I recenti, tragici avvenimenti di Beslan hanno riportato alla ribalta ...
di Franco Cardini
I recenti, tragici avvenimenti di Beslan hanno riportato alla ribalta un angolo di mondo che per la verità noi europei, noi "occidentali", conosciamo ben poco. Oggi, tutti parlano di Ossezia e di osseti: anche se, c'è da esserne certi, parecchi sarebbero in imbarazzo se dovessero indicare su una carta geografica dove sia ubicata quella regione. Quanto a quel popolo, pochi ricordano probabilmente che un grande studioso francese e un grande studioso sovietico, il Dumézil e lo Abaev, hanno dedicato a quell'antico, glorioso popolo e alla sua splendida poesia epica ricerche che hanno fatto epoca. Anche se, purtroppo, soltanto gli specialisti le conoscono.
L'area compresa tra il Don, la costa nordoccidentale del Mar caspio e la catena del Caucaso è terra di antiche civiltà, del resto strettamente collegate a quelle tra Don, Caucaso e area nordorientale del Mar Nero. Lì, fino dalla fine del II millennio a.C. sono fiorite le gloriose culture degli sciti e quindi dei sarmati, popolazioni nordiraniche note per la loro abilità come cavalieri, il loro gusto di creatori di gioielli di squisita fattura e i loro riti funebri durante i quali si "viaggiava" accompagnando il defunto grazie alle inalazioni di cannabis indica. La poesie apica osseta, che ha tramandato quste memorie, parla appunto di questi viaggi al paese dei morti che sciti e sarmati trasmisero alla popolazione celtica dei Cimmeri di cui parla Omero (che sono poi i cimbri vinti da Mario). Dopo gli iranici, in quest'area da sempre crogiolo di popoli, di culture e di tradizioni si insediarono genti slave, quindi tartare (la celebre Orda d'Oro e il suo impero, fra XIII e XVI secolo), poi ancora slave e turche, mentre la multiforme cultura caucasica si avvaleva anche dell'apporto delle genti armene (affine agli iranici) e georgiane (la lingua dei quali, che ha rapporti con il basco, è ancora un mistero). Stesso mosaico nelle culture: quello armeno fu il primo regno a convertirsi al cristianesimo, all'inizio del IV secolo d.C.: ma continuarono anche ad esserci degli zoroastiani, quindi nel Due-Trecento, con l'Orda d'Oro, arrivarono dei musulmani abbastanza strani, nelle credenze dei quali c'era molòto dello scimanesimo mongolo e che dettero vita a importanti gruppi di mistici sufi.
E adesso? Il problema è interno all'ex-URSS e alle sue irrisolte contraddizioni. La Comunità degli Stati Indipendenti nacque ufficialmente il 12 dicembre 1991 ad Alma Ata: rispetto alla Federazione Russa, lo stato più ampio e forte, le altre repubbliche - espressione in genere di etnie non slave e per la maggior parte musulmane - assunsero posizioni diverse. Nel 1992 due gruppi caucasici, gli osseti del sud e gli abhasi, si ribellarono allo stato nel quale erano stati inseriti, la Georgia, mostrando di preferir aderire alla federazione Russa; gli abhasi proclamarono la loro indipendenza nel 1994 e i combattimenti contro i georgiani, da allora sporadici, divennero particolarmente intensi nel 1998.
Intanto, la richiesta da parte dei ceceni dell'indipendenza d'una loro repubblica da Mosca, avanzata nel 1994, sfociò in aperta guerra. Se Eltsin aveva dato segno di voler trovare una soluzione, Vladimir Putin non ne volle mai sapere. Egli conosceva solo al guerra e la repressione come strumenti di dialogo con gli indipendentisti. Fra l'ottobre e il novembre i russi martirizzarono la città cecena di Grozny: almeno 150.000 morti, oltre 200.000 profughi afflitti nella vicina Inguscezia che veniva così coinvolta pesantemente.
Le genti dell'area compresa tra Caucaso e sponda nordoccidentale del Caspio - daghestani, abhasi, osseti, ceceni, ingusci - sono "caucasici": linguisticamente indoeuropei connessi con il gruppo nordiranico, ma storicamente hanno avvertito fortemente l'influsso dei tartari dell'orda d'Oro fra XIII e XVI secolo, quindi quelli incrociati turco, russo e persiano. Fin dalla fondazione della CSI, tutti gli stati uraloaltaici dell'ex URSS, dal Caspio all'Himalaya, si riconoscevano in una realtà linguistica affine e nell'Islam sunnita, ch'era principalmente un problema d'identità. La stessa cosa si poteva dire per popoli come il ceceno e l'inguscio. Oggi, certo, il discorso è diverso a causa del missionarismo radicale dei wahabiti sauditi che hanno soppiantato l'antico equilibrio d'un Islam pacifico e ragionevole, egemonizzato dai gruppi sufi. Il radicarsi della situazione, e l'incontro fra questo nuovo modo aggressivo d'intendere l'Islam e le rivendicazioni indipendentiste e nazionaliste del mondo caucasico, può effettivamente portare a un radicalizzasri della situazione le conseguenze del quale appaiono fin da ora gravissime.
Franco Cardini
Fonte:www.iltempo.it
7.09.04