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  1. #1
    brescianofobo
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    Predefinito Prodi: "Torno per vincere"

    Mercoledì 21 Luglio 2004, 13:03


    Prodi: Da Novembre Viaggio In Italia Per Vincere

    (AGI) - Roma, 21 lug. - "Torno per vincere e da novembre iniziero' un lungo viaggio attraverso l'Italia, citta' per citta', per rilanciare l'Ulivo e per preparare il centrosinistra alla guida del paese". In una lunga lettera di 4 pagine all'Espresso, Romano Prodi, ripondendo al "Bestiario" di Giampaolo Pansa, fissa il calendario del suo ritorno alla politica italiana e affronta tutti i temi piu' caldi, avanzando gia' alcune proposte. "E' chiaro - spiega - che per preparare il programma di governo alternativo a questa crescente sciagura cui siamo sottoposti ci si dovra' mettere in viaggio per ascoltare, ascoltare, ascoltare". Ed e' proprio da questo dialogo sistematico con il paese, che, dice Prodi, si costruira' il programma di governo. "Per far meglio comprendere il metodo col quale intendo accostarmi ai grandi problemi della societa' italiana, vorrei esprimere i miei orientamenti di fronte a due temi di cruciale importanza. Il primo riguarda la Rai, per la quale considero indispensabile una riforma che la renda veramente indipendente e che la obblighi a misurarsi col mercato". L'altro tema riguarda gli assetti istituzionali. "Conosciuto il risultato elettorale e stabilito, su questa base, a chi spetti la maggioranza parlamentare, credo che la presidenza di una delle due Camere vada offerta all'opposizione", perche', spiega, "se vogliamo un bipolarismo serio e produttivo, dobbiamo cominciare a costruire regole che valgano per tutti". -


  2. #2
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  3. #3
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    Il Governo è chiamato a decidere per il bene e nell’interesse della collettività. Questo è il suo dovere, questa è la sua missione. Romano Prodi, 5 luglio 2006.
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    vai Romano!

  4. #4
    a sinistra!
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  5. #5
    brescianofobo
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    TORNO PER VINCERE

    Il leader dell'Ulivo risponde a Pansa: sul declino dell'Italia e sul future del centrosinistra. E annuncia: "Da novembre andrò città per città"


    di Romano Prodi

    La sua cartolina, caro Pansa, mi è arrivata fino qui a Bruxelles dove sto finendo l'ultima settimana di lavoro prima delle ferie. Trascorso questo periodo di riposo, ritornerò in Belgio per gli ultimi due mesi di lavoro alla Commissione Europea e, dal primo novembre, sarà di nuovo in Italia.
    Nella sua cartolina, lei mi invita ad anticipare questo ritorno: è l'unico suo consiglio che non mi sento di accettare.
    Qualsiasi sarà il mio ruolo futuro, sento, infatti, il dovere di restare alla guida della Commissione Europea fino all'ultimo giorno del mandato che mi è stato conferito dal Parlamento Europeo e dai governi di tutti i paesi dell'Unione.
    E credo che gli italiani apprezzeranno la mia decisione di portare avanti il mio compito fino in fondo, soprattutto perché si tratta delle istituzioni europee nelle quali ogni nostra azione è valutata e pesata con severità. L'ultimo giorno di lavoro da presidente della Commissione lo passerò a Roma. E' a Roma, infatti, che, il 29 ottobre, sarà firmata la nuova Costituzione europea. Alla sua stesura la mia Commissione ha lavorato con passione e con intelligenza, impedendo quei pericolosi arretramenti che molti volevano allo scopo di frenare il processo di coesione così necessario per il nostro futuro.
    In attesa del primo giorno di novembre, dedicherò ogni minuto libero del mio tempo all'Italia per preparare al meglio il lavoro che mi e ci attenderà tutti. E, compatibilmente con i miei impegni europei, cercherò di essere presente nelle occasioni e agli incontri più rilevanti per l'Ulivo e per l'intero centrosinistra.
    Ma non lascerò in anticipo la Commissione Europea e resterà al mio posto, lo ripeto, fino all'ultimo giorno dei cinque anni del mio mandato.
    Questi cinque anni sono stati per me una faticosa ma splendida palestra di addestramento, anche nei confronti della politica italiana. in cinque anni, caro Pansa, mi sono allenato in un'arena che non è certo più semplice di quella romana e che, di fronte alle sfide dell'allargamento, dell'euro, della nuova costituzione europea, mi ha obbligato ad essere sempre proiettato in una dimensione europea e verso il domani, a pensare non solo per noi ma anche per il futuro dei nostri figli.
    Ed è questo orizzonte che ci dovrà guidare se ci verrà affidato il compito di riprendere il timone della povera nave italiana, che ha completamente perso la sua rotta. A partire dalla finanza pubblica. Perché, caro Pansa, se vogliamo bloccare il declino economico e il collasso, dei conti pubblici dell'Italia, dobbiamo prima ritrovare il rispetto dei nostri soci europei e conquistarci il ruolo di protagonista tra 125 membri dell'Unione.
    E non c'è solo l'economia. C'è anche, com'è ovvio, la politica.
    Pur condividendo alcune delle sue preoccupazioni sull'attuale stato di salute del centrosinistra, quello che per me conta è che esso sia costruito forte per il domani. Per questo, non attribuisco grande importanza ai sussulti quotidiani. I risultati passano, le idee e le strategie forti rimangono.
    Nella sua cartolina, lei mi esprimeva la sua preoccupazione per le strizzate d'occhio neo-centriste.
    Anch'io le ho notate, certo. Ma non ne ho fatto un dramma, perché le ritengo irrealistiche e irrealizzabili.
    Son bastati, infatti, meno di sette giorni per farci toccare con mano che questo ritorno al passato non è possibile. Il governo non ha posto rimedio alla sua crisi, ma il bipolarismo e l'alternanza hanno retto. Ancor più dopo il non esaltante spettacolo offerto in questi giorni dalla maggioranza e dal governo, possiamo, infatti, dire che il bipolarismo e l'alternanza sono ormai diventati un patrimonio degli italiani che sanno che quello che lei chiama "il ríbaltone dei centristi" porterebbe solo all'instabilità e al disastro.
    Con questo non nego che qualcuno ci abbia provato o che ci provi. Nego semplicemente che questo tentativo possa avere successo. Qualcuno può anche pensare che io sia un po' lento di riflessi, ma ho sempre preferito farmi un'idea precisa di dove è bene arrivare e poi lavorare, a volte con studiata lentezza, per perseguire l'obiettivo voluto. 12 lentezza in democrazia non è sempre un difetto, perché (e su questo mi ha insegnato molto lamia esperienza a Bruxelles) non basta avere buone idee e lavorare per metterle in pratica, ma occorre anche convincere la gente della loro bontà.
    E un processo pedagogico di convincimento che richiede del tempo e di cui e' parte essenziale anche il fallimento delle idee alternative.
    Per questo motivo ritengo che la settimana appena trascorsa, pur così penosa e negativa per il nostro Paese e per la sua credibilità internazionale ed europea in particolare, sia stata ricca di insegnamenti positivi per l'Ulivo e per ha nostra voglia di stare insieme.
    Sarà un caso, ma proprio oggi, nel momento in cui sto rispondendo alla sua cartolina, è passato un anno da quando ho proposto la lista unitaria. E l'ho proposta per un'elezione di tipo proporzionale, la meno favorevole ad un progetto di unità. Cioè giocando fuori casa. E sapendo di giocare fuori casa.
    Lei ricordava lo scetticismo con cui questa mia proposta era stata accolta da molti ancorché intelligenti osservatori ma, nel contempo, sottolineava la crescente approvazione da parte degli elettori del centrosinistra. I nostri elettori, infatti, volevano e sogliono essere uniti. Vogliono l'Ulivo come punto di riferimento forte per governare il Paese.
    Mettere insieme quasi un terzo dei voti come siamo riusciti a fare con la lista Uniti nell'Ulivo significa, infatti, costruire il punto di riferimento indispensabile per potere dialogare con le altre forrze di centrosinistra, per costruire un programma comune, per offrire all'Italia una credibile ed affidabile alternativa di governo.
    Su questua linea bisogna andare avanti, partendo dalla lista unitaria con la quale ci siamo presentati alle elezioni europee per fare decollare la federazione dell'Ulivo. Una federazione con regole e compiti condivisi e ben definiti, che comprenda i partiti, esaltandone le potenzialità in un progetto comune, ma che sia, nel contempo, aperta al contributo e alla partecipazione di altre forze e dei singoli cittadini.
    Su "Micromega" e sull'"Unità" Paolo Flores d'Arcais mi ha ricordato l'impegno ad aprire la casa dell'Ulivo e quella, più larga, della coalizione del centrosinistra ai cittadini, agli elettori, alle associazioni e ai movimenti.
    Ha ragione. Alle recenti elezioni amministrative, il centrosinistra non avrebbe conquistato un successo così schiacciante senza il contributo delle liste dei sindaci, dei presidenti di provincia e di regione e senza l'impegno dei cittadini che in quelle liste si sono riconosciuti.
    Ma, caro Pansa, stare insieme non basta. Noi dobbiamo stare insieme per costruire un programma di governo che nasca da un dialogo sempre più sistematico con il paese. Questo governo non solo ha dimenticato di parlare "alle vedove e agli orfani", ma ha trascurato di parlare con gli artigiani, i commercianti, gli insegnanti, i ricercatori, i magistrati, i professionisti, i pubblici amministratori, gli operatori della sanità oltre che, naturalmente, con gli operai e gli agricoltori e i sindacati che li rappresentano.
    E' chiaro che per preparare il programma di governo alternativo a questa crescente sciagura cui siamo sottoposti ci si dovrà mettere in viaggio ed incontrare tutti costoro e molti altri, per ascoltare, ascoltare, ascoltare.
    E lo si dovrà fare per mesi e mesi, attraversando tutta l'Italia, città per città.
    E' a questo ascolto ravvicinato, a questo viaggio attraverso l'Italia che intendo dedicarmi a partire da novembre. Con pazienza. Con tenacia. Per capire e interpretare i bisogni profondi e le speranze del paese. Per conoscere di persona le donne e gli uomini che, sulla base di un'esperienza maturata su scala locale, potranno essere chiamati a concorrere al governo della nazione. Perché, dalle elezioni che vincemmo nel 1996 e dagli anni del primo governo dell'Ulivo, il paese è cambiato, nel bene e nel male, e noi non possiamo permetterci di ripresentare agli italiani le medesime proposte di allora, come se il tempo si fosse fermato. Un programma di successo, anche se dovrà essere portato a sintesi da gruppi più ristretti al cui lavoro intendo dedicarmi m' prima persona per offrire e garantire una base solida e condivisa ad una larga alleanza di governo, non può nascere che dall'ascolto e dalle discussioni che coinvolgano centinaia di migliaia di persone. Non per nulla il viaggio di Pier Luigi Bersani e di Enrico Letta nei distretti industriali ha avuto tanto successo.
    Non credo che in risposta alla sua cartolina io possa già ora delineare le idee base di questo programma, anche se sto già molto riflettendo su come si possa mettere rimedio al disastro senza precedenti per qualità e quantità nella gestione della finanza pubblica. Ma, per farle meglio comprendere il metodo col quale intendo accostarmi ai grandi problemi della società italiana, vorrei esprimerle i miei orientamenti di fronte a due temi di cruciale importanza.
    Il primo riguarda-la Rai, per la quale considero indispensabile una riforma che la renda veramente indipendente e che la obblighi a misurarsi col mercato. Le esperienze di Francia e Spagna nel governo della televisione pubblica ci possono dare esempi utili per evitare la vergogna di oggi e anche i gravi errori del centrosinistra di ieri.
    L'altro tema sul quale voglio illustrarle il mio orientamento riguarda gli assetti istituzionali.
    Conosciuto il risultato elettorale e stabilito, su questa base, a chi spetti la maggioranza parlamentare, credo che la presidenza di una delle due Camere vada offerta all'opposizione. Questo è quanto tentammo invano di fare all'inizio della scorsa legislatura, nel periodo del mio governo, e questo è ciò che, in caso di vittoria, credo dovrà fare, e questa volta giungendo al risultato voluto, il centrosinistra. Perché ho fatto questi due casi come modello di stile di governo? Perché, se vogliamo un bipolarismo serio e produttivo, dobbiamo cominciare a costruìre regole che valgano per tutti e che garantiscano tutti, maggioranza e minoranza.
    Il bipolarismo è condizione essenziale per avere una alternanza di governo e, dunque, una democrazia sana ed efficiente, ma, per questo, esso deve reggersi su garanzie ed equilibri che questo governo ha sempre negato. E bipolarismo non è fatto per dividere un paese, ma per responsabilizzarlo. Nulla a che vedere con il consociativismo, ma solo con una democrazia matura. Proprio quella che dobbiamo preparare in un grande dialogo col Paese, ma pronti, com'è ovvio, ad affrontare, e a vincere, le elezioni in qualsiasi momento il definitivo precipitare della crisi del governo e della maggioranza le rendesse necessarie.




    La lunga marcia del Professore

    21 aprile 1996

    L'Ulivo guidato da Romano Prodi vince le elezioni. La maggioranza è autosufficiente al Senato con 157 seggi, alla Camera sono determinanti i voti di Rifondazione. Un mese dopo il Professore forma il suo governo. Per durata è il terzo della storia della Repubblica.

    10 maggio 1998
    L Italia entra nell'euro. Per centrare l'obiettivo è stata necessaria una manovra da 62.500 miliardi, con l'"eurotassa". Il risanamento ottiene il via libera di Bruxelles.

    9 ottobre 1998
    Il governo Prodi cade per un solo voto alla Camera: sfiduciato con 312 voti favorevoli e 313 contrari. A Palazzo Chigi subentra il segretario Ds Massimo D'Alema.

    5 febbraio 1999
    In vista delle elezioni europee nascono i Democratici, con i prodiani, l''Italia dei valori" di Antonio Di Pietro e il movimento "Cento città" di Francesco Rutelli.

    24 marzo 1999
    A Berlino il vertice straordinario Ue nomina Prodi presidente della Commissione europea al posto di Jacques Santer, dimissionario.

    18 luglio 2003
    Prodi lancia per le elezioni europee la proposta di un "Ulivo per l'Europa", una lista unitaria senza simboli di partito.

    14 febbraio 2004
    Prodi chiude all'Eur la Convention del "listone". Ripete il no a una candidatura alle elezioni europee. Ma annuncia il suo ritorno: «Da oggi questa è la mia casa».

    13 giugno 2004
    Elezioni europee: la lista Uniti nell'Ulivo raggiunge il 31 per cento. Prodi chiede a Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani di unirsi in una federazione. Propone la convocazione in autunno dell'Assemblea Costituente dell'Ulivo.

    29 ottobre 2004

    Il mandato di Prodi a presidente della Commissione si conclude con la firma a Roma della nuova Costituzione europea. Designato come suo successore il primo ministro portoghese, José Manuel Durao Barroso.

  6. #6
    Obama for president
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    cominci col dare una pedata sul culo al tafazzo di centro rutelli

  7. #7
    brescianofobo
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    In origine postato da benfy
    cominci col dare una pedata sul culo al tafazzo di centro rutelli
    Io non prenderei a calci nel culo nessuno, nè tafazzi_sinistra nè tafazzi_centro.

    La mossa di Rutelli era stata preceduta (modestamente) dalla mia di "Maggio on line": serve solo a far capire ai tafazzi_sinistra che in fondo non sono poi così indispensabili e quindi è meglio che abbassino le arie e la piantino di considerarsi i depositari della sinistra, che non lo sono mica.

  8. #8
    brescianofobo
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    Sabato 24 Luglio 2004, 12:41


    Verdi: Messaggio Prodi Apre Assemblea Nazionale

    (ASCA) - Roma, 24 lug - ''Pochi sono i temi che, come l'ambiente, ci chiamano ad un impegno quotidiano e quotidianamente ci ricordano le molteplici ma interconnesse dimensioni del nostro vivere''. Scrive cosi' Romano Prodi in un messaggio al segretario dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, che e' stato letto nell'auditorium dell'Eur in apertura dell'assemblea nazionale del ''Sole che ride''. ''Che sia su scala locale, per proteggere e, quando necessario, ricostruire le bellezze e la natura del nostro Paese - scrive ancora Prodi - o che sia su scala europea e mondiale per affrontare i problemi del clima che sfuggono a qualsiasi capacita' d'azione puramente nazionale, non c'e' giorno, non c'e' luogo nel quale le ragioni dell'ambiente non ci chiamino ad operare per costruire il nostro futuro. Un futuro all'insegna di uno sviluppo che possa davvero definirsi umano. Un futuro piu' equilibrato e piu' giusto. Un futuro, quindi, di pace''. I Verdi sperano di avere la presenza del leader di 'Uniti per l'Ulivo' questo pomeriggio, quando i lavori dell'assemblea nazionale entreranno nel vivo con l'intervento di Pecoraro Scanio, previsto intorno alle 16. Stamattina, dopo l'intervento di apertura di Grazia Francescato, ha riscosso applausi e il consenso dell'assemblea il discorso del sindaco di Roma, Walter Veltroni. Subito dopo, si e' aperto il dibattito generale ed e' stato illustrato il documento politico unitario: ''La proposta ecologista e civica dei Verdi per una coalizione di programma e per l'alternativa di governo''. Nel documento si afferma che ''i Verdi possono essere radicali nei contenuti, trasversali nella societa' ed equilibrati nei comportamenti e nell'azione di governo''. Si propone, per l'autunno del 2004, la convocazione di un'ampia costituente programmatica della nuova coalizione ulivista ''aperta alla forze politiche delle opposizioni, alle realta' civiche, sociali e di movimento per arrivare ad un vero 'programma partecipato', prevedendo anche delle 'primarie' sui grandi temi del nuovo programma del centro-sinistra che coinvolgano milioni di cittadini''. Il documento politico generale dei Verdi, firmato tra gli altri da Pecoraro Scanio, Paolo Cento e Gianfranco Bettin, conferma, infine, la scelta di adottare nel proprio simbolo la bandiera della pace ''per ribadire la decisione strategica del ripudio alla guerra''


    LO FACCIAMO DIVENTARE VERDE

  9. #9
    brescianofobo
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    Sabato 24 Luglio 2004, 182


    Verdi: Delegato a Prodi, Ti Vogliamo Come Amstrong
    Di (Ala/Rs/Adnkronos)

    Roma, 24 lug. - (Adnkronos) - ''Ti vogliamo come Amstrong''. E' questo l'invito lanciato da un delegato dei Verdi a Romano Prodi appena e' salito sul palco dell'auditorium del Massimo, a Roma, al congresso nazionale del Sole che ride. Prodi senza perdere tempo ha risposto: ''Sei elezioni sono troppe'', alludendo alle vittorie del campione ciclistico al Tour de France, mentre dalla platea arrivava un altro grido: ''Facci sognare''.



  10. #10
    brescianofobo
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    Primarie, coro di sì a Prodi
    Consensi dall´Ulivo. Il correntone ds: no a plebisciti
    Dalla Margherita al Pdci appoggio alla mossa del presidente Ue. Letta: soluzione per dare forza al candidato
    I verdi: leadership e programmi devono viaggiare insieme. Cofferati e Bassolino favorevoli alla proposta
    Mussi: "Se c´è un solo candidato occorre cambiare nome al metodo"



    da Repubblica - 28 luglio 2004

    ROMA - Tutto l´Ulivo dice sì alle primarie proposte da Romano Prodi per scegliere il candidato premier per le elezioni politiche. Un´approvazione corale che va dalla Margherita ai Comunisti italiani, su cui pesano però i distinguo sulla necessità di estendere il metodo al programma o sull´inutilità di votare in assenza di avversari del professore bolognese. E soprattutto il silenzio di Rifondazione che sembra non gradire l´idea del Professore. Il coro dei sì è comunque aperto da Pierluigi Castagnetti che dice: «E´ giusto e bello che si introduca l´investitura del candidato premier da parte della base». Secondo il capogruppo della Margherita alla Camera «e´ una proposta che marca la nostra diversità dal centrodestra. Noi non abbiamo un regime monarchico. Il nostro leader viene scelto dalla base».
    Da sinistra gli fa eco Oliviero Diliberto. «Per quanto il modello politico istituzionale delle primarie non appartenga né alla nostra tradizione né alla nostra cultura aderiamo alla proposta», dice il segretario dei Comunisti italiani. Secondo Diliberto, le primarie serviranno a «mettere fine all´ignobile gioco al massacro esplicito o implicito nei confronti dell´unico possibile candidato vincente per il centrosinistra: Romano Prodi».
    Enrico Letta, Margherita, spiega che le primarie vanno bene perché sono «la soluzione per dare forza al candidato premier perché unirebbero alla mobilitazione della coalizione la partecipazione dei militanti». Pieno appoggio alla proposta di Prodi anche da Enrico Boselli. «Questo è sicuramente un ottimo metodo per dare compattezza alla lista unitaria e dimostrare l´abisso che c´è tra noi e il centrodestra»,dice il leader dello Sdi.
    Anche Luciano Violante, capogruppo dei Ds alla Camera, è d´accordo. Anche se pone il problema della "platea" dei votanti. Secondo Violante, una soluzione «potrebbe essere quello di fare un albo degli elettori del centrosinistra, allargando quindi la platea dei votanti anche ai non iscritti ai partiti del centrosinistra». Le primarie sono «belle, buone e giuste», aggiunge Vannino Chiti, coordinatore della Quercia. Secondo Chiti nel progetto dovrebbe essere coinvolta anche Rifondazione comunista. L´idea di Prodi piace molto anche a Sergio Cofferati, Leonardo Domenici e Antonio Bassolino. Il sindaco di Bologna dice che primarie e convenzione programmatica devono andare di pari passo, mentre il governatore della Campania chiede di aprire di le primarie a «coloro che fanno parte di associazioni e vogliono fare politica senza stare nei partiti».
    Le uniche note dissonanti sono quelle del leader del correntone Fabio Mussi. Le primarie hanno senso solo se «ci sono più candidati. Se c´è un solo candidato non sono più primarie e quindi occorre cambiare nome al metodo», dice Mussi. Un aspetto ripreso anche da sito Aprileonline, vicino al correntone ds. «Per fare delle primarie che abbiano un valore, occorre che i nomi in lizza siano almeno 2 o 3. Se ciò non avviene, più che di primarie si dovrebbe parlare di plebiscito dal momento che nessuno fin qui ha messo in discussione il ruolo di Prodi», si legge in un editoriale. D´accordo sulle primarie anche il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. Ma solo perché «le primarie sul candidato premier possono servire solo ad evitare dannosi giochi di palazzo. Per noi sono benvenute, purché si faccia un´unica consultazione su nodi programmatici e leadership».



    L´ESPERTO
    Parla Pasquino, studioso del sistema elettorale americano
    "Firme e un mini obolo così il voto fai-da-te"
    "Lascerei votare chiunque. Chi volesse giocare sporco, si farebbe ridere dietro"

    SILVIO BUZZANCA

    ROMA - Professor Gianfranco Pasquino, Prodi lancia l´idea delle primarie per scegliere il candidato dell´Ulivo. Lei, che è uno studioso del sistema elettorale americano, che ne pensa?
    «Sono d´accordo. Le primarie fatte bene rafforzano il candidato vincente, lo legittimano, permettono ai contendenti di esprimere priorità programmatiche e producono informazioni per gli elettori. E poi Prodi ha fatto bene a reagire, parlando di primarie, al tentativo sotterraneo di delegittimarlo. In pratica ha detto che se c´è un candidato dei Ds venga allo scoperto».
    Prodi ha detto anche che le primarie si devono svolgere secondo regole semplici e precise. Quale modello vede per l´Italia?
    «Devono essere necessariamente primarie nazionali e i candidati non possono essere tutti i giullari del paese. Devono avere la capacità di raccogliere un certo numero di firme a sostegno. Diciamo 5 mila o 10 mila. La soglia non deve essere troppo bassa per favorire un candidato "divertente", ma neanche troppo alta. Altrimenti si impedirebbe ad un candidato bravo, ma senza struttura organizzativa, di partecipare. E questo significherebbe che soltanto i partiti potrebbero produrre candidati».
    E in che modo dovrebbero essere votati questi candidati?
    «Credo che si potrebbero usare le sedi del Comune. E l´elettore dovrebbe versare un obolo, un contributo 5 o 10 euro. Servirebbe a finanziare la campagna elettorale di chi vince e coprirebbe parte delle spese che ci saranno».
    Ma chi sarebbero gli elettori?
    «Visto che si sceglie il candidato del centrosinistra dovrebbero essere gli elettori del centrosinistra. Ma io sono contrario ad una discriminazione aperta. Se un elettore del centrodestra vuole intervenire nella scelta io lo farei fare. E siccome chi vuole votare deve dare nome e cognome, se qualcuno tenterà un´operazione truffaldina per influenzare la scelta finirà con il farsi ridere dietro».
    Insomma, lei è per un modello aperto?
    «Sì, perché così si raggiungerebbe il maggior numero di elettori. Anche quelli non inquadrati nei partiti esistenti».
    Circola anche l´idea di creare un albo degli elettori che si registrano...
    «Apprezzo l´idea, ma a livello nazionale è molto complicato realizzarla. E comunque l´albo si costruirà automaticamente perché chi vuole votare sarà registrato e l´elenco servirà per le prossime elezioni».
    Negli Stati Uniti ci sono i "caucus", assemblee, e le primarie. I repubblicani scelgono i delegati con il maggioritario, i democratici con la proporzionale. E noi?
    «Non sono per la soluzione delegati. Chi ottiene il maggior numero di voti viene eletto candidato. Si potrebbe pensare invece ad una maggioranza assoluta, o del 60 per cento. Se non ci arriva nessuno potrebbero andare al ballottaggio i due candidati più votati».
    Ma queste regole dovrebbero essere fissate per legge?
    «In questo momento una legge non avrebbe alcuna chances di passare perché la Cdl non alcuna intenzione di farsi vincolare da norme sulle primarie. Inoltre negli Stati Uniti non c´è una legge federale, ma tutto è regolato a livello statale. Da noi ci potrebbe essere un accordo fra gentiluomini, con un gruppo di esperti del centrosinistra che stende un regolamento. E sarebbe anche il caso che si applicasse lo stesso metodo delle primarie alle candidature nei singoli collegi».


    L´INTERVISTA
    "Se davvero si vogliono le primarie, ci vuole un candidato della sinistra alternativa"
    Bertinotti: "Potrei essere io lo sfidante di Romano"
    Kerry Senza i candidati più di sinistra, non ci sarebbe il Kerry di adesso con il suo programma

    prodi Dal ´96 la scena mondiale è cambiata, anche un uomo avveduto come lui deve cambiare

    il programma Non mi piacciono i referendum sulle persone, facciamo subito l´assemblea programmatica

    l´assemblea Dovrebbero partecipare i rappresentanti dei partiti, della società civile, dei movimenti, dei governi locali

    GOFFREDO DE MARCHIS


    da Repubblica - 28 luglio 2004

    ROMA - Le primarie non gli piacciono. «Il referendum sulla persona è un´anomalia». Ma se proprio si dovessero fare, allora lui sarebbe pronto a offrire un´«iniezione di democrazia»: «Ci vorrebbe un altro candidato oltre Prodi, un candidato della sinistra alternativa. Potrei essere io». Ma l´urgenza è altrove. Fausto Bertinotti vuole scrivere il programma del centrosinistra, «l´Italia che vogliamo», dice usando un vecchio slogan dell´Ulivo. Non c´è tempo da perdere: «Il ritardo, anche involontario, sarebbe un grave errore politico. Convochiamo l´assemblea programmatica subito, ai primi di settembre». E aggiunge: rispetto al ´96 Prodi deve cambiare. «Tutto è diverso da allora, il mondo, il lavoro, i soggetti della politica. Gli uomini avveduti sono capaci di rovesciare le loro convinzioni».
    Segretario, la sfida lanciata da Prodi è rivolta a tutto il centrosinistra. Qual è la sua risposta?
    «Apprezzo il senso di ricerca democratica di quella che nel sindacato si chiama validazione consensuale delle scelte. Ogni allargamento della partecipazione va sostenuto. Ma ho due dubbi. Non siamo nelle condizioni delle primarie americane dove ai nastri di partenza ci sono diversi competitori. Siamo invece nella vicenda della politica italiana per cui Prodi è stata considerato fin qui il leader della coalizione da tutti, ormai anche da noi. Quindi, c´è un´anomalia. Se davvero si volessero fare le primarie, la questione andrebbe risolta con un´iniezione di democrazia. Diventa cioè necessario un altro candidato, al limite un uomo della sinistra alternativa, un candidato che sia la bandiera di una democrazia vivace. Io diffido di tutto ciò che è unico: il partito unico, il leader unico...».
    Così ricomincia il balletto dei nomi.
    «Quando parlo di candidato alternativo lo faccio per non dare alle primarie un carattere artificioso. In una situazione di questo genere posso pensare di candidarmi io come espressione della sinistra alternativa. Negli Stati uniti ora c´è Kerry, ma all´inizio erano in tanti. E senza un candidato più di sinistra, non ci sarebbe il Kerry di oggi, con le sue proposte e i suoi programmi. Le primarie sono una misurazione di tendenza. Fermo restando che chi vince ci rappresenta tutti. Ma il referendum su una sola persona non è democratico».
    Il secondo dubbio?
    «Non sento il bisogno di primarie sulla leadership quanto sui contenuti programmatici. Le faccio un esempio: la legge 30, quella sul mercato del lavoro. Nel centrosinistra c´è chi sostiene, come noi, che va abrogata, altri vorrebbero modificarla, altri puntano solo a un piccolo maquillage. Un confronto sul terreno programmatico per me è molto più interessante».
    Lei ha avuto un lungo incontro con Prodi la scorsa settimana. A che punto siamo sul programma?
    «Ci si orienta da più parti verso una vera e propria assemblea programmatica. Giorgio Ruffolo ha parlato del modello della convenzione europea, con i partiti al posto degli Stati. È un metodo convincente, ho visto che Piero Fassino lo appoggia. Dev´essere un´assemblea veramente plurale. E andrebbe composta così: i rappresentanti dei partiti, una rappresentanza della società e non penso solo a una serie di nomi, ma a personalità che siano davvero espressione di movimenti e infine i rappresentanti dei governi locali. Mi sembra di capire che questa è la strada, è un´idea di massina largamente condivisa. Quello che manca è l´urgenza della precipitazione, l´energia politica per arrivare al risultato. L´approssimazione al tema è largamente condivisa. Ma non si sente il problema. Beh, è arrivato il momento di trasformare il tema in problema. Il voto nella prossima primavera non è un´ipotesi remota, il trascinamento, anche involontario, della questione-programma non sarebbe un semplice ritardo, ma un errore politico. E non vorrei ripetere l´esperienza della Terza Internazionale che nascondeva gli sbagli dietro la foglia di fico degli impedimenti, dei ritardi. Dunque, convochiamo l´assemblea del programma».
    Quando?
    «Subito, ai primi di settembre. Si proceda alle designazioni, si scelga il momento e il luogo. Corriamo con l´handicap se non abbiamo un programma. Anche perché nel centrodestra, Follini o non Follini, la crisi del sistema berlusconiano è irreversibile, è saltato il blocco sociale che li sosteneva e anche la mediazione culturale che si poggiava su un pilastro populista e neoliberista. Ed è impensabile una Finanziaria da lacrime e sangue di fronte alla crisi immanente».
    Prodi dice di non volere la stessa «fotografia» del ´96. E lei?
    «Considero la consultazione sul programma una radicalizzazione. Quella della leadership sarebbe una discontinuità pallida, il vero salto di qualità dobbiamo farlo sui contenuti. Allora ci fu la desistenza, programmi separati. Oggi propongo un programma di tutti. Del resto, dal ´96 a oggi la scena mondiale è cambiata».
    E Prodi lo sa, malgrado la distanza Roma-Bruxelles?
    «Prodi ne è consapevole, il senso del cambiamento è molto diffuso soprattutto in Europa. E sulle soluzioni siamo abbastanza vicini. Il partito socialista francese ha diffuso un manifesto il cui primo firmatario è il "moderato" Michel Rocard. Dice più o meno così: "al referendum di 10 anni fa Delors chiedeva di votare per Maastricht perché da lì sarebbe nata l´Europa, oggi quella tesi è indicibile". È arrivato il momento di proporre una costituzione sociale europea che rovesci Maastricht. Per i Paesi ci vogliono le sanzioni non più sulla politica monetaria, ma sui dati della disoccupazione, della precarietà, delle questioni sociali».
    E il Professore che ne pensa?
    «Quel manifesto "rovesciato" è firmato anche da Delors. Gli uomini avveduti possono collocarsi con politiche diverse in ruoli nuovi. Perché non deve essere possibile che anche Prodi cambi?».
    Lei ha parlato dell´abolizione della legge 30. È una delle vostre proposte?
    «Il punto non è nell´elenco degli obbiettivi, ma nell´impianto generale. Bisogna dire qual è l´Italia che vogliamo dopo cinque anni di governo. Non si tratta solo di cacciare Berlusconi, ma di cambiare la politica. Il programma è la configurazione del blocco sociale cui ci rivolgiamo. E non basta descrivere, ci vuole l´interpretazione. Io penso a una profondità di analisi simile a quella che accompagnò la nascita dei primi governi di centrosinistra negli anni ´60. Altro che ´96».

 

 
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