Huston connection



di Sabina Morandi
Storia della Halliburton: tra scandali, affari e...Casa Bianca

Immaginate Enron, Parmalat e un po' di Pizza Connection. Aggiungete i disastri petroliferi della Exxon Valdez più un pizzico di tangentopoli italian style. Infine, tanto per avere una pallida idea del modello Halliburton, non fate mancare l'ingrediente principale: il controllo del governo più potente del pianeta. La più grande compagnia di servizi petroliferi del mondo è infatti una creatura del vice-presidente Dick Cheney, che è stato amministratore unico fino al 2000. Anche se, una volta insediato, Cheney ha formalmente interrotto i rapporti, la guerra irachena ha regalato alla sua società qualcosa come 18 miliardi di dollari in contratti relativi alla ricostruzione dell'industria petrolifera e alla logistica per le truppe. Soldi spesi male visto che viene accusata di avere gonfiato i costi delle forniture per 61 milioni di dollari sul carburante e per 24,7 milioni sul rancio. All'inchiesta avviata dal Dipartimento di Giustizia, tuttora in corso, la società ha risposto licenziando qualche dirigente tanto per tenersi buona la stampa perché, in realtà, dal maggio del 2003, Halliburton non rischia niente. Merito dell'Executive Order 13303, firmato in sordina da Bush, nel quale viene garantita «La piena immunità alle compagnie petrolifere statunitensi impegnate in Iraq» da qualsiasi tipo di accusa, che siano «dispute contrattuali, violazioni delle pratiche del lavoro, disastro ambientale, violazioni dei diritti umani».

Affari di guerra

L'ultimo scandalo non ha messo in discussione i contratti miliardari dell'outsourcing militare anche perché il principale architetto della privatizzazione della guerra siede ormai alla Casa Bianca. Dick Cheney coltiva questa politica già dal 1988, quando era ministro della Difesa di papà Bush. L'idea era quella di ridurre il personale militare allo stretto indispensabile, subappaltando la logistica alle compagnie private. Principale beneficiaria fu subito la Kellogg, braccio operativo della Halliburton: nel 1990 il Pentagono firmò un contratto da 3,9 milioni di dollari, il primo di una lunga serie. Nel 1995, in segno di gratitudine, Cheney venne nominato amministratore unico della compagnia anche se era privo di esperienza nel settore. In dote portava però relazioni importanti: alle commesse militari si aggiunsero infatti le sovvenzioni governative sotto forma di prestiti da parte delle agenzie di credito nazionali, come la Export-Import Bank o la Overseas Private Investment Corporation, o internazionali, come la Banca Mondiale. Durante il regno di Dick, la compagnia praticamente raddoppiò il giro d'affari. Quando, nel 2001, Cheney tornò a Washington, mise la compagnia in mano all'ammiraglio Joe Lopez, ex comandante delle forze navali statunitensi per l'Europa del Sud e amico fidato. Nel marzo del 2002 Lopez ha dato anche il suo contributo - si può immaginare quanto imparziale - al lavoro della Commissione sulla ricostruzione post-bellica in Afghanistan, Bosnia e Kosovo.

Il patriottismo dell'Halliburton è fuori discussione. Subito in prima linea nella guerra di Bush al terrorismo, il 26 aprile del 2002 la compagnia ha preso in consegna la base aerea di Khanabad, in Uzbekistan, e da allora l'esercito privato degli uomini in blu - dal colore delle magliette - si occupa di pasti, lavanderia, carburante e manutenzione degli aerei. Nel giro di pochi mesi il personale Halliburton ha preso in gestione anche le basi di Bagram e Kandahar, in Afghanistan. Poi, nell'aprile del 2002, gli è stata affidata la costruzione di una speciale prigione per i guerriglieri catturati in Afghanistan. Sbrigate in 24 ore pratiche che in genere richiedono mesi, la compagnia prelevò 199 filippini e li spedì nella base navale di Guantanamo, a Cuba, dove costruirono il campo di detenzione divenuto tristemente famoso lavorando 12 ore al giorno per sette giorni a settimana, segregati dal resto del mondo. A settembre del 2002 poi, quando ancora Powell fingeva di voler evitare la guerra, 1.800 impiegati della compagnia arrivarono in Kuwait per preparare l'accampamento destinato a ospitare i circa 80 mila soldati che avrebbero partecipato all'invasione. Altri 1.500 raggiunsero il nord dell'Iraq, dove allestirono analoghi campi. Per la prima volta nella storia, un esercito dipende in tutto e per tutto da una compagnia privata che costruisce basi, cucina il cibo, pulisce i bagni e fornisce il carburante.

Overcharging e tangenti

Affidare la ricostruzione quasi esclusivamente a Betchel e Halliburton è stato un grave errore politico. In un paese ad altissimo tasso di disoccupazione come l'Iraq, vedere le compagnie importare manodopera a basso costo dal sud-est asiatico non calma certo gli animi. Inoltre è venuto fuori che, mentre mancavano i soldi per i giubbotti anti-proiettile dei soldati, la compagnia raddoppiava o triplicava le spese. Lo scandalo è scoppiato nel dicembre 2003, quando due deputati democratici hanno messo le mani sui conti: tre dollari per un gallone di benzina Halliburton a fronte di un prezzo corrente di 1,32. Senza contare che la Somo, compagnia petrolifera irachena, avrebbe potuto fornire la stessa quantità per 96 centesimi. A gennaio del 2004, nel tentativo di arginare lo scandalo, la compagnia ha licenziato due impiegati con l'accusa di avere intascato 6 milioni di tangenti sulle forniture all'esercito. Troppo tardi.

Ormai la Defence Contract Audit Agency - agenzia di controllo sui contratti della difesa - aveva già stigmatizzato i preventivi. Sotto accusa è la procedura stessa di approvazione dei contratti, affidata a personale non qualificato che si limita a ratificare decisioni prese altrove. L'ordinanza di Bush protegge la compagnia ma non può costringere a pagare un cliente insoddisfatto: l'inchiesta lanciata dalla Defence Criminal Investigation Service, tutt'ora in corso, ha provocato l'immediato congelamento di pagamenti dell'ordine di mezzo miliardo di dollari. E mentre gli States venivano scossi dall'idea che la multinazionale del vice-presidente avesse lucrato sui pasti e sulla benzina dei "nostri ragazzi", scoppiava un altro scandalo.

La nuova indagine del Dipartimento di Giustizia statunitense riguarda una tangente di 180 milioni di dollari versata per ottenere l'appalto per la costruzione di un enorme impianto di gas naturale in Nigeria, una vicenda che risale al ‘96, quando Cheney era al comando. Mentre indagava sugli affari sporchi di una multinazionale francese durante il regno del feroce generale Sani Abachi, un giudice francese è inciampato nel nome del vice-presidente. Pare che per assicurarsi l'appalto, il consorzio di compagnie petrolifere di cui faceva parte Halliburton abbia fondato una società nel paradiso fiscale di Madeira con il preciso compito di far arrivare la tangente al dittatore nigeriano.

Regimi sul libro paga

Secondo quanto riportato alla Sec (l'organo di controllo della Borsa) dalla stessa Halliburton, dal 2001 al 2002 la compagnia ha versato almeno 2,4 milioni di dollari per ottenere agevolazioni fiscali. Certo, a quel punto Cheney non era più al timone, ma era invece ancora a capo dell'azienda quando, insieme alla Dresser Rand e alla Ingersoll-Dresser Pump, Halliburton firmava contratti per 73 milioni di dollari con Saddam Hussein. Una collaborazione durata fino al 2000, proprio mentre le sanzioni tenevano la concorrenza lontana da Baghdad. Il business non si è fermato nemmeno con l'Iran-Lybia Sanction Act, legge con cui, nel ‘96, Clinton proibì alle aziende americane di fare affari con questi due paesi. Affiliate con sede nei paradisi fiscali, come Halliburton Products and Services delle Cayman, vendevano servizi all'Iran per 39 milioni di dollari. Così, mentre le compagnie statunitensi rischiavano multe da mezzo milione di dollari e fino a dieci anni di prigione per il severissimo embargo, Halliburton continuava a fare affari attraverso sussidiarie o filiali sparse per il mondo. Nel 2003, mentre la filiale tedesca della compagnia continuava a fare affari con Gheddafi, il governo statunitense minacciava di applicare sanzioni alla Germania per i suoi rapporti con lo stato "canaglia".

Non è finita. In Birmania Halliburton è sbarcata a due anni dalla presa del potere della famigerata Slorc, la giunta militare nota per utilizzare il lavoro forzato dei contadini. In Angola ha pagato laute tangenti al presidente Dos Santos per far sparire nel nulla una buona percentuale dei proventi dei giacimenti petroliferi e tangenti vengono regolarmente versate all'autoritario presidente del Kazakistan e ai governanti dell'Arzeibajan, paese messo sotto embargo dal Congresso statunitense per avere praticato la pulizia etnica contro la minoranza armena. Le tangenti non sono invece bastate per costringere il piccolo Bangladesh a vendere le proprie riserve di gas, misura che il governo vuole evitare perché sa che la popolazione non potrebbe mai permettersi di acquistare il gas sul mercato internazionale. Così la compagnia si è fatta dare una mano dalla Banca Mondiale che ha minacciosamente chiesto al governo del Bangladesh di farsi da parte. Del resto perché stupirsi? Nessuna compagnia è stata beneficiata dalla Banca Mondiale quanto Halliburton. Cheney, che continua a percepire un "piccolo" stipendio di 150mila dollari l'anno, può stare tranquillo: i contribuenti di tutto il mondo continuano a tenere la sua compagnia in ottima salute.

Sabina Morandi
Fonti: Corpwatch, Global Exchange, Center for Corporate Policy, Common Cause, Sustainable Energy and Economy Network, Institute for Southern Studies, Taxpayers for Common Sense e Financial Times.

Fonte:www.liberazione.it
28.09.04