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  1. #11
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    Predefinito Re: Re: I rapporti tra Forza Italia e la mafia..

    In Origine Postato da MrBojangles
    Roba vecchia, risaputa; almeno per me.

    E, detto per i bananas, DOCUMENTATA...
    sarà anche roba vecchia,ma ancora attuale...
    o è caduta in prescrizione?

  2. #12
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    Come diceva stamattina il Sig. Angius On. Gavino

    la campagna elettorale è già cominciata... AIOOòòò...

  3. #13
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    Predefinito Re: Re: Re: I rapporti tra Forza Italia e la mafia..

    In Origine Postato da blob21
    sarà anche roba vecchia,ma ancora attuale...
    o è caduta in prescrizione?
    Dagli tempo; o prescrizione o depenalizzazione...

  4. #14
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: I rapporti tra Forza Italia e la mafia..

    In Origine Postato da MrBojangles
    Dagli tempo; o prescrizione o depenalizzazione...
    non c'è fretta,sono fiducioso..

  5. #15
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: I rapporti tra Forza Italia e la mafia..

    In Origine Postato da blob21
    non c'è fretta,sono fiducioso..
    Lo ero anch'io, una decina d'anni fa...

  6. #16
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    Bahh,
    strana questa sinistra, quando Orlando veniva eletto col 70% dei voti era una vittoria contro la mafia di un sincero democratico...
    quando invece con gli stessi voti erano i Musotto e i Cammarata a vincere allora era una vittoria sporca, paramafiosa...
    quindi
    FORZA ITALIA = MAFIA
    CENTROSINISTRA = ANTIMAFIA

    Invidio le Vostre certezze, fossi in voi inonderei di fax Violante per fargli aprire una bella istruttoria..
    proprio come fece con Andreotti quando era il capo della commissione antimafia...
    come?
    Violante non è più un magistrato? Ah davvero?
    E Andreotti è stato assolto? come assolto? non era il capo della mafia? Assolto dalla Cassazione??? Questa magistratura.... si saranno sbagliati... del resto fanno bene solo quando mandano avvisi di garanzia a SB.

    Avanti su questa strada

  7. #17
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    In Origine Postato da pollster
    Bahh,
    strana questa sinistra, quando Orlando veniva eletto col 70% dei voti era una vittoria contro la mafia di un sincero democratico...
    quando invece con gli stessi voti erano i Musotto e i Cammarata a vincere allora era una vittoria sporca, paramafiosa...
    quindi
    FORZA ITALIA = MAFIA
    CENTROSINISTRA = ANTIMAFIA

    Invidio le Vostre certezze, fossi in voi inonderei di fax Violante per fargli aprire una bella istruttoria..
    proprio come fece con Andreotti quando era il capo della commissione antimafia...
    come?
    Violante non è più un magistrato? Ah davvero?
    E Andreotti è stato assolto? come assolto? non era il capo della mafia? Assolto dalla Cassazione??? Questa magistratura.... si saranno sbagliati... del resto fanno bene solo quando mandano avvisi di garanzia a SB.

    Avanti su questa strada
    Come m'è già capitato (molte volte, trattandosi di bananas) di dire; un candidato (a parte i SOLITI pregiudicati) non è di per se stesso mafioso a causa del DOVE si candida.
    Questo, in assoluto, se NON ci fossero "precedenti".
    Sono i FATTI conseguenti all'elezione che, eventualmente, determinano il giudizio.
    E di FATTI, successivi al "cappotto", ce n'è un fottio.

    A cominciare PROPRIO dalla "presunta" assoluzione di Andreotti; che, come si LEGGE, NON è stato "assolto dalla Cassazione", ANZI!
    La Cassazione s'è limitata a CONFERMARE la sentenza di 2° grado; IN TOTO!
    COMPRESA la MOTIVAZIONE della PRESCRIZIONE del "reato COMMESSO ed ACCERTATO" di associazione a delinquere fino al 1980.

    E non è scritto da nessuna parte che Andreotti fu il "capo della mafia"; nè nei capi d'imputazione né nella sentenza.
    Molto semplicemente FU mafioso; uno dei TANTI.

  8. #18
    Tremendo
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    Pajno, i comunisti, la mafia

    Nel settembre 2000 l'apertura del capitolo sui rapporti tra cooperative rosse e mafia (con quindici ordini di custodia cautelare, su iniziativa della Procura della Repubblica di Palermo) ha riservato sin dall'inizio molte sorprese. Ad esempio, è stato ricordato che nei giorni successivi all'aprile 1982 e alla uccisione di Pio La Torre, il primo a parlare di una pista interna al PCI era stato il procuratore capo di Palermo, Vincenzo Pajno, in una conferenza stampa.

    Il giudice Chinnici nei suoi Diari definiva il procuratore capo Pajno <<un amico dei Salvo>> (cfr. Saverio Lodato, Dieci anni di mafia, Rizzoli, Milano 1990, pp. 140-141; Gianni Cipriani, I mandanti. Il patto strategico tra massoneria, mafia e poteri politici, Editori Riuniti, Roma 1994, p. 33), cioè un amico dei massimi rappresentanti della mafia siciliana, addirittura riconosciuti e condannati ufficialmente come mafiosi, fino al punto che il senatore Andreotti ha detto e ripetuto contro ogni verosimiglianza di non averli mai neanche conosciuti. Soltanto l'ipotesi di un normalissimo regalo avrebbe significato ammettere l'esistenza di un legame, per quanto minimo. Invece, con Pajno, figurati i regali: addirittura <<l'amicizia>>. Questa pista fu abbandonata, perché sembrava più un depistaggio che altro. Adesso si torna a parlare sia di questa vicenda, sia di molte altre, che sono ben più recenti e scottanti.

    Infatti, che il vecchio PCI avesse rapporti consolidati con molti dei grandi imprenditori siciliani (inclusi quelli noti per la loro disinvoltura) era una cosa saputa e risaputa anche dai più sprovveduti. Napoleone Colajanni ha addirittura raccontato con orgoglio di aver preso i soldi <<di persona, per il partito quando ero segretario della federazione di Palermo>>. Sembra che non gli sia passato neanche per l'anticamera del cervello che in tal modo in un certo senso legittimava anche altri che prendevano soldi dalle stesse persone. Certo, lui li prendeva per il comunismo e per il partito comunista, ma proprio questo induceva altri (non tutti, ma alcuni certamente sì) a non farsi scrupoli nell'accettare qualsiasi mezzo per combattere un comunismo che non era irreprensibile, ma anzi particolarmente pericoloso nella scelta dei mezzi. Anche dire che i soldi venivano consegnati interamente al partito non soltanto non è moralmente ineccepibile, ma soprattutto è una rappresentazione falsa e tendenziosa della realtà: il partito quei soldi in molti sensi li ritornava indietro, a quei tanti che ancora oggi godono i frutti di quelle tangenti, attraverso ad esempio lussuose pensioni. Peppino Impastato e tanti altri hanno veramente lottato contro la mafia; ma quelli come lui sono finiti come sono finiti, non sono certo finiti a godersi le pensioni d'oro.

    E perché il PCI prendeva tangenti da imprenditori mafiosi o paramafiosi? Per realizzare i nobili ideali del comunismo internazionale, splendidamente difesi innanzitutto dall'Unione Sovietica di Breznev e dei gulag? Quei comportamenti eticamente vergognosi prima che legalmente delinquenziali sono continuati per molti anni, troppi anni, costituendo, come dire, un filo rosso nella storia, se non della mafia, certo della spiegazione di come la mafia sia riuscita ad esistere e a resistere per tanti anni.

    La assai opinabile impostazione politica e morale di settori non marginali della sinistra è stata denunciata tante volte anche da persone di sinistra. Ma non è mai stato sottolineato abbastanza quanto sia stato devastante sapere che quelle forze politiche ostentatamente e platealmente in lotta per la legalità e per l'onestà adottavano metodi che sotto alcuni profili non differivano molto da quelli adoperati dagli altri. Sono verità che non sappiamo da adesso; sono verità che ad esempio Leonardo Sciascia aveva raccontato benissimo.

    Ha scritto nell'ottobre 2000 il Tribunale della Libertà, a proposito di due indagati dalla Procura di Palermo: <<Le cooperative rosse hanno stipulato accordi con i più alti vertici dell'associazione mafiosa per la gestione degli appalti pubblici>>. Apriti cielo: la responsabilità penale è personale ...non si può usare il termine cooperative rosse in maniera così generica...si possono chiamare in causa soltanto singole persone e imprese...eccetera eccetera. Il guaio è che i nomi e cognomi ci sono, e ci sono anche i miliardi, ad esempio quei 20, in beni e società, che sono stati messi sotto sequestro nel febbraio 2001 ad un imprenditore considerato <<l'anello di congiunzione tra mafia e Ds>>. L'imprenditore è accusato di concorso in associazione mafiosa. Il Tribunale deve valutare in prima udienza il 5 aprile se confiscare il suo patrimonio. Chissà quante altre sorprese ci riserva il futuro...

    ...CONTINUA...

    http://www.criminologie.net/paino.htm

  9. #19
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    In Origine Postato da Tremendo
    Pajno, i comunisti, la mafia

    Nel settembre 2000 l'apertura del capitolo sui rapporti tra cooperative rosse e mafia (con quindici ordini di custodia cautelare, su iniziativa della Procura della Repubblica di Palermo) ha riservato sin dall'inizio molte sorprese. Ad esempio, è stato ricordato che nei giorni successivi all'aprile 1982 e alla uccisione di Pio La Torre, il primo a parlare di una pista interna al PCI era stato il procuratore capo di Palermo, Vincenzo Pajno, in una conferenza stampa.

    Il giudice Chinnici nei suoi Diari definiva il procuratore capo Pajno <<un amico dei Salvo>> (cfr. Saverio Lodato, Dieci anni di mafia, Rizzoli, Milano 1990, pp. 140-141; Gianni Cipriani, I mandanti. Il patto strategico tra massoneria, mafia e poteri politici, Editori Riuniti, Roma 1994, p. 33), cioè un amico dei massimi rappresentanti della mafia siciliana, addirittura riconosciuti e condannati ufficialmente come mafiosi, fino al punto che il senatore Andreotti ha detto e ripetuto contro ogni verosimiglianza di non averli mai neanche conosciuti. Soltanto l'ipotesi di un normalissimo regalo avrebbe significato ammettere l'esistenza di un legame, per quanto minimo. Invece, con Pajno, figurati i regali: addirittura <<l'amicizia>>. Questa pista fu abbandonata, perché sembrava più un depistaggio che altro. Adesso si torna a parlare sia di questa vicenda, sia di molte altre, che sono ben più recenti e scottanti.

    Infatti, che il vecchio PCI avesse rapporti consolidati con molti dei grandi imprenditori siciliani (inclusi quelli noti per la loro disinvoltura) era una cosa saputa e risaputa anche dai più sprovveduti. Napoleone Colajanni ha addirittura raccontato con orgoglio di aver preso i soldi <<di persona, per il partito quando ero segretario della federazione di Palermo>>. Sembra che non gli sia passato neanche per l'anticamera del cervello che in tal modo in un certo senso legittimava anche altri che prendevano soldi dalle stesse persone. Certo, lui li prendeva per il comunismo e per il partito comunista, ma proprio questo induceva altri (non tutti, ma alcuni certamente sì) a non farsi scrupoli nell'accettare qualsiasi mezzo per combattere un comunismo che non era irreprensibile, ma anzi particolarmente pericoloso nella scelta dei mezzi. Anche dire che i soldi venivano consegnati interamente al partito non soltanto non è moralmente ineccepibile, ma soprattutto è una rappresentazione falsa e tendenziosa della realtà: il partito quei soldi in molti sensi li ritornava indietro, a quei tanti che ancora oggi godono i frutti di quelle tangenti, attraverso ad esempio lussuose pensioni. Peppino Impastato e tanti altri hanno veramente lottato contro la mafia; ma quelli come lui sono finiti come sono finiti, non sono certo finiti a godersi le pensioni d'oro.

    E perché il PCI prendeva tangenti da imprenditori mafiosi o paramafiosi? Per realizzare i nobili ideali del comunismo internazionale, splendidamente difesi innanzitutto dall'Unione Sovietica di Breznev e dei gulag? Quei comportamenti eticamente vergognosi prima che legalmente delinquenziali sono continuati per molti anni, troppi anni, costituendo, come dire, un filo rosso nella storia, se non della mafia, certo della spiegazione di come la mafia sia riuscita ad esistere e a resistere per tanti anni.

    La assai opinabile impostazione politica e morale di settori non marginali della sinistra è stata denunciata tante volte anche da persone di sinistra. Ma non è mai stato sottolineato abbastanza quanto sia stato devastante sapere che quelle forze politiche ostentatamente e platealmente in lotta per la legalità e per l'onestà adottavano metodi che sotto alcuni profili non differivano molto da quelli adoperati dagli altri. Sono verità che non sappiamo da adesso; sono verità che ad esempio Leonardo Sciascia aveva raccontato benissimo.

    Ha scritto nell'ottobre 2000 il Tribunale della Libertà, a proposito di due indagati dalla Procura di Palermo: <<Le cooperative rosse hanno stipulato accordi con i più alti vertici dell'associazione mafiosa per la gestione degli appalti pubblici>>. Apriti cielo: la responsabilità penale è personale ...non si può usare il termine cooperative rosse in maniera così generica...si possono chiamare in causa soltanto singole persone e imprese...eccetera eccetera. Il guaio è che i nomi e cognomi ci sono, e ci sono anche i miliardi, ad esempio quei 20, in beni e società, che sono stati messi sotto sequestro nel febbraio 2001 ad un imprenditore considerato <<l'anello di congiunzione tra mafia e Ds>>. L'imprenditore è accusato di concorso in associazione mafiosa. Il Tribunale deve valutare in prima udienza il 5 aprile se confiscare il suo patrimonio. Chissà quante altre sorprese ci riserva il futuro...

    ...CONTINUA...

    http://www.criminologie.net/paino.htm
    Finalmente si scoprono gli "altarini" della sinistra ipocrita e ciarlatana, la quale predica bene e razzola malissimo!!


  10. #20
    Tremendo
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    In Origine Postato da Blue Jay
    Finalmente si scoprono gli "altarini" della sinistra ipocrita e ciarlatana, la quale predica bene e razzola malissimo!!

    leggi cosa scrivono i comunisti;


    ProgettoComunistaSicilia

    I COMUNISTI E LA BORGHESIA MAFIOSA

    di Antonino Marceca

    Il mese di settembre del 2000 ha riproposto al largo pubblico la questione della mafia, prima con la proiezione alla mostra del cinema di Venezia dei due film, Placido Rizzotto di S. Scimeca e I cento passi di M.T. Giordana, che trattano della lunga lotta della sinistra di classe contro la borghesia mafiosa, rispettivamente nella seconda metà degli anni ’40 il primo e nella seconda metà degli anni ’70 il secondo, e a fine mese con la notizia, proveniente dal Palazzo di Giustizia di Palermo, sull’inchiesta in corso sul rapporto tra imprenditori, mafiosi e non, cooperative, capi cosche e dirigenti prima del PCI e poi dei DS nonché sindaci ed assessori, di governi locali e regionali.
    Il "Ministro dei lavori pubblici della mafia" Angelo Siino riferisce ai magistrati che il meccanismo di coinvolgimento delle cooperative e degli imprenditori, legati al PCI prima e ai DS poi, avveniva facendogli vincere degli appalti o associandole, successivamente all’assegnazione della gara, alle imprese di mafia che avevano vinto gli appalti. Lo stesso aggiunge che S. Lima, eurodeputato e leader della DC siciliana, riteneva opportuno coinvolgere il PCI onde evitare "un’opposizione spietata".
    I dirigenti dei Ds sotto inchiesta sono personaggi di primo piano del partito, G. Parisi è stato segretario regionale del PCI dopo Occhetto, nel ’76, ex vicepresi-dente della Giunta regionale Campione, ex assessore regionale alla cooperazione, deputato regionale fino al ‘96 e dirigente regionale dei DS; D. Giannopolo è sindaco di Caltavuturo e deputato regionale. Si tratta quindi di dirigenti politici che hanno diretto la politica del PCI prima e dei DS poi, che ne hanno assunto e ne portano la massima responsabilità.
    Non conosco gli ulteriori sviluppi dell’inchiesta, ma ritengo che come comunisti impegnati nel PRC questi fatti devono essere motivo di profonda riflessione, di analisi ed approfondimenti, di scelte.
    Non è questa la sede per gli approfondimenti necessari, lo faremo nei prossimi numeri della rivista "Proposta", ma ritengo opportuno ricordare che questa politica di "larghe convergenze" è stata una linea nazionale, sulla base della quale si è realizzato nel ’58 il governo regionale di Silvio Milazzo (sostenuto da una parte della DC, dai monarchici, dal MSI, dal PSI e PCI ), nel ’75 sarà Occhetto, segretario regionale del PCI dal ’72 al ’76, a firmare "il patto di fine legislatura" con il segretario regionale della DC Nicoletti; dal ’77 al ’79 sarà G. Parisi, come segretario regionale, a gestire la "politica di unità autonomistica" con la DC ed altri partiti borghesi.
    Dalle alleanze politiche alla regione, nelle province fino ai comuni si passa senza soluzione di continuità " al patto tra i produttori", il patto corporativo tra padroni, mafiosi e non, e lavoratori, gestito da un altro segretario del PCI, nella metà degli anni ’80, L. Colajanni, tale linea sarà condivisa anche dalla CGIL, con il conseguente congelamento della conflittualità operaia, pensiamo alle vicende del Cantiere Navale di Palermo, dell’operaio Basile la cui denuncia della presenza delle imprese mafiose nei lavori di appalto della Fincantieri ne provoca prima l’espulsione dalla CGIL e poi il licenziamento.
    Negli anni ‘80 nascevano quindi i consorzi tra le cooperative rosse e i più discussi costruttori di Catania (i cavalieri del lavoro che il giornalista G. Fava, aveva soprannominato "i quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa") e di Palermo (i Cassina, su cui proprio il PCI nel ’76, in Commissione antimafia, aveva presentato una relazione di minoranza che conteneva un capitolo dal titolo " Cassina e il potere mafioso a Palermo"), e a giustificazione di queste alleanze M. Russo, deputato regionale del PCI e presidente della commissione finanze dell’assemblea regionale siciliana, in una intervista a " La Stampa" dell' 8 marzo 1988 affermava che "non si può fare l’analisi del sangue agli imprenditori"; oggi su la "La Sicilia" N. Colajanni, membro del CC del PCI dal 1960 al 1988, dice che da segretario della federazione del PCI di Palermo "prendeva i soldi dagli imprenditori, se poi questi imprenditori avevano collegamenti con ambienti mafiosi era faccenda loro" (da "il Manifesto" del 26.09.2000).
    Certo non tutta la borghesia siciliana può essere assimilabile alla borghesia mafiosa, sappiamo che questa presenta delle peculiarità (il controllo del territorio e lo scoraggiamento violento della concorrenza, l’intreccio tra accumulazione illegale e investimenti nei settori legali, repressione fino all’assassinio dei militanti politici e sindacali su posizioni di classe, l’eliminazione fisica di chi può rappresentare un pericolo per le proprie posizioni di potere, la presenza di strutture paramilitari, le cosche), sappiamo che esistono contraddizioni tra settori della borghesia e la borghesia mafiosa (in particolare tra imprese industriali e commerciali ed estortori del pizzo), sappiamo che la borghesia mafiosa è maggiormente radicata e diffusa in alcune zone e meno in altre (Province di Siracusa e Ragusa) , ma non c’e’ dubbio che la borghesia mafiosa rappresenta una delle maggiori componenti del blocco borghese dominante in Sicilia.
    La storia del riformismo in Sicilia è caratterizzata dalla ricerca di un’alleanza con la borghesia, fino ad inglobare frazioni della stessa borghesia mafiosa, questo è successo nel vecchio Partito socialista ai primi anni del ’900 come in questi giorni del 2000 come abbiamo visto; accanto ed in alternativa a questa tendenza riformista ritroviamo la ricerca di una via di classe, rivoluzionaria, pensiamo ai socialisti rivoluzionari G. Orcel , dirigente della Fiom e direttore del giornale "La Dittatura Proletaria" e N. Alongi, dirigente dei braccianti, entrambi assassinati per spezzare l’alleanza operai-contadini contro la borghesia mafiosa nell’immediato primo dopoguerra; la presa di coscienza di Gaspare Bono, a partire dalla sua esperienza di sindaco comunista di Campobello (TP) alla fine degli anni ’50, dei legami tra il PCI e l’impresa che ha in appalto una strada del comune, "il partito ha bisogno di soldi, e i soldi debbono uscire da questa strada" gli dice, nella federazione del PCI di Trapani, l’onorevole Agostino Messana, inizia cosi il percorso di G. Bono verso il marxismo rivoluzionario e l’incontro con le analisi e le proposte operative di M. Mineo; la vicenda di Peppino Impastato, i tentativi di organizzare la mobilitazione di classe, pensiamo agli edili, la denuncia contro ogni alleanza o compromesso con partiti che del blocco borghese sono espressione.
    Mi chiedo quale sarà l’insegnamento che il nostro partito, i l PRC, trarrà da questo bilancio? Il segretario regionale del PRC in Sicilia, F. Forgione, commentando l’inchiesta in corso in un articolo pubblicato su Liberazione del 23.09.2000, afferma "la storia del PCI da Li Causi a La Torre, è la parte migliore della Sicilia. Altra cosa è la deriva consociativa che si è aperta nel PCI negli ultimi anni e che privilegiando alla diversità il rapporto con le imprese e la corsa al governo a tutti i costi, ha modificato il suo rapporto con la società", ma a parte l’onesta di Li Causi e Pio La Torre il compagno Forgione probabilmente dimentica che La Torre è stato segretario del PCI dal ’79 fino al suo assassinio nel’82 e che prima e dopo il PCI è stato diretto dai dirigenti sopra ricordati. Oppure il compagno Forgione si riferisce alle lotte del movimento contadino nell’immediato secondo dopo guerra, in tal caso non possiamo non rilevare oltre al coraggio di Li Causi e di La Torre anche i loro limiti teorici, espressione dei più generali limiti dei dirigenti nazionali del PCI da P. Togliatti a E. Sereni.
    Di quest’ultimo ricordiamo l’analisi della mafia come borghesia impedita nel suo sviluppo dai residui feudali, tale da porre il problema politico di una possibile alleanza con essa contro i residui feudali e per l’abbattimento del latifondo; di Togliatti la costante linea politica di alleanza con la borghesia, con le conseguenti scelte politiche, fronti popolari, governi di coalizione nel dopoguerra, fino al compromesso storico di Berlinguer, premesse teoriche e politiche per il recente ed attuale processo degenerativo fino a configurare la fuoriuscita dal campo proletario dei DS, un partito sempre più borghese, superando la precedente configurazione di partito operaio-borghese del PCI, per dirla con Lenin.
    E’ necessario approfondire, e lo faremo, riflettere, attorno agli eventi di queste settimane, ricollocandoli all’interno di un percorso teorico e storico, riteniamo utile tale riflessione per i militanti del PRC, per i giovani militanti, perché il nostro partito ha partecipato e partecipa in coalizioni con partiti borghesi ai governi regionali, penso al governo Capodicasa sostenuto da Udeur; Rinnovamento Italiano, Pss, Ppi, Democratici; Socialisti, DS oltre a Pdci e il nostro partito il PRC, governo caduto a fine giugno 2000 perchè l’Udeur, tra cui il nuovo presidente della regione Leanza, assieme ad una parte del Ppi e Ri hanno dato vita a un governo di centrodestra, ai governi provinciali e comunali, tra cui Palermo dove è assessore il segretario provinciale del PRC G.Catania, anche qui con i democratici, il Ppi, L’Udeur. Queste alleanze fanno venir meno il ruolo di forza di classe autonoma ed indipendente del PRC contro la borghesia e in particolare contro la borghesia mafiosa.
    Noi militanti del PRC, di Progetto comunista dobbiamo fare un bilancio dell’esperienza e proporlo a tutto il partito, dobbiamo ricollegarci con la tradizione dei comunisti rivoluzionari qui in Sicilia, una tradizione che presenta certamente delle lacune , delle insufficienze, ma di cui va rilanciato lo spirito di classe rivo-luzionario.
    Più di un secolo di lotta contro la borghesia mafiosa, dai Fasci dei lavoratori, dalle lotte degli operai e dei braccianti guidati da Orcel e Alongi, fino ad oggi ci insegnano che i momenti più alti di lotta contro la borghesia mafiosa e di conquista di diritti e spazi di agibilità democratica ha coinciso con il massimo di autonomia e indipendenza di classe. Oltre alla ricollocazione strategica del nostro partito all’opposizione, anche attraverso il rafforzamento di Progetto Comunista , una efficace e credibile lotta contro il blocco borghese dominante in Sicilia necessita della costruzione di un vasto blocco di classe e popolare, rafforzato da un programma transitorio i cui punti sono stati illustrati nei documenti e nelle battaglie della sinistra del partito; penso alla costruzione nei quartieri, nelle borgate, nei paesi di comitati di lotta per il lavoro, per le esigenze più sentite da larghi strati popolari, il necessario coordinamento tra essi; la necessità del rafforzamento e della presenza sindacale nei luoghi di lavoro, nelle imprese mafiose, l’urgenza di una battaglia per una svolta sindacale di classe a partire dal prossimo congresso della CGIL.

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