In attesa di numeri a sostegno delle chiacchiere.In Origine Postato da UgoDePayens
NESSUNO avrebbe potuto fare di meglio.
07.07.2004
L'eredità Tremonti
di Rinaldo Gianola
Sembra di essere tornati indietro al 1992, quando Giuliano Amato al termine di un’estate drammatica si presentò con una manovra da 90mila miliardi di lire, implorando il consenso dei sindacati e delle forze politiche per salvare il Paese. Sui mercati si citava la «sindrome messicana» per l’Italia, come se stessimo precipitando verso un’economia terremotata.
Oggi, invece, si parla semplicemente di «eredità Tremonti».
Il declassamento del debito italiano deciso ieri dall’agenzia internazionale Standard & Poor’s testimonia il deterioramento dei nostri conti pubblici causato dal governo Berlusconi che, interrompendo un circolo virtuoso avviato dal centro sinistra, ha dilapidato un enorme patrimonio di credibilità dell’Italia sui mercati riportando il nostro debito a livelli assai preoccupanti. Anche se le agenzie di rating non hanno il dono dell’infallibilità - sono le stesse che non si sono accorte dei disastri e delle truffe Enron o Parmalat - il giudizio di Standard & Poor’s è un bruttissimo segnale per il nostro Paese, un fatto di cui nessuno, nemmeno le forze di opposizione, può gioire. Nemmeno per dire: noi l’avevamo previsto.
Tre anni di governo di centro destra sono stati sufficienti per ritrovare l’Italietta di un tempo, tutta debito e inflazione e caro tariffe, che si salvava tra svalutazioni competitive per dare un po’ di fiato alle imprese e stangate sulla testa dei lavoratori. Oggi Berlusconi e la sua gang leghista devono ringraziare l’Europa e l’Euro se gli effetti di una bocciatura internazionale sono più ridotti di un tempo: se avessimo ancora la nostra lira oggi, di fronte al giudizio negativo di un’agenzia di rating, parleremmo di crollo dei mercati, di crisi monetaria, di esplosione dei tassi di interesse e del costo del debito pubblico. L’Europa ci pone al riparo dalle conseguenze più gravi, ma non ci salva dalla pesante caduta di credibilità, non può evitare alle imprese e agli Enti locali di accedere con più fatica e maggiori costi al credito e non può alleviare le difficoltà delle famiglie che si trovano prezzi e tariffe più alti.
Soprattutto la crisi politica ed economica, l’avventurismo di Berlusconi, aprono uno scenario estremamente preoccupante per il prossimo futuro. Standard & Poor’s sostiene che anche in presenza di una manovra correttiva di oltre 7 miliardi, quella che il governo si appresta a varare, il debito sfonderà quest’anno il tetto del 3% in rapporto al Pil e la tendenza peggiorerà nel 2005. Inoltre l’instabilità politica, di cui il licenziamento di Tremonti e le tensioni nella maggioranza sono gli elementi più evidenti, induce, per gli osservatori internazionali, un’ulteriore minaccia sul futuro del Paese. Davanti alle valutazioni di un’agenzia di rating, il cui giudizio influenza direttamente i mercati, un governo responsabile dovrebbe correre velocemente ai ripari, cambiare politica, soprattutto accogliere con serietà questi giudizi, evitando battute o reazioni rissose. Invece siamo qui ad ascoltare Berlusconi che, ancora ieri mattina, prometteva la riduzione delle tasse da inserire nel Dpef, come se al ministero dell’Economia il fenomeno Tremonti avesse lasciato miliardi di euro da dilapidare.
Di fronte a una situazione di emergenza, con Berlusconi che può soavemente accumulare cariche e potere senza che le Istituzioni di garanzia intervengano per arginare lo scandalo, l’unica speranza forse è quella di lavorare per la caduta del governo e il ricorso alle urne. Il Paese non può sopportare per altri due anni Berlusconi e le sue alchimie. Purtroppo tanti anni di impegno e lavoro per risanare il Paese sono stati dilapidati dal centro destra appoggiato pienamente dalla Confindustria che per quattro anni ha condiviso programmi, idee, azioni di Berlusconi. Oggi non c’è più D’Amato, Tremonti è stato spedito a casa e Montezemolo prende anche gli applausi della sinistra. Ma quando ci si siederà al tavolo per una «nuova concertazione» sarà utile ricordare al leader della Confindustria e della Fiat che sono stati gli industriali ad accompagnare Berlusconi verso il disastro, non i lavoratori. E se è arrivata l’ora di concertare, meglio farlo con la schiena ben dritta: non vorremmo che Montezemolo chiedesse ai sindacati di aprire «responsabilmente» una nuova stagione di sacrifici.