....Romano Prodi?
Questa è la domanda che si fanno, un po’ smarriti, i dirigenti politici del centrosinistra, e non solo quelli meno propensi a cedere tutto il potere al professore bolognese.
Che non voglia ripetere l’esperienza del leader usa e getta del 1998 è comprensibile, ma le garanzie che pretende Prodi sono superiori a quelle, già assai robuste, che Silvio Berlusconi intende introdurre nella Costituzione con la norma antiribaltone. Paradossalmente Prodi, che ha indotto i suoi a chiudere ogni dialogo sulla riforma istituzionale - riforma federale ma anche di rafforzamento del premierato - vuole ancora più leaderismo del suo storico antagonista.
Aveva chiesto che si formasse una lista unitaria per le elezioni europee, ed è stata fatta;
ha chiesto una forma solenne e plebiscitaria di investitura, attraverso primarie a candidato unico, e ha avuto anche questo. Ora chiede che vengano rimossi gli “ostacoli”, che non indica con chiarezza, contrapposti alla federazione, ma che sembrano consistere in quell’autonomia politica rivendicata dai partiti che pure potrebbero sottoscrivere il patto.
Qualche lume si può trarre dal paragone che Prodi ha fatto tra federazione e Unione europea. Sul piano logico non sta in piedi, perché i confini fra gli Stati europei sono ovviamente stabili, mentre fra i partiti è permanente l’azione concorrenziale per conquistare consensi anche in casa di vicini ed alleati.
Il senso che si può trarre però è che ai partiti spetta di concordare un trattato, cioè un programma, la cui esecuzione deve essere affidata all’autorità superiore della federazione. Cioè di Prodi.
Un meccanismo di questo tipo, che per la verità non ha funzionato neppure in Europa, visto che gli stati più forti continuano a violare allegramente i trattati economici, non può essere affidato semplicemente a impegni e dichiarazioni.
Di queste buone intenzioni è lastricata la storia del centrosinistra, senza che ciò abbia impedito le crisi interne.
Quello che Prodi vuole, probabilmente, è un assetto interno ai partiti che assegni la leadership alle correnti a lui più vicine.
Fra i diesse, per esempio, si è aperta una gara piuttosto strabiliante a chi è più “prodiano”, tra Piero Fassino e Massimo D’Alema, che ha avuto peraltro l’effetto di iniettare sospetti in gran parte della Margherita. Qui, dove sono in molti a temere una saldatura tra l’egemonismo prodiano e quello postcomunista, si giocherà la partita più aspra.
Il tema vero non sono le frasi sulla “cessione di sovranità”, ma la concretissima questione di chi decide le candidature, che è il core business dei partiti. Con le primarie si indica il candidato premier, ma tutto il resto, dai presidenti regionali ai sindaci e ai parlamentari, è l’esito di una contrattazione tra i partiti.
Se invece l’ultima parola in merito spettasse alla federazione, cioè a Prodi, il ruolo dei partiti finirebbe per diventare puramente propagandistico.
E’ anche per questo che la Margherita ha deciso di presentarsi alle elezioni regionali di primavera con liste proprie, su cui gli altri non hanno diritto ad interferire.
E questa è una delle ragioni principali di tensione con Prodi.
Si tratta infatti di una schermaglia preventiva per mettere le mani avanti su quello che sembra sempre di più il vero tema di scontro, quello delle candidature. I partiti tendono a suddividersi i collegi, per poi decidere in casa con quali candidati coprirli, come hanno sempre fatto. Prodi invece vuole che le candidature siano scelte anche nominativamente dalla federazione. La quale finirebbe per assegnare al candidato premier anche la possibilità di fare eleggere una folta schiera di fedelissimi.
Forse la risposta alla domanda su che cosa vuole davvero Prodi è più semplice di quanto sembri, ed è un forte controllo personale sul sistema di potere del centrosinistra.
Si tratta di un tema sul quale non bastano le dichiarazioni di fedeltà e i documenti politici. Gli stati maggiori di Ds e Margherita continueranno a vantare la loro coerenza sul progetto di federazione, ma probabilmente, finchè non molleranno il controllo delle candidature, il professore continuerà a rilanciare.
Franco Marini e Willer Bordon pensano che sia meglio fare le primarie di investitura di Prodi prima delle regionali, in modo da chiarire che non c’è “ammutinamento” come teme Ugo Intini.
Ma difficilmente questo basterà.
....ma che bella festa!!
saluti