Risultati da 1 a 10 di 10
  1. #1
    Ospite

    Predefinito Padanogeno ammazza il propio datore di lavoro siciliano trasferito al nord

    Domenico Cucuzza ucciso in una villetta di Turate, vicino Como
    Imprenditore ucciso, confessa l'omicida
    L'amico della moglie crolla durante l'interrogatorio. Indagata anche la donna: avrebbe fornito l'arma del delitto

    COMO - «Sono stato io». Alla fine il presunto omicida ha confessato. Adelio Miccoli, 46 anni, di Uboldo (Varese), sposato, dipendente della vittima alla Verniciature di Turate, è crollato. Sottoposto a fermo nel tardo pomeriggio e dopo ore di interrogatorio ha ammesso di avere esploso lui i quattro colpi di pistola 6,35 che hanno ucciso Domenico Cucuzza, sposato, padre di due figli e suo datore di lavoro. Il corpo dell'imprenditore di origine siciliane è stato scoperto verso le 22 di giovedì dalla moglie, che si trovava in casa, ma al piano di sotto. La donna ha raccontato di avere sentito degli spari, di essere salita e di avere trovato il marito ferito a morte, in un lago di sangue. Ha lanciato l'allarme chiamando i carabinieri. Ma è proprio sulla moglie che gli inquirenti nutrono dubbi.



    Una gazzella dei carabinieri (Azzari)
    LA PISTA PASSIONALE -
    Confessione a parte, sono diversi gli aspetti non chiariti dell'omicidio: dal movente al ruolo della donna, Giannantonia Puppi, di 43 anni, interrogata per 17 ore dai carabinieri e uscita esausta dalla caserma. È indagata a piede libero per ricettazione. Miccoli è stato fermato per omicidio volontario, e per
    detenzione e ricettazione dell'arma, risultata rubata una decina d'anni fa nel Bresciano e ritrovata dai carabinieri.

    LA CONFESSIONE - Il presunto omicida ha riferito ai carabinieri di essere entrato in casa della vittima scavalcando la recinzione, di
    essere salito in camera da letto al primo piano e di avere
    sparato a bruciapelo. Perché? Il reo confesso, confuso e
    frastornato, non è stato per niente chiaro. «Problemi sul
    posto di lavoro», riferiscono gli investigatori: Miccoli era ai
    ferri corti con Cucuzza, tanto che da agosto si era messo in
    malattia e probabilmente il braccio di ferro sarebbe terminato
    con il licenziamento. Ma il sospetto è che nel movente ci sia dell'altro, magari legato in qualche modo alla moglie di Cucuzza, che lavora in azienda, e che perciò conosce bene l'assassino. «Stiamo
    valutando i rapporti tra i due», si limitano ad ammettere i
    carabinieri.

    INDAGATA LA DONNA - Al di là di possibili implicazioni sentimentali, che i due hanno fermamente negato, c'è un fatto che alla luce di quanto successo risulta inquietante. Miccoli ha infatti ammesso che l'arma del delitto gliel'aveva consegnata mesi fa proprio la signora Cucuzza. Perché? Nemmeno questo sarebbe riuscito a spiegare. Ed è per questo che Giannantonia Puppi è indagata per ricettazione, per avere consegnato all'amico-collega l'arma con cui ha ucciso il marito. Un fatto anomalo, che dovrà essere approfondito.

  2. #2
    Veneta sempre itagliana mai
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    Si cerca killer del cognato del boss D'Alessandro

    (ANSAweb) -NAPOLI,24 SET- Proseguono le indagini alla ricerca
    dei killer di Antonio Martone, cognato del defunto boss
    Michele D'Alessandro, ritenuto uno degli ultimi 'alti
    esponenti' del clan stabiese. Numerose le perquisizioni
    durante la notte degli agenti del commissariato di
    Castellammare. Eseguite anche alcune procedure per verificare
    chi ha usato l'arma che ha ucciso, alle 19 di ieri sera,
    Martone. Secondo indiscrezioni il killer potrebbe
    essere un giovane emergente all'interno dello stesso clan
    D'Alessandro intenzionato ad assumere la gestione dei
    traffici illeciti dell'organizzazione criminale di Scanzano.
    Per motivi di sicurezza il questore, molto probabilmente,
    vietera' i funerali. (ANSAweb)

    2004-09-24

  3. #3
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    Arrestato per duplice omicidio
    'Ndrangheta, nel 1989 uccise con altri complici 2 uomini
    (ANSA)-REGGIO CALABRIA,25 SET-La Dia di Reggio Calabria ha arrestato Antonino Nicolo',52 anni,accusato del duplice omicidio di Carmelo Bernardo e Vincenzo Flaviano. I due furono uccisi il 3 gennaio 1989. Nicolo', ritenuto dagli investigatori un affiliato allo schieramento condelliano, e' accusato in concorso con altri esponenti della cosca gia' condannati per il duplice omicidio, compiuto in una strada di Reggio Calabria.
    25/09/2004 11:15

  4. #4
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    Ammontano a 666 i casi di omicidi per motivi di Mafia, Camorra o ’Ndrangheta che si sono verificati nell’arco del quinquennio 1999-2003. Lo rileva l’Eurispes nello studio dal titolo “L’evoluzione della criminalità organizzata in Italia nel periodo 1999-2003”, presentato in occasione del convegno “Mafia, Politica e Società”, organizzato da Dike, Bimestrale sulla giustizia e la società dell’Eurispes e della Link Campus, che si tiene oggi alla Camera dei Deputati. Lo studio evidenzia che il livello di violenza raggiunto in alcune aree regionali del Paese, in particolar modo nel corso delle numerose e cruente faide scoppiate tra cosche rivali, si esprime con chiarezza nel numero degli omicidi registrati. Per quanto riguarda la sola Campania, la più rappresentata nella classificazione giudiziaria degli omicidi, si contano 311 assassini, pari al 46,7% del dato complessivo nazionale.Sempre nello stesso periodo, in Calabria, la cui quota di omicidi è pari al 21,6% del totale nazionale, gli assassini legati a motivi di ‘Ndrangheta sono stati 144. A seguire Puglia (108 omicidi) e Sicilia (89 omicidi). A livello provinciale il territorio che fa registrare il più alto numero di omicidi per mafia è quello partenopeo: ben 234 morti in soli cinque anni. Segue un’altra provincia campana, Caserta, in cui, nel periodo preso in esame, sono state accertate 57 morti per motivi di camorra, a testimonianza della ferocia che contraddistingue l’organizzazione criminale radicata in quest’area del Mezzogiorno; Foggia (46), Reggio Calabria (43) e Bari (38).Sul fronte del giro d’affari, l’Eurispes ha calcolato che ammontano a quasi 43.000 milioni di euro gli introiti delle “quattro cupole” italiane. I maggiori proventi si hanno dal traffico di droga (25.926 milioni di euro), di imprese (7.489), traffico di armi (5.219), prostituzione (2.241) ed estorsione ed usura (2.097).È la ’Ndrangheta a detenere il primato degli affari per quanto riguarda il traffico di droga (9.813 milioni di euro), seguita da Cosa nostra (8.005), Camorra (7.230) e Sacra corona unita (878).Sul fronte della impresa (appalti pubblici truccati e compartecipazione in imprese in genere) è Cosa nostra ad avere la leadership con un “fatturato” di 2.841 milioni di euro, seguita a ruota da Camorra (2.582) e ’Ndrangheta (2.066). Sulla prostituzione, l’organizzazione criminale calabrese riconquista il primato con un giro d’affari di 1.033 milioni di euro, seguita da Sacra corona unita (775), Camorra (258) e Cosa nostra (176).Per quanto riguarda il traffico delle armi, invece, è la Camorra a posizionarsi in cima alla graduatoria: 2.066 milioni di euro; seguono ’Ndrangheta (1.808), Cosa nostra (1.549) e Sacra corona unita (516). La mala calabrese balza nuovamente al primo posto per estorsione e usura con un giro d’affari di 1.033 milioni di euro; un’attività che sembra poco interessante per le altre cupole, visto che a parecchie lunghezze di distanza seguono Camorra con 362 milioni di euro ed ex aequo Cosa nostra e Sacra corona unita con 351 milioni di euro.L’analisi Eurispes ha posto particolare attenzione al fenomeno della ’Ndrangheta che, rispetto alle altre organizzazioni criminali possiede una particolare capacità di ”riproduzione per clonazione” anche nei territori di non tradizionale vocazione mafiosa e mostra una rinnovata capacità di attrarre In particolare, nel distretto di Reggio Calabria, una delle aree storicamente più a rischio, si rileva un sempre maggior coinvolgimento di minorenni in reati di particolare gravità.Il massiccio uso di minori da parte dell’organizzazione è spiegabile in due modi. In primo luogo, la ’Ndrangheta tende a difendere i propri capi delegando a persone che sono al primo grado della scala gerarchica i compiti più a rischio. In secondo luogo, il fenomeno dipende dalla particolare struttura della ‘Ndrangheta, differente da quella delle altre organizzazioni criminali presenti in Italia.Le azioni criminose direttamente riconducibili alle associazioni a delinquere di stampo mafioso sono per buona parte sommerse, perché spesso circondate dall’omertà ottenuta con minacce e intimidazioni. Un’idea dell’impatto della ’Ndrangheta sul territorio può essere tuttavia fornita dai dati sulle denunce fatte alle Forze dell’ordine.Per quanto riguarda la distribuzione dei reati sul territorio calabrese, dai dati delle diverse Forze dell’ordine emerge che, per tutti i crimini considerati, sono state sporte 1.752 denunce nel solo anno 2001: 263 per estorsione, 1.335 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti, 81 per associazione a delinquere (delle quali 32 per associazione di tipo mafioso), 50 denunce per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e 23 per contrabbando.L’Eurispes, nel tentativo di concorrere ad un ulteriore approfondimento del fenomeno e di sviluppare delle direttrici scientifiche entro cui muoversi per l’analisi delle sue principali dinamiche nel territorio calabrese, ha realizzato uno studio nel quale si è voluto evidenziare, partendo dal monitoraggio e dalla valutazione di alcuni parametri di disagio sociale, il grado di fragilità e di permeabilità di un territorio rispetto ai tentacoli della ’Ndrangheta. Obiettivo principale dello studio è stato dunque quello di fornire alcune utili indicazioni circa il rischio di penetrazione mafiosa cui sono esposti i cinque territori provinciali della Calabria.A tal fine è stato creato uno strumento ad hoc, l’indice IPM (Indice di Penetrazione Mafiosa), (che potrà essere utilizzato e adattato anche ad altri contesti territoriali), in grado di suggerire, per quanto possibile, i recenti sviluppi del fenomeno e le dimensioni che lo stesso sta assumendo e, cosa ancor più interessante, che potrà assumere nei contesti esaminati.Al fine di determinare una classifica del “livello di penetrazione mafiosa” delle organizzazioni criminali nelle province calabresi è stato predisposto un sistema di attribuzione dei punteggi sulla base di alcuni indici (che verranno di seguito illustrati) che scaturiscono, come premesso, dalla valutazione oggettiva e, per lo più, quantitativa di alcune variabili socio-economiche che caratterizzano un’area territoriale (tasso di disoccupazione, grado di fiducia nelle istituzioni, reati commessi e assimilabili alle associazioni mafiose, casi di amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose, nonché atti intimidatori a danno di Amministratori locali).Dall’analisi dei dati emerge che è la provincia di Reggio Calabria a far registrare il più alto rischio di penetrazione mafiosa, ottenendo un punteggio complessivo pari a 47,3 in virtù del fatto che conquista la vetta della classifica provinciale in più occasioni: relativamente al più alto tasso di disoccupazione (29% al 2002), al più alto numero di casi di comuni sciolti per infiltrazione mafiosa (17 dal 1991 ad oggi) e di atti intimidatori ai danni di Amministratori locali (72 dal 2000 al 2002). Seguono i territori di Catanzaro, dove si registra il più basso livello di fiducia nelle istituzioni (45,4%) e il più alto numero di reati commessi e assimilabili alle associazioni mafiose; Vibo Valentia, laddove alla sfiducia nei confronti delle istituzioni si accompagna una situazione occupazionale tutt’altro che rosea (27% il tasso di disoccupazione), e Cosenza, nella cui area, nonostante l’elevato numero di manifestazioni mafiose rilevato (87,1 reati assimilabili alle associazioni mafiose ogni 100.000 abitanti), sembra regnare un sostanziale clima di fiducia nelle istituzioni ai vari livelli (60,5%). In coda troviamo Crotone, il cui indice di penetrazione mafiosa è pari quasi alla metà di quello rilevato per la provincia di Reggio Calabria (25,0 vs 47,3). Crotone è, in sintesi, il territorio calabrese che, allo stato attuale, sembra poter resistere in misura più incisiva ai tentacoli della ’Ndrangheta. Di fronte ad una minaccia così diversificata ed imprevedibile, dunque, le strutture di difesa devono necessariamente modulare la loro azione di contrasto possibilmente alla stessa velocità con la quale vanno evolvendosi quelle di offesa.Un aspetto fondamentale, in questo processo di adeguamento, riguarda la capacità di conoscere i fenomeni, cioè la capacità di individuare ed interpretare per tempo quelle manifestazioni della vita collettiva in grado di degenerare verso forme di patologia sociale. Anche l’azione repressiva deve adeguarsi ai nuovi livelli di sfida.In alcune aree del Mezzogiorno esiste, ad esempio, una dimensione di illegalità diffusa (dall’abuso edilizio, all’evasione fiscale, sino ad arrivare ai grandi crimini di mafia) rispetto alla quale la risposta dello Stato, se condotta in maniera non mirata e senza strumenti normativi specifici, appare del tutto ininfluente, o comunque non decisiva.Al convegno dal titolo “Mafia, Politica e Società” che si tiene oggi alla Camera dei Deputati, Sala delle Conferenze di Palazzo Marini, alle ore 16,00, moderato da Giovanni Pepi, condirettore del Giornale di Sicilia, parteciperanno: Clemente Mastella, vicepresidente Camera dei Deputati; Roberto Centaro, presidente Commissione parlamentare antimafia; Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato, ministero dell’Interno; Pietro Grasso, procuratore della Repubblica di Palermo; Antonio Manganelli, vicecapo della Polizia di Stato; Gian Maria Fara, presidente Eurispes; Vincenzo Scotti, presidente Link Campus University of Malta; Antonio D’Amato, magistrato, condirettore Dike; Emanuele Macaluso, direttore rivista “Le ragioni del socialismo”; Giovanni Tranchina, preside facoltà di giurisprudenza, Università di Palermo. Roma, 9 dicembre 2003 Ufficio Stampa Eurispes: Luciano PecchiMary Marangi Email: ufficiostampa@eurispes.it

  5. #5
    What am I doing here?
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    Messaggio per i due provocatori (1 moderatore).

    NON FREGA NIENTE A NESSUNO

    Buona continuazione.

  6. #6
    Ospite

    Predefinito

    Originally posted by Il_Grigio
    Messaggio per i due provocatori (1 moderatore).

    NON FREGA NIENTE A NESSUNO

    Buona continuazione.
    La criminalità padanogna dilaga, sono ben due gli imprenditori ammazzati in questi ultimi giorni, uno a Como ed uno a Rimini.

  7. #7
    Ospite

    Predefinito Delitti passionali nel profondo della padagna

    Uccide la moglie per gelosia
    Poi si confessa con il barista

    NICHELINO (TORINO) - Ha ucciso la moglie accecato dalla gelosia. Poi è sceso al bar sotto casa e ha confessato il delitto al titolare del locale. E' accaduto stamane a Nichelino, alle porte di Torino. La donna, Deborah Narcisi, 24 anni, è deceduta un'ora e mezza dopo all'ospedale Molinette di Torino. L'omicida è Pasquale Luongo, 36 anni. L'episodio si è verificato nell' abitazione della coppia, che ha due figli di due e di sette anni, dopo un'ennesima lite. Deborah Narcisi è stata trafitta al collo da un paio di forbici. La donna aveva chiesto la separazione, le bimbe erano chiuse in una stanza.

    Dopo aver colpito la moglie, subito stramazzata a terra in una pozza di sangue, il marito, confuso e stravolto, ha lasciato l'abitazione e ha raggiunto il bar sottostante. Era convinto di aver ucciso la donna. In realtà Deborah Narcisi era ancora in vita, è morta un'ora e mezza più tardi in ospedale. A lanciare l'allarme è stato proprio il proprietario del bar che aveva raccolto la "confessione". Pasquale Luongo è stato arrestato.


    (25 settembre 2004)

    http://www.repubblica.it/2004/i/sezi...a/gelosia.html

  8. #8
    Giuro di essere fedele al Re!
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    Predefinito

    A questo punto bisogna cambiar nome al forum.
    Perchè no: Repubblica di Cronaca Nera?

  9. #9
    Ospite

    Predefinito Re: Delitti passionali nel profondo della padagna

    Originally posted by Manuel
    Uccide la moglie per gelosia
    Poi si confessa con il barista

    NICHELINO (TORINO) - Ha ucciso la moglie accecato dalla gelosia. Poi è sceso al bar sotto casa e ha confessato il delitto al titolare del locale. E' accaduto stamane a Nichelino, alle porte di Torino. La donna, Deborah Narcisi, 24 anni, è deceduta un'ora e mezza dopo all'ospedale Molinette di Torino. L'omicida è Pasquale Luongo, 36 anni. L'episodio si è verificato nell' abitazione della coppia, che ha due figli di due e di sette anni, dopo un'ennesima lite. Deborah Narcisi è stata trafitta al collo da un paio di forbici. La donna aveva chiesto la separazione, le bimbe erano chiuse in una stanza.

    Dopo aver colpito la moglie, subito stramazzata a terra in una pozza di sangue, il marito, confuso e stravolto, ha lasciato l'abitazione e ha raggiunto il bar sottostante. Era convinto di aver ucciso la donna. In realtà Deborah Narcisi era ancora in vita, è morta un'ora e mezza più tardi in ospedale. A lanciare l'allarme è stato proprio il proprietario del bar che aveva raccolto la "confessione". Pasquale Luongo è stato arrestato.


    (25 settembre 2004)

    http://www.repubblica.it/2004/i/sezi...a/gelosia.html
    MA A TE PASQUALE LUONGO SEMBRA PADANO???

  10. #10
    legio_taurinensis
    Ospite

    Predefinito

    fate il campionato mondiale di delitti Padania-Ausonia????

    siete TUTTI ridicoli. La criminalità non ha nazione.

 

 

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