostro atteggiamento".

Fini ha cercato di mettere i due sulla stessa lunghezza d'onda. Senza riuscirvi. "Marco - ha ribadito - in effetti potresti pensarci. Potresti entrare anche tu. Le cose cambierebbero, la tua analisi è corretta. Lavoriamoci". "Io - ha poi spiegato ai suoi il leader di An al termine del vertice - voglio un accordo blindato. Dobbiamo trascorrere questi due ultimi anni di legislatura senza intoppi. C'è anche la possibilità di un rimpasto di notevoli dimensioni".

Nonostante il pressing, Follini ha detto ancora "no". "Lo ripeto: non è un problema di posti. Bisogna fare una riflessione sulla coalizione nel suo complesso". A quel punto il pranzo è quasi finito. È arrivato il sorbetto. Il Cavaliere ha cambiato decisamente umore. "Con Alleanza nazionale si può ragionare, la Lega si è calmata - è passato al contrattacco - solo con voi ho questi problemi. Non capisco proprio cosa pensate di fare da soli. Eppoi, se perdiamo le elezioni a questo punto è solo colpa vostra. Tra l'altro ricordatevi che prima del vostro consiglio nazionale del 16, io riferirò in Parlamento. Sarà meglio per voi se il quadro sarà chiarito per quella data". A far salire la tensione ci si è messo anche l'annuncio di Standard & Poor's sulla declassamento del rating italiano. "Ecco, vedete: la colpa è vostra. All'estero pensano che ci sia la crisi, che questo governo non è stabile ed ecco i risultati. Anche se questo declassamento è una follia. Le altre società di rating, quelle più serie come Moody's, anno un giudizio ben diverso. Eppoi due giorni dopo che l'ecofin promuove i nostri conti, loro li bocciano. Veramente una cosa impossibile".

È toccato ancora a Fini ricomporre una situazione in via di degenerazione. Sua è stata la proposta di convocare domenica un vertice di maggioranza con tre tavoli diversi: quello politico presieduto da Berlusconi, quello economico dal sottosegretario Vegas e quello sulle riforme dal leghista Roberto Calderoli.
Alla fine facce scure e tanto gelo. E anche uno sfogo del Cavaliere: "Mi sono davvero scocciato di queste continue ed inutili riunioni. Si parla, si parla senza concludere. Eppoi non si riesce mai capire cosa davvero vogliano questi".


(8 luglio 2004)