Capo V. I Volontari Romani
[...].
— Dal 1849 in poi [...] non mancarono mai ragguardevoli persone e uomini generosi delle migliori classi di Roma che offrissero il loro braccio al Papa.
Mettendo da banda tutti i Romani (e non sono pochi) che ora militano volontarî nei varî corpi indigeni (ed anche fra gli Zuavi), fin dal 1849 il Principe Aldobrandini, venuto appositamente dal Belgio a Gaeta, ed altri Romani, si offrivano al S. Padre per formare un corpo di volontarî [*...]; ma l’intervento cattolico rese inutile quella profferta. Ripristinato il Governo pontificio, e vista la mala piega che prendevano le cose di Europa per opera dei framassoni, tosto il pensiero di una dimostrazione armata per parte dei Romani rivenne in campo, e dopo le accuse lanciate a Parigi contro il Papa nel Congresso, in cui si pretese assicurare l’esistenza del Gran Turco, scuotendo quella del Papa, se ne intese tutta l’urgenza. Quindi nell’istesso anno 1856 una eletta di giovani Romani, insieme con alquanti ragguardevoli stranieri, concepivano il disegno di una milizia, composta di volontarî cattolici, alla quale, per imprimerle maggiore solidità, si dava il carattere di un ordine cavalleresco. La cosa era bene avviata, e già si avevano le più ampie adesioni da Francia, da Germania e da altre contrade; si poteva dire fatta (ne abbiamo sott’occhio i processi verbali regolarmente redatti dal Comitato direttivo, che si adunava presso un pio e zelante personaggio) [Il Rmo P. Abate Francesco Regis, nel secolo Marchese de Martrin Donoz, fondatore della Trappa di Staueli in Algeria, ora piamente defunto], e se ostacoli inattesi non vi si fossero opposti, fin d’allora, forse sotto altro aspetto e sotto altro nome, avremmo avuto i Zuavi pontifici; ma ragioni, che qui è inutile di ricordare [Il Governo napoleonico, coadiuvato da traditori interni, impedì sempre per quanto poté che il Papa formasse un esercito pari al bisogno, e si reggesse con le proprie forze], resero frustranei gli sforzi di quegli uomini generosi.
Malgrado di ciò la buona sementa non andò dispersa. Le persone si separarono; ma lo spirito, che era sincero spirito di devozione a ogni costo verso la S. Sede e verso il Pontefice, rimase e germinò sotto terra. Venne la guerra di Lombardia: quanti buoni e generosi Cattolici non vi si illusero! Non così i nostri giovani amici del Comitato romano. — Ferveva quella infaustissima guerra, e ai primi felici successi degli alleati gallo-sardi i settarî mostrarono in Roma una baldanza smisurata. I bullettini della guerra, affissi rivoluzionariamente tutte le sere pei caffé, d’ordine delle autorità francesi, eccitavano ogni giorno più il fermento. Già dagli italianissimi si percorrevano le vie della città, tumultuando e inneggiando alle vittorie contro l’Austria; già si acclamava un sovrano che non era quello di Roma, e alle acclamazioni si univano le grida di morte ai preti! morte ai neri! A quelle turbe tumultuanti, composte di quanto v’ha di peggio nel nostro popolo, vedevansi frammischiati [...] individui appartenenti a un esercito amico, l’esercito d’occupazione francese (lo abbiamo veduto coi nostri occhi, nessuno vorrà negarlo). Né solo i semplici soldati francesi, ma i sott’uffiziali e gli uffiziali, per fino appartenenti alla gendarmeria, prendevano parte e animavano quelle dimostrazioni settarie. Su questo proposito ci sovviene un fatto che non va dimenticato.
— Un certo uffiziale dell’esercito francese, uomo dei più avversi al Papa e più noti fomentatori di quelle sciagurate dimostrazioni, veniva qualche tempo dopo richiamato in Francia. Prima di partire volle vedere Pio IX, al quale osò presentare una fotografia rappresentante il tradito Pontefice, pregandolo di scrivervi un qualche motto. Pio IX, presa la penna, vi scrisse le parole dette da Gesù Cristo a Giuda: "Amice ad quid venisti?". Non sapendo il latino, l’uffiziale se ne andò a mostrare trionfante lo scritto pontificio ai suoi amici. Ma quale non fu la sua sorpresa, quando Monsignor Bastide, cappellano militare, dal quale sapemmo il fatto, gliene spiegò il significato!... Questo uffiziale è quel desso che, poco prima, aveva avuto l’insigne coraggio di scendere da Castel gandolfo con una compagnia dei suoi soldati in Albano, e di caricare con fuoco di plotone alcuni dragoni pontificî raccolti tranquillamente in un’osteria, sotto protesto che sparlassero dei Francesi, uccidendone o ferendone parecchi, oltre un povero paesano ucciso.
Mentre queste cose avvenivano alla vista di tutti, ed i buoni ne gemevano, e molti ne temevano per l’onore e la sicurezza di Roma, i nostri amici invece, prendendo coraggio dalla gravità stessa del pericolo, meditavano cosa che riscuotesse Roma dall’abbattimento in che sembrava piombata per l’audacia dei suoi nemici, e dicesse al mondo il vero sentire dei Romani.
Senza che l’uno sapesse dell’altro, due centri si formavano contemporaneamente, uno composto di giovani appartenenti all’alta classe della società, alla borghesia l’altro. Un giorno, era il mese di giugno, una persona [...] che faceva parte di questi ultimi, certo cavaliere Cartigoni, si portò da un giovane suo conoscente e gli comunicò il disegno dei suoi amici di offrire al S. Padre un corpo di volontarî romani, invitandolo a farne parte anch’egli. Questi si mostrò pronto ai suoi desiderî; però fecegli osservare, come egli, facendo già parte da molto tempo dell’altro centro che più volte aveva tentato una cosa simile, si trovasse nella necessità di farne parola ai suoi amici: forse, aggiungeva, essi potrebbero accettare una fusione dei due centri; e così di fatto riuscì la cosa. Da quel momento non vi fu più che un solo Comitato, intorno al quale già si aggruppava un bello stuolo di giovani devoti e coraggiosi. Fu redatto un Indirizzo, e nove, scelti fra di loro, ebbero l’insigne onore di presentarlo a nome di tutti a Sua Santità.
Correva il giorno 2 luglio, quando appunto il fermento settario era al colmo per le vittorie dei Gallo-sardi in Lombardia: parlavasi niente meno che di governo provvisorio; allorché il S. Padre riceveva nella sua privata biblioteca quei nove giovani Romani. Il Marchese D. Giovanni Patrizi-Montoro leggeva il seguente indirizzo:
"Beatissimo Padre,
"Mentre la cattolica e generosa nazione francese veglia sulla Vostra Sacra Persona, o Beatissimo Padre, e l’Augusto suo Imperatore solennemente dichiara volere non solo protetto, ma consolidato il vostro temporale dominio, sarebbe viltà d’animi sconoscenti che i Romani, vostri fedelissimi sudditi, non si stringessero ai piedi vostri per offerirvi un omaggio di loro profondissima venerazione.
"Altra volta un torrente impetuoso che qui traboccò da ogni parte soffocò loro nel cuore quegli affetti, che avrebbero voluto manifestare a prova ancora di opere.
"Oggi, riverenza di sudditi e amore di figli, li muove nelle circostanze attuali a consacrarvi le loro fatiche, le loro persone, le loro vite. Essi troppo bene conoscono, che la gloria vera di Roma è l’avere a Sovrano il Capo visibile della Chiesa, e questa gloria nobilissima han fermo in cuore di custodire e difendere gelosamente.
"Quest’atto spontaneo di sincera devozione noi, ammessi alla venerata presenza della Santità Vostra, a nome eziandio di molti altri vostri fedelissimi sudditi, vi supplichiamo vogliate ricevere e benedire, e sanzionarlo col disporre di noi come di cosa del tutto Vostra.
"Possa questa nostra offerta confortare il cuore di Vostra Beatitudine, afflittissimo pel traviamento di tanti figli sleali, e testimoniare alle Nazioni Cattoliche che i Romani vanno superbi dell’alta missione che hanno avuto di conservare quel temporale dominio, che rassicura libero e indipendente il Sommo Pontefice nell’esercizio del suo Primato.
"Degnatevi, o Beatissimo Padre, compartirci la Vostra Apostolica Benedizione che umilmente imploriamo.
Salviati Duca D. Scipione
Patrizi-Montoro Marchese D. Giovanni
Ricci Marchese Francesco
Grazioli Duca D. Mario
Forti Cav. Giuseppe
Garofali Annibale
Filippini Tommaso
Lenti Antonio
Mencacci Cav. Paolo * [Quest’indirizzo si trova consegnato nella grandiosa raccolta: — Il Mondo Cattolico a Pio IX, — pubblicata dalla Civiltà Cattolica]".
L’augusto volto di Pio IX fu visto profondamente commosso. Egli lodò molto lo spirito di devozione che animava quei giovani; li ringraziò, e, pronunziando le parole più amorevoli e incoraggianti, concluse presso a poco in questa sentenza:
Parole di Sua Santità
"Questo che voi intendete di fare, con tanto vostro rischio, è un bell’atto di cui Dio terrà certamente conto un giorno... Ora, per verità, i momenti sono supremi, né sappiamo cosa la Provvidenza sia per disporre nel domani. Ciò non ostante la bella dimostrazione che voi mi fate non deve restare inutile. Formare un corpo numeroso così su due piedi, in questi momenti, sarebbe cosa impossibile; sia dunque intanto una nobile protesta in faccia al mondo. Voi siete nove, e certamente ciascuno di voi conta almeno dieci amici di cuore che sentano egualmente: ebbene riuniteli; sarete un centinaio di giovani congiunti nello spirito e nell’affetto. Sarete pochi, ma sarete compatti; sarete un germe fecondo, che con la benedizione di Dio, potrà fruttare assai". — E sì dicendo, il magnanimo Pontefice, benedicendoli con viva effusione di cuore, li congedava.
Da quel momento con grande alacrità si prese a formare il nuovo Corpo, e per molti giorni fino a tardissima notte si lavorò a comporre il regolamento e l’organamento della nuova Guardia, che fu detta di Onore. Intanto i cento erano presto divenuti trecento, ogni giorno crescevano numerose le richieste di ammissione; quando all’improvviso la battaglia di Solferino, la pace di Villafranca, la proposta fallace di una Confederazione italiana sembrarono cambiare affatto di aspetto le cose. La cessazione del pericolo, e l’ampliazione contemporanea della già esistente Guardia Palatina * [Era stato appena approvato dal S. Padre il disegno e il regolamento dei nostri volontarî, quando un proclama della Segreteria di Stato apriva i ruoli per un secondo battaglione della Guardia Palatina], fecero sospendere l’opera incominciata, e anche questa volta il disegno dei Volontarî restò ineseguito * [Contemporaneamente persone di antica devozione alla S. Sede proponevano di formare un corpo di popolani romani, di quelli che tanto turbarono i sonni dei framassoni nei primordi di questo secolo ed anche più tardi].
In mezzo a queste cose la pace di Villafranca conduceva l’esercito piemontese nelle Romagne e nell’Emilia, le quali provincie venivano così strappate di fatto al dominio della S. Sede. L’anno seguente, 1860, s’invadevano armata mano le Marche e l’Umbria, e coll’abbominevole agguato di Castelfidardo si rubavano anche queste al Pontefice. Le milizie subalpine erano alle porte di Roma, e i cospiratori attendevano ogni giorno che entrassero nella Eterna Città. Presso che totale era lo scuoramento nei buoni, al colmo la baldanza dei tristi; quando tra i nostri giovani amici sorse il pensiero di un nuovo genere di milizia, la milizia della preghiera.
Correva il mese di marzo del 1861, allorché fu stabilito d’invitare i Romani a portarsi a S. Pietro nei giorni di Venerdì, mentre il S. Padre vi scendeva coi Cardinali per la visita della sacra Stazione, e di unirsi a pregare con lui pel trionfo della Chiesa e per la salvezza di Roma. Grande fu il concorso nel primo Venerdì, grandissimo oltre ogni aspettazione nei Venerdì susseguenti. Quel ritrovarsi in così straordinario numero alla tomba di S. Pietro, rianimò il coraggio di tutti, in quello che sbigottiva i rivoluzionarî, i quali, a turbare quel movimento religioso, minacciarono di far scoppiare bombe in mezzo alla folla (e ne fecero pur troppo scoppiare più d’una in varî luoghi) [...]. Ma ottennero l’effetto contrario; poiché il concorso aumentò di cento tanti. Non andò guari e incominciarono le grandi dimostrazioni romane in onore del Papa, e le luminarie del 12 aprile, famose in tutto il mondo, ad impedire le quali indarno si arrovellarono nei più scellerati modi i settarî [...].
Intanto diamo fin d’ora i seguenti appunti: in ordine al fallito progetto dei Volontarî Romani.
10 Luglio. — Lettera del Card. Antonelli al Duca Salviati, colla quale gli commette la cura di istituire fra i membri della Deputazione, presentatasi al S. Padre il 2 luglio, una commissione per la compilazione di un disegno e un Regolamento per la nuova guardia.
13 Luglio. — Nomina e riunione della commissione la quale in quel medesimo giorno e nei successivi si occupa del disegno suddetto.
22 Luglio. — Lettera del Duca Salviati al Card. Antonelli compiegandogli il disegno compilato.
28 Luglio. — Lettera del Card. Antonelli al Duca Salviati, colla quale si partecipa l’approvazione sovrana al disegno di Regolamento, e si dichiara non incontrarsi difficoltà intorno alla compilazione del Regolamento disciplinare.
29 Luglio. — Riunione della Commissione in quel giorno e nei successivi per la redazione del Regolamento disciplinare, e poscia di un Regolamento generale che comprende le disposizioni generali e le disciplinari, consultando in proposito i varî regolamenti delle diverse armi dello Stato Pontificio, e sottoponendo finalmente il lavoro all’esame del Sig. Colonnello Mazzolà, nominato all’uopo dal Cardinale Antonelli.
22 Agosto. — Lettera del Duca Salviati al Card. Antonelli, colla quale si accompagna il Regolamento definitivo.
3 Settembre. — Lettera del Card. Antonelli al Duca Salviati colla quale a nome di Sua Santità viene approvato il Regolamento, facendovi però alcune osservazioni.
10 Settembre. — Lettera del Duca Salviati al Card. Antonelli in risposta alla precedente: aderendo a tutti i rilievi espostivi. Si osserva soltanto, che togliendo alla guardia che si desidera istituire l’assistenza continua presso la sacra persona di Sua Santità, molti di quelli che ambivano prendervi parte si allontaneranno: che altro motivo di disgusto si rileva nel porre la nuova guardia sulla medesima linea della Guardia Palatina, e che altronde, aumentandosi sensibilmente il numero di questa, non si saprebbe ravvisare l’utilità di un nuovo corpo.
12 Settembre. — (Cioè sette giorni dopo l’approvazione del Regolamento definitivo della Guardia d’Onore volontaria). Ordine del giorno del Marchese Guglielmi alla Guardia Palatina, nel quale si dichiara:
1. Che la detta Guardia prenderà d’ora in poi il nome di Guardia Palatina di Onore (distinzione conceduta alla nuova Guardia con la lettera dell’Emo Antonelli in data 28 luglio).
2. Che la Guardia Palatina avrà la bandiera (privilegio domandato e concesso per la Guardia di Onore).
3. Che sono chiamati a far parte della Guardia Palatina Possidenti e Impiegati (ciò che non era nell’antico Regolamento della Palatina).
4. Che la Guardia Palatina manderà ogni giorno un picchetto nell’Anticamenra Pontificia (e così si contrastava la concessione di un servizio in turno colla nuova Guardia).
5. Che la Guardia Palatina prende posto immediatamente dopo la Guardia Nobile (la parola immediatamente non esisteva nel primo Regolamento della Palatina).
6. Che gli Ufficiali e Soldati della Palatina sono rivestiti di un grado superiore a quello che occupano effettivamente nel Corpo (privilegio non concesso alla Guardia d’Onore volontaria).
7. Permesso del porto d’armi benché vestite.
Tutti questi privilegî uniti insieme, e molti altri, che si trascurano per amore di brevità, e finalmente il ragguardevole aumento della Guardia Palatina, che da piccolo numero era per formare due Battaglioni, fanno sì che la Deputazione dichiari: crederebbe tradire la sua devozione al Sommo Pontefice, se non deponesse ai suoi piedi il pensiero che nelle presenti circostanze l’istituzione di una nuova guardia, potrebbe difficilmente essere utile alla sacra persona di Sua Santità ed alla causa della Religione e dell’ordine. Protestando però oggi, come sempre una fedeltà che è risoluta di manifestare a prova ancora di opere, qualora le ne venga dato occasione; lo che di fatto avvenne nel 1867.
E qui a modo di corollario aggiungiamo due documenti relativi al primo disegno di Volontarî Cattolici, agitato fin dal 1854, e umiliato al Santo Padre nel 1856.
NOTA
concernente la creazione di un Ordine Cavalleresco, militare, Cattolico, il cui disegno fu umiliato a S. S. Papa Pio IX il 23 febbraio 1856.
Fino dal momento in cui la rivoluzione ha osato sacrilegamente di giungere fino alla sacra Persona del Capo della Chiesa, tentando impadronirsi dei suoi Stati, molte corti cattoliche furono prese da religiosa premura, e, nella incertezza della politica europea, interrogava ciascheduna sé stessa, se dal seno dell’intiero Cattolicismo sorger potesse una milizia fedele, pronta ad immolarsi per la salvezza del Padre comune dei fedeli e preservare i suoi Stati dagli incessanti pericoli, da’ quali sono minacciati.
Penetrati, da una parte dall’obbligo che corre ai Cattolici di contribuire alla conservazione dei dominî del Sommo Pontefice e alla indipendenza della sua temporale autorità, e conoscendo dall’altra i pericolosi politici ondeggiamenti, a’ quali può esporre la Santa Sede un intervento costante, sebbene amico, hanno molti pensato di far rivivere lo spirito cavalleresco degli antichi tempi e, a lode della nostra epoca, hanno incontrato favore e simpatia.
Gli uni, sperando di rinvenire nelle vestigia dei più gloriosi ordini cavallereschi gli elementi a ciò necessarî, hanno creduto sufficiente di richiamare il passato per verificare il presente; altri, pensando che ad epoca novella si convenissero istituzioni novelle e più proprie, hanno opinato doversi queste creare.
Noi qui non esamineremo come niuna di queste nobili e generose idee abbia potuto ancora essere applicata. Ma se tutte attestano verso il Cattolicismo un diritto che non può di presente esser contestato, manifestano puranco il dovere, nell’adempiere al quale ciascuno si tiene onorato, poiché nel rivendicare l’uno si soddisfa l’altro.
Rimarransi sempre sterili tali elementi? Si lascierà estendersi questo fuoco di devozione pura e feconda, o si permetterà che si spenga per il cattivo esito di alcuni tentativi isolati? Neppure il pensiamo.
Spinti dalle medesime simpatie e convinzioni di coloro che ci precedettero e desiderando di raggiungere lo scopo medesimo, ci siamo studiati di risolvere il medesimo problema. Tuttavolta, illuminati da molti savî e prudenti nostri Vescovi, abbiamo abandonato le idee puramente speculative per appigliarci a quelle essenzialmente prattiche, e, dopo aver sottoposti i nostri lavori ad uomini i più competenti, ci siamo determinati di umiliarli ai piedi di Sua Santità.
La benevola accoglienza, ed i contrassegni di approvazione e di incoraggiamento ricevuti, facendo sperare in fine il compimento dei voti dei Cattolici, se vengono secondati i nostri sforzi, poniamo loro sott’occhio in una breve analisi, le basi principali del disegno presentato a S. S. e parlando loro di una questione che li ha cotanto preoccupati, noi non ci crediamo se non il debole eco dei loro sentimenti, delle loro idee.
Senza dubbio tale analisi provocherà delle osservazioni, e più d’uno ignaro delle considerazioni che ci hanno fatto adottare diversi articoli, li giudicherà diversamente da noi. Facciamo riflettere che il nostro scopo è stato quello di sgravare l’erario pontificio, di far fronte a tutte le spese dell’ordine il più limitatamente che sia possibile, e che il disegno non può ancora esser definitivo.
In conseguenza senza fermarci sulle imperfezioni del lavoro, e sperando che i Cattolici, che se ne sono occupati, o che vi prenderanno interesse ci trasmetteranno i loro consigli, noi abbiamo l’onore di esporre ciò che segue:
La creazione di una milizia, od Ordine cavalleresco è molto costosa, e siccome né il Papa può esigerne il mantenimento dai Cattolici, né questi domandarlo al pontificio erario, è così di necessità che l’iniziativa dell’opera sia interamente dei Cattolici.
In secondo luogo, il Pontefice non può sanzionare che opere stabili e di sicura durata, quindi per la creazione di un Ordine attivo cavalleresco, è necessario che sia almeno garantita antecedentemente la dotazione di un certo numero di membri.
Ora per ottenere questi diversi risultati crediamo di procedere nel modo seguente:
1.° Formare in ogni Diocesi un comitato per provocare e ricevere gli ingaggi provvisorî dei Cattolici, che bramano entrare nell’Ordine di S. Pietro, come Cavalieri d’onore, aggregati, fondatori o donatori.
2.° Costituire del pari per Diocesi, coi mezzi indicati nel disegno la dotazione perpetua d’un Cavaliere d’armi e di giustizia.
3.° Ricevere gli ingaggi provvisorî dei Cattolici che aspirano al Cavalierato d’armi e di giustizia, uniformandosi all’una o all’altra delle obbligazioni finanziarie dettagliate nel progetto.
La formazione dei Comitati non esclude l’azione individuale degli uomini di cuore e di devozione, che possono agire senza obbligarsi a delle riunioni talvolta difficili.
Gli ingaggi richiesti saranno condizionati, cioè subordinati alla pubblicazione del Breve d’istituzione, e niuna somma verrà versata prima di essa, la quale verrà richiesta, appena sarà assicurata la dotazione di un certo numero di Cavalieri.
Sarà egli presumere troppo dalla devozione dei Cattolici, lo sperare che andranno essi onorati e gloriosi fornendo almeno un Cavaliere d’armi e di giustizia per Diocesi, onde contribuire alla fondazione dell’Ordine? La fede che ha creato tante opere sante ci fa sperare che quella del denaro di S. Pietro col suo nuovo scopo e ben caratterizzato, con le facilità che accorda per l’associazione di tutti gli elementi generali, con i vantaggi spirituali e temporali che vi sono annessi, con le felici conseguenze che può produrre, posta sotto gli auspicî della beata Vergine Immacolata, non avrà minor successo delle anteriori.
Che una nobile ed entusiastica iniziativa sorga in ciascuna Diocesi; che tutti i pensieri diretti da molti anni a raggiungere lo scopo che ora si brama, uniscansi in una azione comune; che ogni Cattolico si associ a questa novella Crociata, confidando nella tenera benevolenza del nostro S. Padre Pio IX verso i suoi figli sottomessi e devoti, speriamo che si degnerà cedere alle nostre premure appena nella sua prudenza e saggezza giudicherà poterlo fare opportunamente.
In quanto a noi, dedicati coll’anima e col cuore all’opera di cui si tratta, ci stimeremo felici ponendoci immediatamente in relazione con ogni persona, e con qualunque comitato vorrà secondare i nostri sforzi, e diriggendoci specialmente a voi, o Signore, di cui ci sono noti lo attaccamento alla S. Sede, il pio zelo, e lo spirito di sacrifizio, abbiamo osato sperare che non rifiuterete di accettarne la missione.
Compiacetevi gradire in antecedenza i nostri pi sinceri ringraziamenti non che i sentimenti di alta stima e di distinta considerazione, con cui abbiamo l’onore di essere ecc.
Circolare ai Cattolici
La necessità di tutelare la sacra persona di S. S. dagli attacchi, che i nemici di nostra santa Religione continuamente diriggono contro il suo temporale dominio per abbattere in seguito più facilmente lo spirituale, si rende ogni giorno più manifesta.
È questo un interesse, un dovere della Cattolicità intiera, e vi saranno moltissimi fra i Cattolici che riconoscono, è vero, questa necessità, fatta più imperiosa dalla tristezza dei tempi; ma quanti fra questi si troveranno disposti ad agire?
Fu pensiero di molti ardenti Cattolici l’instituire un Ordine militare, il cui scopo fosse quello di custodire la sacra persona del Vicario di Cristo, e difenderne i temporali dominî. Il difetto però di unità di centro, e la moltiplicità dei disegni lasciò finora fra i desiderî questo nobile pensiero.
A togliere pertanto questa difficoltà, prima di formulare un disegno qualunque, alla Cattolicità intiera è necessario rivolgersi, esporre la necessità di una istituzione che provveda a questa mancanza, e dai più zelanti richiedere il più zelante concorso.
Il vantaggio che un esteso Ordine militare, composto da tanti membri di tutte le cattoliche Nazioni, e stabilito in Roma e negli Stati della Chiesa, potrebbe recare alla indipendenza del Sommo Pontefice non è a mettersi in dubbio. Divenuto una forza imponente, e sostenendosi colle proprie rendite formate dalla pietà e dallo zelo dei Cattolici, renderebbe inutile qualunque parziale intervento straniero, e solleverebbe le Finanze dello Stato da spese considerevoli, permettendo la diminuzione di quella forza, che deve ora mantenere.
Sembra pertanto, che chi per poco rifletta agli incalcolabili vantaggi che una istituzione di tal genere arrecherebbe, non dovrebbe da buon Cattolico, tardare un momento ad approvare che un qualche disegno venisse formulato, e che fatto ed approvato non promettesse il più efficace concorso a mandarlo ad effetto.
Sappiasi adunque che molti Cattolici in Italia, Francia, Germania e Spagna non attendono che l’adesione di un numero sufficiente di persone per riunirsi in Roma, stendere un disegno, farlo circolare fra quelli, che avranno già approvato il pensiero, e mandarlo subito ad esecuzione.
Si dirigge pertanto questo foglio alla S. V. pregandola, qualora annuisse a quanto sopra, renderlo alla persona, da cui le verrà rimesso, firmando la seguente dichiarazione:
"Io sottoscritto aderisco pienamente all’idee qui sopra espresse, riconosco la necessità di provvedere con qualche istituzione alla tutela del Sommo Pontefice, e alla difesa de’ suoi temporali dominî, e prometto, qualora un disegno venga formulato ed incontri la piena mia approvazione, di contribuire l’opera mia, affinché si mandi quanto prima ad effetto.
— Firma —"
[...].