ESCLUSIVO: MARCO PANNELLA SI CONFESSA

Le mie sfide da santo peccatore

di Stella Pende

Dalla sinistra «di cui non resterà nulla» fino ai rapporti con la Cdl, dall'amore alla politica: polemiche, ricordi e confidenze del leader radicale. Con un messaggio per chi lo ha candidato ministro.



Nella Roma cotta e sola di Ferragosto, il partito radicale è una bolgia di vita. Centraliniste che stanno, bionde che vengono, ragazzi a colori chiusi in una stanza, signori pallidi, un barbone, il segretario-delfino Daniele Capezzone. Tutti schierati per la battaglia. Con Marco. Ad agosto, si sa, occupando il vuoto e il silenzio della politica Pannella «lavora». Sul referendum della fecondazione assistita (600 mila firme alla fine di settembre) ma anche sulla bomba Pannella-al-governo. «Starebbe bene con noi» ha detto Sandro Bondi. «Prozac per il Cavaliere» dicono altri. Lui prende la palla al volo. Raccoglie. Ma non troppo...

«Marco arriva» la promessa rimbalza come un'eco. Di lui si sente l'odore, Gauloise, il rumore, voce come cascata di parole. L'umore: «Chi osa dire che sono impuntuale?». Pannella infrangibile. È un toro dalla chioma d'argento. La pancia che lievita nella camicia nera. Ma anche se non l'hai mai visto è parente. Dei ricordi di tutti. Nel bene e nel male. Della memoria e dei fatti che hanno cambiato l'Italia negli ultimi trent'anni. Lo seguo nei corridoi e penso che nessuno come lui è padrone dell'amarcord della politica italiana. «Solo presente e futuro!» sentenzia e ridacchia. Sa che parlerà di tutto. Perché le parole sono le sue endorfine. Piazzati nella stanza di Capezzone. «Lui è un mostro, memoria pura, perversa...». Microfoni neri dondolano da tutte le parti. Capezzone-Pico della Mirandola sta al computer. Allora ministro... «Macché ministro! Ma ti pare che a 74 anni posso fare il numero 1.020 dei ministri imbarazzanti transitati in Italia? Il fatto è un altro. Non entreremo per ora nel governo né nella Casa delle libertà. Cerco e forse troverò un'alleanza; deve cadere il patto di esclusione dei temi e dei militanti radicali. Come peraltro riuscimmo a ottenere per Emma nel '94. Potremmo gestire la defunta Rai o la giustizia, o partecipare alla Corte costituzionale». Si illumina: «Siamo cresciuti nella capacità di governare la nostra e l'altrui esistenza... forzati corsari, banditi... che forse questa nostra etnia sarebbe capace di raccogliere qualunque sfida...».

Fuma. Gauloise. Fame di sigarette. Una non gli basta. Ne tira fuori quattro, cinque. Le fa ballare. Vivere. «Mi faccio con 80 di queste al giorno. E quindici toscanelli. Aspirando però. E che, lascio disoccupati i miei by pass?».
Pannella della sfida. Sempre e solo alla vita. Ritorno: per ora non si vedono grandi alleanze. Sul referendum della fecondazione assistita poi... «Mica lottiamo solo col centrodestra! Anche Fassino e Rutelli sono in cerca di grazie vaticane. Se il fondamentalismo sta intossicando il mondo, il potere clericale impesta l'intera classe della sinistra. Il Vaticano fa paura. E gola. Ma è antiliberalismo puro».

E pensare che si chiama Giacinto Marco. Come lo zio prete. A proposito: qualcuno dice che la sinistra è evaporata. «Non resterà nulla di loro. Troppi non hanno convinzioni ma solo convenienze». Bertinotti? «L'antagonista di regime per entrambi i poli». E Veltroni? Sembra l'unico destinato a uscire fuori. «E se resta fuori non ci perdiamo nulla».
Pannella che non dimentica Pannella. «In verità vorrei fortemente salvare dal tradimento di Fassino e di Rutelli le donne e gli uomini dei militanti della sinistra». Capezzone dice in un'intervista che Rutelli dovrebbe solo dirti grazie. «E perché? La riconoscenza vuol dire continuare la conoscenza che è stata. Lui è ipersensibile. Un filo isterico. È più forte di lui. Lo dico con tutto l'amore e l'affetto. Una volta gli ho detto: tra dieci anni io e te non saremo più insieme. Lui ululava all'anatema. Ho risposto: "Se credessi davvero conosceresti la differenza tra predestinazione e previsione". Resta che ho fatto per lui, con lui e ricevendo da lui tutto quello che mi importava davvero».

Che dire del padre Saturno-Pannella, che si mangia i figli? Dicono che sia vero soprattutto per Emma Bonino. Pietrificato. È la prova della sua innocenza? «Chiedetelo a Emma... mi pare anche in questo senso di aver "digiunato" parecchio!». Non vi siete mai arrabbiati, lasciati, tu e la Bonino? «Mai davvero...». Infrangibile Pannella. Campione di resurrezioni: «Emma potrebbe fare ed essere tutto. Aveva un programma come presidente della Repubblica che faceva invidia a chiunque» non riesce a dire di più. Sa che Emma, al di là di tutto e di tutti, è la sua vera e amata continuazione. E forse di più.

Entra una ragazza. Lo guarda come un santo afflitto da troppi peccati di umanità. Il carisma, lo ha detto lui, è solo la costanza dell'attenzione. Come l'amicizia e l'amore, «lo ha detto Simon Weil, lo sai?». E tu lo sai quanti voti hanno perso i radicali pacifisti per la loro posizione sulla guerra? Si irrita, ma tiene: «Veramente era un progetto. Sostenuto in Parlamento dai parlamentari di destra e dal 49 per cento di quelli di sinistra. Iraq libero come alternativa alla guerra. Con una proposta di esilio per Saddam». Cerca Capezzone. La sua banca dati accende il motore. «Sbaglio o chiedemmo due settimane di ritardo alla guerra?». «Quindici giorni, per l'esattezza» risponde impeccabile Pico della Mirandola. «E abbiamo anche chiesto di mandare l'ambasciatore al Cairo: Hosni Mubarak che ci appoggiava aveva bisogno di sostegno europeo. La verità è che il governo italiano era sordo». Capezzone annuisce. «E non ci ascoltano neppure quando parliamo del nostro vero obiettivo strategico: l'organizzazione mondiale delle democrazie che passa attraverso l'unione degli Stati Uniti d'America all'Europa. Processo fisiologico. Gli Usa non sono forse il vissuto di tutti gli stati europei uniti?».

Non fuma più. È quello il suo pallino. E il suo futuro. «E a quelli che mi vedono come il peggio giudio ricordo che un sondaggio fatto dall'Unione Europea, da sempre filopalestinese, dice che anche l'85 per cento degli israeliani è per l'immediata adesione agli Stati Uniti d'Europa». Anche il vostro filoisraelianesimo stupisce parecchio. Risponde in automatico: «Nella prima intifada dissi che se fossi stato deputato della Knesset avrei preso a calci il ministro della Difesa israeliano: aveva mandato l'esercito invece che i pompieri per spegnere il fuoco, ma oggi Arafat è un fantoccio. Degna espressione del vuoto di quella civiltà». Ci va mai Marco Pannella nei territori occupati? «A fare il voyeur? Grazie no. I palestinesi sono un popolo che si conosce perché hanno la ventura di incontrare le pallottole israeliane. In tutto il Medioriente se non succede non esisti. Da vivo e da morto».

Ha sparato forte. Adesso getta la pistola: «Per 30 anni ho detto che erano i palestinesi a interessarmi. Che devono avere gli stessi diritti degli arabi d'Israele. Dico anche che gli israeliani sono nell'area l'unica democrazia testa di ponte. Ma solo per andare oltre». Quanti giovani democratici non ti seguono in questi distinguo? «Senti, io non so quanti si arrabbiano. Non so dove mi vedono. In foto da museo, o sui francobolli? So che vado per strada e si avvicinano: "Dai Marco non mollare!" dicono».
Mai avuto paura? Nemmeno all'ospedale in quel nero luglio del '98? «No. Adoro la vita e la morte ne fa parte». E di questo ti accusano Pannella. Digiuni strazianti. Ma mentre gli irlandesi muoiono, tu sopravvivi sempre a te stesso. «Perché gli irlandesi digiunavano contro il nemico, il loro corpo sparato come un proiettile. Io digiuno per speranza. Arrigo Benedetti mi immaginava solo in casa ascoltando le voci degli amici morti da Mario Pannunzio a Ernesto Rossi. Ma io ero e sono nella piazza. Mi esalto di felicità. Il sacrificio mi ripugna».

Un altro ragazzo. Un altro tè. Non si placa: «Lo sai che sul Partito radicale sono state fatte più tesi di laurea che su qualunque altro?». Zero libri su Pannella però. Perfino Umberto Eco ne ha scritto uno che è morto in un cassetto. Non ti era gradito? «Continuavo a non gradire un libro su Pannella. L'avevo avvertito Umberto. Se la deve essere legata al dito». Allora è vero che copri di veli la tua vita? «Cazzate! I fatti del privato e del pubblico sono le due facce della vita della nostra politica. Non ho mai nascosto nulla. Vivere alla luce del sole per non essere visto da quelli che guardano dal buco della serratura».

E il grande amore? «Con Mirella abbiamo vissuto insieme poco meno di 30 anni. Ne aveva diciannove quando è venuta a stare da me. Erano le Idi di marzo del '74. Oggi siamo scorporati. Non l'ho mai tenuta nascosta, per me, almeno, quell'amore continua. Così come non ho mai nascosto i compagni che ho amato. O amo... Togliere il fascino della normalità per ospitare la singolarità. La vita è amore. L'amore è dialogo. Ma quello non è solo spirito. È anche carezze, baci, pugni e amplessi. Oltre alle belle idee».
Capezzone scrive più rapido. Non è il manifesto dei radicali firmato da Arthur Rimbaud a parlare di «ragionevole sregolamento dei sensi»? È vero che Bossi ti ha detto signorilmente meglio Milosevic che Kulosevic? «Lui l'aveva biascicato al giornalista. E, prudente, non l'ha mai ripetuto. Io ne ho fatto un mio slogan televisivo. Adesso gli ho detto alla radio: "So cosa provi: guarisci. Se non ti faccio il mazzo mi manchi. Però alla fine hai visto che è meglio essere Kulosevic che Milosevic!"». Ride. «Certo sorrido quando oggi sento Bertinotti confessare che si sente ebreo, frocio e povero».

Ti manca anche Bettino Craxi? Da Hammamet avrebbe detto che solo di Marco e della sua politica romantica aveva nostalgia. Gli occhi da faina si bagnano. Pannella che sta per piangere. «È stata un'amicizia grande. Sapere che gli mancavo è stato come un suo dono. Ma non sono riuscito a convincerlo. Prima del suo ultimo discorso alla Camera sono andato da lui, al Raphael. Gli ho detto: autoaccusati. Fatti arrestare. Lì ti faranno manicure e pedicure. Poi esci da eroe e tu da solo alle europee prendi l'8 per cento. Lui mi ha guardato e mi ha fatto le corna: "Io in galera non ci vado". Ero deluso. Ma lo citavo. Una volta ho detto a Bruno Vespa: se c'è uno che deve stare a Hammamet quello sei tu. Bettino è stato un dolore. Di più...». Per Andreotti è stato diverso. «Altri tempi. Altra situazione. E di un avversario della vita riconosco che traversato e attraversato da eventi drammatici lui è uno dei rari casi in cui il cinismo cattolico è fiorito in una grande saggezza greca. Quando ero candidato contro Gianfranco Fini gli hanno chiesto: chi vota presidente? E lui: "Io voto chi mi pare. Voi votate Pannella"».
È tardi. Hai detto di avere un rapporto doloroso con la tua immagine? «Beh se incontrassi uno con l'immagine di Pannella per strada la cambierei. Immagina di cantare un'aria bellissima. Sempre muta. Poi quando arrivi al do di petto qualcuno alza il volume. E il tuo diventa un urlo belluino. Per me, per noi è sempre stato così».




da PANORAMA 20/08/2004