...la buona morte

Con precisione, passione e giusta circospezione ieri Ernesto Galli della Loggia ha riproposto un tema che questo giornale discute da tempo nel suo stile un po’ tranchant, ma onesto.
La scienza moderna, con le sue possibilità e tecnologie genetiche, e l’ideologia moderna, con le sue costrizioni e la sua idea che diritti e desideri coincidano, ci offrono la teorica possibilità faustiana di liberarci dal dolore, sempre di più da ogni forma di dolore, e di conquistare l’illusione dell’immortalità.
Possiamo selezionare i figli, scegliendone alcuni progetti e scartandone altri.
E’ la buona vita. Possiamo selezionare le malattie, e mettere fine a quelle oggi senza speranza, decidendo (in Olanda) anche della buona morte dei bambini. D’altra parte, si ha diritto a un figlio sano, se si può, e ad allontanare la sofferenza “inutile”, se si può. Ma qual è il prezzo, si domanda Galli della Loggia, di tutto questo apparente vantaggio? Sarà alto, visto che la prestazione è notevole, e determina una svolta di civiltà anche nel rapporto tra il nostro mondo, e il suo sostrato cristiano, e gli altri mondi diversamente sviluppati anche sul piano scientifico e religioso. Ma qual è?
E’ precisamente la domanda che ci facciamo da anni, partendo dalla clonazione, dall’aborto selettivo, dai temi legati alla fecondazione artificiale e ai discorsi pubblici che l’accompagnano, a parte il dettaglio pur importante della scrittura delle leggi. Noi sentiamo, come l’editorialista del Corriere, che questo prezzo sarà alto, molto alto, ma non siamo ancora in grado, né sappiamo di altri che abbia nozione esatta della cosa, determinarlo con precisione. Siamo però certi di un elemento o fattore logico: tutto si tiene. La pratica di massa del controllo sulla concezione, dalla pillola antifecondativa all’aborto e alla pillola del giorno dopo, fino alla pillola abortiva, è uno stadio. La desacralizzazione del matrimonio e della famiglia, anche nella sua forma laica di concetto teologico secolarizzato nel matrimonio civile, cioè il divorzio e la pratica della famiglia allargata o della famiglia omosessuale, spesso ridente e allegra, è un altro stadio. Al culmine provvisorio della catena, ma solo provvisorio, sta la fabbricazione in vitro di diversi progetti di fecondazione, tra cui scegliere per esigenze in potenza le più diverse, da quelle terapeutiche alle altre possibili, tutte le altre possibili. L’eutanasia intesa non come pietà privata, decisione dolente e casuale, individuale e di famiglia, ma come legge pubblica, e dunque diritto, è l’altra faccia di questa strana catena moderna della buona vita e della buona morte.

Cosa dirà lo stupido
Lo stupido dirà che è segno di oscurantismo anche solo porre questi problemi. Lasciamolo da parte con la sua cocciutaggine. Ma una persona che ami pensare dirà che non si può, nel senso che non è lecito e non è umanamente possibile anche se fosse lecito, riformare usi e abitudini e modi di disporsi nel mondo che sono diventati da gran tempo e stanno diventando in forma accelerata pilastri della convivenza moderna.
E allora si parlerebbe inutilmente di un principato che non si conosce, cioè di un paese o di un mondo che abbiamo cancellato. C’è forse un’alternativa, anzi c’è senza forse, all’impossibile progetto di leggi che abbiano una funzione ed efficacia retroattiva nella storia, che cancellino in forma reazionaria il frutto proibito del moderno, acquisito e coccolato dall’occidente insicuro e ambizioso.
L’educazione alla realtà, il rimettere in discussione il già noto e accettato come fanno gli intellettuali laici meno spensierati e i grandi preti che pensano il nostro mondo dall’interno dei suoi veri problemi. Dove il divieto legale o canonico, frontiera e simbolo di cui è comunque dubbio l’umanità possa fare a meno, ha irrevocabilmente ceduto, ecco che può soccorrere il discorso pubblico, l’assunzione di responsabilità nella sfera educativa e della cultura.
All’impossibile dogmatica di leggi proibizioniste, sostituire la possibile dialettica della conoscenza, del racconto, della fantasia e della ricreazione del mondo nella scelta tra beni e mali definiti con la parola e la ragione. Se non posso dire né stabilire legalmente che fa peccato o viola un codice chi desidera un bimbo sano, ed è disposto a sacrificare per questo i dubbi accertati sullo statuto degli embrioni, posso argomentare il prezzo di questo apparente vantaggio, posso denunciare l’illusione che è in questo desiderio, posso imporre le condizioni di una vera libertà di scelta. E lo stesso meccanismo vale per il resto della catena moderna, per gli anelli che portano all’idea di una vita programmata, in cui niente, dal condom all’eutanasia, è lasciato al caso, cioè alla natura e ai suoi dolori, che sono l’altra faccia della felicità.
L’unico divieto dogmatico è quello di decidere nella solitudine del conformismo di massa, nell’ignoranza o nell’indifferenza.

Ferrara su il Foglio

saluti