Grazie per l'intervento
Grazie per l'intervento
molto chiaro
Era ora!
esiste un link dove poter trovare questo testo postato da Vitantonio?
lo Stato detta le sue regole per la convivenza dei cittadini tra queste regole che dipendono da tantissimi fattori può essere prevista anche la pena di morte, le regole dello Stato possono anche non coincidere con quelle della Chiesa la quale testimonia la parola di Cristo, mi sembra che sia inequivocabile il fatto che la vita è un dono di Dio, l'uomo non può togliere deliberatamente quella del prossimo e di stesso che sia innocente o meno, è ovvio che se la Chiesa assume anche il potere temporale e quindi a dettare e a far rispettare direttamente le leggi degli uomini poi può essere costretta a giustificare scelte che possono essere contrarie alla dottrina come la pena di morte.Originally posted by silvano
Un breve intervento sulla pena di morte.
Occorre impostare bene il problema e dividero in due argomentazioni:
1 - Ha lo Stato , per mezzo delle sue legittime autorità, il potere di condannare a morte?
2 - Qualora lo abbia è opportuno che nel contesto attuale, lo usi?
A 1 si deve rispondere necessariamente che lo ha. Altrimenti mentirebbe la Scrittura, il che è impossibile. Gesù stesso riconosce a Pilato il suo potere. S. Paolo dice che non esiste autorità se non da Dio. Di fatto sovrani cristiani, anche santi, hanno esercitato questo potere. Se ne desume che lo stato legittimo ha il potere di condannare a morte.
A 2 si deve rispondere che oggi non se ne vede l'opportunità se non - forse, in casi del tutti eccezionali (come l'impossibilità di custodire - causa della guerra - in un carcere, un soggetto gravemente pericoloso per l'incolumità degli altri .
Ho l'impressione che spesso si confondano i due aspetti.
sono contrario alla pena di morte
sì.Originally posted by richard
sono contrario alla pena di morte
Caro Manuel,Originally posted by Manuel
lo Stato detta le sue regole per la convivenza dei cittadini tra queste regole che dipendono da tantissimi fattori può essere prevista anche la pena di morte, le regole dello Stato possono anche non coincidere con quelle della Chiesa la quale testimonia la parola di Cristo, mi sembra che sia inequivocabile il fatto che la vita è un dono di Dio, l'uomo non può togliere deliberatamente quella del prossimo e di stesso che sia innocente o meno, è ovvio che se la Chiesa assume anche il potere temporale e quindi a dettare e a far rispettare direttamente le leggi degli uomini poi può essere costretta a giustificare scelte che possono essere contrarie alla dottrina come la pena di morte.
non riproporre le vetuste eresie, già condannate dalla Chiesa, come quelle di stampo spiritualiste: la Chiesa come mera societas spirituale.
La Chiesa è anche una società terrena, di credenti, che hanno delle precise leggi.
Ciò chiarito, va detto che anche il Nuovo Testamento (e non solo l'Antico) testimonia, a rigore, la legittimità della pena capitale. Ne abbiamo una precisa allusione in San Paolo, nella sua lettera ai Romani (13, 3-4):
[3] I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fà il bene e ne avrai lode,
[4] poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male.
Il termine latino, adoperato dalla Vulgata, per rendere la parola "spada" è "gladius", che nel diritto romano, indicava appunto la competenza o meglio la potestà del magistrato o del governatore o dell'Imperatore di emettere condanne capitali (ius gladii). Il giureconsulto francese Jacopo Cuiacio così definiva l'esecuzione penale: "merum imperium est coercendorum facinorum potestas, lege data, ac definita nominatim", ossia un'attività penale demandata dalla legge a poteri distinti dall'autorità giudiziaria. Ottemperare all'ordine determina la formazione di un potere (potestas) investito di uno ius gladii, altrove chiamato ius ferri, ovvero l'uso legittimo della forza, manifestazione di merum imperium.
Ancora un riscontro circa la legittimità (astratta) della pena capitale la si ritrova nel Vangelo di Luca (Lc 24, 40-41). Sappiamo che con Gesù furono crocifissi anche due briganti o ladroni (presumibilmente partigiani ebrei). Ebbene, cosa dice quello "buono" (che la tradizione cristiana posteriore chiamerà Disma e lo santificherà) a Gesù in croce?
[40] Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?
[41] Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni , egli invece non ha fatto nulla di male".
Quindi, il "buon ladrone" riconosce che la pena inflittagli era giusta. Gesù, si badi, non lo corregge. Egli sapeva che era giusta quella pena. Ma lo consola, preannunciandogli il Paradiso, in quanto peccatore pentito.
Un altro passo? E' ancora più esplicito (Mt 18, 6):
[6] Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.
Qui Gesù, senza mezzi termini, evoca la pena capitale ... .
Quindi, anche da questi indizi neotestamentari è possibile trarre la legittimità (astratta) della pena capitale. Altro discorso è se questa sia effettivamente utile ed altrimenti evitabile nelle odierne circostanze. Ma nulla toglie circa la sua legittimità.
Ed infatti, tutta la tradizione cattolica (penso ad es., a S. Tommaso d'Aquino ed a S. Agostino) ed il Magistero (ad es., Pio XII, Discorso ai neurologi francesi del 14 settembre 1952; Id., Discorso al congresso internazionale dei giuristi cattolici del 5 febbraio 1955) non hanno mai negato il potere dell'autorità statale di comminare, ove necessario, la pena capitale a colui che sia autenticamente riconosciuto colpevole.
Augustinus
Caro Augustinus,
San Girolamo non era un dotto conoscitore del greco e la Vulgata è piena di errori.
Certo il latino di S. Girolamo è preferibile all'italiano dell'attuale versione CEI.