di Alberto Mingardi,da Libero
Vendere il Colosseo? Giancarlo Pagliarini l'ha proposto nel corso di un intervento pirotecnico in Commissione Bilancio, una provocazione solo in apparenza gratuita.
Non sappiamo quanto serio fosse l'ex ministro del Bilancio, se si sia lasciato andare inseguendo il gusto della battuta, se abbia voluto lanciare un piccolo segnale. Certo è che la cosa non è stata digerita particolarmente bene dal sindaco di Roma Walter Veltroni, pronto all'arrocco a difesa del Circo Massimo.
L'idea di privatizzarlo, tuttavia, è più seria di quanto possa sembrare. Anzitutto, bisogna sgombrare il campo da un pregiudizio particolarmente pernicioso. Non è necessariamente nell'interesse di noi tutti che un grande monumento come il Colosseo sia di proprietà dello Stato. Si gioca a confondere due diversi livelli: da una parte, la necessità di garantire l'accesso ad un'opera che è straordinaria testimonianza del genio dell'umanità. Dall'altra, il fatto che essa sia proprietà non di un singolo individuo, non di un'impresa, non di una fondazione non profit, ma dello Stato stesso. Che la sua tutela, cioè, venga finanziata col denaro dei contribuenti.
L'esperienza di musei e parchi naturali privati non è certo una novità assoluta. Negli Stati Uniti, anche quell'ambito è almeno in parte lasciato alla creatività imprenditoriale. Il risultato non è disprezzabile: anzi, spesso strappa le esposizioni a quel grigiore burocratico che spezza il ritmo e il senso dell'arte. Gli americani moltiplicano i musei con grande facilità, trasformando in occasione di commercio la più piccola gloria locale. Si costruiscono una memoria valorizzando i campi di battaglia, e rivisitando le professioni perdute. A Washington c'è uno dei musei più intelligenti del mondo, eretto a testimonianza dell'orrore dell'Olocausto. Il visitatore resta incantato dall'attenzione al dettaglio, dall'impatto cinematografico di ogni angolo.
I nostri musei sono colmi di tesori, molti lasciati ammuffire nei sotterranei, altri esposti senza passione. Non sempre il nostro straordinario patrimonio artistico è valorizzato come dovrebbe essere: e come è possibile sostenere che lo Stato rappresenti, in questo frangente, una garanzia?
Incuria ed inefficienza non sono una novità, per quel che riguarda i molti beni che lo Stato conserva per sé (lasciamo perdere, in questa sede, la distinzione fra demanio, patrimonio indisponibile, eccetera). E l'altalena dei conti pubblici certo non fa bene ad opere che hanno bisogno di una tutela costante ed attenta. Viceversa, uno degli argomenti più antichi e affilati a favore della proprietà privata è che essa assicura una migliore gestione delle risorse. La “cosa pubblica” è roba di tutti e di nessuno, l'atteggiamento razionale da parte degli individui è quello di succhiarne più benefici possibili senza sostenerne i costi. I proprietari privati non tollerano comportamenti del genere: se il mio giardino è, appunto, “mio”, non mi farà piacere che si calpestino le aiuole o che si gettino cartacce.
Lo stesso ragionamento, su più alta scala, si può applicare alle opere d'arte. Immaginiamo che proprio il Colosseo venga venduto a un privato. Quale è la cosa peggiore che potrebbe accadere? Certo un proprietario privato non lo smantellerebbe, mattone dopo mattone, per rimontarselo nel parco di casa. Più probabilmente, a farsene carico sarebbe una fondazione: imprese e ricchi benefattori vi investirebbero se non altro per il ritorno in reputazione. E se qualcuno invece volesse schiettamente trarne profitti, organizzerebbe manifestazioni e farebbe pagare un biglietto d'ingresso.
Questo non significa che saremmo costretti a pagare qualcosa di cui oggi godiamo gratis. Al contrario. La tutela del patrimonio artistico è oggi finanziata dalle tasse, e quindi da noi tutti. Inclusi quelli che non sono mai andati a visitare il Colosseo. E pagano comunque. In un sistema privato, le istituzioni culturali sarebbero finanziate da quanti consumano i servizi che esse offrono. Qualcuno potrebbe dire che proprio per questo non avrebbero tutti i quattrini di cui hanno bisogno. Chi lo pensa però assume implicitamente che i cittadini italiani non hanno la cultura o la sensibilità per sostenere tali istituzioni. Ma se ai cittadini dell'arte non interessa nulla, con che coraggio lo Stato pretende di utilizzarne i soldi per finanziarla?
L'arte in mano ai privati non dev'essere un tabù. L'opera leonardesca forse più vista al mondo è il codice Hammer, ch'è di Bill Gates. Un privato.