Fu un vero e proprio atto rivoluzionario quello che Gabriele d’Annunzio compì il 12 settembre 1919, quando a capo di oltre 600 soldati disertori (la maggioranza dei quali era stata mandata per fermarlo lungo il tragitto) occupò la città di Fiume.
In occasione del 90esimo anniversario di questa impresa che rappresentò l’emblema del suo successo e segnò l’inizio di un governo lungo 16 mesi, sabato 12 settembre presso l’atelier Verna Oro in via Chieti 40 a Pescara è stata inaugurata la mostra “Le gesta di Fiume. Gabriele d’Annunzio, il Vate, l’Eroe, il Comandante” che fino al 7 novembre sarà visitabile dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.30, tranne il giovedì pomeriggio.
Circa cento elementi tra quotidiani, riviste, lettere, cartoline, fotografie, cartine, gigantografie, medaglie e persino francobolli, rigorosamente d’epoca, provenienti dall’archivio privato di Maurizio Biondi fanno da cornice alla cronistoria di quegli anni, con l’intento di restituirne l’atmosfera e la giusta collocazione temporale.
«Desideravo rivisitare l’eredità politica dannunziana, che per decenni è stata considerata autoritaria e che invece considero libertaria - spiega Maurizio Biondi, curatore scientifico della mostra - Non si spiegherebbe altrimenti il grande afflusso di giovani e di coppie che si registrò in quei mesi: la Carta del Carnaro, redatta insieme al secondo capo di gabinetto del governo dannunziano Alceste De Ambris, istituiva con sorprendente modernità il diritto alle libertà di stampa, di pensiero, di associazione, di riunione e religione, alla parità tra i sessi e al diritto di divorzio.
Si creò una sorta di zona franca in cui erano permessi l’amore libero, il nudismo e l’uso di droghe. Per 16 mesi Gabriele d’Annunzio governò un popolo con il solo potere della parola, tenendo comizi ogni giorno: in questo e in altri aspetti fu emulato poi da Benito Mussolini, ma questo non lo accosta necessariamente al fascismo. Anzi, scontò questo atto rivoluzionario con 17 anni di silenzio politico, proprio per volontà del Duce».
Con una parabola probabilmente unica nella storia, nell’impresa di Fiume un artista riusciva a legare alla figura del poeta quella dell’eroe, facendosi interprete del crescente sentimento nazionalista e rivendicando quindi l’appartenenza all’Italia di Fiume, abitata soprattutto da italiani
Punte di diamante della mostra sono la medaglia di Ronchi con il motto “Hic manebimus optime” commissionata ad Adolfo De Carolis e destinata ai partecipanti all’impresa; un berretto, un pugnale e un album di fotografie d’epoca gentilmente concessi da Sergio Guerri, erede di Bruno Guerri, uno dei “soldati arditi” del Comandante; e una foto-cartolina più unica che rara, autografata da Arturo Toscanini e da Gabriele d’Annunzio il 31 novembre 1920 dopo uno degli ultimi concerti al teatro “Verdi” di Fiume (d’Annunzio sarà costretto a lasciare la città nel gennaio del ‘21). Farà da sottofondo alla mostra una selezione di brani eseguiti dal Maestro Toscanini proprio in occasione di quel concerto.
«Con questa nuova iniziativa desideriamo confermare il nostro impegno nel contribuire alla diffusione della cultura nella nostra città - spiegano Giampiero e Fabio Verna - Per questa occasione abbiamo creato una piccola opera in argento su ametista che ritrae lo Sva 5 con cui d’Annunzio oltrepassò le Alpi nel suo volo su Vienna, e abbiamo realizzato in argento una medaglia con un altro motto coniato durante il governo di Fiume: “Cosa fatta capo ha”».