Il riscatto pagato a un gruppo di "iracheni nazionalisti
che combattono contro l'occupazione del loro paese"
E un milione di dollari
chiude all'alba la trattativa
Le ultime fasi del negoziato sono iniziate il 19 settembre
Il giallo della pistola consegnata a Scelli nel video di Al Jazeera
di CARLO BONINI
Scelli abbracciato
da Berlusconi a Ciampino
ROMA - Chi e come ha sottratto alla loro prigione Simona Torretta, Simona Pari e gli iracheni Mahnaz Bassan e Ra'ad Alì Abdulaziz?
Conviene partire dalla coda. Dalle 19.05 ora di Bagdad. Dalle immagini girate dalla tv del Qatar Al Jazeera, che, per qualche motivo, ieri sono apparse prive di un significativo dettaglio, almeno nel format riproposto da tutte le emittenti italiane. Siamo nell'ultimo tratto del sentiero che porta le due Simone alla libertà. E' una strada asfaltata deserta, sullo sfondo della moschea sunnita di Umm al Qura, nella parte occidentale della città. Nella luce del tramonto, una telecamera riprende Simona Pari e Simona Torretta con il volto coperto da un lungo velo nero, che impedisce lo sguardo. La prima stringe al fianco destro un cartone, la seconda una busta di plastica nella mano sinistra. Entrambe indossano guanti neri. Pochi secondi e nell'inquadratura, ora, è un uomo sorridente in maniche di camicia, il commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli, che ringrazia una figura fuori campo, dalle cui mani riceve una pistola.
Una pistola. Che significato ha quell'arma? Chi è l'uomo che la consegna? E' forse il segnale che sigilla una trattativa nel suo ultimo atto? Al Jazeera non ha risposte da dare. Non intende dire - "per ovvie ragioni" - né chi abbia informato i suoi operatori di trovarsi alle sette del pomeriggio in quella strada di Bagdad, né quando, né come quell'informazione sia arrivata nella redazione di Doha. Al Jazeera tiene soltanto a dire che "non è stata una messa in scena". Che "quelle immagini sono vere e sono state girate una sola volta". E la pistola? "Si vede una pistola che viene consegnata, tutto qui".
Si potrebbe liquidare il dettaglio come un'anomalia, se non fosse l'unica. Perché è Scelli l'uomo della consegna? Chi lo ha scelto? Ha forse svolto un ruolo nelle trattative? A Doha non ne hanno la più pallida idea. Sanno soltanto che è arrivato a Bagdad lunedì sera.
Lunedì sera, lo vedremo subito, non è un giorno qualunque. Almeno se si decide di dare ascolto a chi in questa storia ha dimostrato di saperne molto, prima degli altri e con dovizia di particolari. Parliamo del quotidiano kuwaitiano Al Rai Al-Aam, del suo direttore Alì Al Roz, del suo corrispondente a Bagdad, Issam Fahm.
Issam è figlio di un'importante e ricca famiglia sunnita. Attorno ad essa si stringono molte tribù locali e, soprattutto, una rete di fonti che un operatore italiano di una Ong a Bagdad definisce "di ineguagliabile livello". Ieri, intorno alle 16.30, Issam contatta per l'ennesima volta la sua "fonte irachena". Ha il suo ultimo racconto da fare e un messaggio da affidare al direttore di Al Rai Al-Aam. "Digli che lo saluto e che gli consiglio di mettersi di fronte alla televisione. Entro mezz'ora vedrà la fine di questa storia".
Poco dopo le 17, Al Roz contatta Repubblica. E' pazzo di felicità. Le due Simone sono state liberate e con loro Mahnaz Bassam e Ra'ad Alì Abdulaziz. Grida al telefono il direttore: "Con tutto il rispetto per i vostri servizi segreti, salutali da parte mia e della mia fonte". E' la sua risposta a quanto, neppure mezz'ora prima, l'intelligence italiana ha mandato in rete attraverso le agenzie di stampa: un "invito alla cautela, perché la fonte del quotidiano kuwaitiano è ormai esaurita... ". E' soprattutto la chiosa alla storia che "la fonte di Bagdad" gli ha riferito attraverso Issam Fahm e che Al Roz si prepara a scrivere per l'edizione odierna del quotidiano che dirige. La storia di un riscatto da un milione di dollari.
E dunque. "Tutto comincia il 19 settembre, quando un funzionario del governo italiano atterra a Bagdad... ", riferisce Al Roz. Si presenta come "negoziatore", incontra "un capo tribù e tre religiosi del "Hait Al Ulema Al Muslimìn", il Consiglio dei saggi musulmani". Chiede che lo aiutino a individuare un canale che porti ai sequestratori. "Il 20 settembre, uno dei tre religiosi del Consiglio entra in contatto con uno dei leader del movimento politico cui fa capo il gruppo dei sequestratori".
E' una sigla che stringe attorno a sé "soltanto iracheni, musulmani moderati e nazionalisti, che combattono la loro guerra solo e soltanto contro le truppe di occupazione straniere". Ha le sue roccaforti a Bagdad, Falluja, Ramadi, Baakuba. "Ha urgente bisogno di denaro per finanziarsi". Decide di aprire una trattativa attraverso un intermediario di fiducia. "Il 21 settembre cominciano i negoziati a Bagdad e qui proseguiranno fino alla fine".
La prima richiesta è "l'immediato ritiro delle truppe italiane dall'Iraq". La risposta del "funzionario italiano" è un "no categorico". Se si tratta, "lo si può fare solo su base economica". Tra il 21 e il 24 la trattativa si ferma. Quindi, "il 25, i rapitori tornano a farsi vivi e fissano il prezzo del riscatto in 5 milioni di dollari". Nella ripresa delle trattative ha un "ruolo decisivo" lo sceicco che siede nel Consiglio dei saggi musulmani e, "domenica 25, prima delle 4 del pomeriggio - riferisce la fonte - l'accordo si chiude a 1 milione". L'inviato italiano chiede la prova in vita delle ragazze. "Lunedì notte, all'uomo che porta la prima tranche del riscatto, 500 mila dollari, vengono fatte vedere le ragazze". "Ieri mattina all'alba, il saldo e l'epilogo", sorride Al Roz.
(29 settembre 2004)