Mercoledì, 8 Settembre 2004
Rientrato alla Caserma Matter il Reggimento della Serenissima dopo quattro mesi di impegno umanitario a Nassiriya e una battaglia in cui è morto il caporale Matteo Vanzan
Iraq, missione compiuta per i Lagunari
La testimonianza dei soldati che hanno portato alle popolazioni provate dalla guerra farmaci e strutture mediche
Mestre
Missione compiuta per il Reggimento Lagunari Serenissima che ieri, dopo quattro mesi di missione nel sempre più infuocato Iraq, s'è riaccasato nella Caserma Matter. All'appello mancano ancora una cinquantina di soldati - tutti comunque già imbarcati e sulla via del rientro - e la bandiera di guerra è stata deposta nella teca alle spalle della scrivania occupata dal comandante Emilio Motolese: la missione del contingente erede dei serenissimi Fanti de Mar s'è ufficialmente chiusa, con l'amaro bilancio della perdita del caporale Matteo Vanzan. Dopo la battaglia a Nassiriya, con venti ore di conflitti a fuoco tra il 5 e il 6 agosto scorsi, aiuti umanitari (molte medicine, viveri a volte ricavati rinunciando alla propria razione giornaliera) e la consegna di strutture mediche (un intero studio odontoiatrico donato ad un ospedale pediatrico e un microscopio per studiare una delle malattie più diffuse e pericolose, la malaria) ieri per i soldati italiani è stata la prima giornata senz'armi ed elmetto, anche se proprio totale riposo non è stato. A voler salutare l'arrivo dei "valorosi soldati italiani impegnati in missione di pace", infatti ieri era presente alla Matter il presidente del Veneto Giancarlo Galan, a cui sono stati riservati un picchetto d'onore e pure l'anteprima di un "video di missione", realizzato mettendo assieme decine e decine di immagini scattate nei luoghi in cui hanno operato i Lagunari.
A dar voce alle immagini di soldati in assetto da combattimento, mezzi blindati, bombe con la scritta "Matteo", bambini tra i soldati, civili aiutati o ammassati e perquisiti dai lagunari, le testimonianze di alcuni di loro tra cui una donna, il caporal maggiore Alessandra Mercadante, 24 anni. "Per la gente dell'Iraq una delle cose più strane era verdere una donna in divisa" racconta e il paragonare con le sue coetanee che vanno in discoteca non la turba: "Io ho scelto la divisa" è il suo commento lapidario mentre per quanto riguarda i momenti che gli sono rimasti più nel cuore non dimentica "i bambini in festa che ci venivano incontro."
Infatti in Iraq gli italiani sostengono di essere andati anche per fare del bene, per aiutare la popolazione, come conferma il medico ufficiale Andrea Polo. "Abbiamo portato farmaci di tipo pediatrico, antibiotici, visto che in Iraq ci sono tanti bambini e tantissimi muoiono per mancanza di cure. La gente d'età media è quasi scomparsa per gli eventi bellici e chi è rimasto ha veramente biosogno d'aiuto. È stata un'esperienza eccezionale nella quale ho scoperto che le barriere culturali non sono insormontabili. La gente ci ha accolto bene, e aiutando a guarire i piccoli siamo riusciti a conquistare anche il rispetto degli adulti. Su tutti m'è rimasto impresso un episodio - prosegue raccontando il personalissimo diario di guerra - In un villaggio a sud di Nassiriya eravamo presenti con alcuni civili che ci aiutavano. All'improvviso siamo stati circondati dai bambini. Le guide ci hanno subito tranquillizzato; se gli adulti lasciavano lì i bambini voleva dire che non c'era pericolo." "I momenti difficili ci sono stati - incalza il vicecomandante compagnia controcarri Massimiliano Tulli - ma rimangono anche i bei ricordi, come il sorriso dei bambini scalzi che ci venivano incontro. E spesso eravamo anche preoccupati per la loro incolumità, ci chiedevano acqua spingendosi fin sotto i mezzi blindati e in più di qualche occasione abbiamo dovuto sospendere la distribuzione per evitare che nella ressa si verificassero incidenti. La cosa più triste è stata invece il dispezzo che a volte ci dimostravano con offese e atteggiamenti aggressivi i giovani, nonostante noi fossimo lì per fare del bene".
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