Una volta tanto se ne accorge anche l'Unita'.....


Critica Arafat, quattro colpi per farlo tacere
di Umberto De Giovannangeli

L'hanno gambizzato, in perfetto stile mafioso-terroristico. L'hanno atteso sotto casa, a Ramallah, per «impartire una lezione» ad un politico scomodo, a un intellettuale coraggioso che aveva osato mettere in discussione il potere assoluto del raìs e dei suoi cortigiani. Pochi minuti prima, il nemico da abbattere aveva parlato alla televisione denunciando la corruzione che imperversa nell'Anp e sollecitando Yasser Arafat ad attuare le riforme promesse. L'hanno accerchiato, picchiato e alla fine, come freddi killer, gli hanno sparato quattro colpi di arma da fuoco alla gamba destra.

L'hanno gambizzato per farlo tacere. Perché ciò servisse da monito ai giornalisti palestinesi che avevano cercato di fare il proprio mestiere raccontando la rabbia e la protesta popolare della gente di Gaza. «Prima ti dicono che non è un bene per la causa palestinese che si parli degli scontri interni; se non capisci o fai finta di non capire, che potrebbe essere pericoloso per te o per la tua famiglia. E se non basta ancora, ti dicono che farai la fine di quel "traditore" di Ramallah», racconta, con la garanzia dell'anonimato, un giornalista palestinese che ha scritto del caos e della protesta nella Striscia.

L'agguato al «traditore di Ramallah» è stato rivendicato dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa, il gruppo di fuoco legato ad Al Fatah, il movimento guidato da Yasser Arafat. Nabil Amr, 57 anni, cinque figli, una vita nel movimento di liberazione palestinese, ex ministro dell'informazione nel governo del riformatore Abu Mazen. La sua «colpa» è quella di non aver chiuso gli occhi di fronte alle ruberie e ai soprusi che come un tumore in metastasi hanno corroso il corpo politico dell'Anp. Due anni fa, Amr aveva sorpreso e scatenato polemiche pubblicando una lettera aperta a Yasser Arafat nella quale accusava il presidente dell'Anp di aver perso un'occasione storica rifiutando l'offerta di accordo di pace al vertice di Camp David del luglio 2000: «Uno sbaglio che il popolo palestinese - ha denunciato Amr - sta pagando a caro prezzo». Poche settimane dopo, uomini col volto coperto esplodevano raffiche di mitra contro la sua abitazione, nel quartiere Tirah di Ramallah, senza peraltro ferirlo. Fonti vicine ad Amr avevano attribuito il sinistro avvertimento a uomini di Arafat.

Nabil Amr non ha alle sue dipendenze miliziani armati ben retribuiti, né gode della protezione degli irriducibili dell'Intifada. Non possiede conti all'estero milionari. Non esibisce ville principesche a ridosso della miseria dei campi profughi. Non è nel libro paga di qualche raìs arabo. Non ha il monopolio della distribuzione della benzina come Jibril Rajub, consigliere per la sicurezza nazionale di Arafat, o quello del cemento, come l'uomo forte di Gaza, l'ambizioso Mohamed Dahlan. Amr non è coinvolto nello «scandalo del cemento» che anzi ha contribuito a far esplodere.

L'ex ministro, assieme ad altri membri riformatori del Consiglio legislativo palestinese (Clp, il parlamento dei Territori), aveva infatti raccolto prove documentali contro esponenti di spicco dell'establishment di Ramallah che hanno venduto migliaia di tonnellate di cemento agli israeliani per la costruzione del «Muro» in Cisgiordania: 5 milioni di dollari di ricavo, 5 compagnie palestinesi coinvolte, due ministri implicati. Uno sporco affare che ha lambito lo stesso premier Abu Ala e nel quale sarebbe coinvolto Mohammed Rashid, il «gran tesoriere» di Arafat. Per questo Nabil Amr è temuto dai «signori della guerra», e dei traffici illeciti, che si contendono potere e denaro all'ombra di Yasser Arafat. È temuto perché chiede pulizia e lotta alla corruzione, interpretando l'insoddisfazione, la rabbia e le aspettative della società palestinese.

Nabil Amr aveva messo a punto un dossier sulla corruzione negli apparati di sicurezza che dovrebbe essere discusso prossimamente dal Clp. «In quel dossier - rivela a l'Unità una fonte vicina all'ex ministro - vi sono fatti e nomi che possono far tremare i vertici dell'Anp». Forse per questo è stato gambizzato. «Non è la prima volta che cercano di farmi tacere, ma tutti devono sapere che continuerò a dire quel che penso», afferma Amr dal suo letto d’ospedale. Continuerà a dire che i palestinesi hanno bisogno di trasparenza, collegialità, efficienza, onestà nella gestione dei denari pubblici e degli apparati di sicurezza. A ripetere, come sostenne in una recente intervista a l'Unità, che «un primo ministro nella pienezza dei suoi poteri non può delegare ad altre istanze una materia delicatissima come è quella della sicurezza. Su questo punto non può esistere un dualismo di poteri». Non smetterà di battersi per la smilitarizzazione dell'Intifada, per il disarmo delle milizie palestinesi, perché, ha più volte sottolineato, «sono certo che la pratica terroristica infanga e ostacola la causa palestinese».

Dopo l'agguato, martedì scorso, Amr è stato prima ricoverato in un ospedale di Amman e successivamente trasferito in Germania. La situazione è apparsa subito grave. I proiettili utilizzati nell'agguato erano di tipo deformante. Alla fine, l'amputazione parziale della gamba è stata inevitabile. Ma Nabil Amr non rinuncerà per questo alla sua battaglia democratica. È il messaggio che, attraverso un suo stretto collaboratore, affida a l'Unità: «Appena ne avrò le forze, tornerò a Ramallah. E a quanti condividono le mie idee, dico che dobbiamo continuare a lottare per le riforme e per l'autodeterminazione nazionale. Le due cose marciano insieme, perché non abbiamo combattuto l'occupazione israeliana per veder nascere uno Stato di polizia». E di corrotti.

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