Un altro pezzo di Padania, se ne va
La Lega vende la sede del governo padano
Borghezio: pugnalata al cuore, scelta dolorosissima
MILANO - «E’ stata una pugnalata, una decisione dolorosissima». E c’è da credergli. E’ come se a Berlusconi gli vendessero Palazzo Chigi e ne facessero un albergo. Mario Borghezio, presidente del «governo padano», non si è ancora ripreso da quando ha saputo della decisione, presa da Bossi in persona, di vendere la splendida sede veneziana di palazzo San Cassian: «Io non contesto la scelta, ma quel palazzo è nostro, ci apparterrà sempre. E quando saremo finalmente padroni in casa nostra, lo esproprieremo». Non sarà molto contento il proprietario, l’uomo d’affari che l’ha acquistato a maggio, pagandolo, a quanto sembra, 1,5 milioni di euro. «Ma io mi considero ancora in carica come presidente - tuona Borghezio - e il governo della Padania, per quanto mi riguarda, continuerà a esistere».
LA SEDE - I due piani di Palazzo Donà - 450 metri quadrati ricchi di affreschi ottocenteschi - erano stati comprati nel settembre del ’97 e inaugurati in pompa magna da Roberto Maroni. Erano giorni in cui il Senatur proclamava la nascita della «Repubblica federale Padana», parlava di «doppia legalità» e di battaglia contro Roma, «vedremo se democratica o altro». Bei tempi, ricorda con un sospiro Borghezio: «Eravamo a un millimetro dal farcela. Bastava un po’ di spregiudicatezza e avventurismo per dare l’ultima spallata. Invece, si è deciso di andare per gradi». E così il «governo provvisorio» è rimasto un simbolo, Borghezio (succeduto a Manuela Dal Lago) un cavaliere senza cavallo e il palazzo è stato ceduto, provocando altri malumori nella Liga veneta, già insofferente per il predominio lombardo sul partito. «Peccato - dice Borghezio -. Avevamo avuto adesioni importanti, anche da alte sfere militari».
LE FINANZE - Dietro la decisione di cedere la sede del governo c’è anche, e forse soprattutto, una motivazione economica, perché il Carroccio non vive momenti floridi. «A Venezia i prezzi sono andati alle stelle - spiega il presidente della Lega, Luciano Gasperini, veneziano -, così abbiamo deciso di vendere per realizzare. Un ottimo affare». Soldi che saranno utilizzati per i lavori alla «scuola bosina», l’istituto lumbard di Varese, e per una scuola di formazione professionale per artigiani. Ma sono anche moneta fresca per ripianare qualche debito di troppo. A fine luglio è stata liquidata «Made in Padania», la cooperativa, nata nel ’97, che gestiva i supermercatini di prodotti padani (a Paderno Dugnano e a Verona). Ben noti i guai alla popolare del Carroccio Credieuronord - sull’orlo del crac solo pochi mesi fa - e il flop della Ceit, l’avventura leghista in terra di Croazia che doveva portare alla creazione di un villaggio e che, invece, ha fruttato un’inchiesta della magistratura per bancarotta fraudolenta. Pollice verso anche per il «bingo padano». Infine, difficile la situazione della Padania , che a settembre rischia la cassa integrazione.
IL CASINO’ - E’ una macchina per far soldi e del resto è la sua ragione sociale. Ma il casinò di Campione d’Italia (119,104 milioni di euro di incassi nel 2003) è anche fonte di qualche guaio, se è vero che è uscito da un commissariamento ventennale, seguito a una retata nel 1983, ha dovuto fronteggiare indagini per usura. Ma la Lega è sempre più interessata all’affare e un intervento ad hoc in Finanziaria ha reso obbligatorio il coinvolgimento della provincia di Varese nella gestione del Casinò, finora controllato dal Comune di Campione e dalle Province e Camere di commercio di Lecco e di Como. Il nuovo cda dovrebbe rimanere in carica fino al giugno 2005, quando dovrebbe lasciare spazio alla nuova assemblea allargata da sette a nove componenti. I due nuovi ingressi saranno varesini, indicati dal presidente (leghista) della Provincia di Varese Reguzzoni. A Varese spetta anche la presidenza del Cda, che potrebbe andare a Franco Bossi, fratello minore di Umberto.
Alessandro Trocino