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    Predefinito Rif: L'infallibilità pontificia per Marin de Boylesve s.j.

    Si potrebbe unire questo thread con quello intitolato "Opere in difesa del papato" o qualcosa del genere. Ma non lo trovo più. Un saluto

  2. #22
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    Predefinito Re: Rif: L'infallibilità pontificia per Marin de Boylesve s.j.

    S.PIO X:IDENTITA' E TRADIZIONE

    Giuseppe Sarto nacque a Riese, un piccolo comune del Veneto, nel 1835. La sua famiglia era molto povera ma la situazione economica peggiorò ulteriormente con la prematura scomparsa del padre, infatti sin da giovane si dovette preoccupare, oltre allo studio, anche di aiutare la famiglia orfana della guida forte del capofamiglia. “Bepi” come lo chiamavano le persone in paese, era un ragazzo molto bello, intelligente ed espansivo, portatore di una “Venetità” che sarà presente anche nella maturità (ad esempio, Pio X per tutto il pontificato parlerà sempre in veneto con il conterraneo monsignor Bressan). Studiò nel seminario di Padova e fu ordinato sacerdote nel 1858. Cappellano a Tombolo, poi parroco di Salzano nel 1867 (dove viveva con le sorelle che lo avevano seguito in stretta povertà, poiché Giuseppe Sarto non riusciva a rifiutare qualcosa di necessario a chi glielo chiedeva), cancelliere vescovile a Treviso (1875), vescovo di Mantova (1884), fu fatto cardinale e patriarca di Venezia nel 1893. Nella sede patriarcale dedicò particolare cura ai seminari, incoraggiò l'Opera dei congressi, favorì una coalizione tra cattolici e moderati nell'amministrazione comunale. Nel conclave del 1903, dopo che l'Austria aveva fatto uso del “veto di esclusione” contro il cardinal Rampolla (che in realtà non fu determinante), Giuseppe Sarto fu eletto papa a grande maggioranza, per la sua fama di pietà e di doti pastorali. Nel suo pontificato, che si svolse in anni molto difficili per la Chiesa, Pio X dette prova di un particolare interesse per i problemi pastorali, liturgici, amministrativi della Chiesa, ma anche di una grande rigidezza sul piano dottrinale, che si unì a una notevole duttilità nel campo politico e ad atteggiamenti alquanto conservatori nel campo sociale. Nella sua prima enciclica, “De supremi apostolatus cathedra” (1903) egli enunciò il principio ispiratore della sua azione, “restaurare tutto in Cristo”: iniziò quindi un'opera riformatrice nella vita della Chiesa. Abolì il “veto di esclusione” nei conclavi, accentuando l'autonomia della Chiesa dai poteri politici; iniziò la revisione del diritto canonico, che affidò all'allora monsignor Pietro Gasparri, e che sfociò, dopo la morte di Pio X, nel Codex Juris Canonici (1917) tuttora vigente. Con la costituzione “Sapienti consilio” (1908) modificò l'organizzazione della curia romana. Con la costituzione “Divino afflatu” (1911) iniziò la riforma del breviario; nel 1903 regolò l'uso della musica sacra nella liturgia e indicò il dovere di partecipare a questa da parte di tutti i fedeli. Particolare cura dedicò ai seminari e alla diffusione dell'istruzione religiosa: con l'enciclica “Acerbo nimis” (1905) preconizzò l'istruzione catechistica dei giovani e a questo fine dei giovani e infine promulgò il testo unico del catechismo per l'Italia (detto catechismo di Pio X). Con due decreti, sulla comunione quotidiana e sulla comunione dei bambini (Quam singulari) volle favorire la frequenza dei sacramenti. Nei rapporti con gli Stati , per i quali fu coadiuvato dal segretario di Stato Merry del Val (il quale annovera tra i suoi antenati un giovane beato vittima di omicidio rituale ebraico). Pio X dovette far fronte a talune difficili situazioni, specie in Francia dove la III Repubblica metteva in atto drastiche leggi di separazione tra stato e Chiesa: reagì con due encicliche, “Vehementer nos” (1906) e “Gravissimo officii munere” (1906), invitando i vescovi francesi a resistere nonostante gli aspetti persecutori di quella legislazione. Anche in Italia i problemi posti dalla irrisolta questione romana, dalle contrastanti tendenze presenti nelle organizzazioni cattoliche e dalla spinta innovatrice sul piano dottrinale sfociante nel modernismo, si intrecciarono strettamente. Nel 1909, pur senza revocare il non expedit, Pio X permise che nelle elezioni politiche dello stesso anno e del 1914, i cattolici vi partecipassero con propri candidati o in appoggio ai candidati liberali che dessero alla Chiesa certe garanzie: entrarono così alla camera i primi cattolici deputati. Ma l'impegno maggiore di Pio X consistette nella lotta al modernismo che, a partire dalla Francia, era profondamente penetrato nel cattolicesimo. Una serie di provvedimenti di condanna (messa all'Indice di opere di Loisy, Houtin, Tyrrell, Fogazzaro, Buonaiuti, della rivista Il Rinnovamento) culminarono nel decreto “Lamentabili sane exitu” e nell'enciclica “Pascendi dominici gregis” (1907), in cui il modernismo fu condannato come somma di tutte le eresie: i modernisti che non vollero sottomettersi furono successivamente scomunicati. Insieme, Pio X prese una serie di misure relative agli studi del clero e degli istituti ecclesiastici, specialmente in quei campi che avevano alimentato il modernismo (istituzione della Commissione pontificia degli studi biblici, 1907; costituzione dell'Istituto biblico, 1909; revisione della Vulgata; motu proprio "Doctoris Angelici”, del 1914, per ribadire la necessità di un ritorno a san Tommaso). Pio X morì qualche giorno dopo l'inizio della prima guerra mondiale (sul letto di morte si racconta che avesse più volte accennato ai suoi collaboratori il sentore dell’imminenza di un “guerrone” tra le potenze europee). Durante la propria vita compì moltissimi miracoli ed era visto da tutti i cattolici come un santo: infatti dopo la sua triste dipartita fu beatificato nel 1951 e canonizzato nel 1954.

    Luca Fumagalli

    Da "Il Cinghiale corazzato" n.12 gennaio-febbraio 2006, foglio di informazione e cultura dell'allora MUP dell'Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano

  3. #23
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    Predefinito Re: Rif: L'infallibilità pontificia per Marin de Boylesve s.j.

    Giulio II Papa e Soldato


    Certamente il destino era stato generoso col giovane chierico Giuliano della Rovere, nato ad Albissola, nel Savonese, da “oscura famiglia”. Avere uno zio Papa come Sisto IV e trovarsi nel 1471, cardinale a ventisei anni, catapultato nelle stanze del governo dello Stato della Chiesa, non è certamente da tutti.
    Ma il giovane Giuliano seppe ripagare queste provvidenziali fortune con una vita coraggiosa, spesa sino all’ultimo al servizio di quella causa cui aveva votato la sua giovane vita. Ebbe dallo zio notevoli incarichi politici, militari e diplomatici che lo resero protagonista indiscusso della politica internazionale dell’epoca, surclassando altri cardinali “nepoti”, forse più ricchi ma dal minore nerbo. Fu elettore determinante nel conclave del 1484 che elesse Papa Innocenzo VIII Cybo e durante il suo pontificato fu suo consigliere ascoltato.
    Da cardinale fu amico del collega Marco Barbo, uno dei migliori esponenti del Sacro Collegio, e si oppose alla corrente più mondana, rappresentata dai cardinali Ascanio Maria Sforza e Rodrigo Borgia
    Si impegnò per impedire fino allo stremo l’elezione di quest’ultimo nel conclave del 1492 ma alla fine dovette desistere. Durante il pontificato di Alessandro VI si tenne ostentatamente lontano da Roma. Di Papa Alessandro VI il cardinale Della Rovere temeva soprattutto il modo di governare lo Stato Pontificio, considerato più come un feudo da gestire e da affidare allo spregiudicato figlio naturale di Sua Santità, il duca Cesare (“Il Valentino”), che uno stato da potenziare e rinforzare, unico baluardo protettivo per l’esercizio del potere spirituale. La morte di Alessandro VI e il breve pontificato di Pio III nel 1503 segnarono lo sfacelo della signoria personale del Valentino e l’anarchia completa nella parte settentrionale dello Stato Pontificio. Giulio II venne eletto Papa all’unanimità dal conclave il 1 novembre 1503 e fin dalla scelta del nome “cesareo” fece intravedere la sua volontà di piena restaurazione temporale e amministrativa dello Stato della Chiesa. Con una spedizione militare guidata personalmente riportò il potere delle Chiavi a Perugia e infine a Bologna nel 1506, liberandola della tirannide dei Bentivoglio. Contro la Serenissima che aveva sottratto ampie parti della Romagna al suo stato e continuava imperterrita nella violazione dei privilegi ecclesiastici, Giulio lanciò la scomunica e l’interdetto il 27 aprile 1509, alleandosi con Francesi ed imperiali contro di essa. Ma quando vide la Repubblica Veneta che, stremata, gli restituiva le terre e gli garantiva le libertà ecclesiastiche, riequilibrò immediatamente il quadro politico della Penisola, alleandosi con essa e la Spagna in funzione antifrancese. Di certo Giulio II non si sarebbe ridotto ad essere “capelan” del Re di Francia, Luigi XII, non certo per una passione nazionalistica che certi storici del periodo fascista hanno creduto di intravedere in lui, ma per la gelosa custodia della libertà e dell’unicità dello Stato della Chiesa, un “vicereame” di cui Cristo stesso è invisibile Re.
    La “Lega Santa” antifrancese nasceva nell’ottobre 1511 e, dopo alterne vicende, nell’estate 1512 aveva ricacciato i Francesi oltr’alpe: Giulio II fece coniare una moneta che lo ritraeva a cavallo e con la frusta, mentre calpestava le armi francesi.
    Lo stesso “concilio” che Luigi XII voleva indire con l’aiuto di alcuni cardinali francesi proni alla sua volontà, per deporre Giulio, si trascinò stancamente tra Pisa, Milano, Asti e infine Lione, per concludersi in un miserevole fallimento nel 1512.
    Alto di statura e dalla fortissima fibra, occhi grandi, profondi ,oscuri (la barba con cui lo ritrasse Raffaello la portò solo un anno e mezzo durante la campagna antifrancese), schietto fino alla rudezza, collerico violento e impetuoso, sapeva essere delicato e gentile nei sentimenti amicali, ilare e gioviale nelle tregue che gli lasciavano l’attività politica e militare. Ebbe una fede religiosa semplice ed adamantina: nell’esercizio dell’autorità spirituale condannò le elezioni pontificie simoniache, rinnovò le condanne dell’Execrabilis di Pio II e della Bolla In Coena Domini contro chi si opponesse al libero esercizio del potere papale e contro la dottrina che poneva l’autorità del Concilio universale sopra quella del Papa. Indisse un Concilio Lateranense che aprì solennemente il 3 maggio 1512, per combattere la rinascente eresia gallicana e regalista in Francia, porre le basi per un rafforzamento della disciplina ecclesiastica e tentare la riorganizzazione di una Crociata (fortunatamente a quell’epoca non c’erano un Giuliano Ferrara o un Magdi Allam).
    Inutile poi citare il mecenatismo attivo di Papa Della Rovere che tra una guerra e l’altra trovò il tempo di proteggere ed incoraggiare Michelangelo, Raffaello ed infine il Bramante per la costruzione della nuova basilica di San Pietro.
    Amo rivedere Papa Giulio nel pieno dell’inverno 1511 (de Zener, come riportavano costernati gli ambasciati veneziani), convalescente, comandare di persona le truppe papali, ricoprendole talvolta di indicibili improperii, all’assedio della fortezza della Mirandola, vicino Ferrara, e resistere alla neve, al vento gelido, ai proiettili nemici e infine farsi issare, Lui il Papa Re, Lui il Vice-Dio, sulle mura conquistate, grazie ad una scala a pioli.
    Accanto al suo letto di morte, il cardinale Sigismondo Gonzaga annotava commosso: “Sua Beatitudine vede, ode, intende, parla, ordina, dispone e provede come se’l fusse nel magiore vigore et sanità di corpo che mai fusse; niente è commosso, quantunque si veda morire”. Senza paura fino alla fine, Giulio II spirò il 20 febbraio 1513.
    Il fedele Paride de Grassi, cerimoniere pontificio, riferì che in quarant’anni di servizio della Sede Apostolica, non aveva mai visto un simile “concorso di popolo” intorno al cadavere di un Papa. Vero pontefice romano, vero sovrano di uno stato in una penisola italica libera e divisa: trionfatore da Cesare, trionfatore da Papa.

    Piergiorgio Seveso


    Articolo pubblicato sul numero 16, novembre-dicembre 2006 de "Il Cinghiale Corazzato", giornale della Comunità Antagonista Padana dell'Università Cattolica di Milano

  4. #24
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    Predefinito Re: Rif: L'infallibilità pontificia per Marin de Boylesve s.j.

    Sabato 14/4/2012 all'oratorio di ROMA (via Pietro della Valle 13/b) alle ore 18,15 e sabato 21/4/2012 all'oratorio di PESCARA (via Ofanto 24) alle ore 18,15:
    "L'enciclica VEHEMENTER NOS (11.2.1906) e l'allocuzione GRAVISSIMUM (21.2.1906) sulle persecuzioni della Chiesa in Francia da parte dello stato laicista".
    Entrambi gli incontri saranno preceduti dalla S. Messa alle ore 17,30.

    SODALITIUM

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    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
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  9. #29
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    Predefinito Re: Fiori di devozione e scienza per il trono di Pietro

    IL CENTENARIO DI S. PIETRO ED IL CONCILIO ECUMENICO
    LETTERA PASTORALE AL CLERO
    DI
    MONSIGNOR ENRICO EDUARDO MANNING
    Arcivescovo di Westminster
    VERSIONE DALL'INGLESE
    ROMA 1867

    (Parte I)

    Mons. Enrico Eduardo Manning: Il Centenario di S. Pietro e il Concilio Ecumenico (I).

  10. #30
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    Predefinito Rif: Re: Fiori di devozione e scienza per il trono di Pietro

    IL CENTENARIO DI S. PIETRO ED IL CONCILIO ECUMENICO
    LETTERA PASTORALE AL CLERO
    DI
    MONSIGNOR ENRICO EDUARDO MANNING
    Arcivescovo di Westminster
    VERSIONE DALL'INGLESE
    ROMA 1867

    (Parte II)


    Mons. Enrico Eduardo Manning: Il Centenario di S. Pietro e il Concilio Ecumenico (II).

 

 
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