Alitalia, conto alla rovescia
di Deborah Appolloni e Giorgio Santilli
Tre giorni di riposo oltre a quello "fisiologico", monetizzabili in 500 euro lordi per un comandante e 250 per i co-piloti, dopo un volo andata/ritorno in giornata per Tel Aviv. Trecento euro lordi per ogni ora di superamento del limite di servizio (16 ore) nella tratta per Osaka. Cento euro l'ora, anche qui per il superamento del tetto delle 16 ore, sul volo per Buenos Aires: un evento che accade spesso, con molte ore di eccedenza da incassare, soprattutto se sull'Atlantico spirano venti contrari e c'è necessità di una sosta tecnica per fare carburante. E ancora: giorni di riposo aggiuntivi se si vola a New York o Miami; rotte che diventano antieconomiche per il "peso" delle indennità di volo (come quella per Los Angeles, soppressa nel 2001); un giorno di permesso al mese in più alle hostess, oltre ai dieci concessi a tutti, per il "riposo mestruale"; l'assenza del "lettino" sui Boeing 767 che fruttava fino allo scorso marzo nella busta paga di un comandante 1.200 euro e di un copilota 720 euro; accordi per regolamentare il volo su nuove macchine, come successo con i B777. È una parte della miriade dei miniaccordi extracontrattuali che fanno lievitare la busta paga dei piloti e del personale di volo e che adesso è finita nel mirino di Giancarlo Cimoli. Quando il presidente e ad del l'Alitalia propone l'azzeramento dei contratti attuali, mira proprio a eliminare i limiti di ore di volo (8) e di servizio (13) e la giungla normativa che ne è conseguita per aggirare i vincoli troppo rigidi imposti dal contratto nazionale di settore, che risale per i piloti al 1996.
L'effetto di questa giungla non è stato solo un incremento del Cask, il costo unitario per sedile offerto, che ha mandato fuori-mercato numerosi voli e ha avuto un ruolo determinante nello sfoltimento del network Alitalia sul lungo raggio; ma anche una rigidità organizzativa che richiede un pesante lavoro di interpretazione di norme, cavilli, accordini e deroghe. Sopprimendo i limiti contrattuali di volo e di servizio e riportandoli al livello consentito dalla normativa nazionale (rispettivamente 13 e 17 ore), Cimoli punta ora a smantellare gran parte di questa giungla e a recuperare flessibilità e produttività dentro il contratto. «Tutte le major - sostiene l'azienda - hanno drasticamente ridotto il Cask per recuperare competitività. E chi non l'ha fatto, lo farà nei prossimi anni: Air France, per esempio, punta a ridurlo del 6% l'anno nel prossimo triennio». Per Alitalia è fondamentale l'obiettivo di abbassare il load factor di break even, cioè il tasso di riempimento degli aerei che rende economicamente conveniente un volo.
L'unica strada è il taglio dei costi unitari che, anche per la compagnia italiana, non potrà essere inferiore al 5-6% annuo per il periodo di piano 2005-2008. Solo così, recuperando efficienza, Alitalia potrà dare «maggiore connettività al network» e accrescere l'offerta. Il potenziamento avverrà sia con le 16 nuove rotte annunciate sia con il potenziamento della frequenza su scali di medio raggio come Praga, Atene, Francoforte, Belgrado e Zurigo. Quanto alla crescita dell'offerta, sarà del 13% nel primo periodo di piano (2005-2006) e del 15% nel secondo periodo (2007-2008), con un'impennata complessiva delle Tko (tonnellate chilometro offerte) del 28 per cento. Già nel 2005, la compagnia intende varare una crescita dell'11% sul lungo raggio e del 9% sul medio raggio. Un'altra novità annunciata dall'azienda è la volontà di arrivare a un «sistema di armamento multibase». Subito un trasferimento da Roma a Milano di 250 piloti a turare una falla che oggi vede un deficit di 450 piloti su Malpensa (ne servono 550, oggi sono cento).
Ma in prospettiva, si creeranno basi di armamento anche in altre città dove c'è una minima concentrazione di voli. «Ryanair ha programmato l'apertura solo in Italia di dieci basi di armamento, anche noi dobbiamo andare in quella direzione», dice la compagnia. I piloti che oggi utilizzano il Must-go da Roma per imbarcarsi a Milano perdono tre ore di servizio che costano all'azienda cinque milioni l'anno, cui vanno aggiunti i mancati ricavi per i posti persi. E proprio la scarsa presenza di equipaggi su Milano costringe l'azienda a "comandare" i piloti per un mese nel capoluogo lombardo, sostenendo costi di albergo e una diaria giornaliera di 55 euro. Anche qui con un miniaccordo firmato ad hoc.
30 agosto 2004
Se lo stesso biglietto costa 4mila euro in meno
di Marco Magrini
«Sono anni che viaggio per lavoro, ma per capire qualcosa sulle tariffe delle compagnie aeree devo usare ancora la sfera di cristallo». Augusto Giannoni è su un aereo, sta viaggiando come al solito in business class e ha mille aneddoti da raccontare. L'ultimo è bellissimo. «Dovevo andare da Milano a San Francisco e poi da lì a Londra per tornare su Firenze», racconta. «Tutte le tratte erano a bordo della stessa compagnia, fuorché l'ultima perché non aveva voli sul capoluogo toscano. Costo: 6.824 euro, un po' alto. «Poi chiedo al l'agenzia: cosa accade se prendo un volo da Londra alla vicina Pisa, in modo da volare tutte le tratte con la stessa compagnia? Il conto finale è stato scioccante». Sarete curiosi di sapere che il conto finale, per le tasche dell'azienda di Giannoni, è stato di 2.800 euro. Ovvero un risparmio di 4mila euro, con uno sconto secco del 59 per cento. «Vorrei vedere un sondaggio sulla percezione dei prezzi aerei agli occhi dei consumatori.
Ci sarebbe da ridere», dice. Il Governo italiano invece è stato serissimo, nel chiedere alle compagnie aeree europee di non fare concorrenza sui prezzi alla malconcia Alitalia, sulle tratte intercontinentali. Una richiesta che ha fatto saltare sulla sedia molti concorrenti come British Airways, ancorché formalmente lecita agli occhi della Convenzione internazionale sull'aviazione civile, firmata a Chicago nel remoto 1944: non a caso, negli ultimi giorni l'Alitalia ha gettato acqua sul fuoco e l'Enac ha detto che la questione è sospesa. Ma la verità è che si trattava comunque di una richiesta che suonava un po' stonata, nel già cacofonico sottofondo dei prezzi aerei (e nel nuovo contrappunto intonato dalle compagnie low cost). Però non è una follia solamente europea.
«Gli hub (gli scali "di bandiera" delle singole compagnie) dovrebbero servire alle società aeronautiche a risparmiare, giusto?», racconta Shabbir Ahmed, manager di una società quotata a Wall Street e globetrotter con una media di 200 voli all'anno. «E invece no». Ahmed era a Cleveland, la città che ospita l'hub di Continental. Doveva partire subito per San Francisco, motivi familiari. Gli chiedono (in classe economica) 1.200 dollari. Siccome se ne intende, domanda i prezzi dall'aeroporto di Columbus, sempre nell'Ohio, a un'ora di macchina da Cleveland. Un'altro volo andata e ritorno, con la solita compagnia. Prezzo: 300 dollari. «Ho preso la macchina e ne ho risparmiati 900», racconta soddisfatto. Ma pur sempre incredulo. Il sondaggio sui consumatori farebbe forse ridere, come suggerisce Giannoni. Ma non ce n'è bisogno.
Per spassarsela, basta girare un po' su Internet e inventarsi un percorso a caso lungo il labirinto delle tariffe dell'aviazione civile. Sentite questa. Abbiamo preso un volo e una data a caso: Londra-Milano, andata il 13 settembre di pomeriggio, ritorno due giorni dopo. Il volo Alitalia 239 delle 16:25 può andare benissimo. Vediamo che prezzo c'è su Expedia.it, uno dei più popolari servizi per le prenotazioni: 167 euro. Ma Expedia è una società americana con siti multilingua per i vari Paesi, quindi i prezzi dovrebbero essere tutti uguali, giusto? Sbagliato. Su Expedia.uk (Regno Unito) il prezzo dello stesso identico volo è di 151 sterline, ovvero 225 euro. Su Expedia.de (Germania) è di 227. E - sorpresa - Expedia.fr (Francia) ne chiede solo 128. Queste quotazioni sono state richieste in Rete lo stesso giorno, a distanza di pochi secondi l'una dall'altra. E siccome si tratta di un biglietto elettronico, non si vede perché un tedesco non possa comprarlo da sito francese e risparmiare 100 euro. Chiamando Alitalia per telefono, il prezzo («promozionale», lo definisce l'operatore), è di 175 euro.
Sempre a fini umoristici, si potrebbe ricordare della tecnica del "biglietto incrociato", usatissimo dagli uomini d'affari europei che devono viaggiare durante la settimana senza approfittare dei forti sconti applicati - nessuno sa perché - quando il viaggio include un sabato nel mezzo: comprando due biglietti di andata e ritorno e buttando via tutte e due le tratte di ritorno, si rischia di risparmiare fino al 60% (per i dettagli, si veda «il Sole-24 Ore» del 20 novembre 2002). I consumatori però, non hanno fama di avere un gran senso dell'umorismo. E in questa babele di prezzi assurdi, regole senza senso, concorrenze spietate, accordi fra compagnie e siti internet che rimescolano le acque, ai consumatori non resta che fare leva sui trucchi e sull'esperienza. Oppure - al contrario - sulla beata innocenza: credere che i prezzi dei voli siano prezzi "normali" come quelli dei treni, del pane o della frutta. Per tutti gli altri, che non sono né esperti né innocenti, c'è sempre la sfera di cristallo.
29 agosto 2004