JUAN DONOSO CORTÉS
SAGGIO SUL CATTOLICESIMO, IL LIBERALISMO E IL SOCIALISMO
LIBRO PRIMO
IL CATTOLICESIMO
CAPITOLO SECONDO
La società sotto l'imperio della teologia cattolica.
Questa nuova teologia si chiama cattolicesimo. Il cattolicesimo è un sistema completo di civiltà, giacché, nella sua immensità, tutto comprende: la scienza di Dio, la scienza degli angeli, la scienza dell'universo, la scienza dell'uomo. L'incredulo è colpito dalla «inconcepibile stravaganza» di questo sistema, il credente dalla sua «straordinaria grandezza». Se qualcuno guarda al cattolicesimo con distaccato sorriso, la sua stupida indifferenza riesce a meravigliare più della «inconcepibile stravaganza» o della «straordinaria grandezza» ravvisate dagli altri, e a dettare solo parole di disprezzo.
L'umanità intera ha frequentato per diciannove secoli le scuole dei suoi teologi e dei suoi dottori; e dopo aver tanto imparato, dopo aver così a lungo frequentato, ancora non è arrivata a sondare completamente l'abisso della sua scienza. Da questa scienza l'umanità apprende come e quando hanno avuto inizio le cose e i tempi, come e quando avranno fine; questa scienza le scopre segreti mirabili che rimasero sempre nascosti alle speculazioni dei filosofi pagani e all'intelligenza dei saggi antichi; questa scienza le rivela le cause finali di tutte le cose, l'ordinato movimento dei fatti umani, la natura dei corpi e l'essenza degli spiriti, le strade degli uomini, dal punto di partenza a quello di arrivo, il mistero del suo peregrinare e la rotta del suo viaggio, l'enigma delle sue lacrime, il segreto della vita e l'arcano della morte. I bambini che si nutrono oggi al suo fecondissimo seno sanno più di quanto seppero Aristotele e Platone, luminari d'Atene. Eppure i dottori che impartiscono tali dottrine e che giungono a tali altezze sono pieni d'umiltà. Solo al mondo cattolico è stato concesso di rappresentare in terra uno spettacolo riservato dapprima agli angeli del cielo: lo spettacolo della scienza che si abbassa davanti all'obbedienza a Dio.
Questa teologia è detta cattolica perché è universale; ed è tale in tutti i sensi e da ogni punto di vista: è universale perché abbraccia ogni verità, è universale perché abbraccia tutto ciò che è contenuto in tutte le verità; universale perché per sua natura è destinata a estendersi a tutti i luoghi e a prolungarsi a tutti i tempi; è universale nel suo Dio e nei suoi dogmi.
Dio era unità nell'India, dualismo nella Persia, varietà in Grecia, moltitudine a Roma. Il Dio vivo è uno nella sua sostanza, come quello indiano; molteplice nella sua persona, come quello persiano; diverso negli attributi come gli dèi greci; infine, per la varietà degli spiriti che lo servono (dèi) è moltitudine alla maniera degli dèi romani. È causa universale, sostanza infinita e impalpabile, eterna quiete e autore di ogni movimento; è intelligenza suprema, volontà sovrana; è contenente non contenuto. È colui che creò tutto dal nulla e che conserva nell'essere ogni cosa; governa le cose angeliche, quelle umane e quelle infere. È in estrema misura misericordioso, giusto, amorevole, forte, potente, semplice, segreto, splendido, sapiente. L'Oriente conosce la sua voce, l'Occidente gli obbedisce, il Mezzogiorno gli si inchina, il Settentrione lo venera. La sua parola riempie il creato, gli astri vegliano il suo volto, i serafini riflettono la sua luce nelle loro ali sfolgoranti, il cielo è il suo trono e la sfera della terra giace nella sua mano.
Quando venne la pienezza dei tempi, il Dio cattolico mostrò il suo volto e bastò questo perché tutti gli idoli fabbricati dagli uomini crollassero nella polvere. Né poteva essere diversamente se si pensa che le teologie umane altro non erano che frammenti mutili della teologia cattolica e che gli dèi delle nazioni altro non erano che la deificazione di alcune delle proprietà essenziali del vero Dio, quello della Bibbia (4).
Il cattolicesimo si impadronì dell'uomo intero, carne, sensi e anima. I teologi dogmatici gli dissero che cosa doveva credere, i teologi morali che cosa doveva fare, i mistici - che stavano al di sopra di tutti gli altri - gli insegnarono a elevarsi mediante le ali della preghiera, vera scala di Giacobbe fabbricata con pietre fulgenti per la quale Dio scende in terra e gli uomini salgono fino al cielo, fino a confondersi cielo e terra, Dio e uomo, in uno stesso incendio di infinito amore.
Attraverso il cattolicesimo l'ordine entrò nell'uomo, e attraverso l'uomo nelle società umane. Il mondo morale trovò nel giorno della redenzione le leggi che aveva perduto nel giorno della prevaricazione e del peccato. Il dogma cattolico fu il criterio di tutte le scienze, la morale cattolica il criterio delle azioni e la carità il criterio degli affetti. La coscienza umana, affrancata dalla sua condizione caotica, vide chiaro nelle tenebre interiori come in quelle esteriori e conobbe la beatitudine della pace ritrovata, alla luce di quei tre divini criteri.
L'ordine si trasferì dal mondo strettamente religioso a quello morale, e da questo al mondo politico. Il Dio cattolico, creatore e reggitore di tutte le cose, le sottomise al governo della sua provvidenza, e le diresse attraverso i suoi rappresentanti. San Paolo dice: «Non est potestas nisi a Deo». (Rm 13, 1) E Salomone avverte: «Per me reges regnant, et conditores legum justa decernunt».(Prv 8, 15) L'autorità dei rappresentanti di Dio fu sacra anzitutto per ciò che ebbe di estraneo alla natura umana, cioè per la sua origine divina. L'idea di autorità è di origine cattolica.(4) Gli antichi reggitori di popoli avevano posto la propria sovranità su fondamenta umane, governarono per se stessi e per mezzo della forza. I governanti cattolici invece, ritenendosi essi stessi un niente, non furono in realtà che ministri di Dio e servitori dei popoli. Quando l'uomo divenne figlio di Dio, in quello stesso momento cessò di essere schiavo dell'uomo. Nulla può concepirsi di più venerabile, solenne e augusto delle parole che la Chiesa ricordava ai prìncipi cristiani nel momento della loro consacrazione: «Prendete questo scettro come emblema del vostro sacro potere, perché vi serva a proteggere i deboli, sostenere chi vacilla, correggere i viziosi e condurre i buoni per il sentiero della salvezza. Questo scettro vi serva come regola dell'equità di Dio che governa i buoni e castiga i cattivi: imparate da questo ad amare la giustizia e ad aborrire l'iniquità». Queste parole erano perfettamente concordi con l'idea di autorità legittima, rivelata al mondo da nostro Signor Gesù Cristo: «Scitis quia hi, qui videntur principari gentibus, dominantur eis, et principes eorum potestatem habent ipsorum. Non ita est autem in vobis) sed quicumque voluerit fieri major, erit vester minister; et quicumque voluerit in vobis primus esse, erit omnium servus. Nam et Filius hominis non venit, ut ministraretur ei, sed ut ministraret et daret animam suam redemptionem pro multis». (Mc 10, 42-45)
Tutti trassero profitto da questo giovevole cambiamento, i popoli e i loro governanti. Questi perché, non avendo prima dominato che sui corpi con il diritto della forza, poterono governare i corpi e le anime con la forza del diritto; quelli perché dalla soggezione all'uomo passarono a quella che li faceva sudditi di Dio, e perché da una obbedienza forzata passarono a una obbedienza accettata. Ma se tutti guadagnarono non fu uguale la misura del profitto: i prìncipi, per il fatto di governare in nome di Dio, rappresentavano l'umanità nella sua impotenza a costituire da sé una autorità legittima e insieme puramente umana; i popoli invece, per il fatto di non obbedire ai prìncipi se non come a vicari di Dio, divenivano i rappresentanti della più alta e gloriosa delle prerogative umane, quella di non accettare altro giogo all'infuori dell'autorità divina. Queste considerazioni aiutano a capire da una parte la singolare modestia di quei prìncipi cristiani che gli uomini chiamano «grandi» e la Chiesa chiama «santi»; e dall'altra, la rara nobiltà e l'alterigia che è subito evidente nel portamento dei popoli cattolici. Una voce di pace e di conforto si era levata nel mondo ed aveva profondamente echeggiato nella coscienza umana; codesta voce aveva insegnato alle genti che i deboli e i bisognosi esistono per essere protetti, proprio perché deboli e bisognosi, mentre i grandi e i potenti esistono per proteggere, proprio perché grandi e potenti. Il cattolicesimo, divinizzando l'autorità, santificò l'obbedienza; e santificando l'una e divinizzando l'altra, condannò l'orgoglio nelle sue forme peggiori: lo spirito della tirannide e quello della ribellione. Due cose sono assolutamente impossibili in una società veramente cattolica: il dispotismo e le rivoluzioni. Rousseau, che ebbe talvolta repentine illuminazioni, disse in proposito parole degne di essere ricordate: «I governi moderni, certamente, sono debitori al cristianesimo, da un lato, della compattezza della loro autorità e, dall'altro, del fatto che sono più lunghi gli intervalli tra le rivoluzioni. Né il suo influsso si ferma qui; perché operando sugli stessi governi li ha resi più umani: per convincersene basta paragonarli a quelli dell'antichità». (5) Montesquieu diceva da parte sua: «Non c'è dubbio che il cristianesimo abbia creato tra noi il diritto politico che riconosciamo in pace, e quello delle genti che rispettiamo in guerra, i cui benefici non saranno mai sufficientemente apprezzati dal genere umano».(6)
Lo stesso Dio che è autore e reggitore della società politica è pure autore e reggitore della società familiare. Nella regione più lontana, più alta, più serena e luminosa dei cieli c'è un tabernacolo inaccessibile agli stessi cori angelici: vi si opera perpetuamente il miracolo dei miracoli e il mistero dei misteri. Lì ha sede il Dio cattolico, uno e trino: uno nell'essenza, trino nelle Persone. Il Padre genera eternamente il Figlio, e dal Padre e dal Figlio procede eternamente lo Spirito Santo. E lo Spirito Santo è Dio, e il Figlio è Dio, e il Padre è Dio; e Dio non ha plurale, perché non c'è che un Dio, trino nelle Persone e uno nell'essenza. Lo Spirito Santo è Dio come il Padre, ma non è Padre; è Dio come il Figlio, ma non è Figlio. Il Figlio è Dio come lo Spirito Santo, ma non è Spirito Santo; è Dio come il Padre, ma non è Padre; il Padre è Dio come il Figlio ma non è Figlio; è Dio come lo Spirito Santo, ma non è Spirito Santo. Il Padre è onnipotenza, il Figlio è sapienza, lo Spirito Santo è amore; e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono infinito amore, somma potenza, perfetta sapienza. L'unità, espandendosi, genera eternamente la varietà; e la varietà, condensandosi, si risolve eternamente in unità. Dio è tesi, antitesi e sintesi; ed è tesi suprema, antitesi perfetta, sintesi infinita. Essendo uno, è Dio; essendo Dio, è perfetto~ essendo perfetto, è fecondissimo; essendo fecondissimo, è varietà; essendo varietà, è famiglia. Nella sua essenza si trovano, in maniera ineffabile e incomprensibile, le leggi della creazione e gli archetipi di tutte le cose. Tutto è stato fatto a immagine di Lui: ecco perché la creazione è una e varia. La parola «universo» è da intendersi come unità e molteplicità insieme associate.
L'uomo fu fatto da Dio, a immagine di Dio e non solamente a sua immagine, ma anche a sua somiglianza. Per questo l'uomo è uno nell'essenza e trino nelle persone. Eva procede da Adamo, Abele è generato da Adamo ed Eva, per cui Abele, Eva e Adamo sono una stessa cosa: sono l'uomo, sono la natura umana. Adamo è l'uomo padre, Eva è l'uomo madre, Abele è l'uomo figlio. Adamo è uomo come Abele, pur non essendo figlio, ed è uomo come Eva senza essere donna. Abele è uomo come Eva, pur non essendo donna, e come Adamo, senza essere padre.
Tutti questi nomi sono divini, come divine sono le funzioni da essi santificate. L'idea della paternità, fondamento della famiglia, non è concepita da intelletto umano. Fra padre e figlio non vi è alcuna di quelle differenze fondamentali che presentano una base sufficiente a poggiarvi un diritto. La priorità è un fatto e nulla più; la forza è un fatto e nulla più; la priorità e la forza non possono costituire da sole il diritto della paternità, sebbene possano originare un altro fatto: il fatto della servitù. Il nome vero e proprio del padre, posto questo fatto, sarebbe quello di signore, mentre il vero nome del figlio dovrebbe essere quello di schiavo. E questa verità che ci detta la ragione, è confermata dalla storia: nei popoli dimenticati dalle grandi tradizioni bibliche la paternità altro non è stata se non il nome della tirannia domestica. Se vi fosse mai stato un popolo dimenticato da queste grandi tradizioni e insieme lontano dal culto della forza materiale, in un tal popolo padri e figli sarebbero stati e si sarebbero chiamati fratelli. La paternità viene da Dio e solo da Dio può venire, nel nome e nella sostanza.
Se Dio avesse permesso il completo oblio delle tradizioni del paradiso terrestre, il genere umano avrebbe perduto sia l'istituzione della paternità sia l'uso del nome padre
La famiglia, divina nell'istituzione e nell'essenza, ha seguito dappertutto le vicissitudini della civiltà cattolica; e questo è tanto vero che la purezza o la corruzione della prima è sempre sintomo infallibile della purezza o della corruzione della seconda, così come la storia delle varie vicende e dei sommovimenti della seconda è la storia dei sommovimenti e delle vicende attraverso cui passa la prima.
In epoche cattoliche la famiglia tende a perfezionarsi: da naturale diviene spirituale e dal focolare passa ai chiostri. Mentre in casa i figli si inchinano riverenti ai genitori, gli abitanti dei chiostri, figli più docili e riverenti, bagnano del loro pianto i piedi di un Padre più alto e il manto di una Madre più tenera. Quando la civiltà cattolica declina ed entra in fase di decadenza, comincia subito a decadere la famiglia, la sua solidità si intacca, si disgregano i suoi elementi, tutti i suoi legami si allentano. Il padre e la madre, fra i quali Iddio non ha posto altra barriera all'infuori dell'amore, pongono fra di loro la barriera di un rigido cerimoniale, mentre una familiarità sacrilega elimina la distanza che Dio ha stabilito tra i genitori e i figli, abbattendo la barriera della riverenza. Allora la famiglia, svilita e profanata, si disperde e finisce col dissolversi nella vita dei clubs e delle bische.
La storia della famiglia può essere racchiusa in pochi capitoli. La famiglia divina, esempio e modello della famiglia umana, è eterna in tutti i suoi componenti. La famiglia umana spirituale, che dopo quella divina è certo la più perfetta, persiste nei suoi individui finché dura il tempo; la famiglia umana naturale tra il padre e la madre dura quanto dura la vita, e tra il padre e i figli per lunghi anni. La famiglia umana anticattolica dura tra padre e madre pochi anni, tra padre e figli alcuni mesi. L'artificiosa «famiglia» dei clubs dura un giorno; quella della bisca un solo istante. La durata è sempre, come in molte altre cose, la misura della perfezione. Tra la famiglia divina e quella umana dei chiostri esiste la medesima proporzione che esiste tra il tempo e l'eternità; tra la famiglia spirituale dei chiostri - la più perfetta - e quella sensuale dei clubs - la più bassa di tutte le famiglie umane - esiste la stessa proporzione che può esservi tra la brevità di un istante e l'immensità dei tempi.
2 - continua