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  1. #1
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    Predefinito La strada in salita della Riforma della Giustizia

    da www.iltempo.it

    " È IN SALITA LA STRADA DELLA RIFORMA


    di SERGIO LUCIANO

    LA GIUSTIZIA italiana è davvero un «malato terminale», come lo ha definito l'Avvocato Generale dello Stato presso la Corte d'Appello di Roma Carmelo Renato Calderone? E, se lo è, per colpa di chi si è ridotta in questo stato? E cosa si può fare per salvarla dalla morte?
    La sinistra non ha dubbi: è tutta colpa di Berlusconi. Il centrodestra non ha dubbi: la colpa è dei magistrati politicizzati dalla sinistra. E il Paese si spacca. Tra tante certezze, difficile orientarsi. Uno studio inedito, e recentissimo, della società di ricerche Datamedia, dà al riguardo alcuni elementi preziosi. L'82 per cento degli italiani non è soddisfatto di come viene amministrata la giustizia. Solo il 15,5 pensa che vada bene così. Inoltre, il 72,5 per cento degli italiani ritiene che la giustizia vada o «radicalmente riformata» o addirittura «totalmente rivoluzionata». Opinioni del genere potrebbero rappresentare per il governo in carica uno straordinario serbatoio di consenso. E invece la polemica divampa e il governo non sembra affatto avere dalla sua un supporto di opinione pubblica proporzionato a quelle cifre.
    La morale di queste diffuse opinioni è chiara: la giustizia non funziona e andrebbe cambiata; ma la giustizia è anche il terreno dove - più che altrove - la gente pensa che Berlusconi agisca anche o soprattutto in base a interessi innanzitutto personali, e solo secondariamente generali. È un tipico paradosso italiano, il paradosso di un Paese dove effettivamente la vita quotidiana dei cittadini prescinde dal funzionamento della giustizia, che non è considerata né giusta nè efficiente.
    Quella civile è come se non ci fosse : i suoi tempi e i suoi costi d'azione sono tali da rendere superflue le cause, che infatti vengono avviate soltanto per dar tempo ai contendenti, quando ci riescono, di mettersi d'accordo. La giustizia penale ha praticamente riunciato a perseguire i piccoli reati, quelli più frequenti e comuni, che in tanti casi neanche vengono più denunciati. E sui grandi reati non approda quasi mai a nulla (Cogne docet) .
    Un'analisi onesta delle cause di questa situazione non può colpevolizzare Berlusconi, che governa da un anno e mezzo: i mali della giustizia italiana sono ben più antichi. Con pieno diritto la sinistra ritiene però che le riforme fatte e proposte dal governo di centrodestra rappresenterebbero per la giustizia italiana un colpo di grazia e non una medicina. Il governo, naturalmente, sostiene la tesi opposta.
    Ma quel che è mancato finora all'iniziativa della maggioranza è stata la capacità di convincere gli italiani di un fatto: che cioè quel Berlusconi che hanno mandato al governo, dimostrando così di non considerarlo colpevole della valanga di misfatti di cui varie corti lo hanno accusato dal '94 in poi, è uno di loro, uno - cioè - al quale è capitata una persecuzione giudiziaria, non un potente che ha rasentato l'illecito e che solo grazie alla sua forza l'ha finora scampata. E che probabilmente Berlusconi, per risolvere i propri problemi personali con la giustizia, avrebbe dovuto rinunciare a candidarsi alla politica, ottenendo anch'egli, come tutti gli altri imprenditori indagati, l'impunità senza alcun «sospetto». Se la maggioranza fosse capace di fare propria la linea di una grande e vera riforma, dovrebbe insomma riuscire a rappresentare Berlusconi più vicino alla figura di un Enzo Tortora, che non a quella di un Giulio Andreotti, che gli italiani, in prevalenza, considerano «innocente ma...».
    Invece questa complessa opera di chiarificazione finora non è riuscita. E sul progetto di una grande riforma della giustizia, profonda e condivisa, il governo è praticamente a zero
    .
    Sergio Luciano

    domenica 19 gennaio 2003
    "


    Saluti liberali

  2. #2
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    Scommetto che i "carnefici" di Tortora, tutti ascesi nelle loro carriere ad alti livelli, secondo i principi di impunità delle toghe politicizzate e giustizialiste difesi dal peggio della Corporazione, ieri hanno agitato anche loro la Costituzione della Repubblica....in buona compagnia con altri "onesti" militanti togati, che quel documento calpestano quotidianamente resistendo, resistendo, resistendo alle Libere Istituzioni Rappresentative espressione del popolo sovrano.

    Saluti liberali

  3. #3
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    Il tema della separazione delle carriere fra pubblici accusatori e giudici, è strettamente collegato al meccanismo del processo penale con rito accusatorio (non del tutto impropriamente detto volgarmente "all'americana"), che dovrebbe ormai essere scelto definitivamente come modello, stante l'attuale persistenza di un sistema che a detta di molti operatori, resta ibrido e quindi contraddittorio.
    Come dicono gli amici radicali nel loro sito : " Nell'attuale sistema disegnato dalle norme dell'ordinamento giudiziario, i magistrati, a semplice domanda e previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, possono indistintamente passare nel corso della loro carriera dall'esercizio di funzioni giudicanti (giudici) all'esercizio di funzioni requirenti (magistrati -che giudici non sono- che svolgono le funzioni di pubblico ministero) e viceversa.

    Questo stato di cose ha portato e porta quotidianamente a gravissime "storture" nel funzionamento generale dell'amministrazione della giustizia.

    Innanzitutto, il passaggio di funzioni si è dimostrato deleterio poiché tra giudicanti e requirenti vi dovrebbe essere una "forma mentis" assolutamente differente: garante, imparziale, terzo tra le parti il giudice; parte stessa del processo penale il pubblico ministero, che rappresenta l'accusa contro la difesa. Da questo punto di vista, è assolutamente impensabile che, da un giorno all'altro, chi ha combattuto il crimine da una parte della barricata si trasformi improvvisamente nel garante imparziale di chi criminale potrebbe non essere, pur essendo indagato o imputato da un ex collega di funzioni.

    In secondo luogo, è proprio lo spirito di appartenenza e di colleganza tra soggetti che vivono, comunque, la stessa vicenda professionale (e da cui possono dipendere incarichi e trasferimenti in uffici più o meno prestigiosi) che ha portato e porta quotidianamente, tra le altre cose, la difesa, l'indagato, l'imputato ad essere sempre meno in posizione di parità rispetto ad un'accusa a cui il giudice da del "tu".
    ".

    Il tema della separazione delle carriere non è pertanto di per sè lesivo di alcuna autonomia della magistratura, ne' di quella inquirente, ne' tanto meno di quella giudicante. Inoltre non cesserebbe necessariamente l'appartenenza della pubblica accusa all'ordine giudiziario, che è stabilita dalla vigente Legge Fondamentale della Repubblica.
    Quanto all'imparzialità si ricorda che la stessa è richiesta a qualsiasi pubblico funzionario, insieme alla trasparenza. E' del tutto evidente che se essa riguarda senz'altro l'azione amministrativa non può non essere che fondamentale per l'azione giurisdizionale....

    Saluti liberali

  4. #4
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    un documento sulla separazione delle carriere dell'OUA (Organismo Unitario Avvocatura):

    " 17 Aprile 2002
    Documento sulla separazione delle carriere

    LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE
    UNA SCELTA RAZIONALE E GIUSTA

    L'accesa e la conflittualità apertasi tra il mondo politico e la magistratura, le esasperazioni polemiche provenienti da entrambe le parti, l'introduzione di riforme normative che quali che siano le intenzioni, appaiono più dettate dalla logica dell'emergenza o dalla soluzione del problema di un caso concreto, che non da intenti di razionalizzazione e ammodernamento della legislazione, rendono difficile un dibattito sereno ed equilibrato in materia di ordinamento giudiziario.
    Meno che mai appare sereno tale dibattito allorquando si parli di separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante.
    Pure è necessario affrontare il tema in termini di razionalità che valgano a togliere forza argomentativa a prese di posizione del tutto emotive.
    Dal 1989 è entrato in vigore il sistema penalprocessuale accusatorio, cioè il processo di parti che concorrono dialetticamente alla decisione giurisdizionale.
    Di fronte alle resistenze allo stesso nell'anno 2000 tale sistema è stato costituzionalizzato con la riforma dell'art. 111 della carta fondamentale.
    Il giusto processo è per la Costituzione un processo di parti innanzi ad un giudice terzo ed imparziale .


    Lungi dall'essere un'endiadi l'espressione sta ad indicare la esigenza di non prevenzione del giudice (imparzialità) ed il distacco del giudice dalle parti, l'autonomia dello stesso dalle seconde.
    La terzietà appartiene al momento ordinamentale del giudice, ed è propria questa sua autonomia dalle parti che la norma costituzionale intende garantire.
    Appare sin troppo evidente, allora, che l'appartenenza alla stessa carriera di una parte, il pubblico ministero, e del giudice sia in contrasto con l'esigenza di terzietà del secondo.
    Non vale obbiettare sul punto che nei fatti il giudice si dimostra non pregiudicato del pubblico ministero nell'assumere le proprie decisioni.
    Anche un processo paternalistico senza regole potrebbe nei fatti essere equo da un punto di vista sostanziale nel caso concreto.
    Innegabile, peraltro, è che anche con i migliori giudici occorrono norme positive che diano garanzie.
    La terzietà costituisce proprio una garanzia, assicurando nell'ambito di un processo governato dalla iniziativa delle parti con uguali diritti, al giudice, un ruolo direttivo del processo di arbitro imparziale assicurando altresì di conseguenza con forza normativa l'imparzialità della decisione.
    Ma vi è di più!
    Il distacco tra giudice e pubblico ministero nella carriera garantisce un altro aspetto fondamentale e cioè la professionalità del secondo.


    Quando si invoca a sproposito la cultura della giurisdizione per opporsi alla separazione delle carriere, si dimentica che fondamentale per il pubblico ministero è, in realtà, la cultura della investigazione .
    Il pubblico ministero non è un magistrato mero garante dell'attività della polizia giudiziaria, come sembra intendere chi invoca la cultura della giurisdizione.
    Si dimentica, invero, che il pubblico ministero ha il potere di ricercare di propria iniziativa le notizie di reato, nonché ha la direzione delle indagini.
    Nell'attuale codice di rito il pubblico ministero è sostanzialmente l'organo dell'accusa e dell'investigazione, attività quest'ultima di ricerca della prova e di costruzione dell'ipotesi accusatoria ben diversa da quella del giudice che è chiamato a valutare la prova e la fondatezza dell'ipotesi accusatoria.
    Riesce difficile comprendere, in effetti, la razionalità di un ordinamento che consente ad un magistrato il quale abbia sempre esercitato la propria attività in campo civile, magari quasi in prossimità del pensionamento, di assumere la veste di Procuratore Capo della Repubblica .
    Quale è la capacità investigativa di quest'ultimo, la capacità di rapportarsi dialetticamente ad una controparte?
    Egli avrà bisogno del giudice come ausiliario, ovvero soccomberà quando non avrebbe dovuto soccombere, con sacrificio della terzietà ed imparzialità del giudice, ovvero della repressione dei reati.


    La separazione delle carriere non è un attentato all'indipendenza del pubblico ministero.
    Nulla impedisce, ed è auspicabile, di riconoscere allo stesso lo stato di magistrato garantendone l'autonomia.
    Ciò che va perseguito è un autonomo collocamento del Pubblico Ministero nell'ordinamento giudiziario, una carriera autonoma distinta da quella della magistratura giudicante che valga a garantire la sua professionalità e la terzietà del giudice
    .
    Per queste ragioni da sempre l'Organismo Unitario dell'Avvocatura ha richiesto la separazione delle carriere per un processo giusto ed efficiente, in sintonia con quanto richiesto dall'Unione delle Camere Penali.

    Avv. Rodolfo Bettiol
    Vice Presidente dell'OUA
    "


    Parole Sante alle quali le toghe politicanti contrappongono solo meschini interessi corporativi, sui quali trascinano gran parte della categoria....altro che Costituzione!

    Saluti liberali

  5. #5
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    Che un "giudice" venga processato.....non dimostra nulla. C'è anche chi è stato accusato e si è suicidato, e non è affatto detto che fosse colpevole. I giudici che hanno condannato Tortora per una serie di errori madornali ed un uso....dei pentiti e di testimoni squallidamente pittoreschi, non hanno subito neppure un richiamo. Il comportamento corporativo di lorsignori è poi lampante proprio innanzi alle motivazioni pretestuose che contrappongono alla separazione delle carriere. Lor Signori si sottomettano finalmente alla Legge , come vuole la Costituzione! Quello della sottomissione all'Esecutivo è uno spauracchio agitato in palese malafede da taluni noti politicanti (ufficialmente schierati in partitini di magiustrati paralleli a quelli della sinistretta massimalista) togati, che trovano il consenso di tanti magistrati preoccupati delle loro possibilità di carriera molto più che dello stato degradato in cui hanno contribuito in molti a ridurre la giustizia in Italia.

    Saluti liberali

    P.S = la sottomissione allla Legge non all'Esecutivo. E la legge si applica e non si discute. Se ha dei vizi si ricorre ai metodi che l'ordinamento garantisce per rimediarvi. Altrimenti si tradisce la propria funzione e si compiono atti di eversione istituzionale, come ricordava il compianto giudice Caianello, presidente emerito della Consulta.

  6. #6
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    Spiacente ma la legge non è Berlusconi (è solo il Presidente del Consiglio dei Ministri), è quella promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, dopo esser stata approvata secondo le regole dalle Camere, e via discorrendo (è soprattutto in questo mod che si esercita, ai sensi della Costituzione, la Sovranità Popolare) . A questa legge la Magistratura è senz'altro soggetta per dettato Costituzionale. La resistenza alla Legge è un atto eversivo ingiustificato. Riguardo ai vizi costituzionali di una norma, l'ordinamento prevede ciò che può o deve essere fatto dai giudici, quando si imbattono in un simile dubbio nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. Da nessuna parte si conferisce ai magistrati il potere di disobbedire o di invitare i colleghi a dare interpretazioni della legge che ne sviliscano il contenuto, perchè non gradito. Le interpretazioni della legge sono a propria volta codificate. Si pensi alle "pre-leggi" del Codice Civile. Non possono essere inventate in modo eversivo (Caianiello docet). Disobbedendo in questo o altro modo alle leggi i magistrati che resistono, resistono, resistono alla Sovranità Popolare....calpestano appunto la Costituzione Repubblicana.

    La legge è uguale per tutti, soprattutto per i magistrati che vi sono SOGGETTI più e prima di ogni altro, visto il ruolo loro assegnato dalla stessa Costituzione (altrimenti l'espressione che la Giustizia è amministrata in nome del popolo diventa una presa in giro).

    Saluti liberali

  7. #7
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    La Sovranità del Popolo si esprime nelle forme e modi e con i limiti sanciti dalla Costituzione. Pertanto le leggi approvate dalla maggioranza parlamentare e gli atti emenati dal Governo che ha la fiducia delle Camere sono espressione della Sovranità Popolare. La nostra è una democrazia rappresentativa di tipo liberale, nulla a che vedere con la dittatura giacobina dei Comitati di Salute Pubblica, dei Tribunali Rivoluzionari, appoggiati dalle piazze di Sanculotti (fenomeni tristi che hanno i loro attuali epigoni). Lo dice, in buona sostanza, la Costituzione.

    I rimedi ai vizi delle leggi sono regolati dalla stessa Costituzione, che non contempla atti eversivi di resistenza, resistenza, resistenza alle leggi stesse.

    Saluti liberali

  8. #8
    SENATORE di POL
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    Originally posted by Pieffebi
    La Sovranità del Popolo si esprime nelle forme e modi e con i limiti sanciti dalla Costituzione. Pertanto le leggi approvate dalla maggioranza parlamentare e gli atti emenati dal Governo che ha la fiducia delle Camere sono espressione della Sovranità Popolare. La nostra è una democrazia rappresentativa di tipo liberale, nulla a che vedere con la dittatura giacobina dei Comitati di Salute Pubblica, dei Tribunali Rivoluzionari, appoggiati dalle piazze di Sanculotti (fenomeni tristi che hanno i loro attuali epigoni). Lo dice, in buona sostanza, la Costituzione.

    I rimedi ai vizi delle leggi sono regolati dalla stessa Costituzione, che non contempla atti eversivi di resistenza, resistenza, resistenza alle leggi stesse.

    Saluti liberali
    dal quotidiano LA STAMAPA

    " La Stampa del 20/01/2003


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    Anno giudiziario, il governo va al contrattacco
    Gargani ai pg: «Non si può dire che tutto non funziona e non fare nulla»
    Mara Montanari
    --------------------------------------------------------------------------------

    ROMA «Sto leggendo le relazioni dei procuratori generali. Sfascio, rovina, giustizia come malato terminale: questo dicono i magistrati. E cosa propongono? Niente, protestano e basta. Questa è la verità ». Ha passato il pomeriggio a leggersi i discorsi d'inaugurazione dell'anno giudiziario, il responsabile giustizia di Forza Italia, Giuseppe Gargani. Studia le carte del «nemico»? «No, ho solo avuto conferma di quanto pensavo e di quanto la maggioranza va ripetendo da mesi: bisogna fare le riforme. E siamo al paradosso che proprio chi va dicendo che la giustizia è allo sfascio, le riforme non le vuole e qualsiasi legge fa o ha intenzione di fare il governo, è fatta male. Non si può dire che tutto non funziona e non fare nulla ». Non sono servite a far vacillare le intenzioni del centrodestra le proteste di sabato nelle 26 procure italiane con la sfilate delle toghe con la Costituzione in mano e i magistrati che abbandonano le aule in silenzio quando arriva il turno di parlare dei rappresentanti del governo. Anzi, le relazioni dei Pg sullo stato - critico - dell'amministrazione della giustizia in Italia, sono per la Casa delle Libertà lo stimolo a battere la strada delle riforme. «Sabato mattina ho parlato alla corte d'Appello di Roma - dice il sottosegretario alla Giustizia, Jole Santelli - ho visto che alcuni, pochi, lasciavano l'aula quando ho iniziato a parlare. Comunque un peccato, perchè il senso della partecipazione del governo alle cerimonie d'inaugurazione dell'anno giudiziario - alle quale partecipiamo come ospiti perchè invitati - è proprio quello di chiarire e spiegare le intenzioni dell'esecutivo in materia di riforme. Ma dobbiamo scontrarci con la resistenza al cambiamento di una corporazione». Riforme subito, questa la parola d'ordine . Anche l'Associazione nazionale magistrati le reclama, purchè vadano nella direzione di un «più efficace servizio giustizia reso ai cittadini», si legge in un documento del sindacato dei giudici. Ma, per le toghe, la separazione delle carriere o la riforma Vaccarella sul processo civile, non vanno nella direzione indicata. «La verità è che la preoccupazione della magistratura associata è quella di difendere l'occupazione di un'area di potere politico che si è ritagliata negli ultimi anni», dice Luigi Bobbio, senatore di Alleanza nazionale, in commissione Giustizia. E' fortemente critico sulla protesta di sabato: «Il mio giudizio - incalza - è nettamente negativo. Poteva essere un'occasione per abbassare i toni di uno scontro che, dobbiamo dirlo, hanno creato i magistrati. Mai come in questo caso si capisce chi ha torto e chi sconfina dal proprio ruolo: non c'è legge o disegno di legge su cui i giudici non dicano la loro. Ma è proprio la Costituzione, di cui vogliono farsi unici paladini, a dire che non spetta ai magistrati giudicare le leggi, ma farle applicare. Spero che i giudici cambino atteggiamento e si mettano al nostro fianco nel lavorare per le riforme. Noi non vogliamo sopraffare nessuno, ma l'intenzione di riorganizzare la giustizia e renderla più efficiente, è ferma». E ai nodi polemici di sempre, ora si aggiunge anche un nuovo fronte di scontro tra magistrati e centrodestra. L'Anm esprime «la più viva preoccupazione» di fronte alla proposta di istituire la commissione d'inchiesta su Tangentopoli che «rischierebbe di mettere in crisi il principio della separazione dei poteri »
    [le prerogative del Parlamento mettono in crisi la separazione dei poteri: ce faccia tosta!!!! - nota di pfb]. «Non è un atto persecutorio - replica Bobbio - e non c'è nessuna intenzione di sciogliere nodi legati a singoli processi, ma la commissione se verrà istituita avrà lo scopo di verificare aspetti di un fenomeno che ha avuto molte pagine non del tutto chiare». "

    Saluti liberali

  9. #9
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    Ritornano gli arbitrati d’oro per i giudici «double face» di GIAN ANTONIO STELLA

    Dovendo smaltire la miseria di 932.897 cause arretrate (2.454 a testa: auguri) molti magistrati dei Tar e del Consiglio di Stato non stanno nella pelle: vogliono tornare a farsi carico pure degli arbitrati. Quei processi «privati» profumatamente pagati a parte che sollevarono tanti scandali da venir soppressi da una legge. E tale è la loro smania di accumulare incarichi extra che hanno preso a bombardare il «loro» Tar del Lazio di ricorsi contro il «loro» Consiglio di Presidenza (il Csm delle toghe amministrative) colpevole di arginare le autorizzazioni. E chi presiede quel Tar? Un giudice per decenni premiato da una miriade di arbitrati e incarichi extra. Chiamato a decidere sulle scelte del proprio organo di autogoverno. Un cortocircuito micidiale.


    Per leggere tutto Clicca qui



  10. #10
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