Segue un intervista fatta dal periodico The Latin Mass:The Latin Mass (TLM): Eccellenza, lei e suoi confratelli nell’episcopato, della Fraternità San Pio X, avete chiesto al Vaticano di riconoscere ufficialmente ad tutti i sacerdoti di rito romano il diritto di celebrare la Messa tradizionale in latino. Un semplice osservatore potrebbe chiedersi: Perché le autorità della Chiesa esitano di fronte a tale richiesta? Dopo tutto, cos’è che la Chiesa rischierebbe di perdere liberalizzando la Messa antica?

Mons. Fellay (MF): È il caso di ricordare che l’antico rito non è mai stato abrogato ? la cosa venne riconosciuta nel 1986 da una commissione di nove cardinali; e ci è stata ricordata dal card. Castrillon Hoyos (1): "Fondamentalmente il Papa ammette che l’antico rito non è mai stato abrogato"; ed è stato ribadito dal card. Medina, quando ha assicurato ai suoi lettori (2) che egli non aveva trovato in alcun posto che questa Messa fosse stata interdetta. Da ciò dobbiamo concludere che, accordando la libertà a questa Messa, la sola cosa che la Chiesa perderebbe è lo stato di ingiustizia imposto da 35 anni sul rito latino da una tirannia silenziosa. Sparirebbe anche in parte la maniera odiosa di fare pressione sui fedeli e soprattutto sui sacerdoti che vogliono esercitare il loro legittimo diritto di celebrare la messa secondo l’antico rito. Sparirebbe parzialmente anche la tranquillità di questa falsa pace, di questa pretesa pace che si ritiene regni sulla base dell’unità del rito della nuova Messa.
Da parte mia, non dubito affatto che la liberalizzazione della Messa costituirebbe una sfida salutare nei confronti di quella creatività divenuta così spesso necessaria per i progressisti al fine di ottenere che i loro fedeli continuino a frequentare la Messa la Domenica.
In breve, direi che la Chiesa non ha niente da perdere, anzi, reintroducendo la Messa tridentina su larga scala, avrebbe così tanto da guadagnare che chiunque ami veramente la Chiesa e le ànime non dovrebbe esitare un solo minuto a concedere questa libertà. Vi sono delle voci, anche in Vaticano, che riconoscono che la Chiesa non supererà la crisi attuale se prima non ritornerà alla Messa tridentina. Tanti sacerdoti ritroverebbero la loro identità a contatto con la Messa, che è il primo scopo della loro ordinazione.
TLM: È vero che, come pretendono certuni, un ritorno in massa alla Messa antica metterebbe in pericolo l’unità pastorale?
MF: Prima di parlare di unità pastorale,bisognerebbe parlare dell’unità in sé stessa. La Messa di San Pio V possedeva numerosi elementi che erano dei custodi certi dell’unità; con la nuova Messa tutti questi elementi sono stati messi da parte, creando la possibilità di un immenso disordine. Le aperture a favore della libertà sono tanto numerose nella nuova messa: si prendano ad esempio l’inculturazione, le innovazioni lasciate all’arbitrio delle diverse conferenze episcopali, e così via… per non parlare dell’enorme breccia aperta nell’unità attraverso l’introduzione della lingua volgare. Senza alcun dubbio la liberalizzazione della Messa di San Pio V cambierebbe qualcosa e causerebbe dei problemi alla nuova Messa, una Messa povera che verrebbe totalmente superata da quella che la precedeva. Ma, detto francamente, dov’è il vero pericolo per l’unità?

TLM: Come giudica l’attuale atteggiamento del Vaticano nei confronti della Tradizione?

MF: Per quanta riguarda gli sforzi del cardinale Castrillon Hoyos, io non dubito che Sua Eminenza si sia impegnato in maniera accorata per provare a dare tregua e a fare respirare i fedeli e i sacerdoti che desiderano conservare o ritornare alla liturgia tradizionale. Noi dobbiamo certo essergli riconoscenti per il suo impegno. Ed è molto probabile che il cardinale Castrillon Hoyos abbia ricevuto tanti brutti colpi da coloro che appartengono “all’altro schieramento”, soprattutto in Vaticano. Ma io non ho mai pensato che le difficoltà che incontra la Fraternità derivino da problemi legati alle persone.
Detto questo, noi notiamo la costante volontà di dare preminenza alle riforme derivate dal Vaticano II e alla nuova Messa, se non altro affermando e sostenendo che la celebrazione della Messa antica è solo una concessione del Santo Padre e che Roma non può obbligare i vescovi su queste questioni liturgiche, e che bisognerebbe fare la pace tra i riti liturgici.
Tutto questo fa concludere che la Tradizione resta una eccezione nella Chiesa, mentre la legge generale e universale ? che è e resterà la norma ? è costituita dalla nuova Messa e dalle riforme postconciliari. Questo mantiene la Tradizione in uno stato molto precario.
Lo stato attuale della Fraternità San Pietro è uno degli esempii migliori dei frutti della Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale Castrillon Hoyos: dopo essere stata privata del suo Superiore, l’abbé Bisig, che cercava di conservare esclusivamente la Messa antica, la Fraternità San Pietro è adesso diretta da una minoranza disponibile a quasi tutti i compromessi liturgici, e continua a perdere di credibilità ogni giorno che passa. Dal momento che al suo interno non esiste una chiara linea circa la crisi, e non v’è possibilità che se ne possa avere una, fra i suoi stessi membri vi è una potenziale divisione.

TLM: Secondo lei, il Vaticano come giudica attualmente la Fraternità San Pio X?

MF: “Disobbediente, ribelle, arrogante, di spirito ristretto, estremista”, molto probabilmente la gerarchia vaticana ritiene che questo atteggiamento che ci si attribuisce sia la causa dei nostri problemi con Roma. Sicuramente noi siamo considerati come un fattore di disturbo, nonostante che certi aspetti positivi e certi buoni frutti siano adesso riconosciuti da questa stessa autorità. In effetti è molto difficile sapere ciò che Roma pensa veramente di noi, perché Roma è divisa essa stessa. Nei nostri confronti si possono anche trovare delle dichiarazioni ufficiali contraddittorie. Questa situazione confusa è una ragione supplementare per evitare che noi ci si precipiti verso uno di quegli accordi diplomatici ambigui nei quali una delle parti, e talvolta nessuna delle parti, ha una qualche certezza sui rispettivi punti di vista.

TLM: E per il fatto che Roma considera che la Fraternità è in posizione scismatica?

MF: Malgrado certe dichiarazioni ufficiali emesse dal Vaticano, la cui formulazione potrebbe far pensare che noi siamo scismatici, io posso confermare che, nelle nostre conversazioni, il cardinale Castrillon Hoyos ha apertamente dichiarato che noi non siamo né scismatici né eretici, e che tutto il problema consiste nella regolarizzazione della nostra situazione canonica. Diversi fatti di una importanza notevole sostengono questa affermazione. In pratica Roma non ci ha mai trattati come se fossimo dei veri scismatici. Per esempio, quando un cattolico che ha lasciato la Chiesa e che ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale fuori dalla Chiesa, rientra nuovamente nel suo seno, le autorità non permettono che questo sacerdote eserciti al suo interno secondo gli ordini che ha ricevuto all’esterno. Si tratta di una pratica generale nella Chiesa cattolica. Quando invece dei sacerdoti ci lasciano e vanno a Roma, le autorità romane li ricevono e permettono loro di esercitare il ministero sacerdotale.
Per di più, quando Campos regolarizzò la sua posizione, in nessuno dei documenti ufficiali si è letta una parola a proposito di scisma, e Campos era da diversi anni in una situazione identica a quella in cui siamo noi attualmente. Inoltre, noi non siamo mai stati interpellati dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e nessuno ci ha mai proposto un dialogo ecumenico. Recentemente abbiamo avuto in visita un prelato cattolico. Egli è rimasto talmente sorpreso nell’ascoltare la nostra preghiera per il Papa nel corso di una adorazione del Santissimo Sacramento, che ci ha detto: "In effetti sembra che voi preghiate per il Papa più di quanto facciano i Romani…".

TLM: Dopo quattro anni di dialogo non siete ancora giunti ad un accordo con la Santa Sede. Noi sappiamo che la posizione della FSSPX è tale che prima di ogni “accordo” è necessario che venga “liberalizzata” la Messa tradizionale, e per essere più precisi, è necessario che ad ogni sacerdote che lo desideri venga data la libertà di celebrare la Messa di San Pio V. Ma per il momento questo non è possibile. In queste condizioni, la FSSPX chiude la porta ad ulteriori colloquii con la Santa Sede oppure pensa di portare avanti altre proposte?

MF: Innanzi tutto ritengo giusto affermare che la libertà per la Messa non è una ipotesi impossibile. Quello che sarebbe impossibile è obbligare tutti i sacerdoti della Chiesa cattolica a celebrare domani la Messa di San Pio V. Ma permettere che essa possa essere celebrata, e riconoscere semplicemente che questo rito non è mai stato abbandonato, non è una ipotesi impossibile, è piuttosto una semplice esigenza di giustizia.
Noi potremmo chiedere di più, ma non lo facciamo. Certo, noi ci aspettiamo che una tale libertà generi un crescente movimento di ritorno alla Messa di San Pio e alla Tradizione.
Più tardi chiederemmo a Roma di prendere anche posizione a favore del rito antico, contro il nuovo. Forse potremmo chiederlo fin da adesso, ma allora ci si potrebbe accusare di chiedere qualcosa di impossibile.
Se Roma ci dice di non poter soddisfare adesso la nostra richiesta così formulata, continueremo il dialogo o lo interromperemo puramente e semplicemente? Dovremo cercare altre soluzioni?
Ciò che bisogna comprendere, in questa questione, è che la situazione presente non comporta solo il problema della Messa, la posta in giuoco è molto più grande. E tutte le altre proposte che noi potremmo avanzare avrebbero sempre lo scopo di aiutare ad uscire da questa terribile crisi devastatrice. Noi non introduciamo una falsa dialettica; oggi la realtà della Chiesa è quella di una battaglia per la vita o per la morte. Un giorno dovremo dire a Roma: Dovete fare una scelta: mantenere in vita la Tradizione o morire. Ma io penso che la storia stessa imporrà un tale dilemma, e lo sta già facendo.
A me piace sottolineare che non siamo noi il problema, ma che noi possiamo essere proprio il segno che esiste un problema. Dimentichiamo per un momento la Fraternità San Pio X e supponiamo che essa non esista neanche. Mi dica se le cose vanno meglio in tutta la Chiesa.
Noi ci troviamo nel bel mezzo di una battaglia gigantesca, e la posta di questa battaglia consiste nel conservare o meno la fede cattolica, con tutte le implicazioni e le conseguenze che ne derivano. Lo scopo delle nostre discussioni e dei nostri sforzi, quindi, sarà sempre quello di cercare di trovare un mezzo per sviluppare le forze del bene e indebolire le forze del male che paralizzano la vita soprannaturale della Chiesa. Dicendo questo, non pretendiamo di prendere il posto di qualcun altro, ma, rimanendo comunque al nostro posto, non è proibito talvolta ricordare i loro doveri ai proprii superiori.
Detto questo, non credo che faremo dei progressi significativi verso una riconciliazione fino a quando non vedremo in capo alla Chiesa una volontà chiara e determinata di mettere fine a questo stato di crisi. In fin dei conti, ciò che noi chiediamo è appena la chiara espressione di questa volontà.

TLM: Nel recente documento del Vaticano sulla Santa Eucarestia, si può vedere una chiara volontà di sopprimere gli abusi liturgici?

MF: Applicare ad un malato la metà dei rimedi necessarii non guarirà mai completamente il paziente. Le mezze misure non sono sufficienti. Ancora una volta, si tratta della battaglia tra la vita e la morte. Questo documento è terribile ? e dà fastidio ai progressisti -, ma non è accompagnato dalla volontà determinata di far rispettare le misure promulgate. Il risultato è una nuova perdita di autorità della Curia romana.
Se ne infischiano! Questa è la triste realtà. Se ne infischiano, e chi sarà punito?
Gli Americani dicono che queste istruzioni valgono solo per l’Europa. In Europa, i Francesi dicono: “Qui va tutto bene”; i Belgi: “Niente di nuovo”; gli Svizzeri: “Queste leggi sono universali e a noi interessano solo le leggi particolari, quindi continueremo come in passato”.
Allora io non dico che il Vaticano fa niente, cerco solamente di guardare ai frutti reali e non li vedo.

TLM: Come risponde a coloro che dicono che voi non fate altro che criticare e non riconoscete niente di quanto si fa di buono a Roma?

MF: Molte nostre dichiarazioni possono far concludere che noi non siamo mai contenti, che non vogliamo riconoscere qualcosa di buono a Roma. Ma questo non è vero. Noi comprendiamo bene che la situazione nella quale si trova Roma è molto sensibile, molto delicata e difficile. Il pericolo di una divisione nella Chiesa è immenso e del tutto reale, e non parliamo di una divisione da parte nostra, ma da parte delle forze progressiste. In effetti, questo è più che un pericolo, è già una realtà. Quindici anni fa, il cardinale Gagnon parlava di uno scisma materiale dell’America del Nord e della volontà di Roma tesa ad evitare che si giungesse ad uno scisma formale.
Le fessure sono dappertutto, e ciò che resta dell’unità della Chiesa si appoggia sempre più su degli elementi superficiali. Ciò che dovrebbe costituire la forza dell’unità è completamente allentato. Basta guardare all’unità della fede, all’unità dell’insegnamento. Vada da una chiesa all’altra, da una diocesi all’altra, da un paese all’altro, e ascolti i sermoni, le omelie, guardi al catechismo che viene insegnato, e mi dica dov’è l’unità.
Noi ci chiediamo come possa essere risolta una tale situazione senza il sangue dei martiri. E se la Chiesa si riprenderà senza bisogno di questo, si tratterà di uno dei più grandi miracoli di tutta la sua storia.
Io sono sicuro che tra i prelati romani, molti sono coscienti di questa situazione e cercano di fare del loro meglio. Tuttavia, noi ci attendiamo che i principi che muovono all’azione e i mezzi messi in opera siano più ancorati nel soprannaturale ? ed è proprio la reintroduzione della Messa di San Pio V che implicherebbe questa dimensione soprannaturale. Sicuramente vi sono molte altre azioni necessarie.

TLM: Se lei potesse dare un consiglio alla gerarchia romana, cosa le direbbe? Quali sarebbero i punti più critici che necessitano di essere corretti per arrestare la crisi della Chiesa?

MF: Innanzi tutto, la Chiesa cattolica è essenzialmente soprannaturale e non umana ? nonostante l’umano vi occupi un posto importante ? occorre dunque che sia ristabilita questa visione soprannaturale delle cose. Questo significa applicare la fede alle situazioni concrete, contare sull’aiuto di Dio per risolvere dei problemi immensi. A questo livello soprannaturale, la consacrazione chiesta dalla Madonna a Fatima sarebbe molto importante. La cura per la santa Liturgia, soprattutto per la Messa, dev’essere posta sullo stesso piano. Il sacrificio della Messa è il cuore della nostra religione, la fonte di ogni vita soprannaturale nella Chiesa e nelle ànime. La conservazione e la trasmissione della fede cattolica sono di una importanza capitale. Questo punto è della più grande priorità nell’ordine pratico. Esso implica un serio rinnovamento della formazione dei futuri sacerdoti, e quindi dei seminari, delle università, ma anche del catechismo, della predicazione. Evidentemente, sempre da un punto di vista pratico, la scelta delle persone idonee sarà fondamentale, a tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica.

TLM: Lei è davvero convinto che in Vaticano, a dispetto della violenta ostilità dei progressisti, vi siano delle personalità che compiono degli sforzi reali per rimediare a questa grave crisi nella Chiesa?

MF: Si, lo credo sinceramente, penso veramente che vi siano delle persone che combattono e che certamente soffrono cercando di salvare qualcosa dalla rovina generale. Tuttavia, mi sembra che il timore dei progressisti sia più forte del coraggio in favore della Tradizione.
Ma per andare più a fondo, non credo che il nostro convincimento che questa crisi abbia la sua causa nel Concilio e nelle riforme postconciliari sia già condivisa in Vaticano. Ciò che per noi è una evidenza viene considerato come un’affermazione ingiuriosa e oltraggiosa. Per darle un esempio, non v’è alcun dubbio che coloro che in Vaticano trattano con noi e che vorrebbero che noi firmassimo un accordo, siano colmi di buona volontà nei nostri confronti. Ma ciò che esigono da noi è una dichiarazione secondo la quale la nuova Messa è valida, il concilio è un vero concilio della Chiesa cattolica, e via così. Queste dichiarazioni non sono false in sé stesse, ma sono terribilmente ingannevoli. È come se ci si presentasse una minestra nella quale vi è una goccia di veleno. Noi ci rifiutiamo di mangiarla. Roma insiste e ci dice: "Facciamo la pace, ma voi dovete almeno riconoscere che questa è proprio una minestra". E noi rispondiamo: "Sappiamo che è una minestra, ma quel che ci importa è che è avvelenata". Se noi riconosciamo che è una minestra, domani si potrebbe giungere alla conclusione che nonostante tutto dobbiamo mangiarla, e questo è proprio quello che non vogliamo fare.
Non vogliamo dei compromessi ingannevoli. Ci importa poco di quel che pensano di noi i progressisti. Noi vogliamo piacere a Dio ed essere fedeli alla fede del nostro battesimo. Noi vogliamo certo ubbidire alla Chiesa, ma evidentemente con una ubbidienza vera che ci condurrà in cielo e non all’inferno.

TLM: Eccellenza, dal momento che lei viaggia molto per il mondo, può beneficiare di una visione d’insieme privilegiata sulla situazione della Chiesa. Nota un movimento in direzione della Tradizione, e se sì, in quali paesi?

MF: Questi ultimi anni sono stati teatro di un movimento crescente verso la Tradizione. E noi siamo perfino sorpresi per l’importanza di questo movimento che in modo particolare riguarda giovani sacerdoti e seminaristi. Da alcuni anni, numerosi sacerdoti di molti paesi si avvicinano a noi ed esprimono il desiderio di imparare a celebrare la Messa antica, con o senza il permesso del loro Ordinario. Più recentemente, abbiamo visto molti vescovi tendere prudentemente alla Tradizione e perfino bruciare le tappe in direzione della Tradizione della Chiesa cattolica. Questo movimento di ritorno lo noto dappertutto nel mondo. Indubbiamente certi paesi dimostrano una maggiore inclinazione rispetto ad altri, ma non se ne può dedurre una regola generale. Gli Stati Uniti meritano una menzione a parte, ma l’Italia potrebbe riservare delle grandi sorprese nel prossimo avvenire, al pari dei paesi africani in cui l’aspettativa per la Tradizione è grande.

TLM: Come vede il Sinodo dei vescovi sull’Eucarestia, l’anno prossimo?

MF: Posto che si assumano gli strumenti adatti e posto che i fedeli e i sacerdoti siano nuovamente diretti verso quello che è il cuore della Chiesa e dovrebbe essere il cuore della vita di ogni cattolico, questo sinodo potrebbe essere il punto di partenza di un vero rinnovamento della Chiesa cattolica. Ma, ancora una volta, io non penso che ciò sia possibile senza un terribile e drammatico combattimento spirituale. Sono presenti delle forze mortali. Io non esito a dire che ci troviamo nel mezzo di una battaglia apocalittica. Allora preghiamo, e preghiamo molto.

TLM: Che ne pensa del film di Mel Gibson, La Passione di Cristo, e della sua capacità di toccare le ànime?

MF: Forse non abbiamo mai visto una contraddizione così tangibile nella Chiesa cattolica, specialmente tra i vescovi, come nel caso dei commenti pro o contro il film di Mel Gibson. Queste profonde opposizioni su ciò che non è altro che una questione di opinioni, rivelano lo stato dei cuori anche a riguardo di altri argomenti più importanti. Di per sé, un film è una cosa indifferente. In quanto cattolici noi dobbiamo giudicarlo guardando ai suoi frutti. Senza alcun dubbio, nello stato attuale del mondo e della Chiesa, questo film dev’essere posto tra i mezzi di apostolato più potenti. Ma, dal momento che è solo un film, i suoi effetti saranno temporanei, passeggeri. Sarà compito dei sacerdoti cogliere questa occasione per condurre le ànime ad uno stato spirituale più profondo e più stabile: catechismo, sacramenti, tutti i mezzi abituali della Chiesa per mantenere lo stato di grazia nelle ànime. Questo film è un bello strumento di conversione, una grande manifestazione della misericordia di Dio, per l’intensità della verità che richiama alla memoria di questo povero mondo: l’esistenza di Dio, del peccato, della punizione del peccato con la morte e l’inferno, del Redentore, del sacrificio redentore che ci salva, della cooperazione delle creature, e in particolare della Santa Vergine, in quest’opera di Redenzione. La violenza del film in certe scene può essere scioccante, ma un tale choc non è necessario perché queste verità penetrino nel cuore dell’uomo moderno? Io mando tutte le mie felicitazioni a Mel Gibson per il suo capolavoro e per il suo coraggio.

TLM: Qual è la situazione dei vostri seminarii, soprattutto per ciò che concerne le ordinazioni sacerdotali?

MF: Questa questione potrebbe essere l’oggetto di un’intera intervista o di una conferenza. Tra i nostri sei seminarii, l’Australia dovrebbe fornirci i primi sacerdoti l’anno prossimo (3), il che è un segno felice per i paesi di missione che serve la Fraternità (4). Quest’anno e il seguente il numero dei nuovi sacerdoti sarà piuttosto basso, avremo poco meno di venti nuovi sacerdoti. Ma si tratta di una situazione temporanea e il numero dei nuovi seminaristi è molto stabile; ogni anno vi sono in media da 50 a 60 nuove vocazioni. Sicuramente ne avremmo bisogno molte di più, e siamo appena in grado di rispondere ai bisogni di tutti i fedeli che richiedono il nostro aiuto nel mondo. Se già oggi avessimo centocinquanta sacerdoti in più potremmo immediatamente fornire loro un ministero e un tetto.

(1) ? Nel corso di una comunicazione orale, il 12 febbraio 2001 (Nota di DICI)
(2) ? Ai lettori di The Latin Mass, primavera 2003 (Nota di DICI)
(3) ? Si tratta dei primi preti formati interamente in Australia (Nota di DICI)
(4) ? Per il fatto che in Australia si formano molti seminaristi provenienti dai paesi di missione (Nota di DICI)

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