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  1. #21
    Giuro di essere fedele al Re!
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    E’ ora di studiare la Monarchia italiana
    «A i Bergamaschi che mi ricordano». Firmato: Umberto.
    Il saluto proviene da un ritratto-ricordo datato 1947. E il personaggio effigiato risponde al nome di Umberto, appunto, II, più precisamente: Re d'Italia. Parlare di Sua Altezza Reale significa aprire un capitolo importante della storia del nostro Paese, ma significa anche richiamare dal silenzio argomenti scomodi.

    «I miei studenti - ha esordito ieri Giorgio Rumi, docente di Storia contemporanea all'Università degli studi di Milano, nel corso di un incontro nella ex sala consiliare cui hanno partecipato tra gli altri il consigliere regionale Carlo Saffioti, il presidente del movimento monarchico bergamasco Franco Malnati, il presidente dell'associazione combattenti e reduci di Montelungo Edoardo Cristofari - mi chiedono spesso: "Che ruolo hanno avuto i Savoia? Come dobbiamo guardarli?". L'argomento desta sempre un certo imbarazzo: l'idea corrente è che le televisioni importanti e le case editrici non se ne debbano occupare».
    Insomma, meno se ne parla, meglio è. E il silenzio ha continuato, imperterrito, il suo cammino così a lungo che «il magazzino è vuoto»: «A chi vuole approfondire il tema - ha proseguito il professore - non ho titoli da suggerire».
    Ma, a scanso di equivoci, «per me Casa Savoia ha rappresentato un pezzo importante della storia d'Italia, anche se bisogna distinguere tra re e re».

    Chiara la premessa, efficace la digressione sul passato monarchico promossa da un comitato di cittadini italiani di diverso orientamento politico. Per la verità qualche reduce ex combattente e monarchico ha fatto vibrare le corde di una nostalgia un po' troppo incline alla retorica. Ma l'intervento di Giorgio Rumi ha saputo riportare il discorso nei binari della riflessione storica. Moderata e argomentata con l'efficacia comunicativa che contraddistingue l'accademico-uomo pubblico. Innanzitutto, spazio alle origini: «I Savoia - ha precisato il professore - non hanno un'origine italiana e neppure francese. Provengono da uno Stato di passo che controlla il passaggio alpino. E quando la capitale si sposta da Chambery a Torino i Savoia si portano al di qua dei monti la cosa più importante: la Sindone, poi venerata da San Carlo Borromeo e ceduta alla Chiesa».

    La storia scorre e la Casa Reale «va col tempo e con il Po», com'è espressione corrente tra gli storici. «A differenza dei Borboni che rimasero sempre chiusi tra l'acqua santa e l'acqua salata - ha chiarito Giorgio Rumi - i Savoia hanno sempre avuto un progetto nazionale. Nessuna dinastia italiana è mai stata così avventuriera, espansiva e conquistatrice».
    Un sogno di gloria e di potere? Niente affatto. «Non sono mai stati ricchi, non hanno mai pensato né ai soldi né allo splendore. Cavour era più ricco del suo re». Come dire, la patria prima di tutto. Con un'idea cardine, trasmessa di padre in figlio: non si regna con lo stato d'assedio. Ne era convinto Vittorio Emanuele III: nella fase più felice della sua monarchia, quella giolittiana, democratica e progressista, la Corona non fu nemica delle masse popolari. Quando Umberto II comincia a volare con le proprie ali raccoglie la lezione: «Umberto - ha spiegato lo studioso - non ha mai fatto propaganda per la monarchia. Svolse un ruolo di garante superiore alle cose, dimostrando sempre un disinteresse per il trono in sé, rarissimo in un re».

    E se la dinastia scomoda lascia ancora aperte molte piste di indagine per gli storici, sul valore di Umberto II Giorgio Rumi conferma: «Fu un uomo moderno pieno di dubbi, anche religiosi. Non metteva la Corona sopra tutto, bensì l'Italia, che non doveva fare una guerra civile». E con l'esortazione «Onore ai Savoia» è calato il sipario sull'incontro voluto in occasione del centenario della nascita di Umberto II.
    Sara Locatelli
    (da: "L'Eco di Bergamo", 7 novembre 2004)

  2. #22
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    Predefinito

    Il Centenario di Umberto II ha motivato apprezzabili iniziative anche sul web.

    Assicuro grande soddisfazione per l'intelletto con la visita al sito:

    http://www.diesis.com/phpgroupware/files/home/roberto/

  3. #23
    Monarchico da sempre !
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    Predefinito Re: ROMA 8 SETTEMBRE 43

    In Origine postato da Ferruccio

    Che i tedeschi lo prendessero poi pure.Qualsiasi cosa succedesse anche fosse stato ucciso o deportato la Monarchia sarebbe stata salva e sarebbe stato un gran bene per tutti perche' quel giorno la Nazione non sarebbe morta come invece purtroppo accadde.

    Un saluto
    Caro Ferruccio, sai che la mia stima nei tuoi riguardi, và ben oltre la conoscenza che possiamo aver fatto su questo Forum.
    In te, vedo alcuni aspetti di mio nonno, ormai scomparso, e persona per me insostituibile !!!

    Ciò che affermi però, è ingiusto.
    La nostra Patria, non è morta a causa del comportamento di una o due persone, perchè persone erano anche loro, ma a causa del generalizzato comportamento di tutti gli Italiani, che di fronte a scegliere tra un possibile sacrificio immediato, scelsero su due strade diverse e divergenti, il comodo e il più sicuro, rimandando a più tardi la resa dei conti...

    Così abbiamo dei Combattenti veri, ma sprecati ad una caausa contronatura (sei stato tu stesso a dire tante volte, che i tedeschi sono sempre stati nostri nemici) RSI, e dei falsi combattenti, scappati e nascosti per mesi, in attesa...

    Ambedue, sono fuggiti davanti al nemico chiaramente indicato dal Re, e dalla nostra Patria nel momento del bisogno.

    Possiamo criticare il nostro Re ?
    Possiamo criticare il Principe Umberto ?

    Chi ha dovuto decidere in quell'ora ? Quanti Re, e quanti Presidenti e politici vari, hanno volutamente compiuto decisioni tanto gravi, ed in fondo tanto "riuscite", quanto quelle di S.M. il Re ed Imperatire Vittorio Emanuele III di Savoia ?

    Non possiamo dimenticare che quella decisione, poneva in pericolo decine di persone della Real Casa... se come dichiarano tutti i detrattori, la decisione fu presa per salvare la pelle, perchè non aspettare dopo che tutti i famigliari fossero al sicuro ?

    Non dimentichiamo il calvario della Duchessa d'Aosta, della Principessa José o della Principessa Mafalda morta in prigionia !!!

    L'unico rimasto, è stato il Re del Belgio, ma a cose fatte, ha dovuto ugualmente abdicare !
    Gli Altri tutti sono fuggiti, fuggiti davvero... anche Stalin, e l'Italia non era certo grossa come la russia !!!

    Al contrario delle solite manfrine "rosse" "nere" ed "anglosassoni", io reputo la decisione dolorosa, ma molto ben presa, ed il Principe Umberto, unico famigliare a cui poter passare la corona vicino al Re quel giorno, non poteva essere sacrificato nell'ignoto ... il Re aveva 77 anni, ma l'Italia non doveva finire con i suoi giorni !!

    Saluti

  4. #24
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    Predefinito 9 Maggio 1946 - 13 Giugno 1946

    In Origine postato da pcosta
    Messaggio di S.M. il Re

    Italiani!
    Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.
    Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giungo il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risoluta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
    Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.

    Italiani!
    Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.

    A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
    Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani.
    Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.
    Viva l'Italia!
    Umberto
    Roma, 13 giugno 1946.

  5. #25
    Viva il Re!
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    Ottimo lavoro, Pio!
    "Prima di tutto l'Italia" (S.M. il Re Umberto II)

 

 
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