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Discussione: Di male in peggio.....

  1. #1
    Straborghese
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    Angry Di male in peggio.....

    Scusate,brutte notizie,bruttissime........Vi riporto il pezzo dal Corriere della Sera.


    MOSCA - Vladimir Putin ha mantenuto la promessa. Il governo russo ha approvato l'adesione al Protocollo di Kyoto, l'accordo internazionale che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra, e lo ha trasmesso alla Duma, la camera bassa del Parlamento, per la ratifica, quasi una formalità visto che la maggioranza dei parlamentari seduti alla Duma fanno parte di Russia Unita, il partito del presidente Putin. Si concretizza così un via libera atteso e auspicato da molti: l’adesione di Mosca è fondamentale perché permette di raggiungere la soglia dei 55 Paesi necessaria per rappresentare il 55% delle emissioni, superata la quale il trattato entra automaticamente in vigore. Una soglia che può essere raggiunta solo con la firma della Russia, visto che gli Stati Uniti, la Cina e altri Paesi industrializzati si sono rifiutati di aderire.
    D'altronde Putin aveva annunciato l’adesione di Mosca al Trattato lo scorso mese di maggio, dopo la firma da parte dell’Ue dell’accordo che sostiene l’ingresso di Mosca nell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. «L’Unione Europea ci è venuta incontro nei colloqui sul Wto e questo non può che influenzare positivamente la nostra posizione nei confronti dei protocolli di Kyoto» aveva spiegato Putin in conferenza stampa, annunciando che il progresso verso la ratifica avrebbe subito «un’accelerazione».

    MALUMORI NEL CREMLINO - Non sono mancati tuttavia dissapori tra i membri di gabinetto: poco prima che venisse approvato il Trattato di Kyoto, il consigliere per l’economia di Putin, Andrei Illarionov, ha dichiarato che il Cremlino è stato obbligato ad approvare il protocollo per motivi politici. «E’ una decisione politica, è una decisione obbligata - ha detto Illarionov - non è una decisione che prendiamo con piacere».

    Che tristezza........

  2. #2
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    Era inevitabile

  3. #3
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    Le basi scientifiche del trattato sul clima sono inesistenti

    di Franco Battaglia


    Alla fine, il governo russo ha dato la propria benedizione al protocollo di Kyoto. Prendiamo atto della scelta, ma speriamo che l’opinione pubblica russa sia correttamente informata che quella scelta è stata fondata su ragioni di convenienza politica (o, peggio, affaristica di pochi gruppi di potere) e non ha alcuna base scientifica. Anzi, a dire il vero, la scelta è stata fatta in opposizione ai consigli della comunità scientifica e anche di quella economica: «è stato ampiamente provato che il protocollo di Kyoto non ha alcuna base scientifica», ha dichiarato Yuri Izrael, che è Direttore dell’Istituto per il Clima e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze russa; «è un atto politico destinato a danneggiare gli interessi nazionali della Russia», ha aggiunto Andrei Illarionov, che è il consigliere economico del presidente Putin.



    Scelta politica, quindi. Io direi ricattatoria: lo scorso maggio Putin è stato messo alle strette dall’Unione europea, che gli ha imposto di essere benevolo nei confronti di quel protocollo in cambio della benevolenza dell’Ue in ordine all’ammissione della Russia nella Wto.



    Le ragioni scientifiche dell’insensatezza di quel protocollo si possono calcolare sul retro di una scatola di fiammiferi (i dettagli li lasciamo a quella pletora di burocrati che periodicamente si riuniscono nei posti più improbabili del mondo per discutere, appunto, di dettagli). Premesso che l’atmosfera contiene, già di suo, 3 milioni di megatonnellate di CO2, l’intervento dell’uomo consiste nell’immissione annua di 6 mila megatonnellate in più, di cui la metà proviene dai paesi industrializzati la metà da quelli in via di sviluppo; il protocollo di Kyoto prevede che i paesi industrializzati riducano le proprie emissioni del 5%, il che significa immetterne 5850 anziché 6000 di megatonnellate. L’informazione va completata osservando che il principale gas-serra non è la CO2 ma l’acqua, fatto che rende ancora più risibile l’intervento sulla CO2 previsto dal protocollo di Kyoto ai fini della riduzione del riscaldamento globale. Qualunque sia l’entità di tale riscaldamento nel 2100, con quel protocollo essa verrà raggiunta nel 2101.



    Ma c’è questo riscaldamento? Beh, che ancora i ghiacci si sciolgano può essere vero: dopotutto, il pianeta esce da un’era glaciale i cui effetti continuano a oggi. Ma il riscaldamento negli ultimi 150 anni? Le misure dalle stazioni sulla Terra dicono di sì: mezzo grado di aumento dalla metà del XIX secolo. Ma le misure satellitari degli ultimi decenni dicono di no. E, comunque - concordano tutte le misure - nel periodo 1945-1975, la temperatura media globale è diminuita. Le previsioni sul futuro sono state avanzate esclusivamente da modelli al calcolatore che hanno valore scientifico nullo, e che hanno incluso scenari fantasiosi per lo sviluppo dell’umanità.



    La scienza seria dice quanto segue: ammesso (e non concesso) che l’uomo dia un contributo ad un qualche riscaldamento globale, esso non c’è da attenderselo, da qui a 100 anni, superiore a 2-3 gradi. E aggiunge: un riscaldamento di tale entità non può che apportare benefici all’umanità. Fatto, questo, che se certamente non giustifica di adottare azioni per raggiungere una ottimale maggiore temperatura, a maggior ragione neanche giustifica l’adozione di misure per evitare di raggiungerla.



    Per conoscere la posizione definitiva del Parlamento russo bisognerà attendere, immagino, alcuni mesi. Staremo a vedere se il Parlamento ascolterà la voce della scienza e delibererà per il bene del Paese, o se prevarranno la ragione politica, il ricatto da parte dell’Europa e l’interesse di pochi gruppi di potere.

  4. #4
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    L'evidenza scientifica non è dalla parte di Kyoto

    di Fabio Malaspina


    Putin ha cambiato idea ed ora è favorevole a Kyoto.

    Dal Dicembre 2003, in cui la Russia aveva dichiarato di restare fuori dal protocollo, ad oggi non sembra che ci siano state nuove evidenze scientifiche tali da giustificare il ripensamento. Molto probabilmente la firma piuttosto che a raffreddare il clima globale, forse sarà utile a raffreddare il clima delle discussioni sull’ingresso della Russia nel WTO e forse sul comportamento russo in Cecenia. Forse non assisteremo più, come successo poco diplomaticamente ancor prima di seppellire i morti di Beslan, alle domande dell’Europa sul comportamento della Russia nel Caucaso.

    Torniamo al protocollo, in questi anni la discussione è stata sempre incentrata sugli scenari e cataclismi futuri che avrebbe determinato la non ratifica del protocollo di Kyoto: proviamo a spiegare in parole semplici in cosa consiste.

    Nel decennio scorso a Kyoto 150 Nazioni parteciparono alla stesura di un protocollo in cui si imponeva solo ai Paesi maggiormente sviluppati ed ai Paesi in via di transizione (praticamente USA, Canada, Europa, Russia, Giappone e Australia) di ridurre entro il 2008-2012 le loro emissioni di gas serra del 5% rispetto al 1990.

    L’accordo inoltre prevede che chi emetta meno della quantità di anidride carbonica prevista, potrà vendere la quota rimasta disponibile ad altri paesi (trading) oppure è possibile tenere nel conteggio le nuove foreste o nuovi sistemi capaci di eliminare l’anidride dall’atmosfera (sink).

    Facciamo un esempio utilizzando la presunta nocività del fumo passivo (scusandoci per la grossolanità perché ridurre l'uno riguarda il vizio, per l'altro in molti casi significa cambiare il livello di vita):

    in una stanza ci sono 600 persone di cui 500 fumano (gli altri purtroppo hanno da risolvere principalmente il problema della sopravvivenza), si decide che la stanza è troppo piccola per consentire di mantenere l’aria pulita. Si analizza come era la situazione nel 1990: 30 persone (i trecento milioni di statunitensi) fumano 36 sigarette, altre 70 persone ne fumano 24 (i 700 milioni di europei) e le altre 400 che ne fumano tutti insieme circa 45.

    Lo stato dell’aria per molti già è causa effetti nocivi, allora si decide una riduzione del 5% delle sigarette fumate nella stanza nel 1990, senza preoccuparsi di considerare che la situazione evolve nel tempo:

    *i 400 e che al momento della firma fumano già circa la metà delle sigarette totalmente fumate, visto che finora non hanno fumato come gli altri hanno diritto di fumare quanto gli pare (pure quei trecento (India e Cina) che stanno sempre più spesso con la sigaretta accesa). Possono anche fumare senza filtro perché sono giustificati dal fatto che finora non lo hanno fatto (tutti questi paesi aderiscono al Protocollo ma non accettano obblighi);

    *i trenta statunitensi debbono ridurre da 36 a 34 sigarette, sono il gruppo che in valore assoluto è il più colpito, ma del resto i loro genitori e nonni già fumavano e se proprio in difficoltà gli si da la possibilità di acquistare delle sigarette dagli altri;

    *i 70 europei debbono ridurre da 25 a 24. I paesi dell’Est, tra cui la Russia, hanno già ridotto rispetto al 1990 per altri motivi, ma costatato che hanno diminuito troppo potranno vendere le sigarette non consumate. Per gli altri è fortunato chi ha già un alternativa pronta (ad esempio il nucleare[1] di cui recentemente molti famosi ambientalisti, ribaltando la loro posizione, sono diventati i migliori propagandisti).

    Se non siamo ambientalisti (con tendenze comuniste) che si accontentano solo che all’interno della stanza ci siano maggiori condizioni di apparente uguaglianza, le decisioni prese possono far sorgere una serie di domande:

    *Se quello che muove è uno spirito di custode del pianeta e la convinzione che il fumo passivo fa male, siamo altrettanto sicuri che la situazione per l’aria e le condizioni di vivibilità nella stanza sono migliorate?

    *Possibile che nell’era della complessità e globalizzazione dove tutto si evolve rapidamente, si stipula un accordo pensando al passato; una visione ristretta al mondo del confronto est-ovest e non alle prospettive globali che includano almeno l’Asia?

    *L’accordo non apre la possibilità di poter vendere ai paesi meno sviluppati tecnologia inquinante e non più utilizzabile nel mondo sviluppato (le sigarette senza filtro)?

    *Non ha il protocollo una visione statica, mentre quello che può accadere è una delocalizzazione delle produzioni che "inquinano" maggiormente nei Paesi senza vincoli e una spinta al nucleare (l’unica credibile alternativa ai combustibili fossili, le altre si dicono "alternative" ma al massimo sono "energie aggiuntive")?

    *Perché si prende come riferimento la situazione relativa all’anno 1990 come se fosse quella ideale. Gli esperti del clima in grado di fare previsioni a cento anni con la precisione del decimo di grado non possono dirci qual è la quantità di anidride carbonica che il sistema Terra può assorbire senza traumi ed alla quale bisognerebbe tutti tendere con una politica a lungo termine (a questo discorso invece si preferisce sempre valutare la situazione come scostamento arbitrariamente fissato da un momento del passato arbitrariamente fissato)?

    *Se è necessario permettere a tutti di fumare non rovinando l’aria, non sarebbe stato meglio spendere i soldi dei già tanti Paesi disponibili, anziché per il controllo di ciò che ogni Paese deciderà di fare (pagare la multa, iniziare o incrementare la produzione di energia nucleare, delocalizzare le produzioni più “inquinanti”, acquistare crediti, etc), per trovare una soluzione tutti insieme: una seria ricerca in cui realisticamente si sviluppi e produca della tecnologia per un uso razionale, efficiente ed equilibrato dell’energia (ad esempio trasformando le auto da stufe con le ruote a qualcosa con rendimenti migliori)?

    Non serve rispondere alle domande.

    Ormai gli ambientalisti sono felici per essere stati capaci d’imporre la propria volontà e perché, forse, diverranno a pagamento i controllori degli “inquinatori”; l’Autorità europea non propone una soluzione sostenibile che agevoli i cittadini ma scarica su di loro il problema imponendo ferree limitazioni a cui i cittadini dovranno sottostare avendo la sola libertà di trovare ognuno la propria soluzione ed i modi di pagamento; per l’ambiente se l’anidride carbonica è dannosa, come affermano gli ambientalisti ma fortunatamente siamo scettici, la situazione sarà sempre peggiore come per l’aria della stanza dei fumatori.

  5. #5
    Straborghese
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    I costi (inconfessati) di Kyoto Il protocollo fa il solletico all'ambiente e tartassa i contribuenti

    di Carlo Stagnaro


    Con l’adesione della Russia e il decollo dell’emission trading europeo (il sistema di scambio delle “quote di emissione” di gas serra), il protocollo di Kyoto entra nel vivo. Il trattato siglato nella città giapponese prevede di ridurre le emissioni dei gas sospettati di contribuire al riscaldamento del pianeta. L’Italia dovrebbe scendere del 6,5% al di sotto dei livelli del 1990.



    Tuttavia, le emissioni di anidride carbonica (il più noto gas serra) sono aumentate del 6% nel corso degli anni ’90, e si prevede che cresceranno di un altro 10% entro il 2010. Questo significa che la riduzione effettiva da affrontare sarà di quasi il 20%: dai 521 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti del ‘90, il Paese è salito a 547 nel 2000, e nel 2010 – se non la musica non cambierà – si spingerà a 580, contro il limite di 487 imposto da Kyoto.



    Per far quadrare i conti, l’Italia ha disegnato un piano d’azione che segue due binari: una serie di misure tese a ridurre le emissioni (tra cui l’erogazione d’incentivi alle fonti rinnovabili e l’uso della leva fiscale), e soprattutto l’acquisto di crediti di emissione. Uno studio dell’International Council for Capital Formation ha stimato che i provvedimenti appartenenti alla prima categoria potrebbero conseguire poco più del 40% delle riduzioni richieste; per il restante 60% dovrebbe subentrare l’acquisto di crediti. E’, naturalmente, difficile stimare l’effetto economico di tale strategia. Per l’ICCF, l’impatto sul PIL potrebbe essere significativo: nel 2010, una diminuzione rispetto al tendenziale dello 0,5%, che corrisponderebbe alla distruzione di circa 50 mila posti di lavoro all’anno.



    Spingendo lo sguardo più in là nel futuro, al 2020 e al 2025, le cose andrebbero ancor peggio. Senza un giro di vite, le emissioni continuerebbero a crescere. Quindi, occorrerebbe l’acquisto d’altri crediti, che spingerebbe il Pil al ribasso, rispettivamente, dell’1,9 e del 2,9%, con una perdita complessiva di 190 mila posti di lavoro all’anno nel 2020 e di 280 mila nel 2025.



    Questo diluvio di numeri può apparire arido e noioso. Eppure, è con le cifre che si mette alla prova la bontà d’una linea politica. Kyoto ha un costo tangibile, che però non viene mai considerato. E’ facile sventolare sondaggi che evidenziano il supporto popolare al taglio delle emissioni. Ma quante, tra le persone che sostengono il protocollo, sono consapevoli che esso implica un aumento del costo dell’energia, dei carburanti, dell’elettricità, e di tutti i beni il cui processo produttivo richiede elevati consumi energetici? E quanti sanno che il clima neppure s’accorgerebbe di Kyoto?



    Se i fautori del trattato fossero in buona fede non si sottrarrebbero al dibattito su questi temi. Invece, oltre gli slogan non vanno: tanto, pagheranno i soliti.

  6. #6
    Straborghese
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    Thumbs down E ti pareva!

    Dedicato a tutti coloro che amano la scienza spazzatura......


    SAN ROSSORE (Pisa) - «Per salvare il clima del nostro pianeta dall’intossicazione dei gas serra prodotti dall’uomo sarebbe necessario ridurre le emissioni almeno dieci volte di più di quanto stabilito dal Protocollo di Kyoto. Può sembrare tanto, ma secondo me è un obiettivo raggiungibile con gradualità. L’importante è cominciare subito. Se lo spirito di Kyoto fallisce e tutto continua business as usual , così come è sempre andato, la Terra non si salva». Robert Watson, il più autorevole esperto in cambiamenti del clima, per tanti anni a capo del gruppo degli scienziati climatici delle Nazioni Unite (Ipcc), ora direttore della «Rete per lo sviluppo sostenibile» della World Bank, lancia un nuovo appello nel giorno di apertura del meeting internazionale di San Rossore.

    Kyoto stabilisce una riduzione del 5,2 per cento e non parte. Lei rilancia al 50-60 per cento. Come ci si può arrivare?
    «A poco a poco, nell’arco di tutto questo secolo. Facendo iniziare prima i Paesi industrializzati e poi includendo quelli in via di impetuoso sviluppo, come Cina e India, i cui consumi energetici e le cui emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra sono in rapida ascesa».
    In pratica, quale ricetta energetica si dovrebbe adottare?
    «La più ragionevole. Eliminazione degli sprechi, maggiore efficienza degli impianti, sostituzione graduale dell’energia prodotta dagli idrocarburi (che bruciando emettono anidride carbonica) con le energie rinnovabili prive di emissioni. Non c’è altra soluzione. Altrimenti l’effetto serra raggiungerà valori insopportabili per gli ecosistemi e per l’uomo. Anche se il protocollo di Kyoto non è sufficiente, la strada che indica è l’unica. Ma è necessario cominciare subito per dare il segnale giusto al mondo produttivo».
    Così facendo le anomalie climatiche scompariranno?
    «C’è un’inevitabile inerzia del sistema. L’effetto serra continuerà ad avanzare. Poi, mano a mano che i gas serra in atmosfera si stabilizzeranno, cioè cesseranno di crescere, tutto il sistema climatico potrà tornare alla normalità».
    Chi ci assicura che le anomalie sono attribuibili all’uomo?
    «Nell’ultimo secolo la temperatura alla superficie della terra e dei mari è aumentata tra 0,6 e 1 grado. Il livello medio dei mari è cresciuto tra 10 e 25 centimetri. Si sono ridotti i ghiacciai e alterati gli andamenti delle precipitazioni. Nello stesso tempo sono aumentati i consumi degli idrocarburi e le concentrazioni in atmosfera dei gas che trattengono la radiazione termica del sole. L’uomo è diventato una forza della natura in grado di alterare il clima».
    E il contributo al cambiamento climatico dei fattori naturali, uomo escluso, qual è?
    «I più aggiornati e raffinati modelli matematici a nostra disposizione, che si basano su studi di scienziati di una decina di Paesi diversi, ci indicano che le anomalie climatiche osservate sono prevalentemente dovute alle attività dell’uomo e possono dipendere solo in minima parte da altri fattori naturali, come l’attività del sole e i vulcani. La mia opinione è che l’uomo è responsabile al 70 per cento di quello che vediamo. D’altra parte, le ricostruzioni storiche ci confermano che le temperature del pianeta, negli ultimi mille anni, hanno subito solo piccole oscillazioni e che invece le variazioni più significative stanno avvenendo in un arco temporale molto piccolo, dopo la rivoluzione industriale».
    Gli scienziati scettici affermano che l’incertezza sul funzionamento del sistema climatico è troppo grande per trarre conclusioni. Lei che ne pensa?
    «Penso che, purtroppo, molti degli scienziati scettici sono pagati dalle multinazionali del petrolio».
    e amano la scienza spazzatura..........

  7. #7
    Straborghese
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    Basta,non se ne può più di questi "scienziati"!

  8. #8
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    Originally posted by Brave New Freedom
    Basta,non se ne può più di questi "scienziati"!
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    Saluti antiscientisti
    Anarcho-capitalist

  9. #9
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    Su una cosa però lo stregone ha ragione: Kioto non ha nessun effetto concreto, a fronte del grande impegno economico per realizzarlo.
    Magari se lo avessero detto subito qualcuno ci avrebbe pensato un po' di più. O magari no.

  10. #10
    Straborghese
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    Thumbs up L'effetto serra?C'era anche 1100 anni fa

    Dal quotidiano Libero:

    Il surriscaldamento globale?Potrebbe essere solo in parte causato dall'uomo,poichè un incremento medio delle temperature come quello attuale si è verificato anche mille anni fa,quando la razza umana non era ancora giunta a interferire con il clima.Lo dice un team di scienziati del Lamont-Doherty Earth Observatory di Palisades,New York,dopo aver osservato gli anelli degli alberi.Gli esperti ritengono che negli ultimi cinque anni la temperatura media negli Stati Uniti abbia subito un'impennata generale del tutto simile a quella che coinvolse le regioni statunitensi intorno al 900 d.C.L'ondata di caldo del passato si protrasse fino al 1300 e la prova di ciò deriva dall'ampiezza degli anelli degli alberi che denota stagioni ricche di piogge e temperature miti.L'arco temporale individuato dagli studiosi coincide con il Medioevo caldo,il periodo in cui i vichinghi si muovevano tranquillamente lungo le verdi coste meridionali della Groenlandia[.....]Gli studi dimostrano che i reperti dendrocronologici relativi alla siccità verificatesi tra il 1998 e il 2002 e legate all'innalzamento delle temperature degli oceani tropicali,coincidono perfettamente con le prime fasi siccitose del Medioevo caldo.In particolare,gli esperti parlano di una straordinaria analogia.Tale considerazione lascia quindi presagire che potremmo davvero trovarci all'inizio di una nuova fase climatica calda,in cui l'effetto serra non è altro che una delle concause all'origine del problema.

 

 
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