Corriere del 21-9-2004
Senato federale e coda di paglia della sinistra
di GIOVANNI SARTORI
L’altro giorno, giovedì, ho letto quasi dappertutto questo titolo: la Camera vota il Senato federale. E mi è venuta in mente l’Araba fenice immortalata dal verso di Metastasio: «Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessuno lo sa». Che si adatta così al nostro cosiddetto Senato federale: che ci sia ciascun lo dice, ma in Italia proprio non c’è . Non c’è perchè il nostro sbandierato Senato federale tale (federale) non è . La rappresentanza può essere INDIVIDUALE oppure TERRITORIALE ; e in questo secondo caso l’eletto rappresenta il territorio, e cioè la regione o lo Stato nel quale viene eletto . Questa architettura è nitidissima nel primo Stato federale dell’evo moderno , gli Stati Uniti.
Lì la Camera bassa esprime la rappresentanza individuale (ogni cittadino pesa eguale) e il Senato la rappresentanza territoriale (ogni Stato pesa eguale, con due senatori ciascuno, a prescindere dalla sua popolazione). Il che equivale a dire che la natura federale di un’assemblea è stabilita dalla sua composizione, cioè dal criterio con il quale viene eletta. Questa elezione può essere diretta (negli Stati Uniti) oppure indiretta e di secondo grado, come in Austria o Germania, dove il «Bundesrat» accoglie i rappresentanti delle assemblee regionali oppure dei governi regionali eletti come tali. In Italia invece no. Noi abbiamo escogitato un Senato che dovrebbe essere delle regioni senza rappresentanza territoriale, e che dunque non riflette la struttura federale alla quale si reclama.
Ma se il nostro Senato federale è finto, riesce lo stesso a creare molte più complicazioni di un Senato federale vero. A parte le materie scorporate e passate alla potestà legislativa esclusiva delle regioni - la ben nota devolution di sanità, scuola e polizia (amministrativa?) - nel nuovo sistema avremo:
1) leggi monocamerali a volontà prevalente della Camera;
2) leggi monocamerali a volontà prevalente del Senato;
3) leggi bicamerali a partecipazione paritaria; una tripartizione fondata su lunghi elenchi di materie. Che è come avere una vasca piena di anguille che scappano di mano e che aprono una voragine di conflitti di giurisdizione e di competenze. È già molto se il lettore mi avrà seguito sin qui; e quindi gli risparmio le molte (moltissime) bellurie restanti. Dalle quali emerge un insieme di incredibile macchinosità che nasce già grippato.
Dunque i nostri legislatori sono dei pessimi costituenti. Ma questo si sapeva, la loro incompetenza non è una sorpresa. La sorpresa è, invece, che nel voto di giovedì scorso il grosso dei Ds e della Margherita si sia astenuto. Resto stecchito (dalla sorpresa).
Possibile ? La riforma costituzionale è ormai in dirittura di arrivo. Ed è stata interamente disegnata da una maggioranza che per anni si è chiusa a riccio . Pertanto l’opposizione sa che l’unica battaglia che può vincere è quella del referendum. Eppure la sua prima mossa è un voto di astensione . A me sembra incredibile. Tanto più che risulta che Fassino e Violante si proponevano addirittura di votare sì , e che è stato Rutelli a fermarli. Fassino e Violante hanno spiegato di voler soltanto dimostrare, votando a favore, «di non avere pregiudizi». Pregiudizi ? Direi che la sinistra sta sempre più dimostrando di non avere «giudizi», cioè di non avere più capacità di giudicare e di pensare.
La verità è che la sinistra ha la coda di paglia: i guasti del federalismo (e altri) cominciano da lì, da loro. Ricordo che ad un convegno Cesare Salvi disse: ammetto di avere sbagliato, e quindi cambio idea. Perchè D’Alema, Fassino (e altri) non sottoscrivono, e non si liberano così della falsa coscienza che li obnubila ?