L'articolo è ottimo, anche se non condivido il giudizio netto sull'euroscetticismo dell'Est. Per la mia esperienza, infatti, vi è un forte euroscetticismo di marca liberale pure nei paesi ex comunisti. Il politico più euroscettico che abbia mai sentito in vita mia è Mart Laar, ex presidente estone, che è un sincero fautore del libero mercato; lo stesso vale per il polacco Vaclav Klaus. E perfino il Commissario europeo slovacco Jan Figel non è un "euroentusiasta".


(Da Il Federalismo)

Le elezioni europee che si sono tenute in vari Stati dell’Unione hanno sancito la netta vittoria delle formazioni cosiddette euroscettiche andando contemporaneamente a punire, in modo eclatante e inequivocabile, i primi ministri dei Governi in carica. La questione della guerra in Iraq ha pesato relativamente nella misura in cui Chirac e Schröder, i due premier cioè che si sono rifiutati di partecipare alle operazioni militari in medio-oriente, hanno subìto ugualmente una netta sconfitta elettorale anche a causa della grave crisi economica e sociale in atto sia in Francia che in Germania. Ma è soprattutto la forse irreversibile crisi di credibilità delle istituzioni europee a spingere i cittadini dell’Unione verso le braccia di movimenti e partiti chiaramente e ufficialmente contrari all’Europa unita e alla sua politica. Dall’Inghilterra al Belgio, dai Paesi Baltici alla Polonia, dalla Slovacchia all’Austria, il vento eurocritico soffia impetuoso e allarma i tecnocrati di Bruxelles. Il disegno elitario ed economicistico di un certo tipo di Europa viene da una parte rifiutato dai Paesi appena entrati, come, ad esempio, quelli dell’Est, preoccupati per l’erosione della loro sovranità così recentemente e faticosamente raggiunta, e dall’altra fa emergere per reazione - specie nei Paesi della “vecchia” Europa, quelli più occidentali - la richiesta di una maggiore libertà, individuale e comunitaria. Si tratta comunque di diversi e per certi versi opposti modi di reagire al cospetto di quella che unanimemente viene considerata la camicia di forza europea. Negli Stati dell’Est la bandiera dell’euroscetticismo viene sventolata da formazioni ultracattoliche, tradizionaliste, ruraliste ed ex-comuniste. In Europa occidentale, invece, il rifiuto dell’eurocrazia passa attraverso la nascita e l’esplosione di partiti e movimenti creati dal nulla, ma che si pongono nel solco della migliore tradizione liberal-democratica. Nelle Repubbliche ex-socialiste si contesta l’Unione europea spinti da propositi nostalgici per un passato giudicato fonte di ogni bene e garante della concordia nazionale. Le proposte politiche formulate da questi partiti vanno quindi nella direzione di recuperare la tradizione perduta attraverso la restaurazione dello status quo precedente alla “rivoluzione” europeista. Si tratta dunque di voti che rimpiangono i vecchi regimi o che anelano a soluzioni autarchiche e nazionalistiche, cementate magari dall’ideologia (marxista o nazional-popolare, come nel caso dell’ex presidente slovacco Vladimir Meciar) o da una strumentalizzazione radicale della religione cattolica (come nel caso della Polonia dove hanno trionfato i contadini di “Autodifesa” guidata da Andrzej Lepper e la clericale “Lega delle famiglie polacche”). Se guardiamo invece all’Europa più occidentale, l’attacco alla Ue si snoda in modo del tutto differente, mediante la netta rivendicazione di quei princìpi democratici e liberali - traditi dall’impianto semi-sovietico dell’Unione - giudicati seriamente in pericolo a causa delle scelte operate dagli eurotecnocrati e conseguentemente ritenuti meritevoli di caratterizzare una cultura politica volta a reclamare una maggiore libertà da Bruxelles. Libertà spinta all’estremo nel caso ad esempio dell’Ukip inglese di Robert Kilroy Silk che vuole il Regno Unito completamente staccato dall’Unione europea. In altre situazioni sono invece le ruberie, gli scandali, gli sprechi e la corruzione generalizzata presenti nei gangli dell’euroburocrazia a favorire l’ascesa di improvvisati leader carismatici euroscettici, come l’austriaco Hans Peter Martin, già eurodeputato socialdemocratico e ora fustigatore - con la sua lista Hpm - dei vizi e delle storture europee, a dimostrazione che il populismo è un fenomeno multiforme e trasversale dal quale la sinistra non è affatto immune. Ci troviamo di fronte, in altri termini, a due tipi di euroscetticismo molto distanti fra loro laddove il primo tipo è sostanzialmente ultra-nazionalistico, ferocemente anti-liberale, iper-cattolico e statalista mentre il secondo è di matrice liberale, laico e liberista. A tal proposito il politologo Wieslaw Wladika, di Varsavia, osserva che «bisogna distinguere il populismo dell’Est e quello del Nord Europa. Il nostro è una miscela, spesso incoerente, di eredità comunista, retorica sociale e linguaggio nazionalista. In Scandinavia è un antieuropeismo fiscale». C’è tuttavia molto di più: l’avversione per l’Unione avvertita nell’Europa Occidentale passa anche attraverso la preoccupazione di una possibile involuzione autoritaria delle sue strutture costituzionali, soprattutto in considerazione del fatto che le ipotesi di ingegneria penale - mandato di cattura europeo e la costituenda super-procura contro il terrorismo internazionale su tutti - sembrano andare nella direzione di inculcare gli ambiti di libertà individuale mediante la demolizione progressiva delle guarentigie giuridiche e costituzionali, segno di una sospetta indifferenza per i sacrosanti diritti della difesa. Emerge così in occidente la preoccupazione che si affermi e si delinei un clima sostanzialmente anti-democratico quale preludio a un futuribile sbocco totalitario. Viceversa negli Stati dell’Europa orientale questa preoccupazione per il marcato deficit democratico della Ue non viene particolarmente avvertita essendo i cittadini di quei Paesi ampiamente abituati alla mancanza di un regime libero e dove semmai la tendenza viaggia nella direzione opposta, verso cioè una regressione politica incentrata sul primato dello Stato ai danni del cittadino. Paradossalmente, ma non troppo, lo stesso risultato che la tecnocrazia di Bruxelles sta cercando di raggiungere e di estendere a tutto il continente.

Davide Gianetti