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Tralasciando Erode e una delle sette piaghe d'Egitto

New York. La strage di bambini della scuola numero uno di Beslan, in Ossezia del nord, non è la prima nella storia del terrorismo moderno.
Trent’anni fa, a Maalot, tre guerriglieri palestinesi del Fronte democratico di liberazione della Palestina (Fdlp) uccisero 21 liceali israeliani e i loro tre insegnanti, prima di essere a loro volta ammazzati dai soldati d’Israele.
Era il 15 maggio 1974.
Ricorreva il 26° anniversario dell’indipendenza d’Israele.
Era un giorno di festa, il primo dopo la guerra del Kippur, scoppiata l’autunno precedente.
La bella cittadina di Maalot si trova nella Galilea occidentale, a meno di un’ora di auto da Haifa. Era stata fondata negli anni Cinquanta, quando centinaia di migliaia di ebrei dovettero scappare dai paesi arabi nordafricani ostili e rifugiarsi in Israele.
Il governo li accolse costruendo nuovi insediamenti: Maalot era uno di questi.
Un gruppo di studenti della scuola media superiore di Safed era in gita verso l’altopiano del Golan, dove per il giorno seguente erano previste lunghe camminate.
Quella notte i ragazzi erano ospiti di una scuola a Maalot: dopo aver mangiato i giovani si sistemarono sul pavimento con i loro sacchi a pelo, cantarono fino a notte inoltrata e poi si misero a dormire.
I terroristi palestinesi intanto, nascosti nei paraggi, li tenevano sotto osservazione. Per non essere riconosciuti si erano travestiti con uniformi dell’esercito israeliano.
Scesero verso Maalot attraversando la frontiera dal Libano, penetrarono nella cittadina addormentata e attaccarono la scuola.
Per entrare nell’edificio uccisero un guardiano e qualche ragazzo. Alcuni degli studenti riuscirono a scappare saltando da una finestra al secondo piano, ma a decine vennero presi come ostaggi.
Era la prima volta che accadeva nella storia di Israele.
Il mattino dopo i terroristi vennero identificati come appartenenti all’Fdlp.
E’ questo un gruppo marxista-leninista esistente ancora oggi, guidato dall’intellettuale palestinese cattolico Nayef Hawatmeh, 67 anni, che si staccò dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina del dottor George Habbash nel 1969.
Alla base della separazione c’erano dispute dottrinarie tra fazioni entrambe filosovietiche: questi due gruppi, infatti, pur facendo parte dell’Olp, si distinguevano dal Fatah di Yasser Arafat perché non si limitavano a combattere per l’indipendenza della Palestina, ma miravano a una rivoluzione comunista panaraba.
Hawatmeh continua ancora oggi a guidare da Damasco il suo Fdlp, che dal 1999 è stato tolto dalla lista delle organizzazioni terroristiche compilata dagli Stati Uniti: la Siria finanzia il gruppo, che si è opposto agli accordi di Oslo.
Nel febbraio del 1999 Hawatmeh aveva addirittura stretto la mano dell’allora presidente israeliano, Ezer Weizman, ai funerali di re Hussein di Giordania ad Amman.

Allo scadere dell’ultimatum
Una volta preso possesso della scuola di Maalot, i terroristi esplicitarono la loro richiesta: chiedevano la liberazione di tutti i guerriglieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. L’ultimatum non lasciava tempo: il governo avrebbe dovuto soddisfare le richieste entro le ore 18 dello stesso giorno:
“Dopodiché cominceremo a uccidere i ragazzi”.
La Knesset, il parlamento israeliano, si riunì immediatamente in una seduta d’emergenza, convocata dal governo presieduto da Golda Meir. La politica ufficiale d’Israele proibiva ogni trattativa con i terroristi, ma il coinvolgimento di giovani ragazzi rese accettabile un’eccezione.
Alle 15 dello stesso giorno il governo optò per la negoziazione, anche se i terroristi rifiutarono di prorogare il termine. Un quarto d’ora prima della scadenza dell’ultimatum la brigata di fanteria d’élite Golani attaccò l’edificio in cui erano asserragliati il commando e gli ostaggi.
Fu una carneficina.
I terroristi, prima di venire tutti uccisi, ammazzarono 24 ostaggi e ne ferirono 134.
I ragazzi si nascondevano sotto i banchi, urlavano di paura.
I guerriglieri li cercavano uno a uno, li trovavano e li scannavano come bestie.
In Israele si accesero le polemiche fra i sostenitori della linea morbida e quelli che si opponevano alla negoziazione con critiche “tecniche” all’attacco delle forze speciali.
Hawatmeh organizzò a Beirut una serie di dimostrazioni in onore dei fedayn caduti, definiti “nobili martiri”.
Quella fu infatti una delle prime volte in cui i sequestratori erano disposti al suicidio: avevano dislocato nell’edificio alcune bombe in caso di attacco, e avevano fin da subito dichiarato le loro intenzioni estreme.
Nonostante il tragico bilancio, Israele imparò la lezione: raffinò i metodi per sventare questa tipologia di attacco e, due anni dopo, riuscì a salvare tutti gli ostaggi con l’operazione “Entebbe”, quando, in Uganda, alcuni palestinesi dirottarono un aereo.

saluti