Marchionne dice in sostanza che per produrre ricchezza non si può evitare di competere col comunismo cinese in materia di produzione e con le altre economie emergenti, al cui PIL cercano di tenersi timidamente al passo le economie occidentali.
Fino a quando russi e cinesi facevano i comunisti era più facile per i sindacati lottare per la scala mobile. Quando la Cina si rese conto della forza della propria povertà, allora si aprì primieramente al mercato del lavoro, col risultato che i nostri imprenditori più ruspanti intesero al volo l'affare. Quel giorno fu l'inizio della fine per i sindacati, e la scala da mobile si trasformò in uno scantinato.
In sostanza, la speranza non dico del Comunismo ma della socialdemocrazia è stata affossata dagli stessi compagni cinesi, e poi dalla tempesta neoliberale che ne è seguita, la quale è ancora in atto ma in fase di mutamento autocratico.
Nel nome della libertà, l'Italia è al presente il laboratorio più avanzato di tale mutamento in atto: il Cavaliere ne è il suo nuovo duce e Marchionne il suo profeta.