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  1. #231
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    Predefinito ragazzi ma come ve lo devo di

    i documenti che sono usciti dal cremlino sui rapporti del psi con il pcus testimoniano un'assoluta dipendenza di nenni da Stalin in tutti i frangenti internazionali fino al '56. Leggetevi Zaslavsky, la sinistra staliniana in Italia.

  2. #232
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    Predefinito Calvin,

    I documenti usciti dal Cremlino mi pare che nella maggior parte dei casi,parlino di sostegni finanziari e comunque vanno interpretati.Ridurre tutto al tema dello stalinismo mi pare sbagliato.Che il PSI e Nenni avevano all'epoca legami o contatti con il PCUS lo si sapeva e non c'era bisogno nè degli archivi di Mosca nè di Zaslavsky che pure intendiamoci ,hanno fatto nuova luce ed arricchito le nostre conoscenze storiche.Che Nenni abbia avuto ma solo per un certo periodo, una qualche sudditanza anche rispetto alla figura di Stalin e all'immagine che questa aveva a quei tempi è senz'altro vero,ma ridurre il ruolo e l'azione politica di Nenni fino al fatidico 56, a quella di uno stalinista in salsa nostrana mi sembra francamente una forzatura anti-storica e credo che su questo tu non possa che concordare.
    In termini generali,io credo che nemmeno Togliatti se si esamina il ruolo e l'azione politica da lui svolta nella sua intierezza e complessita, possa essere definito uno stalinista tout-court,figuriamoci Nenni.
    omar proietti

  3. #233
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    Predefinito la pensiamo diversa

    caro lincoln, io sono proprio dell'idea che nenni e togliatti siano sudditi psicologicamente e politicamente di stalin e lo restino anche dopo il 56, indipendentemente dal fatto che Nenni abbia il problema di non farsi risucchiare dal pci e la necessità di distinguersi da un regime totalitarista e criminale.

  4. #234
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    Predefinito Togliatti e Satlin

    In questi ultimi tempi i revisionismi,ma Tohgliatti quando stava in Russia,Stalin imperante,non poteva non esser stalinista se no moriva.
    Togliatti in Italia era omologo alla politica sovietica dettata dagli accordi di Yalta.
    Le elezioni del '48 hanno sancito per nostra fortuna la sconfitta del fronte popolare.
    Comunque è mia convinzione che se avesse vinto il fronte popolare, ci sarebbe stato un periodo di relativa tranquillità interna, per poi permettere ad un partito stalinista di occupare tutti gli organi dello stato, successivamente ci sarebbe stata una dittatura del proletariato, con accordi con il Vaticano.
    Non è solo una convinzione, ma il periodo è quello di quando i comunisti mangiavano i bambini, ma erano anche distratti a mangiare gli stati democratici, come l'Ungheria, la Polonia, la Cecoslovacchia, la Romania, la Bulgaria, la Germania.
    Dopo meno di cinque anni questi stati erano completamente comunistizzati.
    Nenni ha avuto alcune chiarificazioni con i fatti di Posdam (1953 ) carri che sparavano ad alzo zero sugli operai, con i fatti di Ungheria ( 1956 )ecc. ecc.
    Nenni era anche capace di scrivere che Stalin aveva portato gli operai al potere, che in Russia non c'erano più padroni, non essendoci mai stato poteva credere di tutto.

  5. #235
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    Predefinito Ah dimenticavo

    mangiavano anche partiti socialisti, come dimostrano i loro colpi di stato dal 17 ad oggi.

  6. #236
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    Predefinito

    non per essere pedante caro pergola, ma Nenni, il 5 agosto del '48 è a mosca da Malenkov. Non so se invece aveva visitato i kolkhoz di cui pure scrisse i peana, quando già decine di migliaia di donne e bambini si trovavano nei lagher.

  7. #237
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    Predefinito ... harakiri politico ...


  8. #238
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    Predefinito La Pecora Nera ...


  9. #239
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    Predefinito

    Il ritorno del Psi
    Piuttosto che un nuovo partito è meglio uno vecchio

    Perché il Partito democratico possa davvero essere la casa di tutti i riformisti, come si augura il ministro Vannino Chiti, c'è una sola e semplice condizione da soddisfare, quale la contrapposizione al massimalismo. Il riformismo nella storia si definisce in questa maniera ed in nessun'altra. Per avere un credibile Partito democratico, forza riformista che ambisce davvero a rappresentare un contenitore appetibile per l'eterogenea e dispersa diaspora di coloro che al riformismo si richiamano, serve innanzitutto rompere l'alleanza di governo con la sinistra radicale, scompaginare le coalizioni, riconoscere Berlusconi come un falso problema, invece che come il nemico numero uno. Se il Partito democratico non compie questa scelta politica, non ci saranno primarie, appelli alla società civile, e quant'altro, in grado di sancirne l'autorità: e resterà di fatto quello che appare ai più, "un compromesso storico bonsai", come l'ha definito il collega di governo di Chiti, Ugo Intini.



    E Ugo Intini merita la ribalta della cronaca dopo il congresso dello Sdi nel quale, chi si sente depositario della tradizione riformista in Italia, diffida a tal punto del novo partito annunciato da rialzare la testa e, manco a dirlo, punta su un marchio di fabbrica che rappresenta una garanzia: la ricostruzione del Psi. Il ragionamento di Boselli e compagni, condivisibile o meno che sia, non fa una grinza. Perché se si vogliono riconoscere a Craxi i suoi meriti politici, se si afferma che nella contrapposizione fra socialisti e comunisti in Italia, erano i primi ad avere ragione, se si vuole poi inscrivere il Partito democratico, che ha riconosciuto tutto questo, nel Partito socialista europeo, bene, c'è una strada più diretta ed immediata del nuovo soggetto: ricostruire il vecchio Partito socialista e rimetterlo in carreggiata. Un'operazione di vecchia politica? Mica tanto. Perché Boselli ha due frecce al suo arco che una volta scagliate appaiono destinate a centrare il bersaglio. La prima è fin troppo ovvia: come si fa a voler entrare nella famiglia socialista europea ignorando la formazione storica che è depositaria dei valori del socialismo democratico, per unificarsi a chi con il socialismo non c'entra, non ha mai avuto nulla a che fare, e non vuole entrarvi. E per spiegarlo meglio, Boselli ha invitato il leader del Pse al suo congresso, Paul Rasmussen, che non ha certo fatto un discorso di circostanza a proposito. La sinistra ha una sola strada democratica riformista ed è quella del Pse. Ed il discorso era tutto per Rutelli, ma immaginiamo in parte anche per Fassino.

    La seconda freccia di Boselli è più culturale che politica. Ed anche se è vero che nel mondo della comunicazione di massa e della spettacolarizzazione la cultura sembra destinata ad essere sacrificata, in questo caso crediamo che invece lascerà il segno. Perché riguarda la definizione delle personalità del Pantheon del partito democratico, un'esigenza posta dallo stesso Fassino, non dal segretario dello Sdi. In questo Pantheon ideale una convinta supporter del partito democratico come l'ulivista Anna Finocchiaro ha chiesto di introdurre anche la cultura femminista. E la Finocchiaro ha fatto due nomi, Rosa Luxembourg e Anna Harendt. E Boselli ha avuto la conferma che fra una bolscevica tedesca della prima ora ed una intransigente oppositrice del totalitarismo, occorre fare una scelta, perché le due personalità citate dalla Finocchiaro non coesistono. Così appare il Partito democratico oggi: un'unione posticcia fra diversi che non possono coesistere. Non è un caso quindi che i socialisti sentano finalmente di poter rientrare in partita. E' lo stesso sentimento che si sente del resto dall'Udc che, in un congresso idealmente affine a quello che si teneva a Fiuggi, vede la possibilità di intercettare i cattolici delusi dal progetto. In nome di che cosa gloriosi esponenti democristiani anticomunisti per tutta una vita si dovrebbero stringere in un partito con i loro antichi nemici? E per andare dove? E per fare cosa? Anche qui Casini ha gioco facile a chiamare a raccolta i cattolici moderati, che nel Partito popolare europeo si contrappongono per l'appunto a quello socialista. Il fatto che forze minori delle due coalizioni si sentano così capaci di proporre linee alternative nonostante un referendum alle porte capace di azzerarle, significa per lo meno una cosa. Non saranno le leggi elettorali a stravolgere i bisogni e le capacità della politica italiana.

    Roma, 16 aprile 2007

    tratto da http://www.pri.it

  10. #240
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    Predefinito da www.nuovopsi.com

    Di Trapani: Liste amministrative confermano scelte di campo.

    Antonino Di Trapani, Responsabile dell’Ufficio Elettorale del Partito Socialista Nuovo PSI, dichiara:

    “le liste elettorali presentate dal Nuovo PSI per le prossime elezioni amministrative confermano sostanzialmente le scelte di campo effettuate dal partito nel recente passato. Le percentuali parlano chiaro: il 65% delle liste presentate vedono la collocazione del Nuovo PSI nel centro destra, dove nella maggioranza dei casi il partito si presenta con proprie liste e con lo storico simbolo del garofano; il dato diventa ancor più significativo considerando il diritto di tribuna concesso in diverse realtà ad esponenti del Nuovo PSI da Forza Italia e dal centro destra. Un 10% di casi vede il Nuovo PSI presentare liste autonome dai due poli; in un altro 18% di realtà invece il Nuovo PSI, apparentandosi con lo SDI, è presente nel centro sinistra con simbolo composito.
    Ricordiamo che la presentazione delle liste è stata effettuata in piena autonomia dagli organismi locali in virtù del decentramento territoriale riconosciuto dal partito alle singole segreterie regionali e provinciali. Tali scelte assumono particolare significato alla luce del dibattito che va sviluppandosi all’interno del partito in vista della prossima scadenza congressuale fissata per il 23 e 24 giugno p.v.
    Quest’ultimo importante impegno non impedisce peraltro di pensare alla tornata elettorale come ad un momento di rilancio, salvaguardando innanzitutto identità e autonomia del Partito Socialista Nuovo PSI.”
    omar proietti

 

 
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