Nikolaj von Kreitor

LA NATO E GLI ARCHITETTI DEL LEBENSRAUM AMERICANO



Fu John O’Sullivan a formulare nel 1845 il concetto di Lebensraum americano – la Dottrina del Destino Manifesto [Manifest Destiny]. Coniò questo termine per indicare la missione degli Stati Uniti “di ampliare il continente assegnatoci dalla Provvidenza per la crescita delle nostre moltitudini, che ogni anno si moltiplicano”.(1) Per Josiah Strong, l’imperialista americano par excellence, il Manifest Destiny possedeva una destinazione geopolitica – la creazione di un impero mondiale. L’America sarebbe stata il più grande degli imperi. “Le altre nazioni recheranno le loro offerte alla culla del giovane impero d’Occidente, così come un tempo portarono i loro doni alla culla di Gesù”.(2) Dal momento che il destino e la sua realizzazione erano preordinati da Dio, gli Americani possedevano un diritto supremo allo spazio, anteriore e superiore ai diritti altrui. In combinazione con la Dottrina Monroe, il contenuto teologico della Dottrina del Manifest Destiny forniva una spiegazione quasi evangelica del palese disegno geopolitico di conquistare e sottomettere spazi, dapprima l’intero Emisfero Occidentale, in seguito, a partire dalla guerra contro la Spagna del 1898, il mondo intero. Come ha osservato Carl Schmitt, nel 1898 gli USA si sono avventurati in una guerra, contro la Spagna e più tardi contro il mondo intero, che non è ancora finita. In questo contesto, la guerra americana contro la Jugoslavia è soltanto la prosecuzione di una guerra centenaria che gli Stati Uniti hanno iniziato nel 1898. Nella storia degli Stati Uniti la spinta espansionistica è stata altrettanto potente di una religione. La continuità delle mire belliche espansioniste americane dall’epoca della Dottrina del Manifest Destiny è stata la caratteristica dominante della politica estera, nella quale sono confluite tre componenti della Weltanschauung espansionista americana: la Dottrina del Manifest Destiny – la componente teologica; la conquista, preordinata da Dio e dalla Provvidenza, al fine di compiere il volere dell’Onnipotente, in second’ordine, la conquista al fine di instaurare la democrazia o negli interessi della democrazia e dell’umanità; la Dottrina Monroe – la componente geopolitica; e la Dottrina della Open Door [Porta Aperta] – la componente economica. Fu alla fine del secolo scorso che le fondamenta intellettuali della dottrina geopolitica americana vennero formulate da Frederick Jackson Turner, Brooks Adams, e l’ammiraglio Mahan; la sua realizzazione fu avviata da Theodore Roosevelt e in seguito da Woodrow Wilson. Le concezioni geopolitiche avanzate da Frederick Jackson Turner, Brooks Adams, e l’ammiraglio Mahan “divennero una visione del mondo, una Weltanschauung espansionista per le successive generazioni di Americani… un fattore importante per comprendere l’espansione imperiale americana nel XX secolo”, scrive il celebre storico americano William Williams. La politica del Lebensraum americano detta ‘imperialismo della Open Door’, e l’ampliamento dell’impero americano tramite l’espansione del perimetro della Dottrina Monroe, spiegano la politica estera americana nel corso del secolo, incluse le attuali iniziative di espansione della NATO, l’affermazione del preponderante potere americano su tutta l’Eurasia e la guerra contro la Jugoslavia. Gli architetti del Lebensraum americano hanno fornito una giustificazione razionale anche per la NATO. La NATO, in quanto costruzione geopolitica, è fermamente ancorata alla “Tesi della Frontiera” della politica estera espansionista americana, ed appare come una funzione e strumento del Grossraum atlantico vagheggiato da Turner, Adams e Mahan. Nelle parole del senatore Tom Connally: “il Patto Atlantico è la logica estensione della Dottrina Monroe”. La creazione della NATO ha comportato l’estensione della Dottrina Monroe all’Europa – l’Europa diverrà per gli Stati Uniti un’altra America Latina, sostiene lo storico americano Stephen Ambrose.(3) Il concetto fondamentale di Frederick Jackson Turner era quello secondo cui l’unicità dell’America era il prodotto della sua frontiera in espansione. Egli definì l’esistenza storica dell’America come una perpetua espansione geopolitica verso nuove frontiere ad occidente. “L’esistenza di un’area di terre libere, il suo continuo recedere e l’avanzamento degli insediamenti americani a Ovest spiegano lo sviluppo dell’America”.(4) La “universale predisposizione degli Americani” – un “popolo in espansione” – è quella all’allargamento del proprio dominio”, e l’ampliamento geopolitico in atto “è il risultato attuale di una potenza espansiva che è insita in essi”,(5) proclamava Turner. La storia americana è la storia di “una linea di frontiera in continuo avanzamento… La frontiera è la linea di più rapida ed efficace modernizzazione americana… Il movimento è il suo elemento dominante, e… l’energia americana esigerà continuamente un campo di applicazione sempre più vasto”.(6) “L’altra idea (nella Weltanschauung imperialista americana) è la tesi di Brooks Adams, secondo cui l’unicità dell’America può essere preservata solo mediante una politica estera espansionista”.(7) La tesi di Adams era costruita al fine di preservare la spiegazione del passato americano fornita da Turner e proiettarla nel futuro. “Prese assieme, le idee di Turner e Adams offrirono ai costruttori dell’impero americano una visione e interpretazione del mondo, oltre che un programma d’azione ragionevolmente dettagliato dal 1893 al 1953”, afferma William Williams. “Espansione fu il catechismo di questo giovane messia dell’unicità ed onnipotenza dell’America… Turner offrì agli Americani una visione del mondo nazionalistica che spazzava via i loro dubbi… e giustificava la loro aggressività”.(8) Turner, guardando al passato dell’America, vide nella conquista definitiva del West il realizzarsi del Manifest Destiny nell’Emisfero Occidentale. Adam vide la prossima nuova frontiera – il mondo intero. La sua visione mondiale conduceva inevitabilmente ad un solo impero mondiale – l’Impero Mondiale Americano, e non a quella pluralità di Grossräume o Pan-regioni immaginata da Carl Schmitt o dal generale Haushofer. In The Law of Civilization and Decay(9) (1895) Brooks Adams “teorizzava il mondo come frontiera”.(10) Egli proponeva una politica di espansionismo aggressivo mirata a fare dell’Asia una colonia economica e a permettere all’America di assicurarsi una vasta nuova frontiera in Asia. Nella sua essenza, la conquista dell’Eurasia ebbe inizio allora. “Furono persino ristampate le sue raccomandazioni di politica estera degli anni ‘890 come guida per gli Stati Uniti nel corso della Guerra Fredda”,(11) osserva William Williams. Nel suo libro “American Empire”(12) del 1911, Brooks Adams preconizzava la venuta dell’impero mondiale americano e la conquista dell’intero spazio geopolitico eurasiatico. Nell’interpretazione di Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, che vedono la spinta verso occidente come conquista civilizzatrice dell’Eurasia, si avverte l’influsso delle opere di Turner e Adams. Scriveva quest’ultimo “usare il potere economico e militare per espandere la frontiera degli Stati Uniti verso occidente”.(13) Il disegno espansionista di Brooks Adams fu il fondamento della politica estera americana – espansionismo dapprima in Asia, poi in Europa. “Wilson, nel presentare la propria interpretazione della storia americana, fece ampio uso della tesi della frontiera di Turner”; “Tutto ciò che ho scritto sull’argomento viene da lui”, precisò Woodrow Wilson.(14) Prendendo a prestito la terminologia della Dottrina del Manifest Destiny, lo slogan di Wilson – “un mondo sicuro per la democrazia” – significava in realtà un mondo sicuro per le politiche del Lebensraum americano. Come aggiunge Williams, “più ancora che nel caso di Theodore Roosevelt, le politiche di Woodrow Wilson e dopo di lui Franklin Delano Roosevelt furono Turnerismo classico”.(15) La tesi della frontiera fece della democrazia (ossia del dominio americano) una funzione della frontiera in espansione. “F.D. Roosevelt è sempre stato… un Turneriano in politica estera… di un Turnerismo peraltro unito alla realpolitik di Adams”.(16) Woodrow Wilson fu il primo ad aprire uno spiraglio sulla futura egemonia mondiale americana. Già intravedendo una Gran Bretagna soggiogata dagli USA, e John Bull trasformato in un obbediente servitore del Padrone atlantico d’oltremare, Adams individuò il nemico principale nell’Europa occidentale. “L’accelerazione del movimento di concentrazione del forte sta tanto rapidamente schiacciando il debole, che sembra a portata di mano il momento in cui due grandi sistemi saranno in gara l’uno contro l’altro, e la lotta per la sopravvivenza avrà inizio... Che ci piaccia o meno, siamo costretti a competere per il primato commerciale, o, in altre parole, per il primato imperiale… Il nostro avversario (Francia, Germania e Russia) è implacabile e determinato… Se cediamo di fronte a lui, ci soffocherà”.(17) La supremazia economica, dichiarava Adams, era la base di ogni potenza.(18) Libero commercio ed internazionalismo economico, ossia l’economia internazionale sotto il controllo americano, era la chiave del dominio mondiale. “Adams sosteneva che gli Stati Uniti dovessero assumere un ruolo sempre maggiore nel plasmare l’ordine mondiale. La potenza economica (e morale) andava tradotta in potenza militare, se l’America voleva accettare – per usare l’espressione di Franklin D. Roosevelt, influenzato da Adams – ‘il suo appuntamento con la storia’”.(19) American Economic Supremacy (1900)(20) di Adams fu il classico manuale per i costruttori dell’impero americano. Scrivendo nel 1945, Childs affermò: “Se Adams avesse scritto l’anno scorso, in vista della pubblicazione quest’anno, non avrebbe dovuto correggere quasi nulla per adeguare le sue opinioni al mondo contemporaneo”.(21) Lo stesso vale per il periodo post-1991. Il padre della dottrina del containment [contenimento], George Kennan, nell’esporre e difendere quella politica citava Adams “nel ristretto numero di Americani che avevano riconosciuto le giuste fondamenta della politica estera… L’analisi e le argomentazioni di Kennan erano per molti aspetti simili a quelle di Adams”.(22) Un classico esempio della Tesi della Frontiera fu la Dottrina Truman, ideata per facilitare l’espansionismo americano e definita in un discorso da Truman “Frontiera Americana”. “Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i dirigenti americani ragionavano già in termini ancora più espliciti secondo il modello teorico sviluppatosi negli anni ‘890”.(23) “Al pari di molti altri aspetti della storia americana del XX secolo, la visione militare del mondo fu un prodotto diretto della prospettiva dell’espansione della frontiera.(24) L’ammiraglio Mahan fornì la prima giustificazione razionale della NATO. “Esprimendosi con minacciose allusioni all’uso della forza fisica”, Mahan tratteggiava un futuro nel quale l’espansione industriale avrebbe condotto ad una rivalità per i mercati e le fonti di materie prime, sfociando alla fine nella necessità di disporre della potenza per aprire conquistare nuovi mercati. La potenza marittima sarebbe stata il veicolo decisivo per l’espansione, il nuovo colonialismo “Open Door” esigeva i servizi della marina americana. Come afferma LaFeber, Mahan riassunse la sua teoria in un postulato: “In queste tre cose – produzione, con la necessità di scambiare i prodotti, spedizione, tramite cui lo scambio avviene, e colonie – risiede la chiave di gran parte della storia e della politica delle nazioni costiere”.(25) Dalla produzione deriva la necessità della spedizione, che a sua volta crea il bisogno di colonie.(26) Le “Open Door Notes” [Annotazioni sulla ‘Porta Aperta’] – la proclamazione del Lebensraum americano nel 1899 e 1900 – significarono l’inizio dell’invasione commerciale del mondo e della futuro espansionismo imperialista americano tramite la politica della Open Door.(27) Come ho già fatto notare, le parole di Wilson – “un mondo sicuro per la democrazia” – si traducevano nella realtà in “un mondo sicuro per il Lebensraum americano”. Wilson vide nell’espansione economica oltremare la nuova frontiera che avrebbe preso il posto del continente americano già conquistato. In una sezione del V volume della sua Storia del popolo americano, che sembra una parafrasi del saggio di Brooks Adams, Wilson proclamava che gli Stati Uniti erano destinati al comando sulle “ricchezze economiche del mondo” tramite l’espansionismo della Open Door. “La diplomazia e, se necessario, la potenza dovranno aprire la via”. In una serie di lezioni tenute alla Columbia University nell’aprile 1907 egli fu ancora più esplicito: “Dal momento che il commercio ignora i confini nazionali e il produttore preme per avere il mondo come mercato, la bandiera della sua nazione deve seguirlo, e le porte delle nazioni chiuse devono essere abbattute... Le concessioni ottenute dai finanzieri devono essere salvaguardate dai ministri dello stato, anche se in questo venisse violata la sovranità delle nazioni recalcitranti... Vanno conquistate o impiantate colonie, affinché al mondo non resti un solo angolo utile trascurato o inutilizzato”.(28) F.D. Roosevelt concepiva il suo New Deal nella tradizione geopolitica di Turner e Adams(29) – il New Deal come Nuova Frontiera. Le libertà americane non potevano conservarsi in una società senza frontiere, gli Stati Uniti erano nuovamente alla ricerca di nuove frontiere. “Estendere al mondo intero la Politica della Open Door” divenne il leitmotiv della politica estera americana.(30) Il segretario di stato Hughes la estese a tutte le colonie europee e all’Europa orientale.(32) La Guerra Fredda aveva per oggetto l’apertura delle frontiere russa ed est-europea all’espansionismo americano e all’imperialismo della Open Door. La politica del “containment” – il tradizionale blocco della Fortezza Heartland – serviva il medesimo scopo. Austin Beard nel 1934 lanciò una sfida al New Deal) l’amministrazione Roosevelt) perché rompesse con la tradizione espansionista. Prevedeva che il New Deal sarebbe stato coinvolto in un’altra guerra imperiale. Parlando per bocca del National Foreign Trade Council, la comunità imprenditoriale si oppose decisamente a Beard: “L’auto-contenimento nazionale non trova posto nella politica economica degli Stati Uniti”.(33) “I dirigenti americani predissero che l’espansione commerciale, finché la porta fosse rimasta aperta, avrebbe garantito agli Stati Uniti i vantaggi economici di un impero formale senza le responsabilità e i costi politici e morali connessi al possesso di colonie”.(34) In ogni caso il risultato finale dell’espansionismo ‘Open Door’ fu la colonizzazione economica del nuovo spazio geopolitico. Come osservò il geopolitico tedesco Otto Maull: “La completa penetrazione economica è la stessa cosa dell’occupazione territoriale”. La guerra della ‘Porta Aperta’ conduce inevitabilmente all’occupazione della ‘Porta Aperta’.

Il programma americano per l’egemonia mondiale

l geopolitico inglese Peter J. Taylor, nel suo libro Britain and the Cold War. 1945 as Geopolitical Transition, introduce il concetto di “ordine geopolitico mondiale”, che denota un regime geopolitico di egemonia da parte di un paese storicamente egemone nel sistema mondiale, e sostiene che “l’ordine geopolitico precedente la Guerra Fredda è stato definito come Ordine Mondiale della Successione Britannica”.(36) La Germania nazista e gli Stati Uniti avevo identici programmi di Weltherrschaft [signoria mondiale] ed entrambi erano impegnati in una battaglia per l’egemonia mondiale quali successori del precedente ordine geopolitico della Pax Britannica; “...possiamo interpretare le due guerre mondiali come scontri fra Germania e Stati Uniti per la successione alla Gran Bretagna”.(37) Come risultato della Seconda Guerra Mondiale l’impero politico britannico dominatore fu sostituito da un nuovo impero economico americano. Già prima della Seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti iniziarono a pianificare la futura egemonia mondiale americana. Le minute degli incontri di gabinetto tenutisi a partire dal 1939 fra il Dipartimento di Stato e il Council on Foreign Relations espongono in dettaglio il ruolo degli USA come successori dei britannici.... Le minute del Security sub-Committee, organo dell’Advisory Committee of the Post-War Foreign Policy del Council on Foreign Relations, stabiliscono i probabili parametri della politica estera degli USA nel dopoguerra: “...l’impero britannico, quale è esistito in passato, non tornerà e ... e gli Stati Uniti dovranno prendere il suo posto...’ Gli USA ‘devono coltivare una visione mentale dell’assetto mondiale dopo questa guerra, tale da renderci capaci di imporre le nostre condizioni, equivalenti... alla Pax Americana”.(39) Gli Americani potranno serbare la propria vitalità solo accettando la logica dell’espansionismo indefinito.(40) Nel 1942, il direttore del Council, Isaiah Bowman, scrisse: “La misura della nostra vittoria sarà la misura del nostro dominio dopo la vittoria... (Gli USA devono assicurarsi aree) strategicamente necessarie al controllo del mondo”.(41) “Il War and Peace Studies Project, avviato dal Council on Foreign Relations sotto l’amministrazione Roosevelt immediatamente prima della Seconda Guerra Mondiale, fu quindi il piano-maestro e il programma di un nuovo ordine globale per il mondo del dopoguerra, un ordine nel quale gli Stati Uniti sarebbero stati la potenza dominante... I gruppi del War and Peace Studies, in collaborazione con il governo degli Stati Uniti, elaborarono una concezione imperialistica degli interessi nazionali e degli obiettivi di guerra degli Stati Uniti. ‘Imperialismo americano’ significò il deliberato intento di organizzare e controllare un impero globale. Il successo finale di questo tentativo fece degli Stati Uniti... la prima potenza mondiale, dominante su vaste aree del mondo – l’impero americano... Tale programmazione determinava, per sua natura, gli ‘interessi nazionali’(42) degli Stati Uniti... Scopo della pianificazione del dopoguerra era la creazione di un ordine politico ed economico internazionale dominato dagli Stati Uniti”.(43) Isaiah Bowman, massimo geopolitico al servizio di Franklin Delano Roosevelt, definiva gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti come il perseguimento di una politica globale di Lebensraum americano in risposta al Lebensraum della Germania nazista. Così gli scopi di guerra degli Stati Uniti e della Germania nazista erano identici. In collaborazione con H.F. Armstrong, Bowman si assicurò persino un articolo di Mackinder sui pericoli di una forte Unione Sovietica, pubblicato in Foreign Affairs con il titolo “The Round World and the Winning of the Peace”.(44) L’articolo è notevole, perché, in sostanza, il vecchio imperialista britannico Mackinder sostiene la trasformazione dell’Impero Britannico in una dipendenza degli Stati Uniti e l’istituzione di un’egemonia americana in Europa: “... la Gran Bretagna – fortezza circondata da un fossato – una Malta su larga scala (per il movimento verso occidente dell’impero americano) e la Francia come testa di ponte difendibile”.(45) Il Memorandum E-219 si concludeva con l’elencazione degli elementi essenziali per la politica estera degli Stati Uniti, riassumendo “le parti componenti di una politica integrata per conseguire la supremazia militare ed economica degli Stati Uniti nell’ambito del mondo non-germanico.” Altro fattore principale era “il coordinamento e la cooperazione degli Stati Uniti con altri paesi al fine di garantirsi la limitazione di qualsiasi esercizio di sovranità da parte di nazioni straniere che possa costituire una minaccia all’area mondiale minima essenziale alla sicurezza e alla prosperità economica degli Stati Uniti e dell’Emisfero Occidentale”.(46) Ad un incontro tenutosi il 19 ottobre 1940, Leo Posvolsky, massimo esponente del Dipartimento di Stato per la strategia del dopoguerra, “concordò con il Council il programma iniziale per il potere mondiale. La sua convinzione, che gli Stati Uniti dovessero avere per spazio vitale ben più del solo Emisfero Occidentale, è dimostrata dalla sua affermazione: ‘se per blocco intero intendete l’Emisfero Occidentale, allora date per scontati i preparatici di guerra’.(47) Posvolsky intuiva quindi che gli Stati Uniti, se contenuti entro l’Emisfero occidentale, sarebbero dovuti scendere in guerra per conquistarsi altro spazio vitale, una conclusione certamente discendente dai lavori del Council”.(48) L’economia americana necessita di una riserva di spazio, un nuovo, più esteso spazio vitale, per poter sopravvivere senza subire aggiustamenti di rilievo, sostenevano gli strateghi del Council on Foreign Relations. Quella riserva venen concettualizata come Grande Area (Grossraum) – il blocco non-germanico a direzione statunitense, blocco che nel 1941 gli Stati Uniti definivano ‘economia mondiale’ (sic!). Gli studi dell’Economic and Financial Group hanno mostrato quanto pericolosa sarebbe stata per gli Stati Uniti un’Europa unita, sotto il dominio nazista o meno. Hamilton Fish Armstrong affermò nel giugno 941 che non sarebbe stato possibile consentire il formarsi di un’Europa unita, perché questa sarebbe stata tanto forte da minacciare seriamente la Grande Area americana. L’Europa, organizzata in singola entità, era considerata fondamentalmente incompatibile con il sistema economico americano”.(49)

Il Lebensraum minimo dell'America: la Grande Area

Studi e discussioni approfondite nell’ambito del gruppo del Council stabilirono che, come minimo, gran parte del mondo non-germanico era necessaria come ‘riserva spaziale’ per la nuova Grande Area americana. Nella sua forma finale questa consisteva nell’Emisfero occidentale, il Regno Unito, i resti del Commonwealth e dell’impero britannico, le Indie orientali olandesi, la Cina e lo stesso Giappone.(50) Noam Chomsky sintetizza così il concetto di Lebensraum americano: “La Grande Area doveva comprendere l’Emisfero occidentale, l’Europa occidentale, l’Estremo Oriente, l’ex impero britannico (in via di smantellamento), le incomparabili risorse energetiche del Medio Oriente (che stava passando in mano americana, via via che ne espellevamo i nostri rivali, Francia e Gran Bretagna), il resto del Terzo Mondo e, se possibile, l’intero globo”.(51) L’intera Cina era inoltre compresa. Diversamente da Carl Schmitt, che nelle sue opere di geopolitica impiegò il concetto di Grossraum (e Grande Area ne è l’esatta traduzione) e che favorì un ordine mondiale basato sulla coesistenza di Grosräume, la concezione americana non ha nulla a che vedere con quella di uno spazio geopolitico delimitato. Gli USA respinsero apertamente uno scenario del dopoguerra caratterizzato da una pluralità di Dottrine Monroe.(52) Viceversa, l’espansionismo americano doveva essere illimitato, rigettando la nozione stessa di interessi nazionali in competizione. I War and Peace Studies incarnavano concettualmente l’espansionismo geopolitico di Turner e Adams, la Weltanschauung dell’imperialismo americano della ‘Open Door’. Il documento NSC-68 non fu altro che una riformulazione di quegli obiettivi geopolitici, bardata della pesante teologia di una Dottrina del Manifest Destiny modernizzata.(53)

Atlantismo

“Il principale obiettivo politico, in pace come in guerra, deve essere quindi prevenire l’unificazione delle potenze centrali del Vecchio Mondo in una coalizione ostile ai propri interessi”, scrisse il geopolitico americano Nicholas Spykman nel suo libro Geography of Peace,(54) riformulando i principali obiettivi geopolitici degli Stati Uniti nell’Europa del dopoguerra. “Spykman ripeteva semplicemente per gli Stati Uniti quello che era stato il principio dirigente dell’arte di governo britannica dai tempi di Enrico VIII”, commenta David Galleo.(55) Alla medesima conclusione pervenne Hans J. Morgenthau: “Le politiche europee degli Stati Uniti ricalcano in larga misura quelle della Gran Bretagna da Enrico VIII alla fine dell’Impero”. Come la Gran Bretagna in passato, gli Stati Uniti perseguono un solo obiettivo in Europa – prevenire l’unità europea, rifiutare il principio dell’equilibrio delle potenze ed affermare unilateralmente l’egemonia e supremazia americana.(56) Dopo la guerra la politica del Lebensraum sfociò nella formazione dell’Alleanza Atlantica, la nuova Grande Area ideata dagli strateghi del Council on Foreign relations e del progetto War and Peace Studies. La Grande Area americana vene concettualizzata ed istituzionalizzata nell’Alleanza Atlantica. L’Atlantismo – principio organizzatore della politica estera americana del dopoguerra verso l’Europa – era fondata sulla dipendenza politica dell’Europa. La NATO – perno del controllo americano nel dopoguerra – era lo strumento per gestire la proiezione della potenza americana in Europa, sostiene Ronald Steel nel suo libro Temptations of a Superpower,(57) nel quale sottolinea come per gli strateghi americani del dopoguerra un obiettivo essenziale fosse prevenire che l’Europa potesse diventare in futuro un concorrente economico, in quanto un concorrente economico ha buone chances di diventare anche un concorrente politico. L’interesse nazionale americano esigeva che l’unità Continentale venisse impedita. In anticipo sulla creazione della NATO, il massimo esponente geopolitico dell’espansionismo USA nel dopoguerra, Nicholas Spykman, avanzò nel 1943 la proposta che “la zona delle potenze europee fosse organizzata in una Lega delle Nazioni regionale, con gli Stati Uniti quale membro extra-regionale”.(58) Commentando la proposta di Spykman, l’insigne studioso americano di scienze politiche Clyde Egleton affermò: “E’ semplicemente incredibile sia che gli Stati Uniti accettino un simile rischio, sia che gli altri stati acconsentano ad una tale ingerenza esterna”.(59) Accettare le proposte americane avrebbe significato semplicemente acconsentire all’instaurazione di un protettorato americano sulle nazioni europee. Riformulando la vecchia Tesi della Frontiera di Turner, Spykman scrisse: “Abbiamo considerato la frontiera da un punto di vista internazionale, quale espressione di un rapporto di potere relativo, come quella linea ove le pressioni contrastanti trovano un equilibrio. Dal punto di vista nazionale del singolo stato, la frontiera è quella trincea che viene tenuta durante quel temporaneo armistizio che si dice ‘pace’”.(60) Il punto di vista europeista tese a considerare il sistema atlantico eretto attorno all’egemonia americana come una costruzione temporanea, dettata dall’eccezionale debolezza europea, destinata ad essere trasformata se non abbandonata una volta superata tale debolezza. Vi era implicita il giudizio che l’Europa non sarebbe stata dominata indefinitamente. Ma la geopolitica atlantista aveva in mente proprio quel dominio indefinito. La politica atlantista vedeva la NATO come il pilastro di quella dominazione indefinita e come lo strumento per la gestione del potere nello spazio geopolitico europeo. “L’Atlantismo rappresenta una sorta di religione politica dell’espansionismo, con il suo catechismo geopolitico e la sua dottrina dell’immacolata concezione della politica estera americana (sebbene, in omaggio alla sua origine anglo-sassone, il catechismo Atlantico appare meno sistematico e meno dottrinario)”,(61) scrivono David P. Galleo e Benjamin M. Rowland nel loro libro America and the World Political Economy. Atlantic Dreams and National Realities. Nel quadro della Weltanschauung imperialista americana, l’istituzione di un protettorato americano sull’Europa potrebbe essere realizzato tramite la NATO.(62) Il manto imperiale atlantico e il grande disegno americano di un ordine militare mondiale ebbero la loro epitome nell’Alleanza Atlantica. David Galleo e Benjamin Rowland affermano che: “L’imperialismo del libero scambio di Hull [Cordell Hull, segretario di stato sotto la presidenza Roosevelt] poteva anche essere previsto, ma non un nuovo Impero Romano con un Mare Nostrum atlantico. Era come se gli Stati Uniti, spregiando le colonie dell’Europa, avessero deciso di annettere direttamente la madrepatria”.(63) L’Alleanza Atlantica, vagheggiata già da Brooks Adams, “segnò l’egemonia dell’America sull’Europa”.(64) Da allora un generale americano, responsabile verso il Presidente, avrebbe usurpato le prerogative politiche dell’Europa. E con la Dottrina Truman una potenza aliena sul piano dello spazio, gli Stati Uniti, affermava ed otteneva il controllo sull’Europa occidentale, annullando così l’esistenza politica indipendente di quelle che erano state le Grandi Potenze, incluso il proprio alleato, la Gran Bretagna.

La NATO e la Dottrina Monroe

Il concetto geopolitico di Lebensraum amricano – la Grande Area atlantica della supremazia americana – necessitava di una diretta proiezione di potenza per garantire il dominio dell’America. La NATO divenne l’istituzione dell’egemonia par excellence. Gli architetti dell’Impero americano progettarono per la NATO il medesimo ruolo che l’ammiraglio Mahan aveva immaginato per la Marina – un veicolo di conquista di nuovi mercati e spazio geopolitico, ed uno strumento per la realizzazione della politica della ‘Open Door’ e la gestione dello spazio geopolitico. In breve, la NATO divenne il braccio militare del movimento in direzione occidentale dell’Impero americano. Nella politica estera americana, Tesi della Frontiera e Dottrina Monroe trovarono una confluenza nella NATO. Il Piano Marshall, seguito dalla NATO, segnò il vero inizio dell’era della dominazione militare, politica ed economica dell’America sull’Europa, afferma Stephen Ambrose.(65) Il senatore Henry Cabot Lodge considerava la NATO come una della serie di organizzazioni destinate a circondare l’Unione Sovietica. La NATO fu così costruita come strumento per il blocco della fortezza Heartland, coincidente con l’Unione Sovietica.. (Il concetto, espresso da Spykman, secondo cui i paesi del Rimland dovevano essere controllati dagli Stati Uniti, equivale alla teoria geopolitica del blocco). La NATO avrebbe affermato il dominio americano sull’Europa occidentale, permettendo simultaneamente agli Stati Uniti di assumere una posizione di incontrastata egemonia sull’Europa. Quale sarebbe stata questa egemonia, “venne adeguatamente, seppure rozzamente, riassunto nei frequenti riferimenti ad un’estensione della Dottrina Monroe. L’Europa, agli occhi dell’uomo d’affari, del soldato e del politico americano, sarebbe diventata una seconda America Latina”. Il senatore Tom Connally dichiarò che “il Patto Atlantico non è che la logica estensione della Dottrina Monroe”.(66) Il documento NSC-68 rappresentò l’estensione pratica della Dottrina Truman, che era stata mondiale nelle sue implicazioni, ma limitata all’Europa nella sua applicazione. Il documento forniva giustificazione all’assunzione del ruolo di gendarme del mondo dal parte dell’America.(67) Era ideato al fine non solo di preservare la potenza degli USA, ma anche di estenderla e consolidarla inglobando nuovi satelliti ed impedendo il sorgere di un sistema di potenze concorrenziale. Per comprendere la minaccia che la NATO pone alla sicurezza della Russia e degli altri paesi europei, è necessario tornare alle origini della cosiddetta Alleanza Atlantica. Il Trattato Nord-Atlantico, in origine, non era affatto un’alleanza, ma una garanzia unilaterale degli USA a quella che gli stessi USA definivano sicurezza europea, nei fatti un’affermazione di egemonia americana sull’Europa occidentale sotto il paravento della sicurezza. Nella sua essenza, la condizione originaria dei rapporti USA-Europa, formulata nel 1949, era del tutto unilaterale. La sua raison d’être dichiarata era la sicurezza - in realtà era l’egemonia, un allargamento di fatto della Dottrina Monroe, che all’inizio ebbe i suoi effetti maggiori sulla Gran Bretagna, la quale dovette cedere (come avvenne con la Grecia) le sue sfere di influenza agli Stati Uniti. Ciò consentì agli Stati Uniti di ottenere il comando supremo sulle forze armate europeo-occidentali ed anche lo stanziamento di truppe americane sul territorio europeo. Un editoriale nel Wall Street Journal dell’aprile 1949 caratterizzava correttamente l’Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico come “l’annullamento dei princìpi delle Nazioni Unite”.(68) In una prospettiva storica, la Dottrina Truman, unilateralmente dichiarata, era un’estensione della Dottrina Monroe oltre Atlantico, ossia un importante ampliamento del Grossraum americano - una globalizzazione dei princìpi del Grossraum dell’Emisfero Occidentale, dove gli Stati Uniti avevano il privilegio della sovranità – e quindi una prima aggressione diretta alla sovranità degli stati europei. Nonostante fosse stata ostentatamente propagandata come strumento di contenimento e politica di interventismo globale, fu in realtà strumento di sottomissione ed espansionismo, al servizio della politica del Lebensraum americano. Lo studioso di politica estera britannica Kenneth Thompson definì la Dottrina Truman un atto nazionalistico e strumentale destinato anzitutto a sostituire la potenza americana a quella britannica in Europa centrale.(69) Charles de Gaulle, il grande statista francese, dotato di sicuro istinto nelle questioni di geopolitica e nello smantellare i miti americani, giustamente valutò che la NATO era una semplice appendice degli Stati Uniti, e che l’adesione alla NATO e il rispetto della sovranità nazionale (francese) erano obiettivi fra loro incompatibili. Già nel 1951 (12 giugno) il settimanale parigino Le Monde riassumeva la sostanza dell’Alleanza Atlantica e del suo braccio militare, la NATO: “La fondamentale disuguaglianza dell’alleanza fa sì che questa divenga sempre più un protettorato nascosto, dove le proclamazioni di orgoglio nazionale non bastano a compensare il crescente asservimento. L’Impero Romano aveva i suoi cittadini, i suoi alleati, i suoi stranieri. Il nuovo Impero Americano ha i suoi alleati di prima fila (gli Americani), i suoi alleati di seconda fila (i Britannici) e i suoi protégés continentali. A dispetto del loro contegno altezzoso, questi ultimi diventano ogni giorno di più i Filippini dell’Atlantico”. Leopold Kohr concluse che l’Alleanza Atlantica non era una partnership egualitaria, e che vi era una sola nazione veramente libera in questo accordo, “la nazione imperiale, gli Americani”.(70) Come ha sostenuto Walter LaFeber, con la formazione della NATO gli Stati Uniti hanno perfezionato la vittoria in quella che egli definisce la Prima Guerra Fredda, iniziata dal presidente Wilson già alla Conferenza di Pace di Versailles dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, risultato finale della quale fu l’instaurazione di un controllo americano sull’Europa occidentale, cioè su una significativa porzione dell’Eurasia. Dopo la fine della Guerra Fredda, il ruolo della NATO quale strumento dell’espansionismo americano, di amministrazione , controllo ed ampliamento dell’impero americano, divenne più chiaro che mai. Citando lo scrittore francese J.J. Servan Schreiber, Benjamin Schwarz e Christopher Layne descrivono il ruolo degli USA nel periodo post-Guerra Fredda come signori di un impero mondiale. “A cinquant’anni dalla fondazione della NATO, nel momento in cui l’Alleanza del dopo-Guerra Fredda si trova essa stessa in guerra, è giunta l’ora di riesaminare la politica imperiale degli USA in Europa. La guerra in Jugoslavia costituisce uno spartiacque nella storia della NATO. Oggi gli Stati Uniti hanno ampliato la portata geografica dell’Alleanza e creato per essa un ruolo nuovo: l’intervento negli affari interni di stati sovrani le cui politiche contrastano i valori della NATO – persino nel caso in cui questi stati non pongono alcuna minaccia alla sicurezza dei partners dell’Alleanza... Celato dietro tutta la pomposa (e ingannevole) retorica riguardo alla NATO e alla partnership transatlantica, sta un semplice fatto: la politica USA in Europa non punta a contrastare le mire egemoniche altrui, ma a perpetuare la supremazia stessa dell’America... L’espansione della NATO potrà dimostrarsi un errore diplomatico grossolano al pari del Trattato di Versailles del 1919...”.(71) Schwarz e Layne sostengono che la NATO svolge le seguenti importanti funzioni:
1. Difesa ed espansione delle frontiere imperiali degli Stati Uniti.
2. Instaurazione di un protettorato permanente degli USA sul Continente.
3. Impedimento al sorgere di un’Europa occidentale indipendente.
La NATO è stata impiegata per minare il preesistente ordine mondiale basato sull’Accordo di Helsinki ed obliterare il ruolo indipendente delle Nazioni Unite. La NATO è diventata uno strumento di conquista dell’Europa orientale – “pacificamente” come nel caso dei ‘paesi di Vishegrad’ (Polonia, Ungheria e Repubbilca Ceca) o mediante il ricorso ad un’aperta guerra di aggressione (Jugoslavia). Il contenimento dell’Europa occidentale e la conquista dell’Europa orientale sono le due principali funzioni della NATO. Nel verdetto reso in occasione della sessione conclusiva del Tribunale contro i Crimini di Guerra della NATO in Jugoslavia, tenutasi il 23 gennaio 2000 a Kiev, in Ucraina, la NATO è stata dichiarata un’istituzione criminale secondo il dettato del Codice di Norimberga. Ancora una volta, e ora dopo la fine della Guerra Fredda, l’Europa in quanto entità geopolitica ha di fronte a sé una scelta storica – o un’esistenza geopoliticamente indipendente quale Mitteleuropa o Comunità europea, o un futuro di appendice dell’impero americano. Un’esistenza geopolitica indipendente – l’Europa agli Europei – si traduce nella Mitteleuropa quale blocco antiegemonico in opposizione e in concorrenza con il Grossraum Atlantico americano. Il più semplice assioma geopolitico è che la NATO è una minaccia per la futura indipendenza europea. E soprattutto – la NATO è una minaccia per la Russia.

Note

(1) Vedi Anders Stephenson “Manifest Destiny. American Expansion and the Empire of Right” (Hill and Wang, New York, 1995) p. XI.
(2) Josiah Strong “Our Country: Its Possible Future and Its Present Crisis” (New York, 1985) , p. 20. Cit. in Walter LaFeber “The New Empire” (Cornell University Press, Ithaca, 1963) , p. 74.
(3) Ambrose, Stephen E. “The Military Dimension: Berlin, NATO and NCS-68” in Paterson, Thomas G. (ed.) “The Origins of the Cold War” (D.C. Heath and Company, Lexington, MA, 1974) p. 178.
(4) Turner, Frederick Jackson “The Significance of the Frontier in American History” (Henry Holt and Co, New York, 1995) p. 1.
(5) Turner, Frederick Jackson, ibid. p.33.
(6) Turner, Frederick Jackson, ibid. p.p. 33, 59.
(7) William Appleman Williams “The Frontier Thesis and American Foreign Policy” in Henry W. Berger (ed.) “A William Appleman Williams Reader” (Ivan R. Dee, Chicago, 1992) p. 90.
(8) William Appleman Williams “The Frontier Thesis and American Foreign Policy” p. 91.
(9) Brooks Adams “The Law of Civilization and Decay” (The MacMillan Co, New York, 1896).
(10) William Appleman Williams “The Frontier Thesis and American Foreign Policy”, p. 92.
(11) William Appleman Williams “The Frontier Thesis and American Foreign Policy”, p. 96.
(12) Brooks Adams “The New Empire” (The MacMillan Co, New York, 1900).
(13) ibid. p. 96.
(14) Williams, ibid. 97.
(15) ibid. p. 98.
(16) ibid. p. 99, 100.
(17) Brooks Adams “America’s Economic Supremacy”, p.p. 80, 104-05, David P. Calleo and Benjamin Rowland “America and the World Political Economy” p. 273.
(18) Thomas J. McCormick “America’s Half-Century” (John Hopkins University Press , Baltimore, 1995) p. 18.
(19) McCormick ibid. p.p. 18-19.
(20) Brooks Adams “America’s Economic Supremacy” (The MacMillan Co, New York, 1900).
(21) Ibid. p. 100.
(22) ibid. p. 101.
(23) William Appleman Williams “The Contours of American History”, Norton and Company, New York, 1988, p. 474 .
(24) William Appleman Williams “Contours of American History” p. 473.
(25) A.T. Mahan “The Influence of Sea Power upon History”, 1660-1783 (Boston, 1890) pp.. 53, 28.
(26) Walter LaFeber “The New Empire. An Interpretation of American Expansion 1860-1898” (Cornell University Press, Ithaca, 1963) p. 88.
(27) Williams ibid. p. 86.
(28) Williams, William Appleman “The Tragedy of American Diplomacy” p.p. 71, 72.
(29) Graebner p. 134.
(30) Graebner p. 134.
(31) Charles Evans Hughes p. 86.
(32) William Appleman Williams “The Contours of American History” p. 454
(33) Lloyd C. Gardner “The New Deal, New Frontiers, and the Cold War: A Re-examination of American Expansion, 1933-1945” in David Horowitz (ed) “Corporations and the Cold War” (Monthly Review Press, New York, 1969) p. 108.
(35) Dorpalen, Andreas “The World of General Houshofer. Geopolitics in Action” (New York, 1942), p.224.
(36) Peter J. Taylor “Britain and the Cold War. 1945 as Geopolitical Transition” (Guilford Publications,Inc, New York 1990) p. 17. Il concetto di “regime di egemonia geopolitica”, impiegato da Taylor, è del tutto simile al concetto di “regime di egemonia storica!” presente negli scritti di Antonio Gramsci.
(37) Peter J. Taylor ibid. p. 17.
(38) Peter J. Taylor ibid . p. 17.
(39) Michio Kaku e Daniel Axelrod “To Win a Nuclear War. The Pentagon’s Secret War Planes” (South end Press, Boston, 1987) p.p. 63,64.
(40) Queste opinioni vennero espresse da Reinhold Niebuhr, il quale, come molti strateghi americani della Guerra Fredda, vedeva il futuro destino politico dell’America secondo un’interpretazione manichea di guerra pressoché ininterrotta – secondo il punto di vista della riesumata Dottrina del Manifest Destiny. In proposito, va ricordata la visione della politica estera americana di William Appleman Williams. Affinché comprendessero la politica estera espansionista degli Stati Uniti, Williams esortava i suoi studenti “a studiare i pirati quale proto-comunità che, in epoca Rinascimentale e più tardi, cercava di imporre le proprie regole ed incuteva profondo terrore agli imperi esstenti”. Si veda Paul M. Buhle e Edward Rice-Maximin “William Appleman Williams. The Tregedy of Empire” (Routledge, New York and London, 1995) p. 236. Va inoltre ricordato che gli Stati Uniti iniziarono i preparativi della guerra contro l’Unione Sovietica già nel ocrso della Seconda Guerra Mondiale, quando ancora i due paesi erano alleati. Nell’estate 1945 , all’epoca della Conferenza di Potsdam, gli Stati Uniti adottarono una politica “di primo colpo” in caso di conflitto nucleare con l’Unione Sovietica.. A questo fine vene redatto un documento segreto, JCS 1496, datato 19 luglio 1945. (p. 30). Il primo piano di attacco nucleare fu redatto poco dopo dal generale Dwight Eisenhower su ordine del presidente Truman. Il piano, chiamato TOTALITY (JIC 329/1) prevedeva un attaco nucleare contro i Sovietici Soviet con 20-30 bombe A. Il piano aveva per obiettivo l’annientamento di 20 città sovietichecon il primo colpo: Moscaw, Gorki, Kuibyshev, Sverdlovsk, Novosibirsk, Omsk, Saratov, Kazan, Leningrado, Baku, Tashkent, Chelyabinsk, Nizhni Tagil, Magnitogorsk, Molotov, Tbilisi, Stalinsk, Grozny, Irkutsk e Jaroslavl" (Michio Kaku e Daniel Axelrod “To Win a Nuclear War. The Pentagon’s Secret War Planes” (South end Press, Boston, 1987) pp. 30, 31.
(41) Michio Kaku e Daniel Axelrod ibid. pp. 63,64.
(42) Lavrence H. Shoup & William Minter “Imperial Brain Trust” (Monthly Review Press, New York 1977, p. 117.
(43) Lawrence Shoup & William Minter ibid. p. 118.
(44) Martin Geoffrey “The Life and Thought of Isaiah Bowman” (Archon Books, Hamden, Connecticut, 1980) p. 177. Va inoltre ricordato che già nel suo libro The New World, pubblicato nel 1921, Isaiah Bowman prevedeva il futuro impero mondiale americano. Carl Haushofer pubblicò nel 1934 una trilogia intitolata “Macht und Erde” che, secondo Otto Maull, costituiva la risposta tedesca a “The New World” di Bowman. Martin Geoffrey, ibid. p. 165.
(45) Mackinder, Halford "The Round World and the Winning of the Peace" in Democratic Ideals and Reality (W.W. Norton & Co, New York, NY 1962) p. 274. L’articolo di Mackinder fu originariamente pubblicato in Foreign Affairs, vol. 21(July 1943) p.p. 595-605.
(46) Memorandum B-219, October 19, 1940, CFR, War- Peace Studies , NUL. Citato in Shoup & Minter, ibid. p. 130
(47) L’affernazione di Posvolsky si trova nel Memorandum A-A11, October 19, 1940 War Peace Studies , Baldwin Papers, Box 117, YUL da cui Shoup& Minter traggono la citazione.
(48) Shoup & Minter ibid. p. 131.
(49) Shoup & Minter, ibid. p. 137.
(50) Shoup & Minter , ibid p. 136.
(51) Noam Chomsky “What Uncle Saw Really Wants” p. 12 (Odonian Press, Berkeley, 1992). Le politiche del Lebensraum americano e la costruzione geopolitica della Grande Area americana sono discusse approfonditamente in Joyce e Gabriel Kolko “The Limits of Power. The world and United States Foreign Policy” (Harper and Row, New York, 1972) [tr. it. I limiti della optenza americana, Einaudi].
(52) Vedi Taylor, Peter J. “Britain and the Cold War. 1945 as Geopolitical Transition” (Gilfor Publications, New York, 1990. Non solo Carl Schmitt ma anche il generale Haushofer auspicavano la coesistenza pacifica di molte “Grandi Areae” o “Dottrine Monroe” concorrenti.. Carl Schmitt usò il concetto di Grossraum, il generale Haushofer quello di Pan-regione.
(53) Gli obiettivi politici descritti nel NSC-68 furono dopo la fine (sic!) della Guerra Fredda nuovamente formulati nella Pentagons Defense Planning Guidance del Pentagono. Uscita di scena l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti si avviarono una nuova politica di espansionismo.
(54) Nickolas Spykman “Geography of Peace”, New York, 1944.
(55) David Galleo ibid. p. 30.
(56) Hans J. Morgenthau “The Mainsprings of American Foreign Policy” Robert A. Goldwin (ed) “Readings in American Foreign Policy” (Oxford University Press, New York, 1971) p. 642.
(57) Ronald Steel “Temptations of a Superpower” ( Harvard University Press, 1995) p. 70.
(58) N. Spykman “America’s Strategy in World Politics” p. 468.
(59) Clyde Eagleton, “Review of America’s Strategy” in World Politics , 222 Annals of the American Academy of Political and Social Science (July 1942) , 189-190, p. 190. cit. in David Willkinson “Spykman and Geopolitics” in C. Zoppo and C. Zorgbibe (eds) “On Geopolitics: Classical and Nuclear” (Martinus Nijhoff, Dortrecht, 1985), p. 82
(60) Nickolas J. Spykman e A.A. Rollins "Geographical Objectives in Foreign Policy” I, American Political Science Review , vol. 33 , 1939 , p. 394
(61) David P. Galleo e Benjamin M. Rowland “America and the World Political Economy. Atlantic Dreams and National Realities” (Indiana University Press, Bloomington, 1973) p. 18.
(62) ibid. p. 44.
(63) ibid. p. 46.
(64) ibid. p. 61.
(65) Stephen E. Ambrose “The Military Dimension : Berlin, NATO and NSC-68” in Thomas G. Paterson “The Origins of the Cold War” (D.C. Heath and Company, Lexington, 1974) p. 178.
(66) Stephen E. Ambrose “The Military Dimension : Berlin, NATO and NSC-68” in Thomas G. Paterson “The Origins of the Cold War” (D.C. Heath and Company, Lexington, 1974) p. 117.
(67) Stephen E. Ambrose , ibid. p. 182.
(68) The Wall Street Journal, April 5, 1949.
(69) Kenneth Thompson “Political Realism and the Crisis of World Politics. An American Approach” (Princeton University Press, Princeton, 1960), p. 124.
(70) Leopold Kohr “The Breakdown of Nations”, ibid., at p. 203.
(71) Benjamin Schwarz and Christopher Layne "NATO: At 50, It’s Time to Quit", The NATION Magazine, May 10, 1999 p.p. 17, 18.