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  1. #21
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    In origine postato da Orazio Coclite
    Diciamo che di spiegazioni 'banali' se ne possono trovare a bizzeffe.
    L'articoletto che ho riportato non ha alcuna pretesa, dato che appare evidente che chi lo ha scritto è una persona che non è addentro a certe tematiche di ricerca storica e razziale.
    Ritenevo però interessante riportarlo.
    E comunque, secondo le acquisizioni più recenti riguardo l'origine degli etruschi (Pallottino principalmente), e sorvolando pietisticamente sulle mitologie al riguardo che il nostro ambiente ha ereditato da ricercatori della prima metà del secolo scorso, sovente di origine nord europea, l'errore di fondo risiederebbe proprio nel ricercare un'origine univoca all'etruschità.
    Andando oltre le teorie finora dibattute (autoctonìa, origine orientale e provenienza settentrionale), e ravvisandone i limiti di fondo, Pallottino scrive che l'errore di fondo commesso finora è stato quello di aver immaginato il popolo etrusco come una realtà unitaria, come un blocco fin dalla sua inafferrabile preistoria, e nell'aver seguito il concetto semplicistico di provenienza là dove andava posto invece un problema di formazione.
    Scrive ancora Pallottino che alla formazione della nazione etrusca contribuirono elementi di origine diversa, orientali, continentali, indigeni che debbono essere studiati, circoscritti, valutati e posti al reciproco confronto.

    Saluti.

    L'interpretazione di Pallottino è molto convincente ed è comunque quella seguita ormai da quasi tutti gli studi seri in quest'ambito.
    D'altronde ciò che sia Pallottino che altri etruscologi ammettono senza problemi è il fatto che vi deve essere stata, verso la fine dell'età del bronzo, un'immigrazione di genti allogene, che ha contribuito a dare un'impronta caratteristica alla successiva civiltà etrusca storica e che ha portato anche gli elementi fondamentali della lingua etrusca.
    In questo senso dobbiamo comunque ritenere come probabile che la società etrusca, che era sicuramente una società fondamentalmente aristocratica, fosse retta da un'élite in significativa misura di origine non autoctona, ma originaria dell'Asia Minore, forse dell'isola di Lemno, come farebbero pensare le concordanze linguistiche.
    In quest'ottica la scomparsa degli "etruschi" discendenti di quelli conservati nelle tombe, altro non sarebbe che la scomparsa o il riassorbimento, totale o quasi, di un'élite numericamente molto minoritaria. Che, si badi, non ha creato nal nulla o portato già bell'e fatta la civiltà etrusca in Italia, ma ha dato degli stimoli e degli apporti che, combinandosi con una serie di elementi locali, ha dato luogo a una civiltà originale.

  2. #22
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    In origine postato da ardimentoso
    ok ti credo, ma non significa niente.
    a me dicono che il mio viso ha molto in comune con quello del busto di ottaviano presente in non mi ricordo quale museo romano.

    non per questo vado in giro a dire di discendere direttamente dal Padre della Patria

    Sì, senonché sono stati fatto anche confronti cosiddetti all'americana. Del tipo di far vedere un tizio delle raffigurazioni di statuaria etrusca, poi mettergli davanti una decina di persone, di cui una sola proveneinte da zone della Toscana dove si ritiene vi sia un forte retaggio etnico etrusco ed è successo che immancabilmente il tizio (o più tizî) hanno indicato quest'uno e non un altro.
    Inoltre ci sono gli studi di Piazza e Cavalli Sforza, insomma, sono decenni che la genetica dimostra concordanze fra il tipo etrusco storico e elementi significativi, se non maggioritari, della Toscana attuale e ci vuol altro che codesto Barbujani per inficiarli in blocco.

  3. #23
    ardimentoso
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    In origine postato da Felix
    ricordo una compagna di università toscana (archeologa) che era uguale identica a una statua etrusca....
    ...e tu giustamente non ti sei accontentato di "esaminare" solo il busto.......
    hai messo mano a tutta la "stauarietà".....che dirti.....BRAVO!!


  4. #24
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    ETRUSCHI DNA TARQUINIA ORIGINI di Alberto Palmucci E’ stato recentemente appurato che il DNA di alcune popolazioni germaniche ha qualche somiglianza con quello degli Etruschi . Ma quel che ha suscitato scalpore è che si è anche trovato che il DNA degli abitanti del vicino Oriente (Turchia, Siria, Giordania) assomiglia a quello degli Etruschi e dei Toscani. Anche il DNA di coloro che abitano nelle isole del mar Egeo (Lemno e Rodi) è simile a quello degli odierni “Etruschi “; esso è però diverso da quello di Turchi, Siriani e Giordani . In uno studio parallelo è stato poi riscontrato che anche i bovini di Turchia, Siria e Giordania hanno somiglianza genetica con quelli toscani di razza Chianina e Maremmana . Ringrazio il prof. Guido Barbujani e il prof. Antonio Torroni, conduttori delle equipe indagatrici, per avermi inviato gli originali testi inglesi delle loro pubblicazioni, ed avermi liberato dalle confuse informazioni che avevo avuto dai media. Per render tutto questo produttivo in campo storico occorre riesaminare il materiale archeologico e linguistico, nonché le antiche fonti letterarie che trattano delle origini degli Etruschi. Si raccontava che Maleoto (o Maleo), in epoca anteriore alla guerra di Troia, condusse dal porto di Regisvilla (fra Tarquinia e Vulci) ad Atene una colonia di Pelasgi . Era questo il nome, spiegava Mirsilo di Lesbo, che i Greci avevano dato ai Tirreni perché “questi migravano a stormo, come cicogne (Pelargoi), dall’Italia in Grecia e in molte regioni dei barbari” . Si diceva che Maleoto fosse “Imperatore dei Tirreni”, avesse inventato la tromba (come il lidio Tirreno!) e il vino, fosse diventato re degli Argivi e tiranno di Atene, ed avesse scorrazzato per le isole Egee . Si dovette anche dire che egli avesse approdato in Lidia, e che vi avesse dimorato, perché una fonte lo presenta come figlio di Ercole e di Onfale lidia (come il lidio Tirreno!) . Si diceva che tutta la costa Ionica dell'Asia minore, a cominciare dal promontorio di Micale, era stata abitata dai Pelasgi, e pelasgiche erano state pure tutte le vicine isole come Chio ed Antandro . I Pelasgi, racconta Erodoto, introdussero ad Atene e da qui a Samotracia, a Lemno e nelle altre isole Egee il culto dei Grandi Dèi. Diodoro Siculo aggiunge poi che Dardano, da Samotracia introdusse il culto in Asia minore dove i suoi discendenti fondarono Troia . Da questo panorama mitostorico Virgilio trasse una tradizione secondo cui Dardano dalla tirrena città di Corito o Corinto (Tarquinia) emigrò prima a Samotracia, e poi in Asia, dove introdusse il culto dei Grandi Dèi e diede origine a Troia . Già Erodoto notò che ai suoi tempi le residue genti pelasgiche della Grecia e dell’Anatolia settentrionale parlavano ancora una incomprensibile lingua diversa dal Greco . In tempi moderni, poi, nell’isola di Lemno, e stata trovata una stele scritta in una lingua simile all’etrusca, e in un alfabeto simile a quello dell’Etruria meridionale donde la tradizione faceva venire gli abitanti dell’Isola. Da poco, infine, s’è scoperto che il DNA degli abitanti di Lemno somiglia a quello degli Etruschi ancor più di quanto somigli a quello dei popoli Anatolici. C’è la possibilità che la tradizione virgiliana avesse attinto a fonti che riproducevano in forma mitica una qualche verità storica. Le migrazioni, secondo Dionigi d’Alicarnasso, sarebbero iniziate due generazione prima della guerra di Troia, cioè attorno al 1250 a.C. In quello stesso periodo, come si legge nei geroglifici del tempio di Karnac, in Egitto, il faraone Merneptah, durante il quinto anno del suo regno (1232 a.C.) riportò una vittoria contro una coalizione composta da Libici e Popoli del Mare, fra cui i TWRWSH (varianti Twrjsh.w, Twjrshh.w). Questi ultimi, si specificava, erano venuti, via mare, dal nord, ed avevano tentato di invadere l'Egitto dai confini occidentali.L’Egitto non era l’unica mira dei Popoli del Mare. Essi invasero l’Anatolia, e provocarono la fine dell’impero ittita. Gli Ittiti erano un popolo indoeuropeo entrato in Anatolia attorno al 2000 a.C. le loro supreme divinità maschili erano Tarhu (detto anche Tarhunta), dio della tempesta, connesso anche alle pratiche di aruspicina, e suo figlio Telepino, dio della fertilità. Molti re ne portarono il nome. Regioni vassalle dell’impero furono Wilusa (Ilio-Troia), Arzawua (la futura Lidia), Shea (la futura Misia), ecc. Fra i re di Shea spiccarono Tarhunta e suo figlio Telepino. Questo ultimo in una occasione difese Wilusa (Ilio-Troia). Attorno al 1300, la capitale dell’impero divenne Tarhunta-ssa, la città del dio Tarhunta ; ed ebbe sovrani che si chiamavano variamente Tarhunta e Curunta.Dal quinto e all'undicesimo anno del regno di Ramses III, cioè dal 1193 al 1187 a.C., alcuni dei vecchi popoli del mare ed altri nuovi tentarono una seconda invasione dell’Egitto, ma furono ancora fermati. Nei geroglifici del tempio di Medinet Habu si spiega che alcuni contingenti “giunsero per mare e per terra”, mentre altri vennero “dalle isole centrali del mare”. Fra questi ultimi sono elencati i Twrwsh. Questi, si dice, con ulteriore specificazione, “venivano dal mezzo del mare” . Questi popoli, dunque, Twrwsh compresi, dovettero retrocedere nelle loro isole del mar Egeo, e in Anatolia nelle terre del già invaso impero ittita. Alcuni studiosi hanno accostato il nome dei Twrwsh a quello dei Turski o Tusci ovvero Tyrse-noi o Tyrrhe-noi che sono i nomi antichi coi quali rispettivamente gli Umbri, i Latini e i Greci chiamavano gli Etruschi . Gli storici greci conoscevano, infatti, come abbiamo già visto, genti tirrene d’origine etrusca che avevano abitato varie isole dell'Egeo fra cui Lemno e Samotracia. Ma quel che rende produttivo l’accostamento è il fatto che, dopo i tempi oscuri che seguirono la fine dell’impero ittita invaso dai Popoli del Mare, sulle coste occidentali del disfatto impero nacquero regni che nella famiglia dei loro primi re vantavano personaggi che si chiamavano Tirseno o Tirreno (gr. Tyrsenos; Tyrrhenos; cfr. TWRWSH). Oggi, poi, si è scoperto che il DNA degli attuali “Tirreni” d’Italia somiglia a quello degli attuali “Tirreni” delle isole Egee di Lemno e di Rodi. A ottanta miglia marine da Lemno, sul luogo dell’antico regno anatolico di Shea, troveremo la Misia governata da Telefo. Si diceva che egli fosse nato nella terra del re Corito o Corinto (come Dardano!), in Arcadia, e ne fosse figlio adottivo. Era poi emigrato nella Misia, ed aveva sposato Astioche e Laodice, rispettivamente sorella e figlia di Priamo re di Troia. Ebbe tre figli:· Euripilo, che durante l’assedio posto a Troia dai Greci, condusse un esercito di Ittiti in soccorso della città.· Tarconte (cfr. Tarhunta) e Tirseno (cfr. Twrwsh), che dopo la guerra di Troia, vennero in Etruria, dove si unirono ai profughi troiani portati da Enea. Tarconte fondò Tarquinia, e Tirreno fondò Cere. Nei graffiti di una specchio etrusco di III sec. a. C. si vede Tarconte a colloquio con Priamo re di Troia.Secondo una tarda variante, Telefo stesso, prima della fine di Troia, venne in Italia dove assunse il nome di Latino, si stanziò nel Lazio, ed accolse Enea venuto da Troia. Verosimilmente, Tarconte (cfr. Tarhunta) rappresenta l’elemento anatolico, Telefo (cfr. Telepino) e Tirreno quello immigrato e nuovamante emigrato. Parallelamente, sul luogo di Arzawua troveremo la Lidia e la città di Tyrsa (cfr TWRWSH). Secondo Xanto di Lidia (iniz. V sec. a.C.), il re Ati, agli inizi della nazione, divise il regno tra i figli Lido e Torebo. Questi diedero il loro nome ai popoli che governavano; e “da Lido discesero i Lidi, e da Torebo i Torebi”. Erodoto (V sec. a.C.) disse invece che Ati, in seguito a una carestia, divise il popolo fra sè e suo figlio Tirreno (cfr. TWRWSH), e lo fece emigrare. Costui, giunto in Italia, chiamò Tirreno il suo popolo. Evidentemnte, Ati e Lido rappresentano l’elemento anatolico della nazione, e Torebo quello tirreno integrato; Tirreno, infine, rappresenta l’elemento tirreno non integrato e quindi indotto a emigrare . Si ricordi la figura del tirreno Maleoto che da una parte è quella di colui che inventa la tromba tirrena (come Tirreno!) e conduce i Tirreni dall’Italia nel bacino orientale del Mediterraneo, e dall’altra è un lidio figlio di Ercole e di Onfale (come Tirreno!) che introduce la tromba tirrena fra i Dori della Grecia.Residue popolazioni tirreniche vivevano in Anatolia ancora nel II sec. d.C. come dimostrano le epigrafi trovate presso il lago di Ascanio . Abbiamo già visto che gli storici greci conoscevano genti tirrene d’origine etrusca che avevano abitato varie isole dell'Egeo fra cui Lemno e Samotracia. Costoro, si diceva, erano partiti dal porto di Regisvilla (fra Tarquinia e Vulci) un paio di generazioni prima della guerra di Troia. Anche Virgilio, nell'Eneide, sostenne che i Tirreni, dalla città etrusca di Corito (oggi Tarquinia) si erano recati nell'isola di Samotracia, nel Mar Egeo, e da qui sulle coste dell'Asia dove avrebbero fondato Troia. Sempre Virgilio dirà che sarà poi questo il motivo per cui Enea, nipote di Dardano tirreno, dopo la rovina di Troia, ricondurrà i Troiani a Corito (Tarquinia), centro federale dove Tarconte lo incoronerà capo della Federazione Etrusca.Chi era Tarconte? Secondo Licofrone (IV-III sec. a.C.) Tarconte e Tirreno erano figli di Telefo re della Misia (a sua volta figlio di Ercole o di Corito) e di Astioche sorella di Priamo re di Troia. Si ricordi che nella Misia ittita avevano regnato sia un Tarhunta che un Telepino; e che Tarhunta aveva portato soccorso a Wilusa (Ilio-Troia). Tirreno rappresenta certo l’elemento tirreno emigrato in Anatolia al tempo dei popoli del mare; e nel mito è il simbolo del ritorno. Secondo Strabone, invece, che sviluppava il racconto di Erodoto, Tirreno è nipote di Ercole e di Onfale (come Maleoto!), viene dalla Lidia (che comprendeva le antiche Arzawa e Tarhuntassa, la città del dio e del re Tarhunta, capitale dell’impero ittita) ed incarica Tarconte (vd. Tarhunta) di fondare tutte le città dell’Etruria. Questi fonda Tarquinia (etr. Tarchu-na) e le dà il proprio nome (vd. et. Tarhu-nta-ssa = la città di Tarhunta) e in subordine tutte le altre città dell’Etruria e della Padania. Anche in questa migrazione, dunque, Tarconte dovrebbe rappresentare l’elemento anatolico, e Tirreno quello tirreno già emigrato in Anatolia. Si ricordi la figura del tirreno o pelasgio Maleoto che da una parte è quella di colui che conduce i Tirreni dall’Italia nel bacino orientale del Mediterraneo, e dall’altra è un lidio figlio di Ercole e di Onfale.Sembra proprio che il tema del ritorno a Corito Tarquinia (etr. Tarchu-na; cfr. luv. Tarhunta-ssa) dei Tirreni, cantato da Virgilio, espliciti il comune denomitatore di tutte le tradizioni. A Gravisca, porto di Tarquinia, è stata rinvenuta un coppa di VI secolo appartenente a un lidio chiamato Pactyes. Si tratta dell’unico documento archeologico, finora rinvenuto, della presenza di Lidi in Etruria, e potrebbe non essere un caso che sia stato rinvenuto proprio a Tarquinia. Pactyes era il ricco tesoriere di Creso re della Lidia, del quale parla Erodoto (I, 153-61); e Grass sostiene che costui andò in esilio a Gravisca e vi morì. Chiunque egli fosse, la sua presenza a Tarquinia dovrebbe essere significativa di un più ampio e antico scambio di relazioni. D’altronde, durante il VI sec. a.C., il porto di Tarquinia fu meta esclusiva in Etruria di un grandissimo numero di mercanti provenienti dalle coste Anatoliche, specialmente da Focea, e dalle prospicienti isole Egee. In quel periodo fu forse importato il Bos taurus, i cui resti ossei sono frequenti a Gravisca.Sembra, poi, che tra i frammenti degli Scholia Veronensia all’Eneide (X,194) si possa rinvenire un cenno ai apporti fra Gravisca e una regione dell’Asia.Per le relazioni della Lidia con l'Etruria potrebbe aver qualche significato anche la presenza in alcune epigrafi lidie di una lettera a forma di 8 con suono di F, che trova corrispondenza nell'alfabeto etrusco a partire dal VI sec. a.C. Pare inoltre che all'evoluzione grafica di quel segno in Lidia corrisponda la stessa evoluzione in Etruria. Indizio possibile questo d’una continuità di contatti. Se ci furono migrazioni dall’Oriente in Etruria, la loro prima o più importante meta dovette esser Tarquinia. Una ragione in più sta nel fatto che è da questa città che poi iniziò la conquista della regione. Sul piano mitostorico, Tarconte, venuto dall’Oriente, fonda Tarquinia e, in subordine, tutte le città dell’Etruria e della valle Padana. Sul piano archeologico, il primato dell’area che apparterrà alla lucumonia di Tarquinia si era già manifesta dal XIV secolo coi contatti col mondo miceneo documentati dalla ceramica di monte Rovello, San Giovenale, Blera, e da uno specchio rinvenuto in una tomba della stessa Tarquinia. Per l’età compresa fra Bronzo finale e primo Ferro, l’insediamento del Calvario, sul colle di Corneto (Tarquinia), è il più vasto che si conosca. Il materiale, poi, ritrovato nella sua necropoli è più antico e ricco di quello che dello stesso tipo si ritrova nella restante Etruria e nella Padania. IL PROBLEMA DELLA LINGUA Pallottino scriveva che nell’Etrusco coesiste “una struttura grammaticale parzialmente affine all’indoeuropea con un fondo di vocabolario assolutamente estraneo all’indoeuropeo e privo di qualsiasi riscontro conoscibile” . In questi casi, ove si presuma la venuta di gente straniera, i linguisti ritengono che la struttura grammaticale derivi dalla lingua degli immigranti, mentre il lessico di substrato sia quello della popolazione locale. Hencken ritiene che, nel caso dell’Etruria, agli inumatori dell’età del Bronzo si siano sovrapposti gli incineratori indoeuroperi dell’età del Ferro venuti via mare da nord e approdati a Tarquinia . C’è chi dice invece che gli immigrati erano venuti dal vicino Oriente. Se, come le analisi genetiche dell’equipe di Barbujani hanno dimostrato, il DNA degli scheletri Etruschi ha qualche affinità anche con quello di alcune odierne popolazioni germaniche, entrambe le provenienze dovrebbero aver concorso alla formazione del popolo etrusco. Per quanto riguarda la componente orientale, il noto glottologo bulgaro Vladimir Georgiev ha analizzato il nome Etruria, ed ha sostenuto che questo deriverebbe dal più antico nome portato da Troia (itt. *Trusia > lat. E-truria); non solo, ma la lingua etrusca, a suo avviso, deriverebbe da un dialetto ittito occidentale parlato a Troia e nell'isola di Lemno. Il nome di Tarquinia, per esempio, e di Tarconte deriverebbero da quello "della suprema divinità ittito-luvia, Tarhun(t)a” . Dalle premesse linguistiche, il Georgiev ha conseguito che, dopo la rovina di Troia, gran parte dei suoi abitanti emigrarono in più parti, sì che lo stato troiano si ridusse ad un piccolo territorio costituito dalla Troade meridionale, da una parte della Misia occidentale, dalla Lidia settentrionale e da alcune isole vicine come Lemno e Imbro. Il ricordo della migrazione fu così conservato come una leggenda lidia nel racconto di Erodoto. Al tempo di questo storico (V sec. a.C.), infatti, la Lidia comprendeva la Troade e la Misia; e tutte e tre parlavano lingue simili fra loro. La colonizzazione dell'Etruria, dice il Georgiev, non avvenne direttamente e non riguardò tutto il popolo troiano. Una parte di esso andò a stabilirsi presso gli Elimi della Sicilia, e solo più tardi emigrò in più tempi e a gruppi isolati "in alcune zone delle coste dell'Etruria a Tarquinia, Cere, ecc.". A poco a poco i Troiani si integrarono nella popolazione locale influenzandola e restandone influenzati .Dopo il Georgiev, altri studiosi, come Francisco Adrados e Onofrio Carruba , hanno riscontrato nell’Etrusco notevoli componenti delle lingue indoeuropee dell’Anatolia, quali l’Ittito, il Frigio, il Licio ed in minor misura il Lidio.

  5. #25
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    ETRUSCHI DNA TARQUINIA ORIGINI di Alberto Palmucci E’ stato recentemente appurato che il DNA di alcune popolazioni germaniche ha qualche somiglianza con quello degli Etruschi . Ma quel che ha suscitato scalpore è che si è anche trovato che il DNA degli abitanti del vicino Oriente (Turchia, Siria, Giordania) assomiglia a quello degli Etruschi e dei Toscani. Anche il DNA di coloro che abitano nelle isole del mar Egeo (Lemno e Rodi) è simile a quello degli odierni “Etruschi “; esso è però diverso da quello di Turchi, Siriani e Giordani . In uno studio parallelo è stato poi riscontrato che anche i bovini di Turchia, Siria e Giordania hanno somiglianza genetica con quelli toscani di razza Chianina e Maremmana . Ringrazio il prof. Guido Barbujani e il prof. Antonio Torroni, conduttori delle equipe indagatrici, per avermi inviato gli originali testi inglesi delle loro pubblicazioni, ed avermi liberato dalle confuse informazioni che avevo avuto dai media. Per render tutto questo produttivo in campo storico occorre riesaminare il materiale archeologico e linguistico, nonché le antiche fonti letterarie che trattano delle origini degli Etruschi. Si raccontava che Maleoto (o Maleo), in epoca anteriore alla guerra di Troia, condusse dal porto di Regisvilla (fra Tarquinia e Vulci) ad Atene una colonia di Pelasgi . Era questo il nome, spiegava Mirsilo di Lesbo, che i Greci avevano dato ai Tirreni perché “questi migravano a stormo, come cicogne (Pelargoi), dall’Italia in Grecia e in molte regioni dei barbari” . Si diceva che Maleoto fosse “Imperatore dei Tirreni”, avesse inventato la tromba (come il lidio Tirreno!) e il vino, fosse diventato re degli Argivi e tiranno di Atene, ed avesse scorrazzato per le isole Egee . Si dovette anche dire che egli avesse approdato in Lidia, e che vi avesse dimorato, perché una fonte lo presenta come figlio di Ercole e di Onfale lidia (come il lidio Tirreno!) . Si diceva che tutta la costa Ionica dell'Asia minore, a cominciare dal promontorio di Micale, era stata abitata dai Pelasgi, e pelasgiche erano state pure tutte le vicine isole come Chio ed Antandro . I Pelasgi, racconta Erodoto, introdussero ad Atene e da qui a Samotracia, a Lemno e nelle altre isole Egee il culto dei Grandi Dèi. Diodoro Siculo aggiunge poi che Dardano, da Samotracia introdusse il culto in Asia minore dove i suoi discendenti fondarono Troia . Da questo panorama mitostorico Virgilio trasse una tradizione secondo cui Dardano dalla tirrena città di Corito o Corinto (Tarquinia) emigrò prima a Samotracia, e poi in Asia, dove introdusse il culto dei Grandi Dèi e diede origine a Troia . Già Erodoto notò che ai suoi tempi le residue genti pelasgiche della Grecia e dell’Anatolia settentrionale parlavano ancora una incomprensibile lingua diversa dal Greco . In tempi moderni, poi, nell’isola di Lemno, e stata trovata una stele scritta in una lingua simile all’etrusca, e in un alfabeto simile a quello dell’Etruria meridionale donde la tradizione faceva venire gli abitanti dell’Isola. Da poco, infine, s’è scoperto che il DNA degli abitanti di Lemno somiglia a quello degli Etruschi ancor più di quanto somigli a quello dei popoli Anatolici. C’è la possibilità che la tradizione virgiliana avesse attinto a fonti che riproducevano in forma mitica una qualche verità storica. Le migrazioni, secondo Dionigi d’Alicarnasso, sarebbero iniziate due generazione prima della guerra di Troia, cioè attorno al 1250 a.C. In quello stesso periodo, come si legge nei geroglifici del tempio di Karnac, in Egitto, il faraone Merneptah, durante il quinto anno del suo regno (1232 a.C.) riportò una vittoria contro una coalizione composta da Libici e Popoli del Mare, fra cui i TWRWSH (varianti Twrjsh.w, Twjrshh.w). Questi ultimi, si specificava, erano venuti, via mare, dal nord, ed avevano tentato di invadere l'Egitto dai confini occidentali.L’Egitto non era l’unica mira dei Popoli del Mare. Essi invasero l’Anatolia, e provocarono la fine dell’impero ittita. Gli Ittiti erano un popolo indoeuropeo entrato in Anatolia attorno al 2000 a.C. le loro supreme divinità maschili erano Tarhu (detto anche Tarhunta), dio della tempesta, connesso anche alle pratiche di aruspicina, e suo figlio Telepino, dio della fertilità. Molti re ne portarono il nome. Regioni vassalle dell’impero furono Wilusa (Ilio-Troia), Arzawua (la futura Lidia), Shea (la futura Misia), ecc. Fra i re di Shea spiccarono Tarhunta e suo figlio Telepino. Questo ultimo in una occasione difese Wilusa (Ilio-Troia). Attorno al 1300, la capitale dell’impero divenne Tarhunta-ssa, la città del dio Tarhunta ; ed ebbe sovrani che si chiamavano variamente Tarhunta e Curunta.Dal quinto e all'undicesimo anno del regno di Ramses III, cioè dal 1193 al 1187 a.C., alcuni dei vecchi popoli del mare ed altri nuovi tentarono una seconda invasione dell’Egitto, ma furono ancora fermati. Nei geroglifici del tempio di Medinet Habu si spiega che alcuni contingenti “giunsero per mare e per terra”, mentre altri vennero “dalle isole centrali del mare”. Fra questi ultimi sono elencati i Twrwsh. Questi, si dice, con ulteriore specificazione, “venivano dal mezzo del mare” . Questi popoli, dunque, Twrwsh compresi, dovettero retrocedere nelle loro isole del mar Egeo, e in Anatolia nelle terre del già invaso impero ittita. Alcuni studiosi hanno accostato il nome dei Twrwsh a quello dei Turski o Tusci ovvero Tyrse-noi o Tyrrhe-noi che sono i nomi antichi coi quali rispettivamente gli Umbri, i Latini e i Greci chiamavano gli Etruschi . Gli storici greci conoscevano, infatti, come abbiamo già visto, genti tirrene d’origine etrusca che avevano abitato varie isole dell'Egeo fra cui Lemno e Samotracia. Ma quel che rende produttivo l’accostamento è il fatto che, dopo i tempi oscuri che seguirono la fine dell’impero ittita invaso dai Popoli del Mare, sulle coste occidentali del disfatto impero nacquero regni che nella famiglia dei loro primi re vantavano personaggi che si chiamavano Tirseno o Tirreno (gr. Tyrsenos; Tyrrhenos; cfr. TWRWSH). Oggi, poi, si è scoperto che il DNA degli attuali “Tirreni” d’Italia somiglia a quello degli attuali “Tirreni” delle isole Egee di Lemno e di Rodi. A ottanta miglia marine da Lemno, sul luogo dell’antico regno anatolico di Shea, troveremo la Misia governata da Telefo. Si diceva che egli fosse nato nella terra del re Corito o Corinto (come Dardano!), in Arcadia, e ne fosse figlio adottivo. Era poi emigrato nella Misia, ed aveva sposato Astioche e Laodice, rispettivamente sorella e figlia di Priamo re di Troia. Ebbe tre figli:· Euripilo, che durante l’assedio posto a Troia dai Greci, condusse un esercito di Ittiti in soccorso della città.· Tarconte (cfr. Tarhunta) e Tirseno (cfr. Twrwsh), che dopo la guerra di Troia, vennero in Etruria, dove si unirono ai profughi troiani portati da Enea. Tarconte fondò Tarquinia, e Tirreno fondò Cere. Nei graffiti di una specchio etrusco di III sec. a. C. si vede Tarconte a colloquio con Priamo re di Troia.Secondo una tarda variante, Telefo stesso, prima della fine di Troia, venne in Italia dove assunse il nome di Latino, si stanziò nel Lazio, ed accolse Enea venuto da Troia. Verosimilmente, Tarconte (cfr. Tarhunta) rappresenta l’elemento anatolico, Telefo (cfr. Telepino) e Tirreno quello immigrato e nuovamante emigrato. Parallelamente, sul luogo di Arzawua troveremo la Lidia e la città di Tyrsa (cfr TWRWSH). Secondo Xanto di Lidia (iniz. V sec. a.C.), il re Ati, agli inizi della nazione, divise il regno tra i figli Lido e Torebo. Questi diedero il loro nome ai popoli che governavano; e “da Lido discesero i Lidi, e da Torebo i Torebi”. Erodoto (V sec. a.C.) disse invece che Ati, in seguito a una carestia, divise il popolo fra sè e suo figlio Tirreno (cfr. TWRWSH), e lo fece emigrare. Costui, giunto in Italia, chiamò Tirreno il suo popolo. Evidentemnte, Ati e Lido rappresentano l’elemento anatolico della nazione, e Torebo quello tirreno integrato; Tirreno, infine, rappresenta l’elemento tirreno non integrato e quindi indotto a emigrare . Si ricordi la figura del tirreno Maleoto che da una parte è quella di colui che inventa la tromba tirrena (come Tirreno!) e conduce i Tirreni dall’Italia nel bacino orientale del Mediterraneo, e dall’altra è un lidio figlio di Ercole e di Onfale (come Tirreno!) che introduce la tromba tirrena fra i Dori della Grecia.Residue popolazioni tirreniche vivevano in Anatolia ancora nel II sec. d.C. come dimostrano le epigrafi trovate presso il lago di Ascanio . Abbiamo già visto che gli storici greci conoscevano genti tirrene d’origine etrusca che avevano abitato varie isole dell'Egeo fra cui Lemno e Samotracia. Costoro, si diceva, erano partiti dal porto di Regisvilla (fra Tarquinia e Vulci) un paio di generazioni prima della guerra di Troia. Anche Virgilio, nell'Eneide, sostenne che i Tirreni, dalla città etrusca di Corito (oggi Tarquinia) si erano recati nell'isola di Samotracia, nel Mar Egeo, e da qui sulle coste dell'Asia dove avrebbero fondato Troia. Sempre Virgilio dirà che sarà poi questo il motivo per cui Enea, nipote di Dardano tirreno, dopo la rovina di Troia, ricondurrà i Troiani a Corito (Tarquinia), centro federale dove Tarconte lo incoronerà capo della Federazione Etrusca.Chi era Tarconte? Secondo Licofrone (IV-III sec. a.C.) Tarconte e Tirreno erano figli di Telefo re della Misia (a sua volta figlio di Ercole o di Corito) e di Astioche sorella di Priamo re di Troia. Si ricordi che nella Misia ittita avevano regnato sia un Tarhunta che un Telepino; e che Tarhunta aveva portato soccorso a Wilusa (Ilio-Troia). Tirreno rappresenta certo l’elemento tirreno emigrato in Anatolia al tempo dei popoli del mare; e nel mito è il simbolo del ritorno. Secondo Strabone, invece, che sviluppava il racconto di Erodoto, Tirreno è nipote di Ercole e di Onfale (come Maleoto!), viene dalla Lidia (che comprendeva le antiche Arzawa e Tarhuntassa, la città del dio e del re Tarhunta, capitale dell’impero ittita) ed incarica Tarconte (vd. Tarhunta) di fondare tutte le città dell’Etruria. Questi fonda Tarquinia (etr. Tarchu-na) e le dà il proprio nome (vd. et. Tarhu-nta-ssa = la città di Tarhunta) e in subordine tutte le altre città dell’Etruria e della Padania. Anche in questa migrazione, dunque, Tarconte dovrebbe rappresentare l’elemento anatolico, e Tirreno quello tirreno già emigrato in Anatolia. Si ricordi la figura del tirreno o pelasgio Maleoto che da una parte è quella di colui che conduce i Tirreni dall’Italia nel bacino orientale del Mediterraneo, e dall’altra è un lidio figlio di Ercole e di Onfale.Sembra proprio che il tema del ritorno a Corito Tarquinia (etr. Tarchu-na; cfr. luv. Tarhunta-ssa) dei Tirreni, cantato da Virgilio, espliciti il comune denomitatore di tutte le tradizioni. A Gravisca, porto di Tarquinia, è stata rinvenuta un coppa di VI secolo appartenente a un lidio chiamato Pactyes. Si tratta dell’unico documento archeologico, finora rinvenuto, della presenza di Lidi in Etruria, e potrebbe non essere un caso che sia stato rinvenuto proprio a Tarquinia. Pactyes era il ricco tesoriere di Creso re della Lidia, del quale parla Erodoto (I, 153-61); e Grass sostiene che costui andò in esilio a Gravisca e vi morì. Chiunque egli fosse, la sua presenza a Tarquinia dovrebbe essere significativa di un più ampio e antico scambio di relazioni. D’altronde, durante il VI sec. a.C., il porto di Tarquinia fu meta esclusiva in Etruria di un grandissimo numero di mercanti provenienti dalle coste Anatoliche, specialmente da Focea, e dalle prospicienti isole Egee. In quel periodo fu forse importato il Bos taurus, i cui resti ossei sono frequenti a Gravisca.Sembra, poi, che tra i frammenti degli Scholia Veronensia all’Eneide (X,194) si possa rinvenire un cenno ai apporti fra Gravisca e una regione dell’Asia.Per le relazioni della Lidia con l'Etruria potrebbe aver qualche significato anche la presenza in alcune epigrafi lidie di una lettera a forma di 8 con suono di F, che trova corrispondenza nell'alfabeto etrusco a partire dal VI sec. a.C. Pare inoltre che all'evoluzione grafica di quel segno in Lidia corrisponda la stessa evoluzione in Etruria. Indizio possibile questo d’una continuità di contatti. Se ci furono migrazioni dall’Oriente in Etruria, la loro prima o più importante meta dovette esser Tarquinia. Una ragione in più sta nel fatto che è da questa città che poi iniziò la conquista della regione. Sul piano mitostorico, Tarconte, venuto dall’Oriente, fonda Tarquinia e, in subordine, tutte le città dell’Etruria e della valle Padana. Sul piano archeologico, il primato dell’area che apparterrà alla lucumonia di Tarquinia si era già manifesta dal XIV secolo coi contatti col mondo miceneo documentati dalla ceramica di monte Rovello, San Giovenale, Blera, e da uno specchio rinvenuto in una tomba della stessa Tarquinia. Per l’età compresa fra Bronzo finale e primo Ferro, l’insediamento del Calvario, sul colle di Corneto (Tarquinia), è il più vasto che si conosca. Il materiale, poi, ritrovato nella sua necropoli è più antico e ricco di quello che dello stesso tipo si ritrova nella restante Etruria e nella Padania. IL PROBLEMA DELLA LINGUA Pallottino scriveva che nell’Etrusco coesiste “una struttura grammaticale parzialmente affine all’indoeuropea con un fondo di vocabolario assolutamente estraneo all’indoeuropeo e privo di qualsiasi riscontro conoscibile” . In questi casi, ove si presuma la venuta di gente straniera, i linguisti ritengono che la struttura grammaticale derivi dalla lingua degli immigranti, mentre il lessico di substrato sia quello della popolazione locale. Hencken ritiene che, nel caso dell’Etruria, agli inumatori dell’età del Bronzo si siano sovrapposti gli incineratori indoeuroperi dell’età del Ferro venuti via mare da nord e approdati a Tarquinia . C’è chi dice invece che gli immigrati erano venuti dal vicino Oriente. Se, come le analisi genetiche dell’equipe di Barbujani hanno dimostrato, il DNA degli scheletri Etruschi ha qualche affinità anche con quello di alcune odierne popolazioni germaniche, entrambe le provenienze dovrebbero aver concorso alla formazione del popolo etrusco. Per quanto riguarda la componente orientale, il noto glottologo bulgaro Vladimir Georgiev ha analizzato il nome Etruria, ed ha sostenuto che questo deriverebbe dal più antico nome portato da Troia (itt. *Trusia > lat. E-truria); non solo, ma la lingua etrusca, a suo avviso, deriverebbe da un dialetto ittito occidentale parlato a Troia e nell'isola di Lemno. Il nome di Tarquinia, per esempio, e di Tarconte deriverebbero da quello "della suprema divinità ittito-luvia, Tarhun(t)a” . Dalle premesse linguistiche, il Georgiev ha conseguito che, dopo la rovina di Troia, gran parte dei suoi abitanti emigrarono in più parti, sì che lo stato troiano si ridusse ad un piccolo territorio costituito dalla Troade meridionale, da una parte della Misia occidentale, dalla Lidia settentrionale e da alcune isole vicine come Lemno e Imbro. Il ricordo della migrazione fu così conservato come una leggenda lidia nel racconto di Erodoto. Al tempo di questo storico (V sec. a.C.), infatti, la Lidia comprendeva la Troade e la Misia; e tutte e tre parlavano lingue simili fra loro. La colonizzazione dell'Etruria, dice il Georgiev, non avvenne direttamente e non riguardò tutto il popolo troiano. Una parte di esso andò a stabilirsi presso gli Elimi della Sicilia, e solo più tardi emigrò in più tempi e a gruppi isolati "in alcune zone delle coste dell'Etruria a Tarquinia, Cere, ecc.". A poco a poco i Troiani si integrarono nella popolazione locale influenzandola e restandone influenzati .Dopo il Georgiev, altri studiosi, come Francisco Adrados e Onofrio Carruba , hanno riscontrato nell’Etrusco notevoli componenti delle lingue indoeuropee dell’Anatolia, quali l’Ittito, il Frigio, il Licio ed in minor misura il Lidio.

 

 
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