ROMA - Devono munirsi di permesso di soggiorno, se non vogliono essere espulsi, anche gli immigrati che tutti i fine settimana tornano dall’Italia - dove lavorano ma non risiedono stabilmente - al loro paese di origine.
Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 14098 che ha confermato il foglio di via per due camionisti croati privi di permesso. Invano i due cittadini slavi - soci di una ditta veneta di autotrasporti fin dal 2002 - hanno contestato, con ricorso a Piazza Cavour, il decreto di espulsione che gli aveva notificato nel 2003 il Prefetto di Venezia dopo che le forze dell’ordine li avevano trovati senza i documenti in regola. Innanzi ai magistrati di legittimità, Lovrenc D. e Robert M., hanno sostenuto che la loro condizione di pendolari che ogni week-end tornavano al paese natale, li esentava dal dover chiedere il permesso di soggiorno. In sostanza, la loro permanenza in Italia era “intermittente” dal momento che “non era mai successo che si fossero trattenuti per più di otto giorni, dato che ogni venerdì facevano rientro in Croazia per poi riprendere il lavoro il lunedì mattina”. Ma la Suprema Corte gli ha risposto che “quand’anche avessero fatto reiterato e costante rientro in Croazia ogni venerdì sera, per riprendere il lavoro in Italia il lunedì mattina, non da questo sarebbe derivata una sorta di neutra condizione di “pendolarismo transfrontaliero” idonea ad escludere l’obbligo di munirsi del permesso di soggiorno”. Anzi, dice la Cassazione, “ammettendo la integrale e continuativa prestazione di lavoro in Italia, presso la stessa impresa, dal 2002 alla data di espulsione, i due croati hanno configurato una situazione di loro effettiva domiciliazione in Italia rispetto alla quale l’uscita ed il reingresso di ogni fine settimana non avevano rilevanza interruttiva di sorta”.
In poche parole, non sono esentati dal richiedere il permesso di soggiorno i lavoratori immigrati pendolari che fanno la spola settimanale tra l’Italia e la loro terra.


[Data pubblicazione: 13/08/2004]