Lo scienziato illustrerà la scoperta in un convegno a Dublino
«Mi ero sbagliato sui buchi neri»
L’astrofisico Stephen Hawking rivede la sua teoria. «Non è vero che assorbono tutto»
L'astrofisico Stephen Hawking (Ansa)
I buchi neri cambiano volto e comportamento. Stephen Hawking, il grande astrofisico inglese considerato il padre dei più intriganti «mostri del cielo», ha rivisto la teoria che ne spiegava la natura e che lo ha reso celebre trent’anni fa. Racconterà il suo «errore» ai colleghi la settimana prossima, a Dublino, comunicando la nuova versione attraverso un computer, con una voce sintetizzata (lo scienziato è affetto da una malattia che lo ha paralizzato sulla sedia a rotelle) che sembrerà arrivare proprio da quel vuoto siderale che lui ha sempre riempito di idee. Quando un buco nero si forma, calcolava Hawking, inizia a perdere massa irradiando energia.
L'astrofisico Stephen Hawking (Ansa)
Battezzata «radiazione di Hawking», questa energia non conteneva però informazioni sulla materia dalla quale proveniva, e una volta che il buco nero evaporava, tutta l’informazione in esso contenuta andava perduta. Ciò contraddice le leggi della meccanica quantistica, ma Hawking ha sempre risposto che questo non è un problema: l’intenso campo gravitazionale che caratterizza il «mostro» consentiva qualche volta di aggirarle. Un paradosso sul quale molti fisici si sono inutilmente sfidati per cercare di risolverlo.
Il buco nero rimaneva quindi come il relitto concentrato in un piccolo spazio della massa collassata di un grande astro morto, la cui straordinaria forza di gravità impediva persino l’emissione della luce.
Per questo era impossibile vederlo e la sua presenza veniva rilevata indirettamente catturando i raggi X sprigionati dalla materia circostante, surriscaldata e inghiottita. Ora, il «nuovo» buco nero lancerebbe invece una radiazione contenente informazioni, cioè non nasconderebbe tutto. «Hawking ci ha inviato una nota dicendo:"Ho risolto il paradosso del buco nero"» ha riferito Curt Cutler, fisico dell’Albert Einstein Institute di Golm in Germania, alla rivista scientifica britannica New Scientist . Come ci sia riuscito neanche gli amici più vicini di Cambridge lo sanno.
Qui Hawking siede sulla cattedra «lucasiana» di matematica che era stata di Isaac Newton. Vi era arrivato nel 1979 sul clamore delle sue prime teorie. I medici gli avevano già diagnosticato una terribile realtà: sclerosi amiotrofica laterale, malattia distruttrice le cellule nervose, e due anni e mezzo di vita. Intanto si sposava, aveva tre figli e lottava per sopravvivere. Formulava nuove teorie del cosmo, scriveva libri di successo, si risposava. E coltivava lo stesso sogno di Einstein, una teoria che unificasse tutte le leggi della natura. Però non dimenticava i buchi neri. Anzi. Pur ridotto ormai al silenzio e alla paralisi, ora ne ridisegna la natura. Ma, soprattutto, continua a vincere misteriosamente la sua lotta con il terribile male.
Giovanni Caprara
16 luglio 2004 - Corriere.it