Certo che il 1917 e il leninismo hanno contato. Eccome se hanno contato, e anche gli anni trenta e lo stalinismoIn Origine Postato da MrBojangles
Perché le Destre hanno Studiato di Meno?
Bruno Bongiovanni
Che non ci sia stata l’egemonia culturale delle sinistre (al plurale) è cosa assodata.
L’ha sostenuto anche Il Foglio, che ha ospitato in proposito un bell’articolo di Luigi Manconi.
Il quale ha scritto che solo all’inizio degli anni ’70 vi sarebbe stata una preminenza. Esistono però altri pareri.
Ricordo infatti un numero - primi anni ’90 - de L’Italia settimanale, periodico allora diretto da Veneziani. In quel numero si esaltavano proprio gli anni ’70 come età dell’oro della cultura di destra. Quelli erano del resto gli anni in cui si potevano leggere su Il Tempo gli articoli del vecchio Julius Evola. Può certo far impressione scorgere oggi qualche erede del barone non cavalcare più la tigre, né rimirare estatico le rovine, ma attestarsi ai margini di un governo che lo stesso Evola, in nome della Tradizione, avrebbe definito non di «eroi», ma «di mercanti».
Non ci si deve tuttavia stupire della cosa.
La destra radicale, morto il maestro (1974), prese sul serio proprio la teoria dell’egemonia; ed elaborò il «gramscismo di destra».
Era cioè la destra che doveva, lavorando sulla cultura, rincorrere l’egemonia. L’operazione movimentò lo scenario politico-culturale, ma naturalmente fallì.
Tanto che l’unica ed eccellente monografia completa su Evola è oggi opera di un giovane studioso che, se proprio dobbiamo utilizzare siffatte categorie quando si parla di studi, è certo da considerarsi «di sinistra» (Francesco Cassata, A destra del fascismo, Bollati Boringhieri 2003).
Ciò prova che il vero discrimine, tra la cultura cosiddetta «di sinistra» e la cultura cosiddetta «di destra», non è tanto la sempre frustrata vocazione all’inesistita egemonia, ma la capacità di produrre opere solide.
Molti insomma hanno passioni politiche; ma c’è anche chi - e in questo caso la quantità degli addetti conta - lavora e studia.
L’Italia, ovviamente, rimase, negli stessi anni ’70, e oltre, un paese culturalmente pluralistico; anche se non privo, di tanto in tanto, di qualche tratto illiberale. E ciò non per responsabilità del «gramscismo di destra», dissipatosi (salvo pochi impolitici studiosi) nell’incontro appunto con i «mercanti», ma per responsabilità di note propensioni monopolistiche.
Quel che allora va posto al centro è la persistenza della denuncia di un’egemonia non esistita.
Spostiamo, per capire la ragioni di ciò, il discorso; e guardiamo il revival gentiliano.
Vi son state, com’è noto, una iperpoliticizzazione del filosofo e un’insistenza un po’ petulante sul suo fascismo moderato.
Tutto legittimo.
Gli stessi protagonisti del revival, pur anticomunisti, hanno però fatto di Gentile anche il vero ispiratore dei comunisti; come se il 1917 e il leninismo non avessero contato.
Con l’inglobare il comunismo nell’attualismo si cercano - ecco il punto - quarti di nobiltà per un pensiero di destra ritenuto, dalla stessa destra, non autosufficiente.
Viene così confermato che quel che alimenta l’ossessione dell’egemonia è un risentito complesso d’inferiorità.
Perché le destre (al plurale) han studiato meno?
Gentile infatti non è il papà del leninismo, ma è uno dei papà di Gramsci, anche se è morto ammazzato su istigazione di un idiota politico che aveva orgasmi ogni volta che leggeva Stalin, e che era pur sempre un grande professore di latino.
Come diceva B.Russel....gli intellettuali e gli intelligenti, in campo politico, sono spesso su opposte parti della barricata.
Il signor Bongiovanni dovrebbe "studiare" di meno e tentare, se gli è possibile, di capire qualche cosa.
Saluti liberali