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Discussione: Gli oracoli

  1. #11
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    Predefinito L'Eritrea, la Cimmeria, la Frigia…

    Molto popolare tra le genti dell'Asia Minore era la sibilla Eritrea, ritenuta di origine babilonese o, secondo la testimonianza di Apollodoro, ionica. Prevalse la seconda ipotesi, che la voleva nativa di Eritre, città famosa per i vini e le indovine sulla penisola di Mimas (attuale Karaburun in Turchia), fondata dai cretesi, colonizzata dagli ioni, assoggettata dagli ateniesi (nel 453 avanti Cristo) e successivamente dai persiani.
    Tale varietà di dominazioni giustifica la fama cosmopolita di questa veggente, alla quale si attribuisce tra l'altro la profezia della guerra e della caduta di Troia. Predisse che un grande poeta cieco ne avrebbe cantato la storia, ma questo sconvolge la teoria di Apollodoro sulla sua nascita, poiché la saga di Troia risale al secolo XI avanti Cristo e i poemi omerici all'VIII, molto tempo prima che fosse fondata la città di Eritre.
    Questa sibilla dai natali contesi tra le due grandi civiltà di Babilonia e Creta è anche indicata come autrice di un inno ad Apollo da Pausania il Periegeta, così chiamato per la compilazione di un'opera geografica dal titolo Periegesi della Grecia, nella quale sono raccolte nozioni d'ordine storico, mitologico e leggendario, oltre che scientifico, sulle terre del Peloponneso.


    Sibilla eritrea – Michelangelo, Cappella Sistina

    Da remote nebbie barbariche, lontane dalla solarità ellenica e mesopotamica, sembra emergere invece la sibilla Cimmeria, anche se la sua fama è collegata da Nevio e Pisone a vicende mediterranee, come le guerre tra Roma e Cartagine. La sua leggenda sarebbe infatti entrata nella tradizione mitologica greca attraverso le migrazioni di tribù nomadi (i cimmeri) provenienti dalle rive del mar d'Azov sotto l'incalzare degli sciti. Se ne sa poco: vivevano intorno all'anno Mille avanti Cristo in Tauride, ma furono costretti a riparare in Assiria e, dopo esserne stati scacciati, in Lidia. Si estinsero dopo essere stati respinti anche da lì, disperdendosi verso l'Europa, dove vennero presumibilmente assorbiti dai cimbri.



    Sibilla cimmeria - Guercino


    Avevano maggiore fama di stabilità la Sibilla Frigia, radicata nella città di Ancyra, e l'Ellespontina, famosa nella Troade ai tempi di Ciro il Grande e di Solone. Particolarmente venerata dai romani era poi la Tiburtina, il cui culto veniva praticato a Tivoli. Varrone la chiama anche Albunea. Era molto popolare negli insediamenti pastorali lungo le rive dell'Aniene, nelle cui acque venne rinvenuta una sua statua con un libro in mano.
    Detentrice tuttavia di ogni primato presso i romani fu la citata sibilla Cumana, e non soltanto per la fama che le diede Virgilio. Ai suoi oracoli sono infatti vincolate le sorti di Roma fino dall'età mitica dei re. Fu lei, secondo una leggenda divenuta canone religioso e politico, a vendere a Tarquinio Prisco (secondo altri a Tarquinio il Superbo, il che non sposta la questione se non dal quinto al settimo re di Roma, con neanche un secolo di scarto) i famosi Oracoli sibillini, contenenti il segreto dei fati futuri della città (Fata urbis Romae).

    Franco Cuomo, Le Grandi Profezie (Newton & Compton Editori)
    Ultima modifica di Silvia; 18-03-10 alle 11:46

  2. #12
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    Predefinito Rif: Gli oracoli

    LA SIBILLA APPENNINICA



    Dante Gabriel Rossetti ,Sibylla (1866-1870)
    Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight


    Sotto la cima del Monte Sibilla, sugli Appennini che dividono Umbria e Marche, si apriva una grotta, ostruita da una frana nel 1946 (frana in parte naturale, in parte dovuta all'opera dinamitarda di maldestri archeologi). Qui si trovava, secondo la tradizione popolare, la dimora della Sibilla appenninica, leggendaria figura risultato di un curioso intreccio tra mito greco-romano e saghe celtico-medievali. Nel corso dei secoli, un lungo processo sincretico ha portato a diverse sovrapposizioni del mito: dalla saggia indovina che consigliava le popolazioni montane dell'epoca preromana all'"oracolo dell'Appenino" dell'età imperiale, fino alla profetessa annunciatrice dell'avvento del Salvatore. Nel medioevo la Sibilla assunse invece i caratteri della maga Alcina, la bellissima incantatrice che di notte si tramutava in serpe. Una successiva stratificazione, legata al filone nordico, trasformò la Sibilla nella regnante tentatrice di un paradiso che racchiudeva ogni voluttà. Mutevoli illusioni di un mito fiabesco o sfaccettature storiche di un culto archetipico, tanto radicato da riuscire a sopravvivere migliaia di anni grazie alla sua stupefacente adattabilità?

    Secondo Giuliana Poli (L'Antro della Sibilla e le sue sette Sorelle, Controcorrente edizioni), la verità mitologica della Sibilla Appenninica affonda le sue radici nel culto della Grande Madre. La religione della Sibilla è quella della Mater, che non si basa su dogmi, su credenze superstiziose o sacre scritture, ma trae i suoi insegnamenti dalla Natura. Da fonti orali sappiamo che sui Monti Sibillini vivevano sette sacerdotesse con la Regina Sibilla, probabile madre di una scuola iniziatica femminile, creata fin dalla notte dei tempi e poi tramandatasi nei secoli. "Erano considerate tutte sante", scrive Giuliana Poli, e ognuna custodiva sette templi dislocati intorno al Monte Sibilla, dove attualmente s'innalzano sette chiese la cui topografia riproduce in terra la Costellazione della Vergine celeste.

    Identificata da alcuni con la Sibilla cumana, da altri con quella cimmeria, la Sibilla appenninica pronunciava responsi quasi sempre tristi e gravi che preannunciavano sconfitte in guerra, calamità e carestie. Ecco pertanto che fin dall'origine la Sibilla si presentava in forma tutt'altro che raccomandabile, e questa triste fama l'accompagnò per diversi secoli. Il suo era un culto pagano, orgiastico, che la chiesa cattolica riuscì nel tempo a trasformare in un culto degenerato e di perdizione. La Sibilla divenne così la rappresentazione della materialità più superficiale, in contrapposizione all'alta spiritualità cristiana.

    Nel periodo compreso tra la prima metà del '400 e tutto il '500, il Monte Sibilla fu meta di pellegrinaggio ininterrotto di negromanti e cercatori di tesori, botanici e naturalisti, archeologi e letterati, avventurieri, ciarlatani e semplici curiosi che arrecarono non poche preoccupazioni alle autorità ecclesiastiche e civili di Norcia. Ciascuno di quel viandanti raccontava a suo modo le proprie esperienze avventurose all'interno della diabolica spelonca. Per esempio, il medico trentino Giovanni delle Piatte dichiarò sotto tortura che aveva visto la Sibilla uscire dalla grotta a cavallo di un manico di scopa.

    Tra i miti delle Sibille quello appenninico fu l'unico attivo nel medioevo e capace di sviluppare un vivace movimento ideologico e letterario. Lo troviamo protagonista in opere della letteratura italiana ed europea come "Il Guerin Meschino" di Andrea da Barberino e "Il Regno della Regina Sibilla" di Antoine de la Sale. Non meno numerosi sono stati gli studiosi che, verso la fine dell'800 e nella prima metà del 900, hanno cercato di comprenderne la nascita e gli sviluppi, elaborando le teorie più disparate, rimaste tutte indimostrate. Tanto che ha finito per prevalere la teoria della leggenda di origine medievale, secondo cui la Sibilla attirava a sé cavalieri erranti che, dopo aver superato durissime prove, potevano accedere al suo regno e restare per un solo anno, per essere poi condannati alla dannazione eterna.

  3. #13
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    Predefinito Re: Rif: Gli oracoli

    GLI ORACOLI SIBILLINI, UN PONTE TRA L'ANTICA E LA NUOVA RELIGIONE



    Conservati nel tempio di Giove Capitolino fin dal VI secolo avanti Cristo, tali scritti venivano consultati dai sacerdoti addetti alla loro custodia solo in rare occasioni, quando momenti critici o difficoltà nelle scelte di governo lo richiedevano. Da qui la loro valenza politica, oltre che religiosa. E' realistico pensare che questi Oracoli sibillini fossero stati redatti da più veggenti, di origine sia etrusca che greca. Sembra comunque che vi fosse una certa unità nel loro stile, rigorosamente in versi. Ma quella di esprimersi in forma poetica è una caratteristica comune a tutte le sibille, che solevano generalmente improvvisare i loro responsi in esametri. Di certo si può dire che non fossero testi di facile decrittazione, essendo compilati in versi di significato ermetico, che per esprimere concetti di senso compiuto dovevano essere variamente articolati tra loro. Accresceva la difficoltà dell'operazione il fatto che la scrittura fosse in parte velata dall'uso di caratteri oscuri o geroglifici.

    Un'atroce morte era prevista per il sacerdote che, violando la consegna, avesse consentito ai profani di copiare i sacri testi. Ne dà notizia lo storico Valerio Massimo, descrivendo con crudeli particolari l'esecuzione del sacerdote Tullio, condannato alla stessa pena dei parricidi, cioè affogato in un sacco, per essersi lasciato corrompere da un cittadino di nome Petronio Sabino, permettendogli di trascrivere l'oracolo. Non sembra però che condanne così feroci servissero da deterrente contro i predatori del segreto oracolare, poiché di tali libri ne circolarono sempre vari esemplari a Roma, soprattutto in età imperiale. Il fenomeno raggiunse la massima estensione sotto Augusto, che per arginarlo ordinò il sequestro e la distruzione delle copie in possesso dei privati. Ne vennero bruciate oltre duemila.

    Le numerose trascrizioni dei libri sibillini, che i divieti imperiali non erano valsi ad impedire, ne consentirono la ricostruzione — sia pure attraverso inevitabili manipolazioni — all'inizio dell'era cristiana, da parte di apologisti tendenti a dimostrare come gli oracoli pagani avessero previsto l'avvento della nuova religione. C'era del resto, negli oracoli attribuiti alle sibille, una visione apocalittica della storia che non soltanto conferiva loro una ispirata solennità ma trovava dettagliati riscontri nelle grandi premonizioni bibliche sulla fine del mondo. Vi si parlava di giudizio finale del grande Re, con impressionanti descrizioni della catastrofe che si sarebbe abbattuta sull'umanità degenerata, in tutto e per tutto simile a quelle raccontate dall'apostolo Giovanni e dai suoi precursori ebraici. Vi si enumeravano segni celesti, soprattutto comete, preannuncianti cambiamenti epocali. Vi si tracciavano spaventosi scenari di morte o rigenerazione, alcuni dei quali, riferiti al passato, evocavano disastri come l'eruzione del Vesuvio del 79, mentre altri, riferiti al futuro, potevano interpretarsi come conferma (insospettabile, perché di fonte pagana) delle profezie conclamate dalla nuova religione. Tanto da far dire a Clemente Alessandrino, primo dottore della Chiesa, verso la metà del II secolo, che le visioni profetiche delle sibille fossero da considerarsi anticipatrici delle verità evangeliche. Ciò che afferma Clemente dimostra in tutta evidenza l'intento di rapportare lo studio delle Scritture alla cultura dell'antichità, traendone avallo. Imparate dalla Sibilla come rivelò Dio e le cose future, incita nel suo Protrettico, che in greco vuol dire appunto "esortazione". Leggete […} e troverete enunciate in grande rilievo e chiarezza testimonianze sul Figlio di Dio, e su come muoveranno guerra molti re contro il Cristo, odiandolo, e su quelli che diffonderanno il suo nome, sul loro martirio e sul suo trionfo.



    Jan van Eyck, Sibilla Cumana (1432)


    Altri santi e intellettuali cristiani dei primi secoli, come Giustino e Agostino d'Ippona,ebbero una rispettosa considerazione per le sibille, distinguendo le loro sentenze dalla farraginosa idolatria degli altri oracoli. Agostino è severo verso astrologi e indovini nella Città di Dio, ma indulgente nei confronti di queste veggenti, che mai si posero in contrasto con le verità di fede. Giustino, dal suo canto, riconobbe loro un certo.merito per avere «confutato le falsità dei pagani» con le loro predizioni sull'avvento del Cristo. Diversamente da quanto accadde per le predizioni di ogni altro indovino dell'antichità, quelle delle sibille furono considerate dalla Chiesa credibili. Determinanti per la fagocitazione degli Oracoli sibillini da parte cristiana furono, come si è detto, i passi riconducibili alla tradizione apocalittica, sia per i toni che per i contenuti. Come dimostra l' iterazione dettagliata dei riferimenti alla «collera del grande Dio», ma anche alla gloria che ne deriverà per il vincitore della battaglia finale.

    Dio darà un segno: una stella sfavillerà nel cielo terso, come una fulgida corona, per più giorni. Sarà l'aureola della vittoria per cui gli uomini combatteranno. La grande lotta condurrà infatti [il vincitore] alla città celeste. Ogni popolo sarà impegnato in duelli immortali... Ma l'ignobile non potrà coronarsi d'argento...

    Le calamità che affliggeranno gli uomini all'approssimarsi del giudizio sono le medesime di ogni altra apocalisse:

    [...] fame, peste, guerre. I tempi cambiano in un coro di lamenti e fiumi di lacrime [...] Esplode una gran confusione anche tra i giusti e i fedeli, allorquando le stelle dell'intero firmamento si mostrano a tutti in pieno giorno, insieme al sole e alla luna, mentre il tempo incalza veloce [...] Una densa nube avvolge il mondo infinito, da oriente a occidente, dalla mezzanotte al sole alto. Un fiume ardente di fuoco scorre giù dal cielo sulla terra, causando rovine dovunque: ne sono invasi gli oceani, l'azzurro mare, i laghi e le sorgenti, gli abissi dell'Ade (il lessico sibillino è qui ancora quello della paganità grecoromana) e la volta del cielo. I corpi celesti vanno in frantumi e si velano di nera oscurità. Dal cielo precipitano in mare le stelle…

    Fanno da contrappunto a queste immagini spaventose, negli "Oracoli sibillini" cristiani, come in altre rivelazioni catastrofiche e nello stesso messaggio di Fatima, echi di desolante dolore:

    Guai alle donne che quel giorno saranno incinte! Guai alle madri che avranno i loro piccoli al seno! Guai a quelle che dimorano in prossimità del mare!...

    E' di particolare significato, in questa prospettiva, il fatto che anche l'apocalisse delle Sibille preveda, oltre la soglia dell'orrore, la possibilità di una soluzione salvifica. A beneficio non soltanto dei giusti, ma perfino di quei malvagi che, pentendosi, imploreranno la misericordia divina.

    [...] Qualcosa sarà concesso a quelle anime pie che supplicheranno l'onnipotente incorruttibile Dio, che elargirà loro la salvezza dal tormento del fuoco e dall'incessante stridore di denti [...] E le manderà lontano dalla fiamma che non si estingue, a vita eterna e diversa, nella pianura dei Campi Elisi, oltre le onde agitate dell'Acheronte...

    Per questa loro sospensione tra mitologia e rivelazione cristiana, le sibille hanno di fatto costituito nella storia delle grandi profezie un ponte sull'abisso che separava i culti dell'antichità classica dalla nuova cultura religiosa. A conferma dell'effettivo interesse suscitato nell'immaginario occidentale da queste figlie inquietanti della paganità, depositarie di segreti connessi all'esercizio di pratiche esecrate dalle Scritture come blasfeme, eppure accettate in funzione di un più avanzato disegno escatologico, vi sono i capolavori di numerosi artisti che ne trassero ispirazione per decorare cattedrali e santuari, dove le Sibille, alla pari degli angeli e dei santi, costituiscono uno dei motivi ricorrenti. Sono perfino presenti nella liturgia. Nomina una sibilla il canto sacro del Dies irae, introdotto nel repertorio religioso da Innocenzo III, papa dal 1198 al 1216.

    Dies irae, dies illa
    solvet saeculum in favilla
    teste David cum Sibylla.

    È' un richiamo alla fine del mondo, al giorno dell'ira e al secolo che si dissolve nel fuoco, come testimoniano le Scritture (David) e la Sibilla.

    Franco Cuomo, Le Grandi Profezie - Newton & Compton Editori

    Eraclito di Efeso

  4. #14
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    Predefinito Re: Rif: Gli oracoli

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Fanno da contrappunto a queste immagini spaventose, negli "Oracoli sibillini" cristiani, come in altre rivelazioni catastrofiche e nello stesso messaggio di Fatima, echi di desolante dolore:

    Guai alle donne che quel giorno saranno incinte! Guai alle madri che avranno i loro piccoli al seno! Guai a quelle che dimorano in prossimità del mare!...
    La suora avrà letto Luca 21 un pò troppe volte ?
    Ultima modifica di P 6; 06-09-12 alle 13:08

  5. #15
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    Predefinito Re: Gli oracoli

    Ma... quanto erano attendibili gli oscuri responsi delle Sibille?

    Si è spesso sospettato che la loro ambiguità fosse deliberata: dal momento che ogni profezia poteva nascondere significati diversi, l'oracolo sarebbe stato in ogni caso nel giusto, indipendentemente quello che poi sarebbe effettivamente accaduto.

    "Ibis, redibis, non morieris in bello", oppure "Ibis, redibis non, morieris in bello": questa è una delle profezie, per così dire, double-face. "Andrai, ritornerai, non morirai in guerra" oppure Andrai, non ritornerai, morirai in guerra". La stessa frase, la stessa predizione poteva assumere, infatti, significati differenti solo con lo spostamento di una virgola o, forse, con una lieve, diversa intonazione della voce della Sibilla nel dare il responso.

    Eraclito preferisce una spiegazione diversa. Egli distingue due diversi modi di comunicare: «parlare esplicitamente» e «alludere». Il primo è quello che si usa nella conversazione di tutti i giorni, il secondo è quello dei poeti, ma anche di alcuni filosofi, segnatamente di Eraclito stesso. I frammenti relativamente scarsi delle opere di Eraclito che sono giunti a noi suggeriscono che egli abbia modellato il suo stile su quello dell'oracolo delfico, dicendo sempre troppo poco piuttosto che troppo. «Il signore a cui appartiene l'oracolo di Delfi non dice né nasconde, ma accenna».

    C'è un aneddoto che mette in luce come alcune profezie possano essere interpretate ad arte, a seconda delle necessità o delle aspettative. "Morrai schiacciato da una casa!", aveva predetto l'oracolo di turno a Eschilo. Certo di aver correttamente interpretato il vaticinio, il tragediografo pensò bene di camminare per le vie della città lontano dai muri, così avrebbe evitato di morire nel crollo di un'abitazione. Ma… mentre Eschilo – in aperta campagna, lontano da ogni rischio – si godeva una bella giornata di sole seduto su un masso, un'aquila… distratta lasciò cadere proprio sulla testa dell'uomo la sua preda: una grossa tartaruga che, con il suo carapace, schiacciò Eschilo. La "casa", appunto, prevista nel responso oracolare.




    Guercino, Sibilla Samia

  6. #16
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    Predefinito Re: Gli oracoli

    Massimo Centini

    L'ORACOLO DI DELFI


    Narra la leggenda che Zeus avesse ordinato a due aquile di volarsi incontro alla stessa velocità partendo dalle opposte estremità del mondo, a est e a ovest. E che le aquile si fossero incontrate nel luogo da allora considerato «l'ombelico del mondo», l'omphalos: il tempio di Apollo a Delfi. Tuttavia qualche tempo dopo Epimenide di Festo chiese proprio all'oracolo di Delfi se questa leggenda fosse vera e ne ebbe la seguente risposta: «Né della terra, né del mare in mezzo/evvi ombelico, o se ve n'è pur uno/solo agli dei non ai mortali è noto» (Plutarco, Opuscoli, tomo III). Oggi, e da tempo immemorabile, l'omphalos è una grande pietra a forma di mezzo uovo, ricoperta da una fitta rete di fili annodati scolpiti sulla superficie. Quelle odierne (una nel tempio e una nel museo di Delfi) sono copie dell'originale andato perduto, ma permane il mistero. Oltre alla definizione di ombelico del mondo, si dice che la pietra fosse quella data da Rhea a Cronos al posto di Zeus, e sputata lontano dal dio, oppure la pietra tombale di Dionisio.

    In origine Delfi non era consacrato al dio delle profezie. Si racconta che un pastore dal vicino monte Parnaso, di nome Corete, stesse un giorno osservando lo strano nervosismo delle sue capre in prossimità di un crepaccio. Incuriosito, si avvicinò, si sentì investito da un getto d'aria e iniziò a comportarsi stranamente e a profetare. Gli altri pastori si accorsero che capitava la stessa cosa a chiunque si avvicinasse al crepaccio, che però aveva anche il «difetto» di risucchiare i malcapitati. Allora decisero di organizzarsi: stabilirono che fosse una fanciulla vergine ad aspirare i misteriosi vapori assicurandola a un tripode per non essere risucchiata. Visto che il «dono» proveniva dalla terra, fu costruito un tempio dedicato a Gea.

    Il culto di Apollo giunse a Delfi solo intorno al 1000 a. C. Omero ci racconta che il dio stesso arrivò sul posto sotto forma di grande delfino, saltato su una nave proveniente da Creta. La ricca mitologia greca ci dice anche che in una grotta sotto il Parnaso si fosse rifugiato Pitone, il mostruoso serpente scatenato da Era contro Latona che aveva dato a Zeus i figli Apollo e Artemide. Il giovane Apollo, con una sua infallibile freccia, uccise il serpente: in ricordo del fatto nel VI secolo a. C. vennero istituiti i giochi Pitici e sulla tana di Pitone venne eretto il tempio del dio. Per quest'impresa Apollo si conquistò l'appellativo di Pizio e Pizia venne chiamata la sacerdotessa che aveva il compito di riferire gli oracoli del dio.



    John Collier, La sacerdotessa di Delfi
    (1891)

    La cerimonia per ottenere gli oracoli era complessa e tranne casi particolari avveniva solo in estate, in giorni prefissati. La Pizia veniva accompagnata dai sacerdoti lontano dal recinto sacro in cui viveva, fino alla fonte Castalia, in cui si immergeva, nuda, per purificarsi. Dopo aver bevuto l'acqua della fonte Cassotide, raggiungeva il tempio di Apollo. Qui era pronto il capretto da sacrificare al dio: se reagiva agli spruzzi d'acqua, veniva immolato e la cerimonia proseguiva, se non reagiva era salvo, tutto veniva sospeso e si traevano funesti presagi. Dopo il sacrifìcio, la Pizia raggiungeva la sala più interna del tempio, in cui esalavano i vapori vulcanici e dove si trovavano l'omphalos, una pianta dell'alloro sacro ad Apollo e il tripode. Saliva sul tripode e si teneva aggrappata alle due maniglie laterali per non cadere durante la trance profetica che le permetteva di trasmettere le parole dettatele dal dio.

    Lo storico.Plutarco, che fu anche sacerdote di Apollo in Delfi, così ci spiega il rapporto tra la Pizia e la divinità: [i]«Così come la luna ripercuote verso di noi la luce fiammeggiante del sole indebolita e fredda, la Pizia ripete le parole di dio, che si vale di lei nella maniera in cui della luna si vale il sole. Apollo rivela ed apre i suoi pensieri, ma li rivela mescolandosi con un corpo mortale ed un'anima umana, che non riesce a mantenere la calma ed a manifestare ogni cosa rimanendo impassibile. Essa dunque ondeggia come una nave nel mare tempestoso ed è trascinata dal suo intimo sconvolto. Ed è questo che genera l'entusiasmo» (Op. cit., tomo III).

    Le risposte in genere erano piuttosto oscure e spesso venivano tradotte in versi dai sacerdoti, che le trasmettevano ai postulanti. Gli oracoli della Pizia erano celebri ovunque nel mondo antico e non furono mai contestati, come testimoniano gli ingenti tesori accumulati a Delfi e l'interminabile elenco di quanti si rivolsero alla vergine sacra per ottenere risposte. Giunsero a Delfi filosofi come Socrate e Platone, grandi autori come Esiodo ed Euripide, politici e condottieri tra i più noti: Alessandro, Creso, Ciro, Cesare e Nerone, tutti carichi di doni. E la bella etera Frine portò una sua statua nuda in oro, scolpita da Prassitele. Sul tempio campeggiava la scritta gnȏthi seautón, il nosci te ipsum dei latini, forse il più chiaro avvertimento a chi si rivolgeva all'oracolo: cerca in te stesso la risposta.

    Massimo Centini, Le profezie (Xenia edizioni, pag. 28 e seguenti)

  7. #17
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    Predefinito Re: Gli oracoli

    Fabrizio Ferretti

    GLI ORACOLI DA SALOTTO






    Oggi la Signora Contessa ha aperto il salotto. Le poltroncine, la dormeuse, i ricchi drappeggi alle finestre, i vasi di fiori riflessi da preziosi specchi accolgono gli invitati e li dispongono a discorrere di letteratura, arte, musica e scienza. Tutti aspettano quella signorina dalla voce soave che per l'occasione ha acconsentito ad eseguire, accompagnata al pianoforte, una celebre aria: quella più in voga. Si parla, si discute di questo e di quell'altro argomento, anche a seconda del taglio che la padrona di casa ha voluto dare al suo salotto.

    Ma c'è qualcosa che attira l'attenzione di molti degli intervenuti: una delle damigelle ha portato con sé un certo libretto che vanta di predire l'avvenire, di scoprire gli inghippi amorosi e le fortune materiali di chiunque desideri interrogarlo. Risponde sulla fortuna, sui destini di cuori trafitti e di amori traditi; ed ecco che dame e signori si alternano con un frammisto di curiosità e timore a conoscere i capricci della sorte.
    Questo Oracolo, si legge nella lettera d'introduzione…ebbe già favorevole incontro presso molte gentili brigate, e i suoi Responsi per la loro giustezza ed acume, per l'ingenuità dello stile, per la loro prontezza, il brio e la vivacità, commossero alla ilarità ed al rìso non solo le cortesi ed amabili donne, ma eziandio uomini gravissimi, la serietà dei quali non è dall'amenità dello spirito disgiunta… Toccherammi qualche eredità? Sposerò io chi desidero? La persona a cui penso, mi sarà essa fedele? L'Oracolo non si fa attendere e risponde.

    Quello a cui ho fatto ora riferimento è L'Oracolo delle Dame, probabilmente molto diffuso tra le gentili brigate nell'Ottocento e attraverso varie riedizioni giunto fino a noi. Nell'avvertenza si dice chiaramente che L'Oracolo delle Dame è lo specchio della verità: sotto le spoglie di un gioco da salotto si celano saggi precetti e consigli prudenti; e si dice anche che non è bene abusare della sua prodigalità con più di tre domande al giorno o coprirà di una coltre impenetrabile la verità sul nostro destino. Questo avvertimento viene generalmente ripetuto anche in altre edizioni di differenti oracoli dello stesso tipo. Che questi oracoli fossero nati come divertimento per le dame, lo si desume anche dalle dediche che gli autori, il più delle volte ignoti, indirizzavano a colei che avrebbe ricevuto il libretto in dono. E certamente la dedica più eccellente è da ascriversi al misterioso Herman Kirchenhoffèr che a Londra, nel giugno del 1822, con devoto rispetto e venerazione omaggia del famoso Libro del Destino, noto anche come L'Oracolo di Napoleone, la Sua Graziosa Maestà Imperiale Maria Luisa, ex imperatrice di Francia e Arciduchessa di Parma.




    Si tratta con ogni probabilità di uno degli oracoli più interessanti in quanto, si diceva, fosse stato interrogato spesso dall'imperatore Napoleone I alla vigilia di ogni importante decisione che riguardasse la politica o le azioni belliche. Sembra che da sempre l'imperatore fosse molto attento all'occulto e alle influenze degli astri, e certamente questo suo interesse venne rafforzato dal matrimonio con Joséphine Beauharnais, nativa della Martinica e fortemente legata ai costumi, alle tradizioni e alle superstizioni della sua terra. Pare - le ultime fonti tendono però a smentire - che Joséphine pendesse dalle labbra di Mademoiselle Lenormand, famosa chiromante, cartomante e chiaroveggente, e che anche l'imperatore non disdegnasse le sue profezie.
    L'alone di mistero che circonda L'Oracolo di Napoleone, che si dice riesumato in una tomba egizia durante la campagna napoleonica e trasportato in Europa dopo innumerevoli peripezie, sicuramente ha contribuito alla sua notorietà. È fuori di dubbio però che, al di là delle incertezze circa la sua origine, si tratti di uno di quei testi del genere più consultato e non solo come gioco di società. Le sue risposte sono in effetti sempre molto pertinenti e la sensazione che si ha è che il caso non sia altro che un mezzo del destino per guidarci verso la risposta giusta. In alcuni casi, addirittura, il responso risulta da una serie di frammenti che vengono ricomposti (Oracolo della Sibilla Cusiana o Chiave di Pico) in seguito ad una affascinantissima commistione di caso e matematica.


    Sempre rimanendo in ambito francese, un altro oracolo che girava a Parigi nella prima metà del XIX secolo era Le Jeu de la Fortune, ou réponses des Dieux, Déesses, Démi-dieux, Héros, et grands hommes de l'antìquité aux questions qui leur sont adressées sur les destinées humaines, scritto da M.me la Comtesse de*** (chissà, forse la stessa del salotto all'inizio) e attribuito alla Lenormand. Sicuramente molto interessante anche perché viene coinvolta la mitologia greco-romana, molto cara alla società colta degli inizi dell'Ottocento, che vive una rivisitazione della grecità soprattutto, ma anche della latinità sia nelle arti che nella moda: basti pensare agli elegantissimi e semplici abiti femminili stile impero a vita alta e cintura sotto il seno, che ricalcano appunto il costume greco del periodo classico intorno al V sec. a. C.

    E poi, come non collegare questo "gioco" con le famose carte da divinazione astromitologiche attribuite, ma probabilmente non di sua invenzione, alla onnipresente M.lle Lenormand? Nella prefazione si legge che il simbolismo e la spiritualità della mitologia greca sono di una profondità straordinaria ed è peccato che nelle scuole non venga insegnata. Uno scopo didattico, quindi, oltre a quello ludico ed esoterico? Probabilmente sì, fattostà che Giunone, Giove, Venere, Èrcole, Achille, Fiutone, le Furie, Giasone, e altri ancora scendono dall'Olimpo o dai loro troni per guidarci e consigliarci nelle nostre vicende quotidiane. Le tecniche per far parlare gli Oracoli sono diverse ma riconducibili tutte al caso. Non essendoci antri o sibille, templi e caverne, e nemmeno Trofonio, bisogna che il consultante diventi l'augure di se stesso. E ciò non deve scandalizzare: è invece, secondo me, un modo per cercare la verità dentro noi stessi, attraverso la casualità ponendoci in contatto con il nostro vero Io, lo Spirito Immortale che conosce già la risposta e semplicemente ci guida per palesarcela.




    La maggior parte di questi oracoli elenca nelle prime pagine una serie di domande in numero variabile. Scelta la domanda, il consultante è invitato dalla "sacerdotessa" o dell'"augure" di turno a segnare alcune file di punti su di un foglio di carta, pensando intensamente alla domanda posta che in seguito ridurrà a una figura pseudo-geomantica che farà da guida alla risposta, tramite l'ausilio di tabelle predefìnite (L'Oracolo delle Dame, L'Oracolo di Napoleone). Altri metodi affidati al caso puro sono il lancio di dadi (Oracolo Galante) o la scelta ad occhi chiusi di un simbolo o di un numero su un disegno definito, che potrà essere una ruota come nei caso de Le jeu de la Fortune, di piramidi o altri ancora. Si distacca un poco dai metodi descritti l'altrettanto famoso Oracolo della Sibilla Cusiana o Chiave di Pico, poiché sembra che Pico della Mirandola sia l'autore del metodo numerologico che serve per avere il responso. In questo caso viene formulata la domanda secondo alcune regole precise che variano a seconda dell'edizione. A questo punto vengono considerate le lettere che corrispondono all'inizio delle parole che compongono la domanda, insieme alle iniziali del nome, cognome e città del consultante; a queste si associa un numero secondo una tabella che viene allegata al libretto. Procedendo con alcuni semplici calcoli matematici si accede a tre frammenti di distici disseminati in cento tabelle, che contengono ognuna trenta frammenti per un totale di tremila. Magicamente, o meglio matematicamente, viene ricomposta la frase che darà il responso dell'oracolo. E i responsi sono, questa volta davvero magicamente, sempre azzeccati e pertinenti con la domanda posta. [...]



    Robespierre e M.lle Lenormand


    Allora questi oracoli dicono la verità?
    Se vogliamo sostenere la considerazione precedente secondo la quale attraverso il caso o altri mezzi veniamo a contatto con il nostro vero Io, allora mi sentirei di dire sì: la sostanza c'è, c'è la verità ma a patto di prendere in mano il libriccino come se si stesse accedendo all'antro della Sibilla Cumana, con serietà e devozione, concetto questo che viene spesso ribadito e sottolineato in varie introduzioni e prefazioni ai libretti. Altrimenti rimarrà un dilettevole gioco da salotto da effettuare sul canapè mentre si ascolta la Signorina che canta o nell'intervallo di altrettanto dilettevoli conversazioni.
    Nelle prime edizioni de Il Libro del Destino, Kirchenhoffer cita un'opera - che fa risalire all'antico Egitto - chiamata Gli scritti di Balaspis, una sorta di invocazione riportata per comando diretto di Ermete Trismegisto e indirizzata ai sacerdoti di Tebe del Grande Tempio di Hecatompylos: una lezione ai Sacerdoti sul corretto utilizzo dell'oracolo, sui rituali, i "sacrifizii" e i "canti armoniosi" da eseguirsi per propiziarsene i favori e infine sul modo e il tempo migliori per accedere ai sacri responsi ("di notte [...] quando Lside brilla in tutto il suo splendore"): "'Sacerdoti dei Tebani! Servi del gran tempio di Ecatompili (sic)! Voi che nelle città sacre di Diopoli avete consacrato la vita al servizio del re e degli uomini! Ermete, fedele interprete della volontà di Osiride, salute e pace vi invia!" . Così inizia la pastorale che successivamente fu eliminata perché ritenuta inutile e della quale, nelle moderne edizioni, si è mantenuto solamente il metodo pratico per la consultazione. Ma al di là dei dubbi che si possono sollevare riguardo alla sua autenticità, questa pastorale poteva essere utile nel disporre il lettore ad una condizione di rispetto nei confronti dell'oracolo, e che, alla luce di quanto detto prima, si può quindi vedere come una forma di rispetto nei confronti del Vero Io. Seguiamo infine ed applichiamo a tutti gli oracoli, il consiglio della figlia del Duca di Cumberland, strenua sostenitrice de Il Libro del Destino: "per giudicare i meriti del Libro del Destino bisogna prima consultarlo".


    BIBLIOGRAFIA

    * Anonimo, L'Oracolo delle Dame, ed. Bietti, Milano 1946
    * Anonimo, Oracolo nuovissimo, ossia il libro dei destini dell'imperatore Napoleone I, ed. L. Patuzzi, Milano 1932.
    * Cuomo E, Elogio del libertino con in app. L'Oracolo degli Amanti (1825), ed. Savelli, Milano 1982
    * Deacon R., Il Libro del Destino, ed. MEB, Torino 1980
    * M.me la Comtesse de***, Grand jeu de société. Pratique secrètes de M.lle Lenormand. Le jeu de la Fortune ou réponses des Dieux, Dèesses, Demi dieux, Héros, et grands hommes de l'anti-quité aux questions qui leur soni adressées sur les destinées humaines, Parigi 1845.
    * Pico della Mirandola, L'Oracolo della Sibilla Cusiana, a cura di A. Crimi, ed. Brancato, Catania 2003


    Fabrizio Ferretti, Il Giornale dei Misteri n° 396

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    Predefinito Re: Gli oracoli

    L'oracolo della Sibilla

    In un anno imprecisato del secolo scorso, sono venuto in possesso di un interessante libretto, certamente della stessa "famiglia" di quelli sopra elencati da Silvia e di cui fornirò una succinta descrizione del funzionamento per chi ne fosse curioso; una edizione recente del medesimo è parzialmente visualizzabile in Google Libri ( https://books.google.it/books?id=4C_f_aZeszgC ).
    Nel mio caso si tratta di un libretto in sedicesimo, con 100 pagine: ogni pagina è numerata (da 00 a 99) e contiene - divisi in tre colonne numerate da 1 a 3 - dieci "frammenti di endecasillabi" numerati da 0 a 9.


    Ogni frammento è costituito dalle prime sillabe di due endecasillabi.
    L'oracolo si ottiene pensando tre numeri tra 0 e 9 (ovviamente dopo aver espresso la domanda a voce alta) e successivamente operando due misteriose permutazioni circolari; il 460, per esempio,fornisce anche il 604 e il 046.
    Con questi tre numeri si estraggono tre frammenti (uno per colonna) che insieme compongono un distico oracolare di senso compiuto.

    Es: frammento 0 di pagina 46 in colonna 1:
    tugiungerai
    aconsegui


    mentre il frammento 4 a pagina 60,colonna 2, dice:
    maapassolen
    reilsospira


    e quello 6 a pagina 4, colonna 3:
    tolento
    tointento


    che messi insieme producono "tugiungeraimaapassolentolento/aconseguireilsospiratointento" da interpretarsi ovviamente come "Tu giungerai, ma a passo lento lento/ a conseguir il sospirato intento".
    E' evidente che i responsi sono 1000 in tutto e il complicato marchingegno della determinazione di pagina e frammento servono solo ad ammantare di mistero la sibillina operazione.
    Ma per chi credesse al "principio di nessi acausali" (cfr. G. Jung: Synchronizität, Akausalität und Okkultismus oppure Wikipedia) ho predisposto il modo per ottenere il responso profetico anche senza il libretto in questione.
    Siccome a suo tempo avevo scansionato il libretto per automatizzarne la consultazione, ecco qui un sistema rapido e forumistico (e reso un po' piùmisterioso da qualche errore di scansione) utilizzabile sul forum.

    Dopo aver ben ponderato i tre numeri in sincrono con l'universo, sarà sufficiente inserire le tre cifre in un post sul forum tra i tag [sib] e [/sib], per esempio:[sib]460[/sib] che darà come risultato...
    I più pigri, che desiderano avere l'oracolo senza troppa fatica a pensare numeri, potranno mettere la domanda fra i due tag [sib] e [/sib] e ottenere un responso casuale - o acausale - da parte della Sibilla Poliana, l'unica che Michelangelo non ha affrescato sulla volta della Cappella Sistina.

  9. #19
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    Predefinito Re: Gli oracoli

    Massimo Centini

    L'ORACOLO DI CLARO


    Pittore di dolon, cratere lucano a figure rosse
    Ulisse consulta lo spirito di Tiresia (380 a.C. ca)


    Decisamente singolari le vicende legate al celebre indovino tebano Tiresia. Pare che egli avesse trascorso sette anni della sua vita come donna, dopo aver ucciso una serpe femmina sul monte Citerone. Sette anni dopo, nello stesso luogo recuperò gli attributi virili uccidendo il maschio. Anche sul fatto che perse la vista ci sono versioni leggendarie. Secondo alcuni fu punito perché aveva sorpreso nuda Artemide e fu da Zeus ricompensato col dono della profezia, del saper comprendere il linguaggio degli uccelli e di vivere a lungo.

    Il famoso indovino Tiresia ebbe una figlia, anch'essa celebre indovina, Manto. Fatta prigioniera dopo la distruzione di Tebe, fu mandata a Delfo da dove, per ordine di Apollo, si trasferì in Asia Minore a fondare l'oracolo di Claro. La fama di questo oracolo è legata a una limpida fonte, a cui attingevano i sacerdoti preposti al tempio di Apollo per dare i loro responsi. Seguiamo la testimonianza di Tacito al riguardo:

    «Quivi non una donna come a Delfi, ma un sacerdote scelto in seno particolari famiglie e, per lo più, fatto venire da Mileto, chiede ai visitatori quanti siano e il nome, non altro. Indi scende nella grotta, attinge l'acqua all'arcana fonte, e sebbene ignaro il più delle volte di lettere e di poesia, detta in versi le risposte per ogni argomento che ciascuno di essi s'è proposto, nel segreto della propria mente» (Annali, I, 54).

    Quest'oracolo fu molto celebre in Oriente già nei tempi più antichi, mentre in Occidente si diffuse rapidamente la «moda» di recarsi a Claro soprattutto dopo il responso dato a Germanico. Personaggio molto amato in Roma, Germanico fu grande condottiero ma anche amante della cultura. Dopo le vittorie in Germania, si recò in Grecia, si commosse davanti alle rovine di Troia e sostò a Claro per interrogare l'oracolo. Secondo la testimonianza di Tacito, «gli fu predetto, sia pure per ambagi com'è stile degli oracoli, prossima la morte». La sua visita a Claro probabilmente avvenne nel 18 d. C: il 10 ottobre del 19 morì a 33 anni, forse avvelenato per ordine di Tiberio.


    Massimo Centini, Le profezie (Xenia edizioni, pag. 28)


    Aggiungo che…

    Tacito (Ann., 11, 54), raccontando che Germanico, nel 18 d.C., volle consultare l'oracolo, dice, a proposito del sacerdote «tum in specum degressus»: per questo motivo si è a lungo pensato che il luogo in cui venivano emessi gli oracoli fosse una grotta profonda. In realtà l'espressione di Tacito si riferiva all'àdyton del tempio, scoperto nel corso degli scavi.

    Un testo di Giamblico (De mysteriis) e la sistemazione della parte sottostante il tempio di Klaros ci consentono di immaginare il modo in cui venivano emessi gli oracoli: in «particolari notti», dopo che diverse cerimonie avevano avuto luogo nel corso della giornata, il thespiodòs entrava da solo nella seconda sala; invisibile a tutti, beveva l'acqua del pozzo e cantava gli oracoli; nella prima sala (dove si trovavano solo i sacerdoti di Klaros e alcuni consultanti privilegiati) il profeta, seduto vicino alla postierla, trascriveva le parole o i suoni dell'invasato. In questa sala fu rinvenuto un omphalòs. (https://www.treccani.it/enciclopedia...rte-Antica%29/)

 

 
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